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Cristo ed il cristianesimo
Gesù, la sua formazione culturale e qualche ipotesi sui suoi maestri


di Daniele Lo Giudice
Nella storia del mondo antico la comparsa del cristianesimo fu un evento sconvolgente.
Esso sorse all'interno della comunità ebraica e della sua tradizione religiosa, ma non ebbe grandissimo successo tra i Giudei. Al contrario, si espanse abbastanza facilmente tra gli abitanti del Mediterraneo, in particolare nelle città di lingua greca, ad Antiochia, Damasco ed altre località della Siria, sulle coste dell'Asia Minore, in città greche quali Corinto e Tessalonica, per giungere rapidamente anche in Italia ed a Roma.
Circa la verità storica della figura di Gesù, sulla cui consistenza sono state gettate molte ombre, possiamo solo dire che essa trova un riscontro non solo nelle scritture considerate sacre ma anche in un vero e proprio libro di storia composto dal giudeo romanizzato Flavio Giuseppe. E' forse l'unica vera fonte alternativa alle scritture neotestamentarie di cui disponiamo e pare confermare molti punti del racconto evangelico. Nella Vita, Flavio Giuseppe diede un giudizio positivo di Gesù, ed anche di Giovanni il Battista, ma non si dilungò nel raccontare ciò che fecero e ciò che dissero. Questo, purtroppo, limita di molto la portata della testimonianza.

Anche i filosofi furono interessati dallo sviluppo del cristainesimo, tuttavia ci vollero decenni prima che parte di essi cercasse di comprendere la mentalità cristiana in tutta la sua novità.
Come vedremo, il rapporto tra cristianesimo e filosofia fu subito problematico e non cessa di esserlo nemmeno oggi.

D'altra parte lo stesso successo incontrato dal messaggio cristiano tra le genti pagane non si spiega facilmente.
Possiamo solo supporre che, abituati a concepire il divino e le divinità come figure esose e prepotenti, persino capricciose, affamate di sacrifici, celebrazioni e devozione, ma indifferenti di fronte alle sofferenze umane, il Dio dei cristiani si presentasse loro come qualcosa di totalmente diverso. Ma nello scritto che ho elaborato sulle nuove religioni del periodo ellenista queste differenze non sono immediatamente palesi. Emergono semmai elementi di somiglianza e contiguità, quali il tema della morte del dio e della sua resurrezione, come nel caso di Adone, divinità derivante dalla Siria, ucciso da un cinghiale, o quello di Osiri, morto annegato, o quello di Dioniso-Bacco, fatto a pezzi da contadini ebbri. Tutte queste divinità recavano in qualche modo benefici ai devoti e sebbene non si possa dire che erano "al servizio" dell'uomo, certamente non gli erano del tutto ostili o indifferenti.
Una diversità tuttavia c'era. Trattavasi sempre di figure mitiche e non reali. Al contrario, gli Apostoli e la lora cerchia più ristretta poteva ben dire di testimoniare qualcosa di concreto e realmente accaduto.
Gesù non si presentò come un dio, ma come uomo in missione per conto di Dio che ne annunciava le ultime volontà. Furono i suoi seguaci a divinizzarlo, soprattutto i cristiani della corrente di origine siriaca ed in particolare antiochiena. Entrò così in diretta concorrenza con le religioni di cui si parlava, diventando a sua volta oggetto di culto religioso. Ma nella comunità giudaico-cristiana questo concetto di Gesù-Dio entrò molto più lentamente, anzi si può dire che il suo affermarsi segnò la fine del cristianesimo-giudaico e delle sue peculiari differenze.
Allo stesso tempo, esso diede alimento ad una campagna di denigrazione nei confronti di Gesù, spesso identificato con la figura di tale Balaam lo zoppo. I Giudei, come del resto più tardi gli islamici, non potevano tollerare l'idea di un Dio fatto uomo, tanto elevato (ed anche tanto limitato) era il loro concetto del divino.
Questo, in ogni caso, continua ad essere tuttora il principale punto di divisione e di inconciliabilità tra le grandi religioni monoteistiche. Se da un lato tra mondo islamico ed ebraismo esiste un solco d'odio maturato soprattutto nell'ultimo secolo a seguito della nascita dello stato moderno di Israele, dall'altro, tra cristiani da una parte ed ebrei e mussulmani dall'altra, il nodo del contendere rimane la considerazione sulla natura esclusivamente umana di Gesù. I mussulmani arrivano, tuttavia, a riconoscerlo come un profeta anteriore a Maometto.

