| home | indice Bobbio |indice destra-sinistra | libri |

Destra e sinistra secondo Bobbio - 2
Norberto Bobbio - Destra e Sinistra / Ragioni e significati di una distinzione politica -
Donzelli Editore, Roma 2004 (quarta edizione accresciuta) - prima edizione 1994
di Guido Marenco

Uguaglianza e differenza


«La Galeotti affronta un altro problema di grande interesse - scriveva Bobbio - sul quale lo scarso spirito analitico con cui di solito vengono affrontati i problemi politici ha gettato grande confusione: il problema della "differenza". Si dice che la scoperta del "diverso", tema per eccellenza dei movimenti femministi, avrebbe messo in crisi la coppia destra-sinistra. L'autrice osserva giustamente che non è così: la presenza del diverso è compatibile tanto con l'ideologia di destra, com'è naturale, quanto con quella di sinistra, giacché l'egualitarismo, ovvero il livellamento di ogni differenza, è soltanto il limite estremo, più ideale che reale, della sinistra. L'eguaglianza di cui parla la sinistra è quasi sempre un'eguaglianza "secundum quid", non è mai un'eguaglianza assoluta.
E' incredibile come sia difficile far capire che la scoperta di una diversità non ha alcuna rilevanza rispetto al principio di giustizia, il quale, recitando che gli eguali debbono essere trattati in modo eguale ed i diseguali in modo diseguale, riconosce che accanto a coloro che vengono considerati eguali ci sono coloro che vengono considerati diseguali o diversi.» Distinguere è un problema storico, non risolvibile una volta per sempre, essendo i criteri mutevoli.

Anche qui, si ha l'impressione di una mancata discesa nell'inferno del quotidiano, tanto della vita vera quanto della prassi politica tra militanti di sinistra e di destra. Ciò porta a trascurare diversi elementi. La rivendicazione principale dei movimenti femministi fu l'uguaglianza dei diritti anche a fronte della differenza sessuale. La quale fu poi orgogliosamente esibita, persino con slogan grotteschi tipo "tremate, tremate, le streghe son tornate!" che non avevano valenza solo anticlericale. Era una polemica nei confronti dell'intero universo maschile e maschilista, compreso quello ugualitario.
La destra non faceva fatica a riconoscere la differenza giacché era un'argomento contro l'uguaglianza, mentre la sinistra ebbe qualche problema perché era sempre stata per l'uguaglianza, e la tematica della differenza sembrava una complicazione inutile.
Lo fosse o meno, qui interessa relativamente, anche se certe complicazioni scomode a volte passano per inutili quando sono, al contrario, la dura legge della realtà che è sempre più ostinata delle nostre teorie.
Comunque, se accetti l'uguaglianza e ci credi, non ti fai problemi, nemmeno presti particolare attenzione a richieste tipo il 50% dei candidati ha da esser donna, gli organismi dirigenti devono essere composti da tante donne e così via. Sai benissimo che si tratta di criteri artificiosi, perché se una donna è brava, combattiva, vivace intellettualmente, fa abbastanza casino da farsi notare senza bisogno di spingerla nella mischia e garantirla con delle regole particolari. Non ci sta a farsi chiudere nella gabbia della commissione femminile; reclama un posto nella segreteria del partito.
Se è una gatta morta, rimane una gatta morta anche col sigillo della pari opportunità.
Per una vera sinistra, il problema, pertanto, esisteva, ma non si è mai posto in termini di uguaglianza: si è posto in termini, semmai, di accoglimento della differenza, quale criterio ulteriore da considerare e mai abbastanza considerato.

