Riministoria © Antonio Montanari Nozzoli
il Rimino, n. 77, anno IV, marzo 2002
a cura di Antonio Montanari Nozzoli
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  SOMMARIO DI QUESTO NUMERO
Marco Biagi: l'art. 18, un errore del governo,
articolo di Stefano Zamagni
 
L'assassinio di Marco Biagi. Il terrorismo raccontato sui giornali
 
Pensiero ‘flessibile’ per una civiltà del dialogo
Ezio Raimondi: ogni parola ha una «dimensione pubblica»
 
Informazione, guerra e terrorismo: a sei mesi dall'11 settembre 2001
 
Primo piano
Scritti di Ettore Masina:
Non basta la parola
 
Tam Tama
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Pensiero ‘flessibile’
per una civiltà del dialogo
Ezio Raimondi: ogni parola ha una «dimensione pubblica»

EZIO RAIMONDI tenne nell’ottobre 1993 una serie di lezioni nel corso di un seminario di studi sulla retorica, organizzato dalla Biblioteca Comunale di Cattolica. Ora quei testi sono raccolti in un volume della casa editrice bolognese «il Mulino» («La retorica oggi», ¤ 9,30), che esce con la premessa di Marcello Di Bella, direttore a quel tempo della stessa Biblioteca di Cattolica, ed ora della Gambalunghiana riminese. In fondo al libro è riprodotta una lunga intervista di Benedetta Craveri a Raimondi, pubblicata (con qualche riduzione) su «la Repubblica» del 27 giugno 2000.

Antonio Montanari

L'articolo prosegue ne il Rimino.


A Carlo Azeglio Ciampi
Presidente, per favore, non firmi!

Signor Presidente della Repubblica,

Lei riceverà presto la legge sul conflitto d'interessi approvata dalla Camera dei Deputati e adesso all'esame del Senato della Repubblica. È stata definita "di comodo", "truffa", "burla". Probabilmente sono tutte definizioni appropriate. In pratica, è una legge che fotografa quello che c'è già, non regolamenta, non disciplina. E quello che c'è già è un "imbroglio di fatto" che anzitutto vìola – per l'insipienza del centrosinistra – la legge che impedisce l'eleggibilità in Parlamento di chi è concessionario di un servizio pubblico. Insomma, legalizza l'illegale. Con una postilla-beffa: costringe il Capo del Governo a cedere la Presidenza del Milan-calcio al figlio Piersilvio, così come l'iniquità di altre leggi lo hanno costretto a passare al fratello Paolo "il Giornale" e alla moglie Giuliano Ferrara con tutto il suo "Foglio". Come Lei ben capisce, Signor Presidente, comunque la si guardi è una legge che non corrisponde ai canoni della democrazia e neppure agli interessi di Berlusconi. Sarebbe quindi del tutto comprensibile se Lei non la controfirmasse, come la Costituzione Le chiede e come la Costituzione Le consente di non fare, confermando così agli italiani che "da lassù qualcuno ci guarda".

Con immutata stima Suo

Salvatore D'Agata

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La mostra milanese del Neoclassicismo. Un articolo di Isabella Amaduzzi

«…conviene educare il popolo ad avere per passione quello che sia utile alla società.. Costumi bisognano alle nazioni, non leggi. Le scienze e le arti che muovono per piacere gli animi umani alla verità sono più utili delle leggi, che forzano senza persuadere…»

Così Bernardo Tanucci si esprimeva intorno alla metà del Settecento. Le stesse parole potrebbero essere usate oggi per introdurre la mostra dedicata al Neoclassicismo in Italia, inaugurata lo scorso 2 marzo al Palazzo Reale di Milano e che resterà aperta fino al prossimo 28 luglio.