Verso la metà del I° secolo d.C. i punti salienti della propoganda cristiana si potevano così riassumere.
Dio è ' il Padre di tutte le creature - come insegnò Cristo - e come ogni buon padre non vuole che il nostro bene e la nostra salvezza.
La sua Parola si è incarnata nella figura storica di Gesù, il quale ha predicato ed insegnato, ha risanato, e portato la luce della verità, annunciando la possibilità sulla terra del regno dei cieli. Sconvolgendo alla radice l'esteriorità delle pratiche religiose giudaiche ed il formalismo dei rituali, provocò l'ira dei paludati e corrotti sacerdoti di Gerusalemme. Non avesse osato cacciare i mercanti dal cortile del tempio, usando poi lo stesso per la sua predicazione, probabilmente non sarebbe stato catturato, processato e condannato. Ma questo accadde perchè egli era deciso a combattere la sua battaglia fino in fondo, e dopo l'evento della crocifissione e della morte, procurata tra l'altro da un colpo di lancia al cuore, come a ribadire che era morto senz'ombra di dubbio, egli risorse.
Così la storia è stata raccontata ed un cristiano non può che credervi, interpretandola anche come l'anticipazione di ciò che potrebbe accadere ad ognuno di noi alla fine dei giorni: resurrezione della carne, un nuovo corpo di luce incorruttibile ed una vita all'eterna presenza di Dio.
Per la verità, ben presto nel mondo cristiano intervennero delle divisioni proprio sul punto della vita eterna delle anime. Il cristianesimo giudaico insisteva sul giudizio e la condanna finale dei peccatori. Quello cresciuto all'ombra della civiltà filosofica greca, propendeva per la bontà e la misericordia di Dio. Nell'evangelo di Luca è persino scritto a lettere cubitali:" L'Altissimo è misericordioso." E Luca fu l'unico degli evangelisti a non essere di origine giudaica nè da parte di madre né da parte di padre. Vicino a San Paolo, che aveva rivendicato orgogliosamente ( e persino superbamente...) di essere l'evangelizzatore dei pagani, fu certamente il principale ispiratore del primo vero eretico della storia cristiana, quel Marcione del cui pensiero ci occuperemo in un prossimo capitolo.

Per il mondo antico la credenza della sopravvivenza dell'anima non era una novità. Non lo era nemmeno per i Giudei che tuttavia l'avevano assimilata dall'esterno, perchè nella Bibbia non vi è traccia di ciò fino agli ultimi libri. Vi credevano i farisei, una corrente molto particolare del giudaismo, aperta ad influenze ellenistiche anche se caratterizzata da un'adesione fanatica all'osservanza della Legge e di tutti i suoi minuziosi precetti. Non vi credevano altre correnti del giudaismo, quale ad esempio quella dei sadducei, materialisti e scettici, anche se altrettanto formalisti e legati (esteriormente) alla tradizione.
Nemmeno si può dire, quindi, che i cristiani ebbero successo perchè portatori di una speranza nuova, informata alla trascendenza ed alla vita dopo la morte. Vi era dell'altro.

