Complesso di Edipo e teoria della sessualità infantile
scheda riassuntiva


Ödipuscomplex
Nell'Enciclopedia della psicoanalisi Laplanche e Pontalis definiscono il complesso di Edipo come "insieme organizzato di desideri amorosi e ostili che il bambino prova nei confronti dei suoi genitori."

Assume una forma detta positiva quando si presenta come desiderio di morte del rivale dello stesso sesso: in sostanza il figlio che desidera nelle sue fantasie la morte del padre, o la figlia che desidera la morte della madre.
Si può manifestare anche in forma negativa, come amore per il genitore dello stesso sesso e odio geloso per il genitore dell'altro sesso.

Secondo Freud questo complesso si manifesta tra i tre e i cinque anni, durante la fase fallica, declina nel periodo detto di latenza, tra i sei e i dieci anni, e ritorna durante la pubertà. Nella Psicologia del ginnasiale, (Opere, volume VII) l'Edipo è soprattutto di tipo sociale e si esprime nel rapporto con gli insegnanti, rispetto ai quali le immagini della castrazione e diverse forma di angoscia si dispongono attorno ai soggetti in modo a volte ossessivo.
Del resto, tralasciando Freud per un attimo, e venendo a fenomeni facilmente osservabili, non è infrequente che tra insegnanti ed allievi di sesso diverso si svolga un rito di seduzione e fascinazione reciproca del tutto immaginativo e qualche volta reale. Come non è infrequente che tra insegnanti ed allievi dello stesso sesso si celebri l'eterno ritorno della gelosia e nei soggetti particolarmente sensibili si venga così ad instaurare un timore di castrazione.
Tuttavia, su questo piano delle difficoltà di rapporto, l'attenzione andrebbe dapprima centrata sull'asse "io spiego bene, tu sei un somaro, non stai attento, non capisci." Solo successivamente potremmo ipotizzare complicazioni di tipo edipico.
Più raro, ma non per questo meno preoccupante, è la gelosia "isterica" di una insegnante di sesso femminile nei confronti di un allievo di sesso maschile, che verrà così discriminato o malgiudicato; o viceversa, la diffidenza non meno isterica dell'insegnante di sesso maschile nei confronti di qualche genietto femminile.

Rinviamo un ulteriore esplicazione dell'Edipo alla conclusione dell'esposizione della teoria delle fasi.

Teoria della sessualità infantile o delle fasi
Occorre chiarire innanzi tutto che in psicoanalisi quando si parla di fasi ci si riferisce prevalentemente all'attività libidica ed alla sua evoluzione attraverso il cambiamento dell'oggetto di desiderio da un lato, e la variazione dell'area del corpo con cui si realizza la soddisfazione dello stesso dall'altro. Pertanto non si può dire che in Freud si trovi una precisa definizione di fase come ad esempio nella psicologia di Piaget. Inoltre, il pregio della teoria freudiana pare essere proprio quello dell'incompletezza.
Non essendo definito in modo sistematico tutto ciò che deve accadere precisamente il giorno del compleanno, o al più entro la settimana dopo, con la precisione svizzera di Piaget, è evidente che la fase deve intendersi in modo fluido e quasi dialettico.
Essa non finisce esattamente quando ne inizia un'altra, ma si intreccia e può convivere con le successive, anche se ovviamente si manifesterà una dominanza.