Il Neoclassicismo in Italia. Da Tiepolo a Canova, questo è il titolo della mostra curata da Fernando Mazzocca, si presenta fin da subito sotto una luce nuova, speciale, bella. Non è infatti frequente avere l’opportunità di vedere ambienti e capolavori – contenitore e contenuto – dialogare spontaneamente. Le quattrocento opere – sculture, quadri, arazzi, ma anche pezzi d’argenteria ed eleganti ceramiche – proveniente da oltre 150 musei e collezioni di tutto il mondo e scelte con passione dal curatore sono infatti esposte nelle sale neoclassiche del piano nobile di Palazzo Reale. Palazzo Reale viene così restituito all’incanto “dell’epoca che vide quella reggia fastoso teatro della vita di corte”.

L’opera di trasformazione dell’antico edificio in una superba reggia neoclassica, gli affreschi di Giuliano Traballesi, di Martin Knoller e di Angelo Monticelli, i motivi decorativi di Giocondo Albertolli, i pannelli ornamentali di Giuseppe Levati e del giovane Andrea Appiani come anche i mobili di Giuseppe Maggiolini fanno contemporaneamente da cornice e da protagonisti a questa mostra che si presenta strutturata in due nuclei principali: il primo è dedicato alla rivisitazione dell’antico operato da artisti, filosofi secondo una sensibilità nuova del gusto nei vari generi della pittura, nella scultura e nelle arti decorative mentre il secondo è un viaggio nelle principali corti illuminate italiane che furono per tutta la seconda metà del Settecento centri di promozione delle arti e delle manifatture. Il percorso si chiude nella Sala della Cariatidi, ferita per sempre dai bombardamenti del 1943, ma sempre stellante, dove sono esposte alcune opere di Antonio Canova, colui che seppe dar vita, respiro e palpiti alla bellezza perduta del mondo greco. Un omaggio nella sala più importante, ancora oggi la più bella del palazzo, a colui che seppe render attuali non solo le splendide statue ma anche gli ideali di vita che questa civiltà del passato poteva ancora trasmettere.

Nella penisola italiana gli anni che vanno dal 1748 (Pace di Aquisgrana) al 1800 (Vittoria di Napoleone a Marengo) sono anni di pace; il più lungo periodo di pace fino ad allora verificatosi. In quegli anni si diffonde nelle arti, nella filosofia e nel costume un nuovo gusto quello neoclassico. Artisti e viaggiatori visitano l’Italia per studiare i grandi maestri del Cinquecento e del Seicento come Raffaello, Guido Reni e Domenichino e per ammirare le antichità romane, greche ed etrusche.

Ma non solo. Le bellezze della natura mediterranea, le spettacolari eruzioni del Vesuvio come le coste sbattute dal vento e dalle tempeste diventano soggetti di molte tele che ebbero grandissimo successo presso aristocratici viaggiatori che le acquistavano come preziosi ricordi del Grand Tour compiuto in Italia.

Il mondo antico diventa presto un modello da imitare. “C’è solo un modo per noi di diventare grandi (…) ed è l’imitazione degli antichi” scriveva all’epoca Winckelmann. Artisti ma anche uomini di cultura interessati a riformare la società guardano all’antico; episodi epici, leggende del passato, esempi di virtù, eroismo e patriottismo diventano i temi della grande pittura di storia. Contemporaneamente si assiste all’emancipazione dell’artista che non è più un artigiano, ma uno studioso che dialoga con poeti, scienziati e filosofi e che segue i progressi della scienza e della tecnica. Luoghi di incontro, studio e scambio sono le nuove accademie d’arte fondate nelle principali città d’Italia (Milano, Roma, Firenze, Torino e Napoli) ma anche l’Arcadia dove artisti dotati di capacità letterarie e poetiche si riunivano con i letterati per promuovere il buon gusto nella poesia e nelle arti.