Ciò che distinse il primo movimento cristiano da tutte le religioni dell'antichità fu la sua immediatezza e la sua semplicità. Con poche parole si poteva intendere tutto, perchè il discorso seguiva l'esempio ed era coerente con lo stile di vita. Molti credettero poichè videro miracoli e portentose guarigioni. Altri perchè toccati nel profondo del cuore. Altri ancora semplicemente perchè scorsero nella figura dell'uomo di Nazareth qualcosa di radicalmente diverso e trascendente da tutti gli altri uomini e da tutti gli altri maestri.
Il tempo in cui visse Gesù era caratterizzato dalla presenza di maestri e sedicenti tali che predicavano, sette come quella degli esseni e dei figli della luce delle quali sappiamo poco, e persino ciarlatani ed imbroglioni, volgari profittatori della credulità popolare. Anche i Vangeli riportano di queste storie. Si parla di un certo Mamonas facitore di sortilegi e rivenditore di bonus per una vita fortunata e felice, mentre negli Atti si cita un certo Simon Mago che voleva comprare dagli Apostoli il segreto delle guarigioni miracolose.
In altri passi si racconta di qualcuno che operava guarigioni in nome di Gesù a sua insaputa, al punto da suscitare le famose parole:"Chi non è contro di me, è con me."
Rispetto a tutti costoro, compreso lo stesso Giovanni il Battista, potente figura di profeta ascetico ritirato nello sdegno ai margini del deserto, Gesù fu personaggio del tutto nuovo, di una umanità e di una freschezza disarmante. Non ostentava la propria diversità o la propria superiorità se non con l'azione fulminante o con la risposta sconcertante e definitiva.
Da buon ebreo, egli non fondò la sua morale su basi autonome, quindi su una ricerca dialettico-filosofica da uomo a uomo di ciò che è bene e ciò che è male, ma su basi eteronome, cioè sulla Parola di Dio. Tuttavia insegnò chiaramente e cercare i fondamenti di questa morale in sé stessi, in un rapporto diretto con Dio, limitando di molto il momento della mediazione sacerdotale e dottrinaria. In questo stava pertanto anche la sfida ai gruppi dirigenti dell'ebraismo.

Il primo movimento cristiano, composto da quei pochi pescatori, manovali e braccianti che seguivano Gesù insieme ad un gruppo di donne, alcune delle quali prostitute e meretrici, o cortigiane, o mogli di importanti funzionari, era davvero la testimonianza di una forza sovraumana in grado di dare sapore alla vita, consolare i sofferenti e gli infelici, dare un senso ed una direzione, rigenerando le persone e istruendole passo a passo sulla via della conoscenza delle cose umane e divine.
Per questo ebbe successo. Non perchè s'impose con il terrore per la punizione divina dei peccati, ma con la semplice persuasione dell'esempio. Chi seguiva Gesù, indubbiamente, emanava uno spirito del tutto diverso da quello di tutti gli altri, compresi i sedicenti figli della luce e i discepoli di Giovanni il Battista..

Certo, Gesù ebbe parole dure per i peccatori incalliti. E nella più schietta tradizione ebraica minacciò catastrofi, predisse sventure e calamità. Ma il sostanziale significato di queste parole era rivolto in particolare all'esterno, a chi guardava le cose dal di fuori senza capire molto di quello che stava avvendo. Cose che del resto erano state profetizzate: saranno sordi e non udranno. Vedranno senza vedere.
Tutt'altro era lo stile con cui parlava ed insegnava all'interno del gruppo. La tradizione evangelica tramanda il nome di dodici apostoli e racconta che essi, dopo una prima istruzione, furono già inviati in varie città e borghi della Galilea per annunciare l'imminenza del Regno dei cieli.

Nel quadro del giudaismo la forza della predicazione e dell'annuncio riposava sulla tradizione profetica. Il ritorno di Elia e l'attesa del Messia, cioè del salvatore d'Israele e del restauratore della sua antica potenza, era atteso, anche se con animo piuttosto diverso dalle varie classi sociali e tra i vari gruppi politico-religiosi. C'era chi si aspettava giustizia e chi semplicemente vagheggiava potenza politica e militare insieme all'indipendenza da Roma. In qualche corrente di minoranza il messia era anche visto soprattutto come motore di una rigenerazione spirituale, ma la grande massa si aspettava l'arrivo di una potenza e di un riscatto.
Non è sbagliato credere che la stragrande maggioranza si attendesse un re-guerriero in grado di riconquistare l'indipendenza piuttosto che un un nuovo capo spirituale portatore di pace e sostanzialmente estraneo ai moti di ribellione.
Tuttavia, l'idea di un Gesù totalmente estraneo alla politica pare altrettanto sbagliata. Egli prese più volte posizione contro l'ipocrisia dei farisei e l'interpretazione legalistica delle scritture e del diritto privato dei cosiddetti dottori della Legge. Denunciò inganni ed imbrogli smascherandoli, e non fu insensibile perfino ad istanze che oggi chiameremmo ecologiche. Nel Vangelo di Marco si racconta infatti di come liberò un intera regione infestata da un colossale allevamento di maiali che inquinava con un puzzo orrendo. Problema duplice e probabilmente diffuso in varie aree della Palestina. Da un lato il puzzo era davvero inquinante; dall'altro gli ebrei più ortodossi credevano fosse empio e proibito nutrirsi di un cibo definito impuro come la carne suina.