La questione ha poi assunto aspetti persino tragicomici con l'imporsi della politica spettacolo e del dogma dell'immagine, l'arrivo della candidata Cicciolina nelle liste del partito radicale, l'imperativo categorico di avere sempre in lista donne capaci di attirare consensi di donne (e di uomini) indipendentemente dalla competenza e (passate il termine ad uno che non è mai troppo serio) dalla serietà.
Di fronte a queste autentiche baggianate, che hanno finito per danneggiare la causa dell'uguaglianza e del diritto anziché sostenerla, vi sono stati contraccolpi a sinistra, quanto a destra. Altro che no. Perché la destra aveva negato l'uguaglianza in nome della tradizione, esaltando semmai la differenza con la retorica della madre, della sposa fedele e di tutti i luoghi comuni sul ruolo biologico e sociale della donna, mentre una sinistra disattenta ai problemi della famiglia (tematica di destra, ma non campata per aria, visto che è in gioco il destino dei figli) finiva per acconciarsi ad una sorta di dittatura del femminismo, accettando senza troppo discutere tutto o quasi quello che dal femminismo proveniva. Come il diritto all'aborto in quanto rimedio alla violenza del maschio sulla donna, invece che risultato di una ignoranza sia del maschio che della donna.
Non sono lacerazioni facilmente componibili in teoria. Figuriamoci nella pratica!
In realtà, questa è la mia opinione, proprio la tematica della differenza ha aperto una falla nell'impianto idraulico della sinistra quando questa ha ragionato per schemi anziché per sensibilità umana. La stessa cosa è accaduta nella destra, rispetto al tema opposto dell'uguaglianza.
Ci sono fatti, problemi, che non sono risolvibili solo con la lama tagliente della ragione, anche se questa gode di un diritto di precedenza assoluta, come fosse un'ambulanza con le sirene spiegate. Ma l'ambulanza non gira a casaccio, va dove è chiamata ad un soccorso, esattamente come la ragione non può occuparsi solo di problemi ragionevoli, ma deve affrontare anche quelli irragionevoli e persino assurdi, a volte dichiarandosi umilmente inadeguata al compito. Come quello della possibilità stessa che esistano gay e lesbiche di destra, cioè diversi molto più diversi di tutti gli altri diversi. Eppure, anche questa è stata una novità sconvolgente degli ultimi anni... qualcosa che la ragione non poteva concepire in anticipo, trattandosi di una resa volontaria e masochista alla superiorità conclamata degli eterosessuali, dell'uomo sulla donna, e di entrambi sui diversi. Ma la ragione non è forse mai nemmeno riuscita a capire perché esistano masochisti o sadici.

Destra e sinistra: concetti relativi, ma non troppo

Passiamo al terzo autore considerato da Bobbio, Marco Revelli. Bobbio ne ammira la completezza, asserendo che "la vastità delle elaborazioni sull'argomento considerato non hanno precedenti".
«I due concetti - scriveva Bobbio - "destra" e "sinistra" non sono concetti assoluti. Sono concetti relativi. Non sono concetti sostantivi od ontologici. Non sono qualità intrinseche dell'universo politico. Sono luoghi dello "spazio politico". Rappresentano una determinata topologia politica, che non ha niente a che vedere con l'ontologia politica: non si è di destra o di sinistra, nello stesso senso per cui si dice che si è "comunisti", o "liberali", o "cattolici". In altri termini, destra e sinistra non sono parole che designano contenuti fissati una volta per sempre. Possono designare diversi contenuti secondo i tempi e le situazioni. Revelli fa l'esempio dello spostamento della sinistra ottocentesca dal movimento liberale a quello democratico, a quello socialista. Ciò che è di sinistra è tale rispetto a ciò che è di destra. Il fatto che destra e sinistra rappresentino una opposizione vuol dire semplicemente che non si può essere contemporaneamente di destra edi sinistra. Ma non dice nulla sul contenuto delle due parti contrapposte. L'opposizione resta, anche se i contenuti dei due opposti possono cambiare.»
Ciò è vero in parte, esistendo sempre un minimo di relativismo dettato dalla necessità, ma non ritengo felice la negazione dell'esistenza di un concetto ontologico. Se si nega che esistano una sinistra ed una destra, si dovrebbe anche negare che esistono i comunisti ed i fascisti, visto che anche i loro contenuti ideali si sono mostrati mutevoli nello spazio e nel tempo, nella geografia e nella storia.
Ora, considerato che non è così, la distinzione non mi pare utile, anche perché disponiamo di una teoria degli insiemi e di una Gestalt che consentono, appunto, di considerare con molta chiarezza ciò che accomuna e ciò che divide non solo enti singoli, ma anche sottoinsiemi significativi.
Del resto, lo stesso Revelli, stando a quello che riporta Bobbio, «dopo aver proposto cinque criteri di distinzione fra destra e sinistra - in base al tempo (progresso-conservazione), rispetto allo spazio (eguaglianza-diseguaglianza), rispetto ai soggetti, (autodirezione-eterodirezione), rispetto alla funzione (classi inferiori-classi superiori), rispetto al modello di conoscenza (razionalismo-irrazionalismo) e dopo aver osservato che la convergenza di questi elementi si è manifestata soltanto raramente, sembra alla fine assegnare un posto di particolare rilievo al criterio dell'eguaglianza-diseguaglianza, come sotto certi aspetti "fondante degli altri", i quali risulterebbero, invece, "fondati".» In sostanza: continua ad essere questo l'unico criterio che resiste "all'usura del tempo". Ed anche alla critica deontologizzante, aggiungo io.
Secondo me, un'altra questione si pone: dei cinque criteri proposti da Revelli , solo un altro mi pare molto consistente: quello relativo al tempo ed all'opposizione tra progresso e conservazione. Sempre che poi si chiarisca che il concetto di conservazione si invera politicamente in due modi distinti: prima come un lamento sui bei tempi andati ed una ferma opposizione a riforme di tipo sociale ed egualitario, e poi con azioni politiche volte a restaurare gli equilibri preesistenti al progresso realizzato, ovviamente in senso antisociale ed antiegualitario.
Parlare di un riformismo della destra e di conservatorismo della sinistra, ad esempio, quello sindacale che si oppone alla "riforma" delle pensioni è scorretto giacché, fino a prova contraria, è una difesa del progresso realizzato in precedenza. Dunque si dovrebbe parlare non di riformismo di destra, ma di controriformismo; non di conservatorismo di sinistra, ma di controconservatorismo.

