Faustina Zavagli
Una biografia della fondatrice
delle Francescane di Rimini
Le chiamano all'antica le suore di santíOnofrio, ma il loro vero nome
è oggi quello di Francescane Missionarie di Cristo.
SantíOnofrio è la chiesa dove il 16 aprile 1885 Faustina Zavagli
emette i voti religiosi temporanei assumendo il nome di suor Maria Teresa
di Gesù Crocifisso, ed avviando líomonima Congregazione delle suore
terziarie francescane. Líanno successivo madre Zavagli ottiene il permesso
ecclesiastico per accogliere le educande, e fonda il Collegio santíOnofrio.
A madre Zavagli (1835-1910) è dedicato il volume curato dal
padre cappuccino Lorenzo da Fara, con prefazione del nostro vescovo Mariano
il quale scrive: «Plaudo di vero cuore a questa pubblicazione, mentre
si sta per chiudere, in Diocesi, il ëprocesso storicoí sulle virtù
della Serva di Dio Madre Teresa di Gesù Crocifisso, al secolo contessa
Faustina Zavagli».
Padre Lorenzo introduce la biografia di madre Zavagli con argute osservazioni
su Rimini, città «sempre tesa tra dolcezza sofferente del
crocifisso del Tempio Malatestiani, la sensualità del Cagnacci,
la nobiltà della Pietà di Giovanni Bellini, líaustera sobrietà
dellíArco di Augusto e la misteriosa eleganza del Tempio Malatestiano»:
«la cultura riminese si riduce a sintesi di un mondo difficile da
decifrare: caparbio come il mondo contadino e luminoso come quello marittimo».
Madre Zavagli «riassume e incarna questo complesso mondo culturale
e religioso, con una forza e un nitore sconvolgenti (Ö), affascinata dalla
contemplazione e sempre rapita da un bisogno di servizio, educata nella
nobiltà terrena e sedotta dalla povertà francescana».
Figlia del riminese conte Ettore Zavagli, il cui palazzo esiste tuttora
in via Carlo Farini, e della bolognese contessa Enrichetta Cappi, Faustina
nasce penultima di quattro maschi e di altrettante femmine.
Avviata a Fano come educanda a tredici anni al monastero delle Rocchettine
(canonichesse agostiniane lateranensi), vi resta sino ai diciotto, quando
anziché tornare in famiglia chiede si essere ammessa come novizia:
«Suo Maria Teresa si lasciò prender la mano dal suo fervore
penitenziale. (Ö) Volle vivere la sua vita penitente con qualche supplemento
eccessivo e, purtroppo, senza il consenso di nessuno. La salute ne soffrì».
Muore sua mamma, il padre ha problemi economici, líultimo nato, Gomberto,
«sembra si fosse staccato da papà» con «atteggiamenti
piuttosto polemici e irrispettosi». Il padre ha scrupoli anche sulle
cause della scelta monastica di Faustina. La figlia però lo rassicura,
scrivendogli: «Mi ha sempre amato; e non solo a me, ma a tutti senza
nessuna parzialità».
Ammessa alla professione nel 1854 dopo un supplemento di cinque mesi
ai dodici regolari di noviziato (forse per qualche sua mancanza), rinunzia
alla dote paterna.
La Zavagli si dimostra favorevole allíindirizzo austero e comunitario
dei beni, impresso dalla abbadessa Billi. Per questo motivo è avversata
dalla madre vicaria: «si accorse che qualcuna frugava nel cassetto
personale dove custodiva la corrispondenza».
Scrive padre Lorenzo: «Inevitabilmente si stava creando intorno
a suor Maria Teresa uníatmosfera irrespirabile, decisamente pesante».
Morta nel ë56 líabbadessa Billi, e succedutale proprio la vicaria che non
líaveva in simpatia, madre Zavagli vede peggiorare le proprie condizioni
fisiche.
Nel ë58 muore suo padre. Nel ë61, finito il potere temporale della
Chiesa nelle Marche, è soppresso il suo ordine: la Zavagli torna
a casa il 5 maggio, con «la salute in crisi e senza soccorsi finanziari»,
su decisione del vescovo di Fano ed in seguito ad un certificato medico
che la definisce «di temperamento collerico nervoso» e che
ipotizza: «continuando essa a vivere in clausura», potrebbe
«quanto prima cadere in assoluta demenza».
Il decreto di esclaustrazione ha validità di un anno. Madre
Zavagli si sistema con una domestica (Angelica Bertola, uscita dallíorfanotrofio
dei Servi), in una casa affittata in via Garibaldi, prima di trasferirsi
nel palazzo di famiglia. Ha 26 anni, ed appare «di una bellezza meravigliosa».
Un capitano austriaco, amico del fratello Gomberto, la corteggia. Anche
se la condotta di madre Zavagli è sempre limpida e rigorosa, attorno
a lei nascono pettegolezzi che sono riferiti puntualmente pure al vescovo
di Fano.
Partito da Rimini il capitano e lasciata la casa del fratello, la Zavagli
ritorna in quella di via Garibaldi, votandosi allíassistenza dei poveri.
La sua prima ospite è una bimba di tre o quattro ani, Elvira Ferri.
Madre Teresa si avvicina al TerzíOrdine francescano, influenzata dallíesperienza
di Angela Molari, ìla santa di Riminiî. Nel 1877 ottiene da Roma di vivere
ënel secoloí, e tre anni dopo chiede di entrare tra le clarisse cappuccine
di Bagnacavallo e le clarisse di Ferrara: in entrambi casi, per sopraggiunta
malattia, deve rinunciare.
Nel 1882 il vescovo di Rimini, Francesco Battaglini, la tranquillizza
ed incoraggia: «Guàrdati attorno e servi». Allo scopo,
le concede un locale presso la chiesa di santíOnofrio, dove con la sua
domestica Angelica Bertola, ospita bambine povere e bisognose.
Comincia così la sua nuova pagina di vita spirituale e caritativa.
Nellí84 inizia il noviziato da terziaria francescana consacrata (e non
più secolare). Líanno successivo emette la professione temporanea
che ho già ricordato allíinizio di questa nota. La segue nel suo
cammino Angelica Bertola che diviene suor Maria dellíAddolorata.
Sotto i nostri occhi è líeredità dellíesempio di madre
Teresa Zavagli, che líinteressante opera di padre Lorenzo da Fara documenta,
illustrando anche líattività di chi a lei si è ispirata nel
tempo successivo sino ai nostri giorni.
Antonio Montanari
Al sommario di questo numero
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