La fase orale
La fase orale è la prima fase dell'evoluzione libidica e si manifesta nei primi mesi di vita fino all'insorgere di quella anale dal secondo anno al quarto.
Laplanche e Pontalis scrivono: "il piacere sessuale è legato in modo prevalente all'eccitamento della cavità boccale e delle labbra che accompagna l'alimentazione. L'attività di nutrizione fornisce i significati elettivi con cui si esprime e si organizza la relazione oggettuale; per esempio, la relazione d'amore con la madre sarà contrassegnata dai significati mangiare-essere mangiato."
Rispetto a Freud, il fedele K.Abraham apporterà all'interpretazione di questa fase un'ulteriore distinzione: la fase propriamente orale si darà con la suzione, mentre all'apparire della dentizione avremo una fase sadico-orale, contrassegnata dalla masticazione e dalla distruzione del cibo. Questa ulteriore interpretazione della fase orale implica una inconscia volontà di distruggere per introiettare l'oggetto agognato. Siamo ad una sorta di teorizzazione del cannibalismo primitivo che si ripropone nell'età infantile.
Ad avviso di chi scrive questa considerazione di Abraham forza la mano a Freud in quanto il desiderio, o la volontà, o l'intenzione, o comunque la si voglia chiamare, di distruzione, o demolizione dell'oggetto, sia in età infantile che in età adulta, non comporta necessariamente il desiderio di introiettare o nutrirsi con l'oggetto stesso.
Vi è un distruggere per difendersi, un distruggere per incapacità di smontare e capire come è fatto l'oggetto, un distruggere per necessità biologica, cioè le esigenze di nutrizione. Ma definire il nutrirsi come attività distruttiva porta, a mio avviso su una pessima strada, quella della desacralizzazione della natura, o del corpo della madre (dipende dal senso che si vuole attribuire a tale parola), creando così una sconcertante confusione tra produttore e prodotto: la madre è il produttore del latte, così come in generale la natura è il produttore del cibo sotto forma di vegetali ed animali commestibili. Se ammaziamo la vacca, il latte non l'avremo più.
Così è evidente che noi non mangiamo la natura, ma i suoi prodotti, e non mangiamo la madre, ma il suo latte.
In altre parole: l'antropofagia non è una fase primitiva necessaria, ma solo una deviazione e probabilmente una perversione.
L'evoluzione dell'umanità comincia a muovere dal rifiuto di questa pratica ed è provato, sotto l'aspetto etnico ed antropologico, che nessuna società fondata sul cannibalismo è riuscita ad evolversi dallo stadio tribale.
Non solo: anche le società fondate sulla religione dei sacrifici umani sono miseramente crollate sotto l'urto di invasioni dall'esterno e "superamenti" conflittuali di vario tipo perchè incapaci di procedere oltre. Un classico esempio potrebbe essere quello della caduta della prima Babilonia a causa della prorompente espansione assira. Pur non essendo un luogo comune quello della crudeltà assira, e pur non essendo provato che nella prima Babilonia si facessero sacrifici umani, è fuori discussione che il carattere "religioso" e superstizioso, fondamentalmente matriarcale di Babilonia (cioè dominato da una casta di sacerdoti intoccabili anzichè da un potere civile fondato sul diritto o quantomeno sulla forza), fu una delle cause della sua rovina a causa del sacrificio dell'uomo (della virilità) che in senso lato vi si praticava, unito alla vera e propria interdizione della conoscenza per chi non fosse sacerdote. Il patriarcato assiro, non meno crudele e non meno umiliante per la donna, per l'intellettuale ed il religioso, generalmente castrati in tenera età per evitare qualsiasi tipo di concorrenza con il signore, ovvero il primogenito, aveva comunque il pregio di opporre la forza e la virilità, cioè il diritto dell'iniziativa e dell'intenzione, alla superstizione astrologico-religiosa dei Babilonesi improntata al più rigido fatalismo.

La fase sadico-anale
La fase sadico-anale, secondo Freud, viene a manifestarsi tra i due ed i quattro anni. Già nell'articolo del 1908, Carattere ed erotismo anale, certi tratti del comportamento adulto (ordine, parsimonia, ostinazione) vengono descritti come risalenti all'erotismo anale del bambino.
Il controllo degli sfinteri, all'incirca nel terzo anno di età, diviene, secondo Freud, un'ulteriore (inconscia) funzione erotica, non più solo autoerotica.
Le feci sono considerate affettivamente come un dono da offrire alla madre ed è per questo che procura soddisfazione il farle a tempo debito, in luogo opportuno, secondo le prescrizioni ricevute.
Ma la stessa fase anale è un piacere in sè in quanto la massa fecale eccita la mucosa e procura piacere.
Tuttavia la fase anale è anche tempo di conflitto articolato su diversi piani: bisogna espellere, ma bisogna anche trattenersi.
Inoltre l'oggetto è ambiguo, è sia buono che cattivo. Procura piacere, ma a volte anche dolore.
Puzza, è lo "sporco", l'inutile, il "rifiuto" del corpo.

