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Friedrich August von Hajek - 4
La proposta della "demarchia"
di Renzo Grassano
Con una certa finezza, von Hajek spiega che il termine democrazia, proprio nella sua origine semantica, ha una diversa articolazione di significato rispetto a termini quali monarchia e oligarchia. Questi ultimi si compongono della parola arché, che significa principio, mentre "democrazia", come del resto "aristocrazia", si avvale della parola kratos, che significa potere. Secondo von Hajek ciò è emblematico di una tendenza a governare con la forza bruta, anziché secondo regole.
E questo, in fondo, è il vero male della democrazia moderna, la sua propensione ad ignorare che le situazioni si assestano da sole, senza dover ricorrere a complicati congegni di ingegneria istituzionale ed a continui provvedimenti legislativi che aumentano il deficit di libertà nel quale già oggi viviamo anche in democrazia.
Per scongiurare il pericolo di un'involuzione totalitaria delle democrazie, dovremmo cominciare con il rinominarle: chiamarle demarchie.
«Questo sarebbe il nuovo nome di cui si ha necessità, se si vuole preservare l'ideale alla sua radice, in un'epoca in cui, dato il crescente abuso del termine democrazia, per designare sistemi che tendono alla crezione di nuovi privilegi attraverso coalizioni o interessi organizzati, un numero sempre crescente di persone si allontana dal sistema prevalente. » (1)

Non pago della denuncia dei pericoli, Hajek si spinge anche sul terreno della proposta di riforme costituzionali atte ad evidenziare la differenza tra una democrazia degenerata ed una demarchia rigenerante.
Il principio da cui muove è quello di una netta separazione tra assemblea legislativa in senso proprio, una sorta di costituente permanentemente in carica con il potere di fare la legge, ed un'assemblea con compiti limitati unicamente a dare indirizzi al governo. Poiché la commistione di questi due momenti è alla radice delle degenerazioni parlamentari, tale soluzione impedirebbe ai parlamenti di cadere nella tentazione di usare la legge in modo distorto ed inavasivo per accontentare le minoranze ed accentuare i privilegi.
L'assemblea legislativa non deve occuparsi di esigenze e gruppi particolari, ma solo dei "principi permanenti generali sulla base dei quali regolare le attività della comunità." (2) L'assemblea legislativa non dovrebbe essere governata dagli interessi, e diventare teatro di scontro tra ciò che è giusto e sbagliato su determinate questioni per raggiungere fini particolari, ma solo come elemento di vigilanza e di orientamento complessivo. Per Hajek, in sostanza, non sono i giocatori che possono fare il regolamento e soprattutto rimetterlo sempre in discussione. Chi scende in campo non può fare il regolamento, ma solo accettarlo.

Il secondo organismo dovrebbe chiamarsi assemblea governativa. Qualcosa di simile ai parlamenti attuali, eletti periodicamente ma, non secondo il sistema proporzionale per impedire l'ingovernabilità. Von Hajek sostiene che le due assemblee, avendo due sfere ben distinte di intervento, devono essere composte da persone diverse.
Per il delicato incarico dell'assemblea legislativa occorreranno «... uomini e donne relativamente maturi, eletti per periodi abbastanza lunghi, ad esempio 15 anni (!), cosicchè non debbano preoccuparsi di essere rieletti, e dopo quel periodo, per rendersi completamente indipendenti dalla disciplina di partito, non dovrebbero essere rieleggibili, né obbligati a tornare a guadagnarsi da vivere sul mercato, ma avere assicurato un impiego pubblico continuativo in posizioni onorofiche ma neutre, tipo "giudici laici", cosicchè durante la loro carica di legislatori non dipendano dall'appoggio del partito, né si preoccupino del loro futuro personale.» (1)
Come assicurare che tutto questo avvenga in modo efficace?
Secondo von Hajek, dovrebbe essere candidata ed eletta soltanto gente che ha dimostrato il proprio valore nella vita privata e professionale. Inoltre, per evitare una specie di gerontocrazia (come nella chiesa cattolica), "sembrerebbe saggio basarsi sull'antica esperienza secondo la quale i coetanei di una persona sono i suoi giudici più giusti, e richiedere che ogni gruppo di persone della stessa età, ad esempio quando si compiono 45 anni, scelgano tra di esse i rappresentanti destinati a rimanere in carica per 15 anni. Ciò porterebbe ad "un'assemblea legislativa di uomini e donne tra i 45 e i 60 anni, un quindicesimo dei quali è sostituito ogni anno. L'insieme rispecchierebbe quindi quella parte della popolazione che si è arricchita di esperienza e ha avuto l'opportunità di farsi una reputazione, ma che è ancora negli anni migliori."
Si tratta, com'è evidente, di una proposta del tutto contraria allo spirito dei tempi attuali, quello spirito che ha imposto il riconoscimento della maggiore età e del diritto di voto a 18 anni, e che ora sta procedendo allo smantellamento del vecchio senato per dar vita a quella che Hajek chiamerebbe una mostruosità giuridica: il senato federale. Un organismo che andrà a rappresentare, cioè, solo interessi particolari e particolarissimi, altro che fini ultimi!

In chiusura, tuttavia, vorrei evidenziare un dato. Questa ultima proposta di Hajek è un costrutto razionale. La sua spontaneità evolutiva non porta affatto nella direzione di un'assemblea legislativa ma, piuttosto, com'è ormai evidente in Italia, ad ulteriori pasticci sui quali sono desolatamente pessimista. In von Hajek, insomma, è mancato un momento dialettico e consapevole, quello del negativo della selezione naturale. Ci sono fasi in cui la gente ragiona troppo e l'abuso di razionalità crea degenerazioni, ma ci sono anche fasi in cui la gente non ragiona più e tutto va in malora. Nel mediare sta la virtù.
note:
(1) F.A. von Hajek - Legge, legislazione e libertà - il Saggiatore 1986
(2) F.A. von Hajek - Libertà economica e governo rappresentativo -