Paul Young

Fra i grandi miti che hanno fatto la storia del bamboo c’è un costruttore segnalatosi per l’adozione di importanti novità tecniche: Paul Young (da non confondere con il cantante degli anni Ottanta...). Negli States è assai conosciuto e giustamente elevato nell’Olimpo dei rodmakers. Personaggio eclettico, da tutti considerato prima di tutto un grande pescatore, nel proprio campo è stato un grande innovatore.
Young inizia l’allestimento di canne in bamboo nel 1924-25, all’età di 35 anni, avendo alle spalle un notevole passato di costruttore di mosche, venditore di attrezzature da pesca e pure di tassidermista (imbalsamatore di animali, ndr). La parola innovatore gli calza a pennello, poiché da subito si pone in evidenza per la spasmodica ricerca del taper perfetto per una canna da pesca a mosca. Egli, infatti, ne studia attentamente le caratteristiche, quali potenza e delicatezza, per trovare i giusti rapporti ed equilibri che regolano il funzionamento della canna.
L’intuito, abbinato ad una discreta conoscenza del lancio, e la grande esperienza sul fiume sono ingredienti da cui possono scaturire delle ricette di notevole pregio. E in realtà Young riesce presto ad imporsi all’interno del mercato, a dire il vero piuttosto statico, con delle proposte che surclassano la concorrenza, più legata alla scuola di Fred Thomas.
I suoi Compound Taper (taper a conicità composta) ricevono, fin dalla pubblicazione nel 1927 del suo primo catalogo, un inaspettato successo. Si ritrova così nel giro di un paio d’anni ad affrontare una richiesta spropositata per le sue dimensioni, ma alla fine è capace di diventare uno dei maggiori produttori di canne in bamboo. Dal 1929 decide di affidare la realizzazione di un certo numero di grezzi a Wes Jordan (vi dice niente?), allora semisconosciuto collaboratore  della South Bend (poi passerà alla Orvis).
E’ inutile ricordare che i grezzi sono costruiti secondo le indicazioni specifiche di Paul. Anche in questo caso stiamo parlando di “products rods”, canne di produzione, ma come per Payne (vedi articolo pubblicato sull’ultimo Notiziario) siamo di fronte a canne di produzione di alta qualità. Ho citato poc’anzi la South Bend, stimata azienda che all’epoca fabbricava canne in bamboo destinate alla vendita di massa, e quindi meno rifinite: con le dovute differenze, è come paragonare delle moto da competizione alla loro versione di serie. 
Ritornando a noi, per comprendere meglio la competenza del nostro protagonista, dobbiamo inevitabilmente addentrarci in questioni più tecniche. Il filo conduttore dell’intera sua produzione è senza ombra di dubbio l’azione parabolica, concepita naturalmente secondo personali convinzioni. Di solito tale genere di azione è l’unico che permette di ricavare la potenza massima dalla canna, perché ne sfrutta l’intera lunghezza. Al tempo stesso però tende a sbilanciarne il peso verso il cimino, rendendola all’atto pratico pesante in punta. Inoltre, l’inerzia provocata dagli stessi cimini, che sono piuttosto grossi di sezione e grevi, rallenta l’azione del lancio.
I tapers di Young, grazie alla loro particolarità, sono in grado di ovviare a questi inconvenienti. Dalle misure di progetto (non sono un mistero...) si deduce un giusto equilibrio fra peso e potenza, con un bilanciamento spostato nella zona centrale della ghiera e cimini di sezione più esile rispetto alla norma. Il risultato determina un caricamento della canna che mantiene inalterata la potenza anche sulle corte distanze.
Ecco risolto in maniera efficace il problema delle azioni paraboliche simultanee, che si caricano in fase di lancio solamente dopo aver svolto parecchi metri di coda, rendendo la pesca ravvicinata a tutti gli effetti poco praticabile.
