TamTama * 06.2000 * Riministoria * Antonio Montanari

Riministoria
il Rimino

Riministoria. Antonio Montanari

Tama 762, 4.6.2000

Confusioni

Antonio D'Amato, nuovo presidente di Confindustria, all'assemblea annuale dell'associazione, è apparso un poco come quei bambini che stanno apprendendo il linguaggio. Mi baso su ricordi personali, non so se la generazione transistorizzata di oggi si comporti allo stesso nostro modo di allora. Non dovrebbe però esser cambiato granché nella maniera di conoscere le parole. Per noi era tremendamente facile essere imboccati, ad esempio, in riva al mare, o su un campo, con la mamma che diceva: prendi la pappa, mentre noi (per inconscia ribellione) raccoglievamo un pugnetto di sabbia o di terra, avvicinandocela alla bocca ed urlando di gioia, seguendo gli insegnamenti impartitici: cacca.

La differenza di consonanti tra le due parole è talmente debole da far rasentare l'effetto comico: seguendo i consigli di Rousseau sulla libera iniziativa dell'infante, quell'effetto avrebbe potuto essere subito smorzato; bastava presentare doppio menu. Ma i nostri genitori non sapevano nulla di Rousseau, ed abbiamo sempre dovuto fidarci soltanto della loro parola per la differenza fra pappa e cacca, anche se oggi, con certi cibi in commercio per le merendine da bambini, il confine fra i due termini sembra essersi scientificamente ridotto.

Come un fanciullo alle prese con questi problemi di nomi, è apparso Antonio D'Amato quando ha illustrato la sua visione politico-sociale, quella che i tiggì chiamano la nuova filosofia di Confindustria: secondo la quale, i sindacati sono conservatori ed il mercato ha un'anima socialista.

Probabilmente, come chi scambia i congiuntivi per una malattia degli occhi, il signor D'Amato ritiene che la politica sindacale mirante a salvaguardare i posti del lavoro sia appunto conservatrice, perché essa non ha ancora scoperto la meraviglia della disoccupazione o della mancanza di quei posti, in un'epoca in cui (grazie a tivù, telefonini ed Internet) ci sono mille modi per passare il tempo. Quando poi qualifica come socialista il mercato, il signor D'Amato forse si riferisce a quello delle bancarelle o dei grandi magazzini, dove tutti ci possono andare. È un suo diritto avere idee opposte a quelle dei sindacati o dei partiti che difendono (o difendevano?) gli interessi dei lavoratori. Per tutelare gli imprenditori, basta dichiararlo, senza dire che ci aspetta un nuovo Welfare (che del vero Welfare non è neanche parente), e senza confondere pappa con cacca. [762] E-mail: monari@libero.it

 

>> Tama 763, 11.6.2000

Schedati

Se ogni abitante di San Giovanni Valdarno si vede dedicare dai servizi investigativi dello Stato ben 3,22 fascicoli riservati, con informazioni di ogni tipo, per 50 milioni di italiani dovrebbero esserci oltre 160 milioni di analoghe cartelle. Il calcolo non fa una grinza. Non ci preoccupa la mole infinita di queste notizie che qualcuno scrive ma forse nessuno legge od utilizza con l’oculatezza che la materia richiede. Ci spaventano due cose: lo sperpero di denaro pubblico che il lavoro richiede ed il tempo perso in queste catalogazioni, che potrebbe essere usato in modo migliore.

Mi si può obiettare che tutto ciò è necessario alla sicurezza dello Stato. Rispondo. Al tempo del caso Moro, il prof. Romano Prodi ricorse ad un sensitivo per sapere di via Gradoli. Se poi quella è una balla che nasconde soffiate giunte per vie traverse, a maggior ragione il lavorìo delle schedature non serve a nulla perché, nei momenti cruciali, si usano gli stessi sistemi di cento e duecento anni fa.

Forse ho l’onore di avere più cartelle dedicate alla mia modesta persona: infatti sono stato dipendente pubblico come insegnante, sono iscritto all’albo dei giornalisti pubblicisti, scrivo di vari argomenti, per ognuno dei quali c’è chi è interessato a sparlare di me: ne ho alcune prove inconfutabili. Se si vuole aggiungere una pennellata alla mia biografia non autorizzata, porto un piccolo contributo. In una pubblica conferenza, al termine della quale avrei dovuto dire due parole, non sono salito sul palco (di stile moscovita, con lo schieramento dei capi), ma sono stato seduto accanto alla consorte prima che giungesse il mio momento. Per questa scelta, sono stato amichevolmente definito un "indisciplinato come al solito".

Per me non è un rimprovero, ma una bella lode che non so se otterrà la dignità di citazione in qualche fascicolo segreto. L’elogio della disobbedienza è materia troppo nobile per applicarla a queste piccole cose personali. Dico soltanto che è sempre meglio farsi la cattiva fama di indisciplinato, che finire nei cattivi cori, come avvenuto per un mio vicino di posto di quel giorno, il quale nel 1938 esaltò sopra un foglio romagnolo le infami leggi razziali del regime fascista contro gli ebrei. Oggi tutti lo ossequiano e riveriscono, non soltanto in nome dell’età, ma anche perché forse nessuno conosce quel particolare sulla sua attività giornalistica all’epoca del duce. [763] E-mail: monari@libero.it

 

>> Tama 764, 18.6.2000

Elisir

I giornali non l’hanno scritto, ma quando è stata data la notizia che il vero elisir di lunga vita è al Centro, qualcuno ad Arcore ha avuto brividi di gioia lungo la schiena. Dopo, con calma, è stato spiegato all’interessato che il Centro di cui si parlava non è quello politico, ma soltanto geografico, che per un suo alleato sarebbe in fin dei conti già Terronia, trovandosi al di sotto della linea dell’adorato Po. Comunque, in quelle zone, tra le quali ci troviamo pure noi, la longevità è assicurata, ma per le donne. Per loro, la provincia di Rimini è al quinto posto, dopo Ravenna, Treviso, Forlì e Macerata. Dei maschi neppure si parla. Amen.