Gli altri criteri proposti da Revelli destano non poche perplessità. Le eccezioni non sono rare. Esiste una sinistra eterodiretta (quella della teologia della liberazione e delle correnti cattoliche progressiste) così come esiste una destra autodiretta.
Esiste una sinistra irrazionale, così come s'è data una destra razionale. Anche il fatto che le classi superiori debbano per forza essere di destra non convince molto; ancor meno che quelle inferiori debbano per forza essere di sinistra, o che la sinistra debba sempre assecondarne la causa, qualunque sia.
Ci sono state una nobiltà illuminata ed una borghesia illuminata.
La tormentata storia del Novecento prova in modo significativo che la destra vince quando riesce a darsi basi di massa pescando nel popolo, non solo il cosidetto sottoproletariato, ma anche settori fondamentali di classe operaia, contadini, ceti produttivi, ecc.

Estremismo - moderazione

In altri termini: Bobbio fece bene a richiamare alcune tra le più significative nuove interpretazioni dell'opposizione destra-sinistra, ma non riuscì a venirne del tutto a capo.
In realtà, un ottimo lavoro chiarificatore era già stato sviluppato nel secondo capitolo del libro intitolato Estremisti e moderati. Capitolo che andrebbe letto e meditato da cima a fondo.
Del fenomeno della trasmigrazione dell'autore da destra a sinistra si è già accennato. Nietzsche viene letto a sinistra, Gramsci a destra. «Carl Schmitt, che fu per un certo periodo di tempo non solo fautore, ma anche teorico dello Stato nazista, è stato, per lo meno in Italia, riscoperto e messo in onore soprattutto da studiosi di sinistra, per quanto avversario, durante il grande dibattito costituzionalistico dell'epoca di Weimar, del maggior teorico della democrazia del tempo, Hans Kelsen...»
L'interpretazione "ambiguamente contrastante" di un autore non è nuova. Bobbio cita Georges Sorel. «L'autore delle Riflessioni sulla violenza ebbe politicamente funzione e ruolo di ispiratore di movimenti della sinistra: da lui nacque la corrente del sindacalismo rivoluzionario italiano che ebbe un quarto d'ora, o poco più, di celebrità nelle vicende del socialismo nel nostro paese; negli ultimi anni egli stesso diventò contemporaneamente ammiratore di Mussolini e Lenin, e molti dei suoi seguaci italiani confluirono nel fascismo; i due suoi maggiori ammiratori italiani furono due onesti conservatori, Pareto e Croce, rispetto ai quali mai e poi mai, pur tra le più diverse etichette che sono state loro attribuite, troverebbe alcun posto quella di pensatori di sinistra.»
Come mai questa confusione? Bobbio prova a rispondere. «A ben guardare, ciò che la rivoluzione e la controrivoluzione hanno in comune non dipende dall'appartenenza a due schieramenti opposti che sono stati chiamati tradizionalmente destra e sinistra. Se così fosse, avrebbero ragione coloro che sostengono essere la diade da abbandonare, perché non servirebbe più a distinguere posizioni culturalmente e politicamente antitetiche. La verità, a mio parere è un'altra: ciò che [...] hanno in comune è l'appartenenza, nell'ambito dei rispettivi schieramenti, all'ala estremista contrapposta a quella moderata.»
L'opposizione estremismo- moderatismo non riguarda la natura delle idee professate, ma la loro radicalizzazione ed il modo di farle valere. Ciò che in comune hanno gli estremisti è l'odio per la democrazia. Ma non è l'unico punto di contatto. Bobbio rinviene una "forte vena di anti-illuminismo". «Mi riferisco non soltanto all'anti-illuminismo d'origine storicistica, del quale esiste una corrente politicamente conservatrice che va da Hegel a Croce, e una politicamente rivoluzionaria, come quella marxiana (il marxismo italiano è sempre stato storicistico), ma anche e sopratutto, specie di questi tempi, all'anti-illuminismo irrazionalistico, che si può distinguere anch'esso in una corrente d'ispirazione religiosa, da De Maistre a Donoso Cortés, autori oggi spesso benevolmente riconsiderati, e in una di origine vitalistica, da Nietzsche a Sorel. Quest'ultima si può combinare meglio con la sinistra, mentre l'altra, quella fideistica, è irriducibilmente e consapevolmente tradizionalista e reazionaria...»