La fase fallica
Die phallische Stufe secondo Freud è contrassegnata da una riorganizzazione della libido sotto il primato del fallo, ed anche del clitoride. Secondo Laplanche e Pontalis "il bambino sia maschio che femmina conosce soltanto un organo genitale, l'organo maschile, e l'opposizione tra i sessi è equivalente all'opposizione fallico-evirato. La fase fallica corrisponde al momento culminante e al tramonto del complesso edipico, e in essa prevale il complesso di evirazione".
Questa teorizzazione esplicita di una fase fallica compare in Freud solo nel 1923, nell'articolo L'organizzazione genitale infantile, e si accompagna logicamente all'altro scritto tardivo Il tramonto del complesso edipico.
Tuttavia la fase fallica è già adombrata in precedenza in diversi scritti come "composizione delle pulsioni parziali e la loro subordinazione al primato dei genitali" che "non può essere realizzata o può esserlo solo molto imperfettamente nell'infanzia."
E' in questa fase che si svilupperebbe l'Edipo femminile come invidia del pene, come accusa alla madre per questa ingiusta privazione e come richiesta al padre dell'unione incestuosa per avere un figlio.
Si può considerare come studio esemplare della fase fallica maschile Il piccolo Hans.
Il caso è presto spiegato.
Hans è affetto da una fobia per i cavalli che gli impedisce di uscire di casa. Oggi potrebbe tradursi in una fobia per i TIR, i tram o gli autobus, oggetti semoventi di proporzioni smisurate rispetto al piccolo.
La causa della fobia consiste in uno spostamento dell'aggressività dalla figura del padre a quella del cavallo ed è di chiara origine sessuale, qui occorre convenirne, in quanto la causa scatenante è l'amore di Hans per la madre.
L'aggressività di Hans si traduce in timore di una punizione da parte del padre e si converte in una fobia spostata sui cavalli.
La terapia psicoanalitica qui ha bisogno di un mediatore, rappresentato dal padre stesso. Solo nell'esplicazione dell'amore "in cui non c'è timore", amore si badi non di tipo erotico, ma filiale, si potrà avere una guarigione lenta ma sicura del piccolo Hans.
In sostanza è solo perchè il padre non è un Laio, e comprende il problema del figlio, che la vicenda si volge ad un lieto fine.

Il periodo di latenza
Il periodo di latenza è considerato come un declino della sessualità infantile ed un vero e proprio arresto delle attività sessuali.
in questa fase il rapporto con i genitori è contrassegnato dalla tenerezza; compaiono il senso del pudore ed aspirazioni di carattere etico ed estetico.
L'effetto del tramonto edipico consiste in una rimozione, in una vera e propria amnesia dei primi anni. Non c'è spiegazione della latenza sessuale senza il riconoscimento dell'Edipo, anche se Freud lega lo stesso declino del complesso alla caduta dei denti da latte, il simbolo dell'immaturità sessuale, con la comparsa dei denti definitivi, quelli con cui saremo in grado di mordere nella vita.
La caduta dell'Edipo si spiega con diverse modalità. Tra queste la principale è che il piccolo innamorato è senza speranze.
Le istituzioni sociali, specie la scuola, cooperano con il Super-io, cioè l'autorità materna e paterna che in questo periodo sta sopra l'io del bambino, per reprimere la sessualità infantile, contribuendo così a rafforzare la latenza, ovvero l'amnesia.
Ciò, tuttavia, si verifica solo nella civiltà occidentale, non nella maggior parte dei popoli primitivi, anche se è possibile osservare in comunità primitive a noi quasi contemporanee, come quelle studiate dagli antropologi dell'ottocento e dei primi decenni del novecento, la diffusa manifestazione del tabù dell'incesto, cioè di rapporti sessuali e/o matrimoniali tra gli appartenenti allo stesso clan, od anche allo stesso totem.

cactus -rivisto il 14 gennaio 2001