Meglio girare pagina, e confortarsi con il volto di un Grande Vecchio (le opinioni possono variare sull’aggettivo, mentre il sostantivo è puramente affettuoso, dopo le recenti assoluzioni), Giulio Andreotti, che ha debuttato nel mondo della pubblicità, reclamizzando un sito Internet, e che è stato omaggiato da una didascalia che è un realistico biglietto da visita: "Credeva di aver già visto tutto. Credeva". L’abilità del fotografo è tale che dall’occhio del Divo Giulio, con una piccola goccia di luce, nasce uno sguardo malizioso anche se sereno, mentre le labbra si piegano ad un sorriso di calma sapienza antica. Non ci stupiamo se al posto della Ferilli, troviamo questo senatore a vita che debuttò in una giovinezza fasciata di rigore degasperiano, così come le attrici lo erano dai vestiti per attirare pubblico al cinema.

Meraviglia che anche per un politico la faccia che conta non sia quella del vivere quotidiano, ma l’immagine elaborata in una réclame. Dopo mezzo secolo di distinzione fra la serietà della cose di governo e la leggerezza di cinema, moda e dintorni, ci ritroviamo con le parti rovesciate: i cantanti fanno i pistolotti moralistici, gli ex presidenti del Consiglio si offrono ai lettori per dire cose che poi tutti sappiamo (nulla di nuovo vi è sotto il sole), ma che non sono loro a pensare, bensì i pubblicitari, divenuti i nuovi filosofi, in un società in cui quelli veri sono sopraffatti da maghi e fattucchiere delle tivù. E’ il trionfo di un pensiero usa e getta, è il dominio dell’ovvietà per cui il Bancoposta ci dice: meglio spendere di meno che di più. E’ la rincorsa alla meraviglia: ma ne produce ancora, Andreotti? Dopo mezzo secolo di presenza sulle scene, rappresenta unicamente l’ovvio dei popoli. [764] E-mail: mailto:monari@libero.it

 

>> Tama 765, 25.6.2000

Acqua!

Notizia vecchia, onor dello scrivano: calano i consumi degli italiani, mentre il 24% delle famiglie campa anche grazie alle pensioni degli anziani di casa. Dunque, andamento in ribasso per libri e fumo. Quando si risparmia, recita la cronaca, le prime vittime sono cultura e sigarette. Verrebbe da commentare: trattasi di due vizi, quindi giustamente ci si contiene. L’apparentamento tra fumo e libri, tabacco e sapere, suona strano. Sembra l’inconscia catalogazione di una censura che ponga sullo stesso piano due realtà per nulla parenti fra loro, quasi a voler dire che esse fanno male allo stesso modo; e che, se ci si limita a farvi ricorso, si ha giudizio.

Viene da chiedersi alcune cose, combinando fra loro i due effetti; sono più pericolosi (socialmente parlando) i fumatori o i lettori; oppure i lettori che anche fumano od i fumatori che pure leggono? Esiste una terza variante statistica: ci sono fumatori, lettori ed astemi? Oppure il lettore, come persona viziata, è anche consumatore di alcolici? Notizia fresca: ogni italiano consuma in media 58 litri di vino o liquori. Fa più paura il libro dell’alcol, evidentemente. A andare ad acqua, ed a farne, è soltanto la Rai, come dimostrano i rinnovi ai vertici della Rete Uno e del relativo Tg. Non l’hanno stesa al tappeto le forze di Canale 5, ma le proprie intime debolezze: dagli smarrimenti domenicali di Amadeus ai protocollari servizi giornalistici, immutabili e prevedibili come le estrazioni del lotto. La rete pubblica, tra le altre cose, ha abdicato a far cultura, e non ci spiega se leggono di più i nonni con la dentiera od i ragazzi con le carie. Quanto aiuta ad invecchiare, o quanto favorisce una senescenza precoce, la lettura? Più o meno del fumo? Che ne dicono gli ottici, gli oculisti, i cartai, librai ed editori? La presidenza del Consiglio è più favorevole al fumo od alla diffusione della carta stampata? Che cosa ne pensano Sindacati, Confindustria, Ministero della Sanità?

Queste domande sono senza risposta anche perché l’Italia pallonara ha puntato la propria attenzione sopra un drammatico aspetto. Può la nazionale azzurra vincere una partita ed esser criticata amaramente da Arrigo Sacchi, ex citì brasilizzato ai mondiali dei suoi tempi? A Roma si sono consolati con Alberto Sordi, ottant’anni di età, ed un giorno da sindaco. Se la moda prende piede, ci liberiamo dei primi cittadini veri per qualche mese. [765]

 

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