In uno dei più sfarzosi e organici complessi monumentali dell’arte neoclassica inizia poi il viaggio nelle più importanti corti italiane, centri di promozione delle arti e della manifatture. Opere di Mengs, Hackert, della Kaufmann, di Valadier e di Maggiolini – solo per citarne alcuni – tracciano un quadro vivo della vita e del gusto nelle corti di Torino, Milano, Napoli, Firenze e Parma dove appunto “…Le scienze e le arti che muovono per piacere gli animi umani alla verità sono più utili delle leggi, che forzano senza persuadere…”.

E direi che non è cosa da poco.

Isabella Amaduzzi
Critica d'Arte e studiosa d'Estetica
Milano, 10 marzo 2002

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Amaduzzi, tra i big del 1700
Alla mostra di Milano sul Neoclassicismo

A Milano, a Palazzo Reale, fino al 28 luglio si svolge una mostra di grande valore ed interesse, dedicata al Neoclassicismo. Ne parliamo perché c’è un piccolo ma molto significativo richiamo alla nostra realtà locale. Infatti il catalogo dell’esposizione dedica un ricordo anche a Giovanni Cristofano Amaduzzi.

Nel saggio «Il rapporto dell’arte con il mondo delle lettere», Liliano Barroero e Stefano Susinno parlano dell’attività dell’Arcadia romana, alla quale appartenne pure Amaduzzi, e della questione dello scioglimento della Compagnia di Gesù, decretato dal santarcangiolese papa Ganganelli. Sul fronte filogiansenista, scrivono i due studiosi, troviamo «personaggi quali Voltaire e Algarotti, Amaduzzi e De Rossi», eccetera. Amaduzzi è comunemente considerato il suggeritore del provvedimento di Clemente XIV. (E questo fatto gli procurerà parecchi guai negli ultimi anni della sua vita.)

A dare avvio al Neoclassicismo furono Anton Raphael Mengs e Johann Joachim Winckelmann, con i quali Amaduzzi ebbe continui e stretti rapporti. Winckelmann fu conosciuto a Roma anche da Giovanni Bianchi, che era stato maestro di Amaduzzi a Rimini per sette anni, a partire dal 1755.

Con uno scritto apparso sulle «Novelle letterarie» di Firenze, Amaduzzi ricordò l’incontro che lui, Bianchi ed un altro riminese, Epifanio Brunelli, ebbero con Winckelmann nel 1766. Epifanio Brunelli accompagnava Bianchi in un tour che ebbe come tappe Loreto, Assisi, Perugia, Todi, Roma, Napoli, Siena, Firenze e Bologna. Winckelman era allora al servizio del cardinale Alessandro Albani, nel cui palazzo «alle 4 Fontane», Bianchi spesso lo incontrava.

Lena Vanzi









Nell’immagine in alto, l’autoritratto di Anton Raphael Mengs (1773). Qui a fianco,di Angelica Kauffmann, Autoritratto con il busto di Minerva.




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Gli interventi di Ettore Masina

su Padre Ernesto Balducci: alla pagina speciale 

e su Padre David Maria Turoldo: vai alla pagina speciale


Lettera di febbraio: alla pagina speciale;

Safiya (forse) libera: alla pagina speciale

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Fossoli, il silenzio sulla strage
Vi morirono Rino Molari, Walter Ghelfi e Edo Bertaccini

12 LUGLIO 1944. Sessantotto prigionieri italiani del lager di Fossoli sono uccisi al poligono di tiro di Cibeno (Carpi). Tra loro ci sono Edo Bertaccini di Coriano, capitano dell’ottava brigata Garibaldi, un ferroviere di Rimini, Walter Ghelfi, ed il santarcangiolese Rino Molari, professore di scuola media. Sulla drammatica vicenda ritorna un libro appena uscito presso Mondadori, «Le stragi nascoste» di Mimmo Franzinelli, dedicato al tema precisato nel sottotitolo: «L’armadio della vergogna: impunità e rimozione dei crimini di guerra nazifascisti, 1943-2001».

