Riministoria - Il Rimino n.19

Il Tempio malatestiano di A. Turchini.

Dal Portogallo a Rimini.

Anno II, n. 19, Rimini 18.04.2000

Webzine diretto da Antonio Montanari

 

Il tempo del Tempio malatestiano

Indagine storica di Angelo Turchini in un libro di mille pagine

 

Mille pagine. Tante ne conta il nuovo libro che il prof. Angelo Turchini (docente di Storia moderna all’Università Cattolica di Milano) ha intitolato "Tempio Malatestiano, Sigismondo Pandolfo Malatesta e Leon Battista Alberti". Il volume, un monumento esso stesso come l’oggetto dell’indagine che sviluppa, è stato presentato venerdì 14 aprile al Museo della Città, con una riuscita manifestazione nel corso della quale hanno parlato i professori Giancarlo Ardenna, ordinario di Storia medievale all’Università Cattolica di Milano, Pier Luigi De Vecchi, preside della Facoltà di Lettere all’Università di Macerata, e Paolo Prodi, ordinario di Storia moderna all’Università di Bologna. Moderatore è stato Marco Ferrini.

Il testo è stato pubblicato da "Il Ponte Vecchio" di Cesena nella collana "Mirabilia Urbis" con il sostegno dell’Associazione Adiuncta, istituzione ‘no profit’ presieduta dal prof. Giampaolo Corabi, tra l’altro nota per aver depositato nel Museo cittadino, lo scorso anno, un prezioso piatto di maiolica riminese di metà Cinquecento. In tale collana Turchini è già presente con altri due titoli: "Il Trecento riminese in Sant’Agostino a Rimini" e "Il Tempio distrutto. Distruzione, restauro, anastilosi del Tempio Malatestiano, 1943-1950.

In occasione della presentazione, editore e sponsor hanno anche curato un ‘libretto di sala’ in edizione numerata (250 copie), contenente il saluto di Corabi, una lettera dell’Alberti a Matteo De’ Pasti sul Tempio, un brano di Roberto Valturio su Sigismondo, lo spartito del mottetto attribuito a Lubdicus de Arimino su testo della petrarchesca "Epistola all’Italia" ("Salve cara Deo tellus…"): il brano (inedito in epoca contemporanea) è stato eseguito dal soprano Daniela Uccello, accompagnata da Gabriele Zoffoli, violoncello, e Massimo Ghetti, flauto in sol. Dietro il palco degli oratori risplendeva la facciata del Tempio, realizzata da Alessandro La Motta con una tecnica particolare di collage di legni, e già esposta in una recente mostra tenutasi a Palazzo Gambalunga.

Il saluto del ‘libretto’, che Corabi ha personalmente letto ad apertura della manifestazione, tratta di alcuni aspetti della società riminese contemporanea: "Troppo spesso assistiamo ad un tentativo di centralizzazione culturale e finanziaria, gestita più o meno segretamente, quasi a livello lobbistico, nella quale non sono benvenuti coloro che non rispettano le gerarchie del potere, non quello politico o giudiziario, ma piuttosto quello non scritto e segreto che da troppo tempo sta governando la sociologia riminese".

Gli oratori invitati a presentare l’opera di Turchini, ne hanno esaminato alcuni aspetti specifici. Ardenna ha parlato soprattutto del contributo di novità che questo ampio lavoro porta agli studi storici, sottolineando come da esso risulti la "dimensione evolutiva" del progetto del Tempio albertiano.

Se Ardenna definisce "immagine medievale" quella contenuta nell’affresco di Piero della Francesca con Sigismondo inginocchiato davanti a San Sigismondo, De Vecchi considera il linguaggio pittorico di quest’opera "d’una modernità strepitosa".

Paolo Prodi infine si è soffermato sull’interpretazione ‘revisionistica’ che Turchini dà della figura di Sigismondo Pandolfo, di cui non ricorderebbe a sufficienza, per un eccesso di simpatia umana, le cose compromettenti: ma, aggiunge Prodi, "dicendo ciò, so di esagerare, consapevole che questo è un libro su cui bisogna rimuginare, data la sua mole, un libro che è il più bello tra quelli scritti da Turchini".

Quali siano stati gli obiettivi principali che hanno guidato Turchini nella stesura dell’opera, lo ricaviamo dalla prefazione: "Ho rivolto il mio interesse alla storia del’edificio, con particolare riguardo alle funzioni e al contesto, al suo senso anche nel tempo lungo dei secoli, per attraversare la comprensione di un’epoca (signorile e rinascimentale) in un punto dello spazio (il Tempio e Rimini); e mi sono chiesto se è legittimo tentare una storia culturale di un monumento che, dopo l’Arco ed il ponte, assunti insieme quale simbolo della città nei sigilli comunali, è divenuto come il segno della città di Rimini".

Un capitolo che può esemplificare quanto ha scritto Turchini nella prefazione, è quello su gloria, morte ed eternità del Tempio come "chiesa sacello", dove sono approfonditi i temi fondamentali per la comprensione del progetto ideale di Sigismondo e della realizzazione concreta da parte dell’Alberti e di tutti i suoi collaboratori. In tale sezione, Turchini parte dal celebre brano contenuto nel "De re militari" di Roberto Valturio, su cui scrive: riminese di nascita (1405), Valturio fu "apprezzato consigliere di corte per tutta la durata della signoria sigismondea", tanto da essere poi sepolto in un’arca del Tempio; e rivestì "un ruolo politico di tutto rilievo nella corte riminese, essendo inserito nella cerchia dei più ristretti collaboratori del signore, ma risulta anche apprezzato e raffinato cultore di lettere ed arti".

