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Friedrich August von Hajek - 1
Note biografiche - Collettivismo metodologico e individualismo metodologico

di Renzo Grassano

Note biografiche
Nacque l'8 maggio 1899 a Vienna.
Combattè sul fronte del Piave contro l'Italia nella I guerra mondiale.
Studiò all'università di Vienna alla facoltà di legge. Frequentò le lezioni dell'economista Friedrich von Wieser e del filosofo Otmar Spann.
Si laureò nel novembre del 1921 in legge. Nel 1923 prese anche la laurea in scienze politiche.
Poco dopo andò in America e frequentò le lezioni di Wesley C. Mitchell sulla storia del pensiero economico e il seminario di John B. Clark alla Columbia University di New York.

Tornato a Vienna, nel 1924 fondò con Ludwig Von Mises l'Istituto austriaco per lo studio dei cicli monetari.
Nel 1929 pubblicò la sua prima opera e prese la libera docenza in economia politica.
Nel 1931 si recò a Londra si invito di Lionel Robbins e tenne quattro lezioni alla London School Of Economics su Prezzi e produzione.
Rimase a Londra per 18 anni, proponendosi come avversario del famoso economista John Maynard Keynes.
Intanto la sua attenzione venne attratta dalla pubblicazione dell'importante lavoro di K.Popper La logica della scoperta scientifica.
Conobbe Popper personalmente e con lui partecipò ad un seminario alla London School of Economics, insieme a Robbins, invitando lo stesso Popper a leggere il suo scritto Miseria dello storicismo.
Fu l'inizio di una lunga amicizia tra i due.
Nel 1937 pubblicò il saggio Economics and Knowledge.
Allo scoppio della II guerra mondiale si mise a scrivere un testo "dedicato ai miei amici socialisti", The Road to Serfdom, tradotto poi in italiano presso Rizzoli ed intitolato La via verso la schiavitù.
Contro alcune parti di questo scritto, per il suo carattere estremistico e per diverse argomentazioni infondate come quelle delle origini socialiste del nazionalsocialismo ha già polemizzato Guido Marenco nei files su John Stuart Mill. (1) Una volta tanto concordo con lui perché mi pare evidente che elementi fondanti del nazismo quali l'antisemitismo e la teorizzazione della supremazia della razza non hanno nulla di socialista e nemmeno di cristiano. Come del resto hanno poco a che fare anche con l'evoluzionismo di Herbert Spencer.

Ma, bisogna dire che nel mondo anglosassone il successo del libro fu notevole .
Contemporaneamente, von Hajek combatteva una strenua battaglia anche contro lo scientismo. Lo considerò come la pretesa di applicare il metodo delle scienze naturali anche alla sfera delle scienze sociali e ne rintracciò le origini nei lavori di Comte e Saint-Simon, quindi nel Positivismo.
Tutti questi studi andarono a finire nel volume L'abuso della ragione. Studi sulla controrivoluzione nella scienza, edito poi, col solito ritardo da Vallecchi nel 1987.
Nel 1945, intanto, era uscito L'uso della conoscenza nella società, originariamente sulla rivista "American Economic Review"
Fondò poi, insieme a Von Mises, Milton Friedman e Karl Popper la Mont Pélerin Society, un gruppo di circa 400 membri, la cui principale attività era quella di organizzare seminari periodici "al fine di scambiarsi idee sulla natura di una società libera e sui mezzi per rafforzare la sua difesa intellettuale." Di essa von Hajek fu presidente fino al 1960, e presidente onorario fino alla morte (1992).
Nel 1949 aveva lasciato la London School of Economics per trasferirsi negli Stati Uniti. Gli fu conferita la cattedra di scienze sociali e morali all'Università di Chicago, dove ebbe modo di lavorare a più stretto contatto con Milton Friedman e Frank Knight.
Nel 1952 uscì un suo studio di teoria psicologica che affrontava il rapporto tra mente e cervello: The Sensory Order, poi tradotto in italiano come L'ordine sensoriale presso Rusconi nel 1990.

Nel 1954 partecipò alla stesura del volume AAVV Capitalism and Historians uscito presso Routledge and Kegan Paul a Londra. (tradotto poi presso Sansoni)
Qui von Hayek scrisse un'introduzione intitolata Hystory and Politics in cui attaccava con la solita enfasi "il mito supremo" del comunismo, ovvero la ben nota considerazione secondo la quale la classe operaia avrebbe peggiorato la propria condizione con il sorgere del capitalismo.
Nel 1960 uscì The Constitution of Liberty, (La società libera - Vallecchi 1969).
Nel 1962 tornò in Europa, succedendo all'amico Walter Eucken alla cattedra di Economia politica all'Università di Friburgo.
Incominciò una nuova stagione di studi e scritti, tra i quali Il sistema concorrenziale quale strumento di conoscenza e Nuovi studi di filosofia , politica, economia e storia delle idee.