Due concezioni della storia e della morale

L'estremismo è catastrofico. Interpreta la storia come procedente per salti qualitativi, rotture, è meno deterministco perché include l'azione soggettiva, la volontà.
Il moderatismo è gradualista ed evoluzionista. Guarda alla crescita della società come allo sviluppo di un embrione.
«Naturalmente, non ha alcun senso domandarsi quale delle due concezioni della storia sia più vera dell'altra: sono l'una e l'altra il prodotto di una storia "profetica" che procede non per dati e congetture ma per segni premonitori ed estrapolazioni di lungo periodo: una storia il cui criterio di valutazione non è la maggiore o minore verità, ma la maggiore o minore forza propulsiva d'azione, e, come tale, non ha niente a che vedere con la storiografia degli storici che non insegna nulla, o meglio, è tanto meno didascalica quanto più è, sulla base di dati ed ipotesi, esplicativa.»

Ma anche rispetto alla morale, "al problema della virtù", gli estremisti si incontrano. Sospettano della democrazia perché alimenta valori negativi e pantofolai. Alimenta la "mediocrazia", criticata persino da Gobetti. Incoraggia le "idiozie del contrattualismo". «La contrapposizione del guerriero al mercante comporta inevitabilmente la giustificazione, se non l'esaltazione della violenza...»
Ed è questo il punto chiave dell'intera vicenda. Se rifiutiamo la violenza, rifiutiamo l'estremismo.

L'utopia negata e la stella polare

«Non ho difficoltà ad ammettere- scriveva Bobbio - quali e quanti siano stati gli effetti perversi dei modi con cui si è cercato di realizzare l'ideale. Mi è accaduto non molto tempo fa di parlare a questo proposito di "utopia capovolta" in seguito alla constatazione che una grandiosa utopia egualitaria, quella comunista, vagheggiata da secoli, si è capovolta nel suo contrario al primo tentativo storico di attuarla. Nessuna delle città ideali descrittedai filosofi era mai stata proposta come un modello da volgere in pratica. Platone sapeva che la repubblica ideale, di cui aveva parlato coi suoi amici e discepoli, non era destinata a esistere in nessun luogo, ma era vera soltanto, come dice Glaucone a Socrate, "nei nostri discorsi". E, invece, è avvenuto che la prima volta che un'utopia egualitaria è entrata nella storia, passando dal regno dei "discorsi" a quello delle cose, si è rovesciata nel suo contrario.
Ma, aggiungevo, il grande problema della diseguaglianza tra gli uomini e i popoli di questo mondo è rimasto in tutta la sua gravità e insopportabilità. E perché non dire, anche, nella sua minacciosa pericolosità per coloro che si ritengono soddisfatti? Anzi, nella accresciuta coscienza che andiamo ogni giorno di più acquistando dalle condizioni del Terzo e del Quarto mondo, di quello che Latouche ha chiamato "il pianeta dei naufraghi", le dimensioni del problema si sono smisuratamente e drammaticamente allargate. Il comunismo storico è fallito. Ma la sfida che esso aveva lanciato è rimasta. [...] Basta spostare lo sguardo dalla questione sociale all'interno dei singoli Stati, da cui nacque la sinistra nel secolo scorso, alla questione sociale internazionale, per rendersi conto che la sinistra non solo non compiuto il proprio cammino ma lo ha appena cominciato.»

E' un invito a non mollare che ha la forza di un testamento spirituale di grande nobiltà. Non che resta che raccoglierlo, accettando soprattutto la sfida del Terzo includente che, per ora, s'è mostrato piuttosto inconcludente.
riferimenti bibiografici:
D. Cofrancesco - Destra e sinistra / Per un uso critico di due termini chiave - Bertani, Verona, 1984
A.E. Galeotti - L'opposizione destra/sinistra Riflessioni analitiche, in AA VV, La destra radicale, acura di F. Ferraresi, Feltrinelli, 1984
Marco Revelli - Sinistra/Destra Conversazione sull'attualità di un'antitesi, in Quaderni del Cric, n 1 marzo-giugno 1986

gm - 4 aprile 2004