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Heidegger: "il salto nella svolta" e l'essenza della verità

Il saggio Sull'essenza della verità fu pubblicato nel 1943, ben tredici anni dopo la sua stesura iniziale. Tale scritto è importante perché delinea la "svolta" (Kehre) nel penisero di Heidegger, o come scrisse egli stesso a margine, fu qui che avvenne "il salto nella svolta". Alla base della svolta viene in luce una dottrina della verità intesa come svelatezza che può manifestarsi nella radura (Lichtung) dell'essere, e nella quale, di volta in volta, l'esserci si viene a trovare. Il saggio sulla verità contiene affermazioni che potrebbero apparire paradossali., come quella che che segue, persino logicamente, all'affermazione della necessità di aprirsi alla cosa, all'ente, affinchè l'intelletto sia adeguato alla cosa (come veritas est aedequatio intellectus et rei). Aprirsi alla cosa non significa interpretarla con categorie, secondo lo schema trascendentale kantiano, ,od anche la filosofia prima della sostanza aristotelica, ma lasciarla essere come essa è. Tale lasciar essere è la libertà che assume così il significato di essenza della veirtà.
Deve essere chiaro che, allora la libertà non vuol dire che l'uomo può scegliere se aprirsi o non aprirsi all'essere, dato che l'esserci umano è già questa apertura originaria. Diventa così possibile affermare che: «Non l'uomo "possiede" la libertà come sua proprietà, bensì è vero proprio il contrario: la libertà, l'esserci ek-sistente e svelante possiede l'uomo, e ciò così originariamente che essa sola permette a un'umanità di entrare in quel rapporto con un ente come tale nella sua totalità, in cui si fonda e disegna la storia.»
La verità è, per Heidegger, essenzialmente non-nascondimento. Analizzando l'etimo della parola greca alétheia, afferma che in essa viene in chiaro che esiste comunque un nascondimento sotteso alla manifestazione.

Ne La dottrina platonica della verità, pubblicata nel 1942, ma anch'essa risalente al biennio 1930-31, Heidegger non persegue più il fine di una fondazione della metafisica sulla base dell'analitica dell'esserci. Ripensando il mutamento essenziale nell'essenza della verità che avviene in Platone, Heidegger riflette sul destino metafisico, evidenziando le sua "erranza", che appartiene alla storia dell'essere, e in tale ripensamento si prepara a un oltrepassamento (Überwindung) della metafisica.
In Platone si posero le basi per le quali la verità non tanto un carattere dell'essere stesso, ma la correttezza (orthotes) dello sguardo che coglie l'essere nel suo essere presente. Questo mutamento annuncia il sorgere del tratto determinante della metafisica, definito soggettività, che sta ad indicare il primato dell'uomo in mezzo agli enti e la contemporanea dimenticanza dell'essere.