Finchè fu vivo, o per meglio dire, operante sulla terra, non sembra credibile che Gesù si sia autodefinito come Figlio di Dio nel significato che poi è stato dato dalla dogmatica cristiana all'espressione. Usò molto il termine figlio dell'uomo nel significato che noi potremmo oggi dare al termine essere umano.
E quando ricorse alla formula figlio di Dio, se vi ricorse, pare credibile legarla al nucleo centrale della cosiddetta rivelazione di cose nuove e mai viste, ovvero al sentire il divino non più come un despota, e nemmeno come una guida politica e militare irascibile che nascondeva spesso e volentieri la sua faccia al popolo infedele, ma come un Padre benevolo ed aperto alla preghiera, alla domanda, disposto a dialogare con l'uomo. Un lato non sempre evidente nella tradizione biblica dell'antico testamento, anche se in esso, specie nelle pagine dei profeti, non mancavano pagine nelle quali Dio rifiutava la falsa religiosità di chi canta le lodi al Signore e poi opera malvagità. Già per i profeti, Dio voleva soprattutto che gli uomini camminassero nelle vie della giustizia e dell'onestà, non tanto buoni, quanto giusti e corretti.

A leggere nel Vangelo il resoconto del processo a Gesù, non si sfugge tuttavia all'impressione che tra le tante accuse lanciate nei confronti del nazareno ve ne fossero due particolarmente gravi. La prima investiva in particolare l'autorità romana: Gesù avrebbe voluto farsi proclamare re dei Giudei. La seconda suonava soprattutto nel significato che noi daremmo oggi all'espressione vilipendio della religione. Quando Caifa gli imputò di essersi definito Figlio di Dio, proprio nel significato poi assunto dalla dogmatica cristiana, cioè di individuo umano del tutto particolare e diverso da tutti gli altri in quanto generato da Dio e non da un padre umano, e quindi dotato di una natura divina, Gesù si limitò a rispondere: "Tu l'hai detto!" Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti ed i capelli per lo sdegno e ordinò la sua condanna.
Formalmente, una simile proclamazione avrebbe dovuto significare vilipendio e bestemmia. Ma dico "avrebbe" con qualche dubbio, giacchè l'espressione "figli di Dio" non è poi così recente come si crede, e nemmeno fu coniata da Gesù. La usavano spesso i rabbì già nel I secolo a.C. ma la si ritrova pari pari in testo antichissimo quale Deuteronomio 14,1. "Voi siete figli di JHWH, vostro Dio." Anzi, proprio la scoperta di questo testo mi ha dato da pensare. Non sarà piuttosto che Caifa, profittando delle oscure origini di Gesù, un galileo, non un giudeo doc, volesse significare che solo i Giudei di purissima razza potevano vantare il titolo di Figli di Dio? E questo proprio per negarne la discendenza dalla stirpe davidica e quindi la legittimità di quell'aspirazione ad essere il Messia?