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Nessuna nuova. Buona nuova?
Informazione, guerra e terrorismo
a sei mesi dall’11 settembre

Sono trascorsi sei mesi da quell’11 settembre 2001 che ha sconvolto luoghi, coscienze e memorie. Le notizie sulla guerra globale al terrorismo dei fondamentalisti musulmani sono in apparenza scomparse dalle prime pagine dei giornali. Dico in apparenza perché, se mancano informazioni dirette sulla caccia ai responsabili degli attentati compiuti alle due torri ed al Pentagono, ce ne sono altre che possono dirsi strettamente collegate con la scena apocalittica di Nuova York che dagli schermi televisivi giunse in diretta nelle nostre case quel doloroso pomeriggio.

Antonio Montanari

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Non basta la parola.
L' Espressa

Il nuovo direttore del settimanale L'Espresso è Daniela Hamaui. C'è chi la chiama anche direttrice, persino direttora, come pretendequalche sua omologa collega. L'Espresso diventerà l'Espressa?

Ci risiamo con l'irrisolto problema delle professioni. Attenzione, la signora vigile che vi ferma non è una vigilessa, può essere una poliziotta,od una donna carabiniere (in Romagna la carabiniera è invece lamoglie dal bel caratterino). Avvocata o avvocatessa? Senza dubbio la primaforma: l'avvocatessa sembra un po' cugina della carabiniera. Anticamente(parlo sempre per me) l'ambasciatrice era la moglie dell'ambasciatore,la signora ambasciatore c'è stata a volte (e come si saràchiamato il marito?).

A "Primapagina" di Radiotre un ascoltatore ha deliziatole mie orecchie, riproponendo un discorso che facevo sempre a scuola: l'italianoè orfano del neutro, che invece c'era (c'è) in latino. Ormai la situazione è storicamente determinata. Il neutro non si comprané al supermercato né in ditta.

Resta il problema del politicamentecorretto (come negli annunci di offerte di lavoro, che recano, per leggecredo, l'avviso: «per entrambi i sessi»).


Il discorso non è da poco. La frizzante Maria Laura Rodotà (La Stampa, 20 febbraio, «Gentil sesso messo da parte dal linguaggio») ha perorato la causa della parola persona, al posto di uomo (come terminecomprensivo di uomini e donne), in una nota come al solito gustosa che,se letta male, si vede trasudare femminismo d'altri tempi: invece rispecchiasic et simpliciter una condizione ben ritratta dalla chiusa. Si dice comunementeche «ci sono gli uomini» o «mancano gli uomini».

Commento di MLR: «E anche se mancano, per loro son soddisfazioni».

[a. m.]

Basta la parola: indice 

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Einstein, un liceo «possibile»
Un libro per i 30 anni della scuola

Per i trent’anni d’attività del liceo riminese intitolato ad Albert Einstein, compiutisi nell’anno 2000, è stato di recente curato un interessante volume, con prefazione di Francesca Sanvitale, introduzione del compianto Alberto Melucci ed a cura di Anna Maria Torri.

Lo scopo del libro è delineato dall’attuale preside, Giuseppe Prosperi, che, dopo aver ricordato i suoi predecessori (Ferruccio Ferrari, Francesco Pedri, Armando Contro, e Serena Bonini), osserva: abbiamo voluto «testimoniare a tutti, non solo agli addetti o agli ex studenti ed insegnanti, alcune delle esperienze e delle parole, alcune fra le infinite, che hanno lasciato un piccolo o un grande segno in chi le ha vissute, quelle esperienze, o in chi le ha pronunciate, quelle parole».
Nulla di più importante nella formazione individuale, checché se ne dica, esiste dell’esperienza scolastica. Sia per chi siede in cattedra, sia per chi ci passa alcuni anni della propria vita seduto sui banchi. Questo libro già dal titolo («Una scuola possibile») offre la descrizione di itinerari intellettuali e psicologici, in cui la somma dei singoli fattori (di studenti e docenti) determina un risultato che è il trasformarsi (l’evolversi?) della società, il mutamento: trent’anni sono in fin dei conti il tempo di due generazioni.

