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Einstein: la relatività generale (parte III)
di Eric Amich

Einstein scrisse circa trenta articoli tra il 1915 ed il 1918 che, in vario modo, approfondivano aspetti e conseguenze della relatività generale. Intanto era scoppiata la prima guerra mondiale ed egli aveva rifiutato di firmare il Manifesto al mondo civilizzato, al quale avevano invece aderito numerosi scienziati, artisti e uomini di cultura tedeschi, tra i quali lo stesso fisico Max Planck. Tra distrazioni pacifiste ed antimilitariste da un lato e l'impegno di indicare attraverso quali prove sperimentali potesse trovare conferma la relatività generale, trascorsero tre anni terribili.
Nel frattempo, Eistein aveva proposto tre verifiche sperimentali: l'anomalia del moto di Mercurio, il comportamento delle onde elettromagnetiche, in particolare della luce, in prossimità di oggetti di grande dimensione, e il red shift gravitazionale, cioè lo spostamento gravitazionale verso il rosso, che ovviamente non è da confondere con l'effetto doppler. La teoria generale della relatività, infatti, prevede che i fenomeni rallentino dove i campi gravitazionali sono più intensi. Quindi anche la velocità della luce!
La prima conferma riguardò la deflessione della luce, cioè il comportamento delle onde luminose in prossimità del Sole. Secondo quanto scritto dallo stesso Einstein, "un raggio di luce deve subire un incurvamento del suo percorso allorché passa attraverso un campo gravitazionale, incurvamento simile a quello subito dal percorso di un corpo che sia proiettato attraverso un campo gravitazionale. In base a questa teoria, dovremmo attenderci che un raggio di luce che passi accanto a un corpo celeste venga deviato verso quest'ultimo." (1)
Nel 1919, finalmente, grazie a Sir Arthur Eddington, un quacchero che fin dall'inizio aveva mostrato di aver compreso la portata rivoluzionaria della relatività generale, vennero organizzate due spedizioni: una diretta a Sobral, in Brasile, e l'altra, guidata personalmente da Eddington, all'isola di Principe, nel golfo di Guinea. Si trattava di osservare un'eclissi di Sole. Le osservazioni realizzate a Principe registrarono uno spostamento di 1 minuto e 61 secondi di arco, con un margine di errore 30 secondi. I dati raccolti in Brasile dicevano che si era presentato uno spostamento pari a 1 minuto e 98 secondi, con un possibile margine di errore di 12 secondi. Erano dati sorprendentemente vicini alla previsione di Einstein: 1 minuto e 74 secondi, che era comunque un arco molto piccolo, pari a quello che vedremmo in una moneta da 1 euro a 3 km di distanza.
Considerata l'incertezza delle misurazioni, ogni volta che si verificarono eclissi di Sole, vennero successivamente effettuate misurazioni che si trovarono sempre in accordo con quanto previsto dalla teoria.
In sostanza, era dunque vero che lo spazio si incurva per la presenza della massa solare, e questo determina una deviazione nella traiettoria della luce. Più recentemente è stato possibile verificare tale effetto anche con le radioonde.

L'anomalia del moto di Mercurio non era una novità. Era già stata osservata da tempo e gli astronomi avevano provato a spiegarla risalendo a "perturbazioni" provocate dall'attrazione di pianeti vicini. Si era anche pensato che tali perturbazioni avrebbero potuto causare qualche catastrofe nel delicato meccanismo del sistema solare, ma Laplace aveva in certo senso tranquillizato tutti, dimostrando che le perturbazioni erano cicliche, e le anomalie non superavano mai limiti prevedibili. Tuttavia, Mercurio continuava a costituire un'eccezione. Nle 1845, Leverrier aveva scoperto un inspiegabile avanzamento del perielio di 43 gradi a secolo. Per spiegare il fatto, Leverrier suggerì l'esistenza di un pianetino posto tra Mercurio ed il Sole. Gli astronomi lo chiamarono Vulcano e puntarono senza soste i telescopi in direzione del Sole, senza arrivare ad alcun risultato. Tale pianeta non fu mai trovato. In compenso la teoria di Einstein dimostrò che tale anomalia era effetto della curvatura e che quando la velocità di un pianeta come Mercurio è così elevata, non si possono trascurare gli effetti relativitistici senza incorrere in gravi errori nel calcolo delle orbite. La teoria di Einstein prevedeva una precessione di 43,03 s di arco per secolo e le prove di Eddington lo confermarono. Tuttavia, la comunità scientifica rimase scettica e ci fu anche un tentativo di correzione della teoria newtoniana. Esso consisteva nella trasformazione di una parte dell'equazione di Newton, attraverso la modificazione del valore r2 in r200000016. Ma si trattava in realtà soltanto di un espediente matematico che non trovava alcuna giustificazione nella fisica.

