Riministoria. Antonio Montanari

I giorni dell'ira. Settembre 1943 - settembre 1944 a Rimini e a San Marino

di Antonio Montanari

Capitolo XIV. Tra ieri ed oggi

"Salvò quei giorni di ragazzo […] con franco pudore": Sergio Zavoli ricorda il 25 luglio ’43 vissuto da suo padre che con "una dignità doverosa" fa sparire nell’orto, in una fossa profonda quasi un metro, "le apparenze" del credo fascista, "giacca, pantaloni, camicia, cravatta, cinturone, mostrine e stivali". Nei mesi successivi "quando qualcosa di ridotto al minimo, di irrimediabile e violento tenterà di riprodurre quel potere sconfessato, sarà come se nulla del falò riacceso potesse più riguardarlo. E ciò che del regime venne dopo restò al di fuori della sua storia e si svolse senza di lui, persino contro".

Come furono i "giorni di ragazzo" di Sergio Zavoli poco più che ventenne, al tempo in cui il falò si riaccese? Quando all’inizio del ’43 Gino Pagliarani e Guido Nozzoli erano finiti in carcere, si istruirono "dei processi agli amici di Gino. Si voleva stabilire chi stava con Gino, chi ci stava tiepidamente, chi invece con convinzione: o, peggio, chi non ci stava affatto; o, peggio ancora, chi non ne voleva sapere neanche un po’. E nascevano delle sentenze inappellabili che scavavano degli abissi, oppure cementavano delle solidarietà che durano ancora da allora. Ecco quindi profilarsi la presa di coscienza di ciò che stava avvenendo: e fu grazie ai miei due amici", Gino e Guido. Questo dichiara il 23 gennaio 1983 Sergio Zavoli alla tavola rotonda intitolata Autobiografia di una generazione.

Nel 1994 Gino Pagliarani interviene su Chiamami Città a proposito di una polemica avuta nel ’48 con "l’amico -si fa per dire- Sergio", e rispolverata da Manlio Masini. Al termine della lettera, a proposito dell’orazione commemorativa tenuta da Zavoli ai funerali di Federico Fellini, Pagliarani scrive: "Mi dicono che […] incantò la folla. Non mi stupisce. Conosce e pratica virtuosamente l’arte della retorica (fin dai temi del liceo che puntualmente mi leggeva). Gli riconosco -nonostante qualche bidone- anche la volontà e il merito di aver riparato con molte delle sue iniziative televisive certi trascorsi giovanili non di antifascista".

Qualcuno ricorda Zavoli in compagnia di Tacchi, al tempo del "falò riacceso". Ha scritto Elio Ferrari: "A Rimini chi non lo vedeva in divisa e con il mitra a tracolla (teste Stelio Urbinati) pure alla colonia Montalti?", sede del fascio repubblichino.

Amici di Zavoli spiegano che egli fu "costretto" a finire tra le file di Salò. Aggiunge Ferrari che Zavoli "è stato tranquillo, facendo l’avanguardista, il soldato nella Repubblica sociale, libero di andare dove voleva". "Libero" anche di trovarsi a Coriano nell’aprile ’44, come rammentarono in quel paese quando, in anni ormai lontani, giunse una troupe della Rai per un’inchiesta televisiva sul fascismo diretta da Zavoli. Gli operatori non furono però guidati dallo stesso Zavoli, ma da un giornalista della sede Rai di Bologna. Nell’aprile ’44 a Coriano avvenne la cattura di due "disertori", Libero Pedrelli e Vittorio Giovagnoli, poi affidati al tribunale tedesco che li fece fucilare il 18 maggio ad Ancona.

Finito il secondo conflitto mondiale, Zavoli organizza con amici comunisti un "giornale parlato" diffuso per altoparlante nel centro di Rimini. Ad una trasmissione è invitato anche Alberto Marvelli che però non si reca all’appuntamento. Marvelli, nato in una famiglia che era stata colpita dalla politica della dittatura (suo padre Alfredo era stato licenziato senza liquidazione, per non aver voluto aderire al fascismo, dal quale lo teneva lontano la sua coscienza di cristiano democratico), durante l’invasione nazista era entrato nella organizzazione tedesca Todt che lavorava alle fortificazioni costiere, non per collaborare con i tedeschi, ma per "tentare di impedire la deportazione di tanti giovani, tentare di salvare molte vite e cercare di fare in modo che i tedeschi non attuassero il loro piano di demolizione totale delle ville sul mare, per far posto a fortificazioni antisbarco", come ha scritto il suo biografo ufficiale mons. Fausto Lanfranchi. Nel dopoguerra Marvelli fu fedele alle istanze di cristiano democratico che rifiutava ogni dittatura, sia nera che rossa.

La sua mancata partecipazione all’appuntamento radiofonico con Zavoli fu probabilmente dettata da motivi politici. Il clima della città di allora è ben descritto in un documento del Cln del 5 marzo ’45 (firmato da Cesare Bianchini futuro primo sindaco comunista di Rimini, e pubblicato nel ’97 da Valerio Lessi), nel quale si legge: "Gli uomini come l’ing. Marvelli sono quelli che hanno portato l’Italia alle attuali condizioni e saranno quelli che la rovineranno ancora di più".

Il 21 marzo ’46 la dc cittadina preannuncia al Cln le dimissioni di Marvelli dall’incarico di assessore per gli alloggi al Comune di Rimini.

Nel ’96 Zavoli ha parlato a Rimini di Alberto Marvelli. Ripensando alla "grande tragedia della guerra", ha detto: "Siamo stati davvero la comunione dei Santi perché eravamo la società del dolore".

In molti dopo il 25 luglio seppellirono le apparenze del loro passato fascista. Avevano creduto in Mussolini, rifiutarono l’appoggio ai repubblichini. Ci fu chi si chiuse nel silenzio della delusione. Altri sbarcarono su opposte sponde, non sappiamo se per convinzione o convenienza. Qualcuno cercò di accreditarsi come antico nemico del regime senza averne titolo.

Ancora oggi sono vive le polemiche. Al di là dei riferimenti alle singole persone, certe notizie servono a ricostruire un momento storico. Flavio Lombardini ha ricordato un episodio capitatogli il 6 agosto ’45. Viene avvicinato da "un gruppo di giovani appena in età della ragione" che vogliono conoscere quale ruolo abbia avuto con il suo insegnamento di Educazione fisica nelle "scuole fasciste": "Mi rifiuto di rispondere perché non ho niente da giustificare". Lombardini sta per essere picchiato dal più giovane del gruppo, un ragazzo sui diciassette anni, che ha al collo un fazzoletto rosso.

In soccorso di Lombardini giunge "un ‘vecchio camerata’ che occupa un posto di rilievo nel Comitato di Liberazione", il comunista Arnaldo Zangheri.

 

>•< GIORNI DELL'IRA, libro integrale

Post scriptum. Gino Pagliarani è morto lo scorso 17 marzo 2001.

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