Nel 1973 uscì il primo volume della a dir poco monumentale opera Law, Legislation and Liberty (Routledge and Kegan Paul, London), intitolato Regole ed ordine (Saggiatore, 1986) Seguiranno Il miraggio della giustizia sociale e Il sistema politico di un popolo libero.
«In questa sua grandiosa opera Hajek distingue tra ordine spontaneo ed prganizzazione costruita: mostra come il costruttivismo razionalistico distrugga l'ordine spontaneo e con ciò le difese della libertà individuale; fa vedere che l'idea di giustizia sociale è un residuo di atavismo carico di pericoli per la nostra civiltà; mette il dito sulla piaga di quell'onnipotenza dei parlamenti delle attuali democrazie, su quel potere illimitato che le ha trasformate in tirannie; e propone un ordine politico di un popolo libero.» (2)

Paradosso forse non casuale volle che nel 1974 egli ricevesse il premio Nobel per l'economia condiviso con uno dei suoi grandi "avversari", lo svedese Gunnar Myrdal, ovvero uno dei teorici dello stato sociale.

Il suo ultimo lavoro fu The Fatal Conceit. The Errors of Socialism, tradotto in italiano come La presunzione finale (Rusconi). In questo lavoro criticò il socialismo come erede della tradizione razionalistica costruttivista e denunciò il suo totale fallimento.

Friedrich August von Hajek morì a Friburgo nel marzo del 1992.

Le idee principali
Per quanto mi ritenga un avversario di von Hajek, cercherò di esporre nel modo più obiettivo possibile le sue posizioni, avvertendo innanzi tutto che il liberalismo è una definizione di idee politiche molto eterogenee, che viaggiano con una certa disinvoltura tra destra e sinistra a seconda dei casi, delle situazioni storiche e sociali e degli avversari di turno. Tanto per fare un esempio, una situazione di predominio monopolistico, in qualunque settore si verifichi, è certamente una situazione illiberale anche quando si presenta in una democrazia matura e consolidata. Ed essa è molto più grave quando tocca settori nevralgici come l'informazione, le materie prime, la ricerca.
Avendo chiaro questo punto, von Hajek non è facilmente classificabile, anche se molte sue posizioni potrebbero tranquillamente ben figurare nella retorica della destra. In realtà, non vi sarebbe scandalo particolare se anche autori progressisti lo citassero qualche volta, perché la sua teoria della libertà poggia su un paradigma facile facile: qualsiasi introduzione di elementi di socialismo nelle società libere (o aperte) costituisce una violazione della libertà stessa, a partire ovviamente dalla libertà di impresa.
E questo è ultraevidente. Ma tale affermazione non può essere ridotta ad espressione di destra. Anzi, non lo è affatto, se per destra intendiamo un insieme di valori e non la semplice contrapposizione tra padronato e classe operaia come è stato per decenni in Italia.
Allo stesso tempo, però, è altrettanto evidente che questa contrapposizione non è il risultato dell'influenza dell'ideologia comunista, come molti sapientoni attuali vorrebbero far credere. Stava e sta semplicemente nelle cose, nelle disuguaglianze esagerate, nelle "ingiustizie" sociali più clamorose, le quali, a loro volta, non sono state provocate dal liberalismo, ma dalle dinamiche dello sviluppo e dalla logica cieca del capitalismo selvaggio.
Dobbiamo inoltre avere presente che la democrazia in Italia è cresciuta sulla base di una politica assistenziale fortemente clientelare, mirata a conquistare consensi elettorali. E' cioè cresciuta in modo distorto, non in modo limpido.
Il nostro paese è forse tra i più clamorosi esempi della frattura tra mondo delle idee politiche astratte e realtà. Un grosso e spesso inesplicabile "pasticcio" spiegabile solo con il democristianismo del "tira a campà".
Espressioni criticate da von Hajek come i concetti di "società", "capitalismo", "socialismo" hanno avuto evidentemente un significato diverso nel mondo anglosassone e da noi. Per questo, in definitiva, von Hajek o è stato capito poco (e subito rifiutato) o è stato enfatizzato, ma spesso in termini strumentali, a vantaggio di politiche di conservazione che tuttavia avevano ben poco a che vedere con teorie politico-economiche autenticamente liberali.
Per questo, sostengo, avrebbe un senso il ripigliarlo da capo, ora che nella nebbia fitta dei polveroni siamo un po' usciti e che anche da noi è possibile ragionare avendo ben presenti le dinamiche del mondo occidentale e della globalizzazione.