Le leggende sulla vita di Gesù sono molte e moltissime ne fiorirono all'epoca. Ancor oggi non mancano le sciocchezze. Recentemente, mi è capitato di leggere un libro del solito santone indù illuminato di luce divina, tale Osho Baghwan Rajneesh, che scrisse: "Gesù fece diversi viaggi in Cina e persino nel Tibet" (si badi non "uno", ma "diversi") dove ricevette la formazione e l'istruzione dai grandi maestri dell'oriente, buddhisti e hindu.
Una fola che si commenta da sé e la dice lunga sull'onestà intellettuale del personaggio. Ma di libri siffatti ce ne sono molti in circolazione e vengono spesso spacciati o come utili alla formazione spirituale (sic) o come rivelatori di chissà quali verità. Il più delle volte contengono solo balle cosmiche.
Noi preferiamo seguire linee più realistiche sulla misura della storia possibile e ricostruibile.
La formazione culturale di Gesù non potè che svolgersi nell'ambito di quelle che erano le scarse strutture educative dell'epoca, con maestri di sinagoghe e sui rotoli delle antiche scritture bibliche. I maestri più importanti del tempo in cui Gesù aveva l'età per studiare erano principalmente due: un tale Shammai e Hillel. Entrambi, come quasi tutti i dotti in Israele erano obbligatoriamente sposati, perchè gli scapoli o i divorziati non potevano insegnare, e svolgevano una professione perchè era ritenuto indegno negli ambienti farisaici che un uomo vivesse di solo insegnamento e di chiacchiere. Shammai era forse un mercante, mentre Hillel era falegname.
Del primo si dice che fosse un formalista severo ed accanito, dunque un tipico dottore della legge. Del secondo si tramandano detti e storie dal volto umano, che in un certo senso anticipano alcuni pensieri cristiani. Pare abbia risposto ad uno straniero che gli chiedeva informazioni sulla Legge: "Tutti i comandamenti sono due. Primo ama Dio più di te stesso. Secondo ama il tuo prossimo come te stesso. Il resto è commento. Va e studia!"
Non è provato che Gesù studiò con Hillel, ma certamente seguì il suo indirizzo. Se si presta fede al racconto evangelico per il quale da ragazzo, a dodici anni, egli si intrattenne con i sapienti del Tempio, meravigliandoli per la propria preparazione, dovremmo anche accettare l'idea di un incontro tra Hillel e Gesù almeno in questa occasione.
Del resto, leggendo i Vangeli, è perfino evidente che lo stile breve e conciso, aforistico, dei dialoghi e delle dispute tra Gesù e i farisei attingeva a piene mani dalla vasta letteratura della tarda tradizione rabbinica.
Ad Hillel, nel trattato Abbot, era attribuite molte sentenze, alcune delle quali spiritose, oltre che argute. Ad esempio, disse:"Non separarti dalla comunità. Non fidarti di te stesso fino al giorno della tua morte. Non giudicare il tuo prossimo finchè non ti trovi nella sua situazione. Non dire che una cosa è incomprensibile. Si finirà per capirla. Guardati dal dire cose come studierò quando avrò tempo; Forse non ne avrai mai."
E ancora: "Il timido non può diventare dotto", "Dove non ci sono uomini capaci, sforzarti di diventarlo tu." "Chi aumenta la carne, aumenta i vermi." "Chi accresce la propria fortuna, accresce le preoccupazioni." "Chi aumenta le spose, aumenta la superstizione." "Chi aumenta le proprie serve, aumenta la lussuria." "Chi aumenta aumenta i servi, aumenta i furti." "Chi accresce la legge, accresce la propria vita e ne acquista una nuova nel mondo a venire."

Esattamente come nei Vangeli, queste sentenze rinviano ad antichi passi biblici e probabilmente costituiva prova di abilità per gli allievi dei rabbì non solo il meditare la sentenza, ma anche citare a memoria il riferimento.
La formazione culturale di Gesù, dunque, avvenne in questo clima ed in questo stile. Imparò a leggere e scrivere in aramaico, lingua diversa dall'ebraico antico, ed è dubbio se egli conobbe quella lingua. Le scrutture bibliche erano al tempo disponibili in due diverse traduzioni: quella in aramaico, detta targum, e la versione greca dei settanta ad uso delle comunità giudaiche all'estero, ormai di lingua greca. Nelle sinagoghe galilee erano disponibili rotoli del targum ma molti privati cittadini, non necessariamente devoti religiosi, dovevano possederne qualche copia, giacchè non era solo religione ma storia nazionale.
Le due versioni non coincidevano alla lettera ed una delle differenze più significative divenne poi oggetto di una disputa cristologico-mariana praticamente mai terminata.
Nella versione aramaica la profezia di Isaia 7,14 sulla nascita del messia era correttamente riportata come: "una giovane donna partorirà un figlio di re." Nella versione greca dei septuaginta era comparsa la parola "vergine" in luogo di "giovane donna". Ecco perchè nel Vangelo di Luca divenne imperativo introdurre il racconto del concepimento extranaturale di Gesù da parte di Maria.