Young era solito fiammare le proprie canne, e lo faceva con il metodo definito “tigrato”; non otteneva quindi una colorazione uniforme del fusto, bensì delle alternanze molto evidenti di chiaro-scuri. La produzione era costituita quasi per intero da canne in due pezzi, ad eccezione di quelle per la pesca pesante. Come altri produttori coevi, soleva costruirsi la necessaria componentistica: dai porta mulinelli alle ghiere, in alluminio per i modelli leggeri e in nickel-silver per i più potenti.
Per evidenti ragioni legate al tipo di azione, le sue canne non presentavano al di sopra del sughero il cosiddetto swell (ingrossamento), e tutti i modelli che ho potuto osservare hanno un’originale impugnatura di tipo half-swell. In taluni casi  l’alloggiamento del pollice sul sughero era favorito da un leggero avvallamento; famose sono le sue impugnature ventilanti, costituite da una serie di scanalature trasversali all’impugnatura per ovviare ai problemi derivanti dalla sudorazione (debbo constatare che l’accorgimento non è niente male ed oltretutto bello a vedersi).
Si stima che le canne da lui costruite si aggirino intorno ai 6.000 pezzi; così nel mercato dell’usato non è raro trovare singoli collezionisti in possesso di più di una sua canna.
Il catalogo di Young proponeva modelli da mosca sviluppati per le diverse applicazioni; non era tanto vasto, se paragonato a quello di alcuni illustri colleghi. I modelli più richiesti, e conseguentemente più quotati, sono quelli relativi alle misure inferiori, che ora passiamo brevemente in rassegna. Nota e molto ambita, la piccola “Midge” è una 6’ #4 ideale per la pesca sui 10-12 metri; se in ottime condizioni, la si può reperire a 2.300-2.500$ (circa 4 milioni e mezzo). In ordine successivo di lunghezza, troviamo un’altra gemma: la “Driggs River”, anch’essa molto apprezzata; si tratta di una 7’2” #5 parabolica dotata di una discreta potenza, che le permette lanci ragguardevoli in termini di distanza. La “Perfectionist” è invece una 7’6” #4-5 piuttosto dolce, ma penetrante e precisa. Una canna molto speciale è la “Martha Marie”, dedicata alla moglie: è una 7’6” #5-6 di concezione molto diversa rispetto al resto della produzione; per certi aspetti ricorda vagamente l’azione e la potenza della serie Wildwasser di Brunner  (lo si evince facilmente dalle misure di progetto).
Per mia fortuna, ho avuto modo di provare questi quattro modelli, e forse è proprio quest’ultimo a colpire di più ad un primo approccio.
Vi è poi la serie Parabolic, contraddistinta dai numeri 15-16-17 (le misure delle ghiere); la “Para 15” è una 8’ #6, la “Para 16” una 8’6” #7 e la “Para 17” una 8’6” #8.Martin Keane, famoso collezionista americano, è solito definirle Amazing Rods (Canne Meravigliose) per la loro incredibile potenza capace di fare dei “tutto coda” con pochi falsi lanci.
Questa serie veniva provvista di due diversi cimini, uno più leggero ed uno per la “distanza”.
Per completezza d’informazione, segnaliamo i modelli costruiti da Young per differenti esigenze: Boat Rod, Texan, Texas General, Nymph Special, Florida Special, Power House; gli stessi nomi danno l’idea del loro uso. Infine, prima dell’inizio della Seconda Guerra Mondiale, la sua società aveva in catalogo altre  importanti e ricercate canne quali la Ace, la Dry Fly Special e la costosa e meglio rifinita Phy.
A conclusione della storia, va ricordato che nel 1953 un ragazzo di nome Bob Summer inizia a lavorare come apprendista nel laboratorio di Paul. Summer è oggi uno dei costruttori americani più affermati, e di sicuro molti di voi l’avranno sentito nominare. Nelle sue opere è chiara l’impronta e lo stile appreso durante gli anni di permanenza presso la Young Company.  Per avere invece delle perfette canne Young nuove basta rivolgersi al nipote Todd Young, che mantiene viva la tradizione del nonno.

Good cast!

Edoardo Scapin
 
 

[Home Page MCTV]