Non è un caso che von Hajek abbia prestato grande importanza alla critica al collettivismo metodologico. Esso ha un'origine scientista e coinvolge in particolare i pensatori positivisti dell'Ottocento, oltre che Marx. E' tipico del collettivismo metodologico trattare certi "insiemi" quali "società","economia" o "capitalismo", una particolare "industria", "classe", "nazione" come oggetti dati, compiuti, dei quali possiamo scoprire le leggi.
Tale credenza è molto diffusa e se tutti ne parlano, significa che tali "oggetti" si dovrebbero dare ai nostri occhi come una roccia particolare od un composto chimico od una funzione fisiologica.
Ma von Hajek osserva:« [...] l'errore implicito in questo approccio collettivistico consiste nel considerare alla stregua dei fatti quelle che non sono altro che teorie provvisorie, modelli costruiti dalla mente ingenua per spiegarsi la connessione esistente fra alcuni dei fenomeni singoli che osserviamo.» (3)
E' un errore. E citando Whitehead, parla di abbaglio della concretezza fuori luogo, cioè della sovrapposizione di concetti alla realtà che produce il cosiddetto realismo concettuale.
Bisogna liberarsene. Contro questo realismo ingenuo, occorre chiarire che le scienze sociali non si occupano di dati insiemi, ma è loro compito costituire questi insiemi, partendo da elementi noti. Il grave errore delle sociologie e di alcuni economisti è quindi quello di aver confuso i modelli con la realtà.

Al collettivismo metodologico, ingenuo e popolare, von Hajek oppone il suo modello dell'individualismo metodologico.
Esso muove dalle concezioni e dalle opinioni dei singoli di cui abbiamo conoscenza diretta. Da qui si può partire per ricostruire i fenomeni più complessi. Ma, attenzione: «[...] non sono affatto i vari tipi di credenze e atteggiamenti individuali l'oggetto della nostra spiegazione: essi sono semplicemente gli elementi a partire dai quali noi ricostruiamo le possibili strutture relazionali interindividuali.» (3)
In pratica von Hajek affida alla psicologia il compito di studiare il comportamento cosciente ed inintenzionale degli individui che costituiscono gli aggregati umani, ed alle scienze sociali il compito di muovere da questi "dati" per arrivare all'analisi delle conseguenze inintenzionali delle azioni umane intenzionali, cioè coscienti.
Siamo così ad un vero e proprio ritorno ad Adam Smith, che per primo aveva parlato di "una mano invisibile" che magicamente trasforma atti e comportamenti egoistici in benefici sociali.
Ma l'autore riscoperto da von Hajek era in realtà Bernard Mandeville che, nella sua paradossale Favola delle api, aveva mostrato con sottile perfidia quanto i vizi privati possano contribuire alla felicità pubblica, visto che sono spesso i nostri desideri del superfluo a motivare artigiani ed industrie a produrre ed a vendere cianfrusaglie oltre che cose utili. Ma sono le cianfrusaglie a far prosperare un'economia.
Con ciò, ad Hajek pare di aver scoperto la causa del suo chiodo, ovvero la conseguenza inintenzionale. Questo, insomma dovrebbe essere uno dei punti che fanno crollare alla radice tutti i costruttivisti razionalistici.
Uno dei padri di tale indirizzo fu sicuramente Descartes e proprio da questi prese avvio l'irragionevole "Età della Ragione". Cartesiani, illuministi, positivisti, marxisti, non usano la ragione, ne abusano. (3)
« E di questo abuso della ragione accusa anche il suo maestro Hans Kelsen, per il quale il diritto è [...] una costruzione deliberata al servizio di determinati, particolari interessi.» (2)
Abbiamo che von Hajek era convinto che «... negare l'esistenza e lo studio dell'emergenza dell'ordine spontaneo significa negare l'esistenza di un oggetto proprio delle scienze teoriche della società. » (3)

