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Replica del buon moderato...
di Guido Marenco

Rispondo a Carlo prima che Renzo mi rubi il tempo. Fortuna che è lunedì mattina e quindi il bravo Grass gira per fiere e mercati, banche ed uffici finanziari.
Guarda, o Carlo, che l'ultimo numero della rivista del manifesto l'ho letta anch'io. Mi sembra d'aver capito che uno degli oggetti del contendere tra i protagonisti del dibattito sul manifesto sia: siamo una rivista o lo strumento di organizzazione di un nuovo soggetto politico?
Se siamo solo una rivista, non abbiamo fallito. Possiamo solo cercare di far meglio.
Se, al contrario, siamo anche stati il tentativo di organizzare un nuovo soggetto politico, beh... allora abbiamo fallito.
Inutile sottolineare che tutto dipende dalle aspettative e dall'investimento (anche in senso freudiano) che noi gettiamo in una certa impresa.
Gli interventi più ragionevoli, sotto questo profilo, mi sono sembrati quelli del siamo solo una rivista.
Intendiamoci, la mia impressione rimane negativa anche limitando il campo alla sola rivista perché mi pare che troppi interventi siano stati pensati se non da un altro mondo, quantomeno dalla Luna. Tuttavia, riconosco che molte delle cose dette, per esempio proprio dalla Castellina, siano degne di attenzione.
Ma noi non siamo la rivista del manifesto e nemmeno una sua appendice. Noi siamo un sito web cultural-filosofico che esiste per tre motivi ben precisi: 1) siamo tutti convinti di rappresentare qualcosa di originale. Nel web in italiano ci sono siti universitari e siti amatoriali, ma c'è un deficit di siti a contorno pluralistico e polifonico. Per capirci, dove trovi un filosofo come Parmenide addirittura in tre versioni diverse e conflittuali? Solo da noi, per ora.
Io vorrei che anche altri filosofi beneficiassero dello stesso trattamento dialettico. E forse andiamo nella direzione giusta dedicando più spazio alla filosofia politica perché è su questo piano che si può esprimere una più articolata dialettica delle posizioni.
2) siamo un sito di divulgazione. Certo, e meno ne vanto. Facciamo un po' schifo perché la divulgazione deve essere concisa e chiara. Ma poiché non può essere semplicistica e condensata in sms, meglio le nostre lungaggini che le sciocchezze di un sms, almeno per ora.
3) poiché siamo pluralistici, polifonici ed anche divulgativi, ci possiamo naturalmente consentire l'approfondimento. Alcuni degli articoli pubblicati sono già approfondimenti di per sé. Ma ci vuole molto di più per approfondire davvero. Dunque datevi da fare!

Detto questo, hai ragione a farmi dire che sono contrario ad una caratterizzazione militante di Moses. Fermamente contrario. Sarebbe ipocrita nascondere le nostre simpatie e le nostre passioni. D'accordo. Però è meglio ironizzarci su, come ha fatto Daniele con la metafora dell'Enterprise che prenderle troppo sul serio.
Non si tratta di fare gli amanuensi, anche perché non siamo in un nuovo medioevo.
Nel redigere i files, ci mettiamo un elemento critico e creativo, forse fin troppo.
Piuttosto, a me pare che sia prevalente quantomeno in me, Renzo e Daniele, l'impegno per difendere la ragione e la ragionevolezza dagli assalti dell'irrazionalismo, delle follie, delle fedi, dei fanatismi e dei sognatori, i quali si trovano in egual misura ben distribuiti tra destra e sinistra, su e giù, persino nel mezzo.
Tutta la nostra dose di militanza se proprio si vuole ricorrere a questo termine, sta qui.
Per quanto riguarda la sinistra del centro-sinistra, a cui certamente non appartengo, il problema è che una volta abbandonate le coordinate del marxismo classico, una volta compreso che non vi sono leggi della storia che portano inevitabilmente al socialismo, rimane ancora molto da dire in quanto a critica di questa società, di questa Italia, ma in un modo che oggi mi pare debba aprirsi ad altre voci, più che chiudersi in facili schemi, compreso quello classico della rivendicazione.
Sosteniamo tutti quelli che rivendicano? Pensiamo sia un fatto positivo che tutti protestino?
A me pare sia più importante dar voce a chi si dà da fare, a chi ci prova e non ci riesce, ed anche a chi ci riesce.

Faccio un esempio che riguarda proprio chi si dà da fare: cooperative e mercato. Parlo di un modello di impresa economica del tutto diverso da quelli capitalistici e monopolistici storicamente realizzati. Parlo di un tipo d'impresa che sulla carta dovrebbe rispondere ai principi della solidarietà, del non sfruttamento, del rispetto dei diritti, delle differenze, delle pari opportunità e di tutto quello che di bello è stato detto su un possibile nuovo modo di vivere e lavorare senza ricorrere al conflitto, perchè tutto quanto viene concordato e pianificato insieme. Però, questo tipo di impresa non può sfuggire alle leggi del mercato, è immersa nel mercato (compreso quello losco dello scambio politico e mafioso) e mutua modelli organizzativi dall'efficienza di imprese che cooperative non sono. Altrimenti puff.
Domanda? Che ne è di questa roba,oggi?
Possono, oggi, in concreto, i giovani sperare di trovare spazio, visibilità, commesse, lavoro, in una cooperativa, o magari fondando una nuova cooperativa?
Se sì, perché non lo fanno?
Se no, perché no?
Solo perché la cooperativa promette lacrime e sangue, non facili guadagni, o perché gira e gira e rigira tra una cooperativa ed un altro tipo d'impresa le differenze non sono così palpabili? Perché tutto rimane sulla carta e la realtà è tutt'altro?
Ecco, invece di una militanza fatta di agguerriti proclami anti, io proporrei percorsi più concreti, terra-terra. Se poi da ciò dovesse zampillare militanza non me ne scandalizzerei, perbacco...
Ma non è gridando all'attacco che si va all'attacco, quantomeno oggi.

gm - 9 febbraio 2004