Il red shift gravitazionale
Anche un fotone emesso da un campo gravitazionale per salire nel campo allontanandosi dal centro deve compiere un lavoro. La luce emessa dal Sole, mentre si allontana dallo stesso, spende energia ed arriva sulla Terra con energia minore di quella di partenza. Ciò corrisponde ad una frequenza f' < f. Asserire che la frequenza della radiazione diminuisce comporta la conseguenza che la lunghezza d'onda aumenti, cioè si sposti verso la radiazione di colore rosso. La luce gialla del sodio proveniente dal Sole non è esattamente uguale a quella emessa dai vapori di sodio sulla Terra, ma leggermente inferiore. Tale fenomeno venne chiamato spostamento gravitazionale verso il rosso.
Poiché il numero di onde emesse dalla sorgente deve essere uguale a quello delle onde in arrivo, la frequenza con cui giungono sulla Terra deve essere uguale a quella con cui sono state emesse. Dobbiamo allora pensare che nel campo gravitazionale del Sole, i fenomeni rallentino vicino alla sua massa e risultino più veloci alla periferia, ovvero che i fenomeni siano più lenti dove il campo gravitazionale è più intenso.
A tale proposito, Einstein scriveva: " Per il Sole lo spostamento verso il rosso prevedibile per via teorica ammonta a circa due millionesimi della lunghezza d'onda. Un calcolo sicuro non è possibile nel caso delle stelle perché in generale non sono noti né la massa M né il raggio r.
Se quest'effetto esista realmente oppure no, è un problema tuttora aperto, e al momento attuale (1920) gli astronomi lavorano con grande impegno alla sua soluzione. Nel caso del Sole, la sua esistenza riesce difficile da giudicare a causa della piccolezza del suo effetto." (2) Ciò nonostante Einstein attribuiva alla conferma del red shift gravitazionale un'importanza drammaticamente decisiva: "Se non esistesse lo spostamento delle righe spettrali verso il rosso a opera del campo gravitazionale - concludeva - allora la teoria della relatività generale risulterebbe insostenibile. Se invece la causa dello spostamento delle righe spettrali verrà fatta risalire in maniera certa al potenziale gravitazionale, allora lo studio di questo spostamento fornirà delle importanti informazioni circa la massa dei corpi celesti." (3)

Come spesso accade con la relatività, l'impresa della dimostrazione e della verifica si rivelò assai complicata. Il campo gravitazionale del Sole non è abbastanza intenso da mostrare un effetto chiaramente misurabile. Inoltre si ha sempre una sovrapposizione dell'effetto Doppler dovuto al movimento della materia gassosa nell'atmosfera del Sole. (4)
La scoperta delle nane bianche offrì il modo migliore per verificare l'effetto dello spostamento verso il rosso. Nelle nane bianche la materia è molto densa e quindi una di tali stelle potrebbe avere la stessa massa del Sole compressa in un volume non più grande di quello della Terra. Un simile campo gravitazionale sarebbe 200.000volte più intenso che alla superficie del Sole. Nel 1925, finalmente fu misurata la luce proveniente da una nana bianca, e si stabilì che le sue onde erano più lunghe nella quantità prevista dalla relatività generale. Oggi, ovviamente, il red shift gravitazionale può essere misurato in laboratorio con precisione ancora maggiore. Ma i risultati raggiunti grazie alla scoperta delle nane bianche erano, negli anni Venti più che sufficienti ad accreditare il completo successo della relatività generale.


note:
(1) A. Einstein - Relatività: esposizione divulgativa - Bollati Boringhieri 1965
(2) idem
(3) idem
(4) Effetto Doppler, ovvero quel principio secondo il quale un suono emesso da una sorgente in movimento appare più acuto quando essa si avvicina e più grave quando esso si allontana. Doppler notò che il fenomeno interessava anche le onde luminose oltre che quelle sonore. Quando la luce proviene da una sorgente mobile, raggiungendo l'occhio, provoca un cambiamento di frequenza, cioè di colore, posto che la velocità sia sufficientemente elevata. Quando la sorgente si avvicina, la luce percepita si sposta verso il violetto. Quando si allontana, la luce si sposta verso l'estremo dello spettro dove le frequenze sono più basse e tendono al rosso.
Nel 1848, il francese A. H. L. Fizeau osservò che la posizione delle righe spettrali poteva servire per studiare meglio l'effetto Doppler. Si ebbe così l'effetto Doppler-Fizeau che trovò immediata applicazione nello studio del Sole e di tutta la galassia, purchè ovviamente, fosse possibile disporre dello spettro dell'oggetto studiato.
EA - 6 maggio 2005