Contro il socialismo e la pianificazione economica
Il socialismo è una conseguenza storica del razionalismo costruttivista e la pianificazione non è altro che scientismo applicato. Ovunque vi sia socialismo, ovvero un sistema centrale che comanda l'economia e dirige la produzione secondo una visione complessiva dei bisogni sociali, la sovranità del consumatore (ergo la sua libertà) è mortificata. L'abolizione della proprietà privata sui mezzi di produzione significa l'impossibilità del calcolo economico e la fine di un'economia razionale (perchè basata sull'ordine spontaneo e la selezione).
Analizzando l'esperienza sovietica, ci si accorge che le formulazioni matematiche del problema della pianificazione sono infondate perché prevedono una concentrazione di conoscenze nell'autorità centrale che sono invece diffuse tra milioni di individui.
Per difendersi dalla facile accusa di irrazionalismo ed anarchismo economico, di insensata teorizzazione dello spreco delle risorse, von Hajek avvertì l'esigenza di precisare che il vero irrazionale è colui che presume di conoscere tutto stando seduto ad una scrivania, mentre vi sono conoscenze disperse da valorizzare, e che in una società spontanea si valorizzano da sé.
Comunque sia, questo è un problema: come utilizzare al meglio le conoscenze disperse e sottovalutate?
La conoscenza scientifica, secondo Hajek, non è da svalutare, tutt'altro. Ma si tende spesso e volentieri a dimenticare che non è l'unica forma di conoscenza rilevante.
«... una breve riflessione può suggerire che esiste senza dubbio un corpo di conoscenze molto importante, ma non organizzate, che non possono essere considerate scientifiche, nel senso di conoscenza di leggi generali: mi riferisco alle conoscenze delle circostanze particolari di tempo e di luogo. Proprio rispetto a questo tipo di conoscenze praticamente ogni individuo si trova in vantaggio rispetto a tutti gli altri, dal momento che egli possiede informazioni uniche che possono essere utilizzate con profitto, ma solo se le decisioni che dipendono da queste vengono lasciate a lui, o sono prese con la sua attiva collaborazione...[...] quanto ci resta da imparare in ogni occupazione dopo che abbiamo completato l'addestramento teorico, quanta parte della nostra vita lavorativa è dedicata ad imparare lavori specifici, e quale preziosa risorsa sia, in tutte le professioni, la conoscenza delle persone, delle condizioni locali e delle circostanze particolari. Conoscere e mettere in uso una macchina non pienamente utilizzata o le capacità di qualcuno che potrebbero essere impiegate meglio, o essere a conoscenza dell'esistenza di scorte in eccesso a cui si può attingere durante un'interruzione dei rifornimenti, è socialmente altrettanto importante quanto conoscere tecniche alternative migliori. Lo spedizioniere marittimo che si guadagna da vivere utilizzando viaggi vuoti o mezzipieni di carrette a vapore, o l'agente immobiliare la cui conoscenza si limita quasi esclusivamente a quella di occasioni temporanee, o l'abitrageur che trae i suoi guadagni dalle differenze locali dei prezzi delle merci, tutti svolgono funzioni utili basate sulla particolare conoscenza di circostanze legate all'attimo fuggente ed ignote agli altri.» (4)

Ma questa diventa una critica ai modelli delle grandi imprese...
Indubbiamente con queste osservazioni von Hajek metteva il dito sulla piaga più rilevante dei sistemi comunisti, insieme a quella della mancanza di libertà, ma per quanto ci riguarda ancora, e riguarda soprattutto le grandi imprese nazionalizzate e private di tipo elefantiaco-burocratico, possiamo ben dire che ci sarebbe molto da imparare per migliorare la loro organizzazione. Mi viene in mente un paragone con il gioco del calcio. Ci sono allenatori che umiliano i giocatori imponendo schemi vincenti, ma rigidi. Finchè vincono, hanno ragion,e anche se l'estro dei campioni viene sistematicamente svalutato e loro non si trovano bene in queste squadre. Quando perdono, magari contro una squadra guidata da un allenatore con mentalità opposta, preoccupato di utilizzare al meglio tutte le risorse, non solo finiscono con l'aver torto, ma vengono accusati di dogmatismo idiota. Molti anni fa ci fu qualcuno che pensò bene di aprire una simpatica e divertente polemica su gioco a uomo, di sinistra, e gioco a zona, di destra. Si capisce facilmente, al contrario, che non esiste gioco di destra o di sinistra, ma solo gioco efficace e gioco inefficace, gioco bello da vedere e gioco noioso ed irritante anche per i giocatori.
La mia scarsa esperienza calcistica mi ha insegnato questo: il miglior gioco è quello che riesce a valorizzare sia gli uomini che gli schemi, che ibrida zona e uomo, che valorizza il corridore incontrista tanto quanto l'estro del campione.
I giovani managers presuntuosi che siedono ai vertici delle grandi aziende, e che se la tirano da liberal english spoken, avrebbero molto da imparare a leggersi von Hajek invece che le versioni a fumetti ad usum cretini.
Ma la stessa cosa potremmo consigliarla a certi dirigenti sindacali convinti che la contrattazione centralizzata e la concertazione siano tutto. Leggere le opere di questo "nemico" farebbe bene anche a loro.

(continua)

(1) Guido Marenco - La teoria della libertà in John Stuart Mill (note)
(2) Nicola Abbagnano - Storia della filosofia -TEA (vol. IX) - Metodologia delle scienze sociali e teoria della politica nella scuola marginalista austriaca - di Dario Antiseri - cap. XIX
(3) F.A. von Hajek - L'abuso della ragione. Studi sulla controrivoluzione nella scienza - Vallecchi 1987
(4) F.A. von Hajek - L'uso della conoscenza nella società (in Conoscenza, mercato, pianificazione)