Eventuali influenze ellenistiche su Gesù paiono credibili solo nella misura in cui la filosofia greca più popolare era penetrata nelle classi ricche e colte. Più che di Platone ed Aristotele, dobbiamo pensare a cinici, stoici ed epicurei. Un rabbì farisaico di nome Eleazar accusò, ad esempio, i sadducei di epicureismo, e disse:" Studia la legge con attenzione. Sappi come rispondere agli epicurei."
Ma non pare realistico attribuire a Gesù anche lo studio della filosofia greca e la lettura di testi platonici o aristotelici. Nel Vangelo di Giovanni si fa esplicito riferimento ad alcuni Greci che volevano incontrarlo per interrogarlo. L'episodio è per molti aspetti deludente. Gesù sembrò comportarsi in maniera elusiva ponendo una pregiudiziale, ovvero l'innalzamento del figlio dell'uomo. Francamente non so interpretare questo rifiuto perchè non mi convince per nulla l'idea consueta di un Gesù che respinge semplicemente i curiosi increduli che volevano divertirsi con i suoi prodigi. Piuttosto sono incline a pensare che egli rifiutò un tipo di filosofia che disprezzava l'essere umano. Mi vengono allora in mente gli epicurei (perchè credevano che l'uomo fosse frutto del caso rifutando il finalismo, se non di Dio creatore, almeno della natura) e gli scettici (perchè non credevano si potesse mai raggiungere la verità). Due esempi di quel deprezzamento dell'uomo di cui la filosofia greca che avrebbe potuto conoscere Gesù era certamente colpevole.
Sul piano più generale, poi, vi era certamente qualcosa che non andava anche nella concezione del divino presentata da Aristotele, quella nota come il motore immobile attorno a cui tutto il creato ruota per amore. Pensiero che pensa sé stesso e non ha alcuna cura per le cose inferiori perchè indegne di un dio, assolutamente inattivo in un mondo che esiste da sempre, il divino secondo Aristotele era più simile ad una passiva deità femminile che ad una attiva presenza maschia, come nella tradizione ebraica.
Dunque assolutamente incompatibile con le credenze ebraiche. Ma ai tempi di Gesù la filosofia di Aristotele era passata di moda da un bel po' e non costituiva parte della cultura popolare del tempo, neanche di quei Greci che volevano vederlo. Tuttavia, anche a cavallo tra l'ultimo secolo dell'era antica ed il primo secolo della nuova vi furono commentatori di Aristotele. Tra questi un certo Nicola Damasceno, che potrebbe essere stato, ma non ho potuto verificarlo, uno dei primi filosofi a farsi cristiano.


Note
Per la scrittura di questo file mi sono state molto utili alcune indicazioni bibliografiche di Guido Marenco. Ne approfitto per ringraziarlo, anche se, purtroppo, non ho potuto accedere a tutto il materiale consigliato. Egli ha anche rivisto il testo proponendo alcune correzioni che ho accolto solo in parte. Probabilmente alcune mie fonti sono diverse dalle sue.
Oltre al capitolo sul cristianesimo del volume IV della Grande Storia Universale Mondadori, a cura di Carl Schneider, mi sono letto: La storia del cristianesimo di Ernesto Buonaiuti (ed. Newton Compton), testo che ritengo fondamentale per avviare qualsiasi ricerca, I manoscritti del Mar Morto di Alberto Soggin (Club del libro fratelli Melitta), Leggere la Misnah di Frederic Manns (edizioni Paideia) oltre, ovviamente ai quattro Evangeli e tutto il corpo del Nuovo Testamento nell'edizione on line della Bibbia a cura della CEI.


DLG - 30 novembre 2003