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Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770 - 1831)

9. La filosofia dell'arte (Estetica)

di Renzo Grassano


La prima attività attraverso cui l'assoluto conosce sé stesso come spirito è l'arte.
Non si distingue da religione e filosofia per il contenuto, ma per il modo in cui si realizza.
Essa non può essere, come si sosteneva un tempo, anche nell'antichità, imitazione della natura. Infatti la natura è un momento inferiore allo spirito, mentre l'arte ha per oggetto l'ideale, ovvero proprio l'Idea, ovvero l'assoluto in quanto appare in una immagine sensibile. L'immagine sensibile dell'assoluto è la bellezza, la quale non è affatto un'espressione della natura, non è il bello di natura, ma il bello artistico. E quando si serve di immagini naturali, essa non imita la natura, ma la idealizza.
"L'arte bella - scrive Hegel - ha per condizione l'autocoscienza dello spirito libero; e quindi la coscienza della dipendenza dell'elemento sensibile e meramente naturale dello spirito, che è la forma interna la quale manifesta solo sé stessa." (Enc. § 558)
L'arte, dunque, si solleva al di sopra del punto di vista dell'intelletto e del finito. Per la mentalità dominata dall'intelletto il soggetto e l'oggetto sono ugualmente finiti, opposti l'uno all'altro. Per la vera arte, "l'arte bella" il soggetto e l'oggetto si compenetrano e sono tuttuno. L'oggetto non è più qualcosa di esterno, ma l'espressione della soggettività, come a dire che il pittore si realizza nel dipinto, che fa tuttuno con esso.

La forma caratteristica in cui l'arte coglie l'assoluto è l'intuizione sensibile, cioè la conoscenza ottenuta mediante i sensi. L'immagine è la forma, mentre l'assoluto da essa espressa è il contenuto. L'opera d'arte più perfetta è quella in cui si realizza una perfetta unità tra forma e contenuto, in cui entrambi sono reciprocamente adeguati l'uno all'altro.
Questo non sempre è accaduto. Nella storia delle espressioni artistiche, secondo Hegel, vi sono state diverse forma di arte, non tutte capaci di esprimere l'assoluto in egual modo.
Un periodo fu dominato dal modo dell'arte simbolica, tipico dell'antico oriente. In essa vi era uno squilibrio tra l'Idea e la sua forma sensibile. Hegel sostiene che nell'arte simbolica l'idea cerca di impadronirsi della forma, ma poichè non riesce a trovarla, "questa appropriazione ha il carattere della violenza". Dalla violenza al sublime?
Sembra proprio di sì: per Hegel si sublima quando non si riesce a realizzare, ovvero quando non si trovano le forme adeguate al contenuto. Sicchè l'arte simbolica, di cui è tipica espressione l'architettura, "maltratta, frantuma, disperde" la materia: ed è questo il sublime.

L'arte classica, giunta a perfezione con il mondo greco, realizza la perfetta integrazione tra forma e contenuto, come nella scultura. Le statue di Atene rappresentano in modo adeguato il loro contenuto, cioè la divinità, ma la realizzano attraverso una forma umana idealizzata. Di qui derivano i caratteri di serenità ed armonia, di perfetto equilibrio che sono propri dell'arte classica.
Secondo Hegel, la figura umana è la sola forma sensibile in cui lo spirito può realizzarsi compiutamente: "La forma che ha in sé stessa l'Idea in quanto spirituale o meglio la spontaneità individualmente determinante, se si deve esprimere nell'evidenza temporale, è la forma umana. Si è spesso calunniata, come degradazione dello spirituale, la personificazione e l'umanizzazione di esso. Ma l'arte, in quanto ha da portare lo spirito nella forma sensibile per renderlo accessibile all'intuizione, deve procedere a questa umanizzazione, perchè soltanto nel suo corpo si manifesta in maniera adeguata." (da Opere, in via di traduzione - or. ted. Werke, X, 1 ecc...)

All'arte classica segue l'arte romantica che, per Hegel, non inizia col romanticismo, ma ben prima, essendo qualcosa di proprio dell'età cristiana, medioevale e moderna. Nell'arte romantica il contenuto si è interiorizzato, assumendo la forma della pura soggettività, portando a realizzare forme meno plastiche rispetto all'arte classica. Così, oltre alla scultura hanno trovato espressione la pittura, la poesia e la musica. Tutte queste forme suscitano la partecipazione dei sentimenti, una affettività, ed a differenza dell'arte classica, che portava serenità, l'arte romantica produce emozioni e turbamenti.
Secondo Hegel, tuttavia, anche l'arte romantica è giunta alla fine del suo percorso, proprio perchè, l'arte in generale è una fase destinata a finire, a trovare un suo superamento, ovviamente dialettico, cioè con qualcosa che si mantiene, nella religione. Lo spirito assoluto passa così dall'arte alla religione, seconda importantissima figura della conoscenza che l'Idea ha di sé.
Ciò non vuol dire, per carità, che, secondo Hegel, l'arte sia destinata a sparire. Hegel annota solo che essa ha ormai espresso tutto quello che c'era da esprimere, e che non potrà più tornare agli antichi splendori. Potrà, al massimo ripetersi, imitando forme passate, ritornando al simbolismo attraverso un neosimbolismo, al neoclassicismo, al neoromanticismo e così via. Per quanto anche qui sia dura da digerire, forse, il nostro non aveva tutti i torti: l'arte moderna non è che una mescolanza di forme già viste in passato.
Da notare che Hegel, in un certo senso fedele ai suoi presupposti razionali per cui il linguaggio (il pensiero) è superiore al disegno od al suono, preferisce la poesia alla musica ed alla pittura: "La poesia è l'arte universale, l'arte dello Spirito divenuto libero in sé, non più legato per la sua realizzazione al materiale sensibile esterno; dello Spirito il quale si muove soltanto nello spazio interiore e nel tempo interiore della rappresentazione e della sensazione. Tuttavia, proprio in questo grado supremo, l'arte sale anche al di sopra di essa, in quanto abbandona l'elemento sensibile dello Spirito e, dalla poesia della rappresentazione, trapassa alla prosa del pensiero. (idem)

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RG - 10 gennaio 2003