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F

facoltà, il modo esteriore di designare una potenzialità interiore dell'individuo. Kant individuò tre piattaforme fondamentali propedeutiche all'uso delle facoltà: l'intelletto, la volontà, il sentimento di piacere e dispiacere. Il primo porta a risvegliare la facoltà di conoscere; la seconda la facoltà del sentimento, la terza la facoltà di desiderare.
falansterio, così Charles Fourier chiamava la l'organizzazione sociale utopistica da lui propugnata, una "formazione" di 1600 individui regolati da un sistema comunitario e contraddistinto dalla libertà dei rapporti sessuali.
falsa coscienza, termine diffuso soprattutto tra i giovani hegeliani di sinistra. Nella critica all'ideologia di Marx il termine ha assunto il significato di consapevolezza deformata dalla propria collocazione sociale.
fanatismo, sta ad indicare lo stato di esaltazione di chi si crede invasato da Dio, o da qualche principio considerato superiore a Dio stesso, ritenuto in tal caso inesistente. Le lontanissime origini del fanatismo moderno si trovano, contrariamente a quanto si crede, nella Bibbia e non nel Corano, il quale, tuttavia, quanto a passaggi di fanatismo è davvero secondo a nessuno. I passi biblici tacciabili di fanatismo sono nei libri di Samuele (quando il profeta si presenta a re Saul per conto di Dio e gli ordina di sterminare gli amaleciti) e nei libri dei Maccabei, dove i combattenti ebraici andavano allegramente incontro alla morte combattendo nemici di gran lunga superiori, credendo nella salvezza dell'anima e nella resurrezione della carne, e credendo altresì di essere premiati con una vita migliore. Resta da capire se possa considerarsi "fanatico" chiunque anteponga ad una pienezza di vita (che è l'unico cosa a cui siamo veramente predisposti) un principio diverso, qualunque esso sia.
fede, il credere in una rivelazione, in un racconto mitico, in una promessa divina, od anche umana. Ciò che distingue la fede autentica e genuina del credente dalla falsa fede e dalla malafede di fanatici e furfanti è l'impegno costante del credente che si sente vincolato ad un impegno a presentare la sua fede e la sua moralità in diversi contesti. La fede ha una sua particolare ed irriducibile ragion d'essere nel fatto che ogni dimostrazione razionale dell'esistenza di Dio e dell'al di là è fatalmente naufragata in quanto inconsistente.
fenomenologia, anche se il primo, s.e. & o., fu J.H. Lambert nel Nuovo Organo del 1764 a parlare di fenomenologia, o dottrina della parvenza, e fu poi Hegel ad intitolare una delle sue opere fondamentali La Fenomenologia dello Spirito, nel senso di tappe o figure, manifestazioni visibili di una specie di via crucis percorsa dalla coscienza umana nel corso della storia, il termine fenomenologia è strettamente legato all'opera di E. Husserl ed alla sua scuola. In Husserl il termine fenomeno assume un significato nuovo, non più contrapposto al noumeno della filosofia critica, la cosa in sè, bensì diventa anche cosa considerata in sé stessa, come "rivelazione di essenza". Su questa distinzione - rileva Nicola Abbagnano - "ha insistito Heidegger considerando il fenomeno come puro e semplice apparire dell'essere in sé e distinguendolo pertanto dalla semplice apparenza (Erscheinung o blosse Erscheinung) che è l'indizio o l'annuncio dell'essere (il quale però rimane nascosto..."
Lo stesso Heidegger, in Sein und Zeit, ha dato una felice definizione della fenomenologia: "L'espressione "fenomenologia" significa prima di tutto un concetto di metodo. Essa non caratterizza la consistenza di fatto dell'oggetto dell'indagine filosofica, bensì il suo come... il termine esprime un motto che potrebbe venir formulato così: alle cose stesse! E ciò in contrapposizione alle costruzioni campate per aria e ai trovamenti causali; in contrapposizione all'accettazione di concetti solo apparentemente giustificati ed ai problemi apparenti che si impongono da una generazione all'altra come veri problemi."
L'oggetto della fenomenologia diventa, in Heidegger, ciò che non si mostra, ciò che si nasconde.
fondamento, lo dice la parola stessa: per fondamento si deve intendere la causa nel senso della ragion d'essere di ogni cosa, e quindi della relativa spiegazione. Ma nella filosofia moderna, ad opera sopratutto di Leibniz, la nozione di fondamento ha cominciato ad assumere un significato diverso. Il fondamento può anche designare una connessione priva di necessità e tuttavia tale da giustificare l'esistenza di una cosa, al limite anche di un'opinione, un sospetto e così via. Quando diciamo: "la tua idea non ha fondamento alcuno!" - in realtà vorremmo capire come diavolo ha potuto farsi strada una determinata opinione.
Leibniz, trovò così il principio di ragion sufficiente, che è appunto la nozione di quanto basta a provocare l'esistenza di qualcosa.
Wolff, il massimo filosofo dogmatico (così Kant) dell'illuminismo tedesco, diede del metodo del fondamento (Grundlichkeit) la versione più pregnante, e lo stesso Kant gli riconobbe il merito nella prefazione alla seconda edizione della Critica della ragion pura.
foronomia, termine coniato da Lambert, contemporaneo ed amico di Kant, per indicare il metodo dello studio delle leggi del movimento.
forza, bisognerebbe distinguere l'uso del concetto di forza usato dai filosofi e quello impiegato dai filosofi naturali, che oggidì preferiscono esser chiamati fisici. Una svolta si ebbe nell'Ottocento, quando Robert Mayer scoprì il principio della conservazione dell'energia, ed Hertz condusse alla formulazione di quello che si chiamò l'energetismo della meccanica. Nei principi di meccanica (1894), Hertz considerò fondamentali soltanto le idee di tempo, spazio e massa, indicando come derivati non solo il concetto di forza, ma anche quello di energia. I filosofi, tuttavia, come del resto la gente che parla il linguaggio ordinario, non si son fatti scrupoli nel continuare ad usare il termine sia a proposito che a sproposito, tant'è vero che si continua a dire tranquillamente "forza di gravità" in luogo del più scientifico "attrazione esercitata dalla massa".