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esistenzialismo
Kierkegaard intese l'esistenza come opposto di essenza. Opposizione un po' difficile da capire in quanto verrebbe spontaneamente più facile intendere l'esistenza come il risultato di un conflitto tra la propria essenza (come saremmo se il mondo fosse migliore se vivessimo in un mondo ideale) e la realtà circostante che, in qualche modo, ci obbliga a forme e comportamenti che non sono consoni alla nostra essenza.
Tuttavia, proprio da questa singolare opposizione, trovata da Kierkegaard, si possono trovare le radici dell'esistenzialismo del Novecento, pur considerando che se ciò che fa problema nelle filosofie esistenzialistiche è l'esistenza stessa, cioè il suo senso, dovremmo risalire all'antichità per trovare le prime vere tracce di esistenzialismo.
La filosofia di Epicuro, ad esempio, credette di trovare una risposta al senso della vita nella ricerca di una vita beata e felice, al riparo delle tempeste del mondo e della politica.
Ma ancora prima di lui, la filosofia di Socrate, e soprattutto quelle dei suoi discepoli eterodossi, presentò tratti di indubbio carattere esistenzialista. In realtà, che cos'era la ricerca sul bene e sulla virtù, se non una risposta al problema di come esistere?
L'esistenzialismo è comunque da intendersi come una filosofia moderna, la quale, secondo Nicola Abbagnano, ha desunto da Husserl e dalla fenomenologia l'ontologia apofantica, "cioè la concezione di un essere (mondo) che si rivela, più o meno, all'uomo secondo strutture che costituiscono i modi d'essere all'uomo stesso".
Da Kierkegaard, l'esistenzialista contemporaneo ha ereditato la categoria fondamentale e necessaria, quella della possibilità. Anche nelle sue più che possibili conseguenze negative di fallimento e naufragio. In realtà, un vero esistenzialismo non può che fondarsi anche sul concetto di libertà e quello correlativo di scelta, categorie nelle quali è possibile il formularsi di un progetto di esistenza, in cui si tratta poi di decidere se essere per la morte, come suggerito da Heidegger in Essere e tempo, o essere per la vita, come proposto da filosofi e pensatori meno tetri e pessimisti.
Grandi esistenzialisti del Novecento furono oltre ad Heidegger, che pure rifiutò l'etichetta, soprattutto Sartre e Karl Jaspers. In Italia, lo stesso Nicola Abbagnano sviluppò una teoria dell'esistenzialismo positivo.