Il brano di Valturio racconta anche la struttura ‘ideologica’ del Tempio, accennando alle immagini che "possono allettare gli osservatori eruditi e quasi del tutto estranei al volgo". In questo particolare sta uno dei segreti della costruzione albertiana, attorno alla quale si svolge l’indagine di Turchini che, per la prima volta, raccoglie tutte le fonti storiche e documentarie disponibili attualmente per ‘leggere’ il monumento riminese che è simbolo della cultura umanistica e proiezione autobiografica del Signore di Rimini.

Il lavoro di Turchini ha richiesto vari lustri di applicazione, studio e ricerca. L’autore lo ha voluto dedicare alle memoria del padre ("che sarebbe stato felice di sfogliarlo anche come geometra") e della madre recentemente scomparsa ("che lo aspettava, ma non ha fatto in tempo a vederlo"), agli amici ed anche "ai concittadini riminesi amanti della storia della città". Questi ultimi erano presenti numerosi nella Sala del Giudizio del Museo, al contrario delle autorità istituzionali.

Antonio Montanari

 

Dal Portogallo a Rimini

Splendida mostra d’arte del Meeting

Il titolo di questa nuova, splendida mostra internazionale dell’Associazione Meeting, "Ai confini della Terra", evoca un mondo di ricordi sui quali può troneggiare quello della sfida di Ulisse nel racconto dantesco: "… quando venimmo a quelle foce stretta / dov’Ercole segnò li suoi riguardi / acciò che l’uom più oltre non si metta …".

Sul limitare di questi confini, sovente più culturali che geografici, si affaccia l’arte portoghese tra 1300 e 1500 che costituisce l’oggetto dell’esposizione. C’è l’aspetto sacro, popolato di centinaia di raffigurazioni che fanno delle sale riminesi dell’Arengo e del Podestà, una specie di chiesa sconsacrata la quale sembra animarsi di altre luci, di voci lontane, e dei colori segnati dal trascorrere del tempo. E c’è il volto profano della storia, come il Cavaliere in tenuta da torneo, solenne e misterioso, che è diventato simbolo della mostra, oppure la collana gemmata della regina santa Isabel, e quei ritratti che hanno gli echi di altre pitture di altri luoghi, pronte a testimoniare ancor oggi la circolazione delle idee e delle esperienze in tutto il continente.

Come scrive José Custòdio Vieira da Silva nel bel catalogo (ed. Electa), l’arte gotica portoghese, pur avendo caratteri di una sua originalità, "partecipa nelle sue linee essenziali al rinnovamento artistico che nacque in Francia e si diffuse in tutta Europa".

Anche per questo aspetto, quei confini, lontani nel tempo e nello spazio nel corso di tanti secoli, oggi sono a noi più vicini, sino a sparire del tutto; e ci invitano a riflettere sull’unità antica della cultura europea che ha superato e vinto le terribili divisioni politiche. Oggi che il sogno dell’unione fra i popoli del nostro continente è diventato (quasi) realtà, il passato, che mostre come questa documentano in modo mirabile, ci aiuta a meglio progettare il nostro futuro.

Il vero confine di tutto, siamo noi. Sta ad ognuno di noi decidere se alzare muri tutt’attorno od accettare anche la lezione della cultura che ci illumina nel segno della continuità, al pari delle "Sante Madri", dove sant’Anna sorregge la Vergine Maria, dolcemente infantile, che a sua volta presenta al mondo il Divino Fanciullo.

[La mostra, inaugurata domenica 9 aprile, resta aperta fino al 3 settembre. Ingresso, lire 12 mila; ridotti, 8 mila.

Orari 9-19, chiusa i lunedì non festivi. Info: 0541.783100.]

Antonio Montanari

 

Mostra storica dal 29 aprile

"Vedere il tempo" nei libri

della Gambalunghiana

La mostra storica della Gambalunghiana si aprirà sabato 29 aprile alle ore 17 nei locali della stessa Biblioteca di Rimini, con gli interventi del sindaco Ravaioli, dell’assessore alla cultura Pivato, e di Luciano Chicchi (presidente Fondazione Carim), Ezio Raimondi (presidente Istituto Beni culturali regionali), Rosaria Campioni (soprintendente regionale per i beni librari) e Piero Meldini (ex direttore della Gambalunghiana), il quale presenterà la Guida storica della biblioteca che sarà distribuita ai presenti. Per notizie sulla Gambalunghiana

 

Fino al 28 maggio

Cartografia romagnola

in mostra a Cesena

Presso la Biblioteca Malatestiana di Cesena, fino al 28 maggio è aperta la mostra "Viaggiatori nel tempo. La cartografia romagnola e l’immagine di Roma" che costituisce il momento conclusivo di un intervento denominato "Adotta una pianta antica" e mirato al restauro del materiale cartaceo e geografico conservato nelle biblioteche di Forlì, Cesena, Savignano e Bertinoro, ora finalmente accessibile, attraverso questa esposizione, ad un pubblico vasto. La mostra successivamente sarà trasferita a Roma, per il Giubileo.

Bancarella

Isabella Amaduzzi

e Lucio Fontana

Una studiosa milanese che appartiene alla stirpe degli Amaduzzi di Savignano, Isabella Amaduzzi ha recentemente pubblicato un importante volume su "Lucio Fontana nella Milano degli anni Trenta" presso Guerini e Associati. Venuta a conoscenza dal sito "Riministoria" che la nostra redazione culturale cura su Internet, dell’esistenza del Centro Amaduzziano presso i Filopatridi di Savignano (http://digilander.iol.it/monari/filopatridi.html), Isabella Amaduzzi ha offerto al Centro la sua collaborazione di intelligente ricercatrice di cose d’arte e cultura.

 

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18.04.2000