L’Einstein nasce a ridosso dei momenti caldissimi della contestazione, quando le acque erano ancora turbolente. Scrive Luciano Lagazzi: «Ciò che colpisce nei verbali dei collegi dei docenti dell’Einstein dei primi anni Settanta è la conflittualità delle riunioni, appena mitigata, per il lettore di oggi, dal sorrisino che strappa un politichese ormai desueto e che non ci si aspetterebbe così vivo in un’assemblea di professori». (E’ un discorso su cui si potrebbe ritornare...)

La parte più consistente del volume è dedicata alle esperienze culturali del liceo, dove si riportano le «conversazioni con gli scrittori», introdotte da Anna Maria Torri («E’ importante che ci siano delle occasioni in cui gli studenti siano liberi di ‘incontrare’ i testi, che le loro opinioni, le loro reazioni, magari ingenue, siano considerate ‘legittime’, da insegnanti che si collocano sullo ‘sfondo’ e accettano cornici interpretative altre, pur avendo loro stessi suggerito e negoziato certe letture»). Ed ecco, dunque, Lalla Romano, Fulvio Tomizza, Raffaello Baldini, Eraldo Affinati, Dacia Maraini, Sebastiano Vassalli, Daniele Del Giudice, Tonino Guerra, Piero Meldini, Mario Rigoni Stern, Jacqueline Risset, Francesca Sanvitale: ne nasce un’antologia utile per chiunque, una stimolante raccolta di interviste pubbliche.

Infine, una nutrita sezione di esperienze e ricordi, come il viaggio di un insegnante di Religione, Francesco Cavalli, in Albania per fare un campo di lavoro con alcuni suoi studenti che qui ne ricordano la realizzazione. Od il saluto-testimonianza che manda Paolo Parini, studente del liceo dal 1978 al 1983, ed ora medico ricercatore presso il prestigioso Karolinska Institute di Huddinge, Svezia: dove, giungendo a ventisette anni, si rese conto come il tempo trascorso all’Einstein non gli aveva dato soltanto le nozioni fondamentali per gli studi universitari, ma fosse stato pure «una scuola di vita dove poter crescere e maturare». Anche questo può fare la (tanto vilipesa) scuola italiana.

Antonio Montanari

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Alla giornalista del Corriere della Sera uccisa in Afghanistan il 19 novembre 2001, Maria Grazia Cutuli (foto), è dedicato il sito

www.mariagraziacutuli.com.

Lo ha curato il collega fotoreporter Raffaele Ciriello, del quale presentiamo qui un'immagine scattata a Sarajevo nel 1996. Foto ed articoli sono catalogati per data.


Raffaele Ciriello, qui con M. G. Cutuli, e' rimasto ucciso a Ramallah in Palestina il 13 marzo.
Il suo sito internet e' Cartoline dall'inferno.


Il Santuario della Madonna delle Grazie
Un libro di p. G. Montorsi e di P. G. Pasini

Ai piedi del Colle del Paradiso, il santuario di Santa Maria delle Grazie domina dal Covignano la città. Il suo primo, umile nucleo risale al 1290. Cento anni dopo, nel 1394, papa Bonifacio IX approvò la fabbrica della chiesa che lungo i secoli ha subìto significativi interventi, l'ultimo dei quali può essere considerato il lavoro di restauro compiuto recentemente. Alla storia del sacro edificio ed a tutto quanto è accaduto nell'arco di tempo che ci separa dalla sua nascita, padre Giambattista Montorsi e Pier Giorgio Pasini hanno dedicato un pregevole studio, stampato dall'editore Pazzini per conto della ditta Valentini di Rimini.

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Quando aspettavano Baffone
«Una storia tutta da scrivere», secondo Giuliano Ghirardelli 

Per ricordare Gianni Quondamatteo, studioso ed uomo politico riminese scomparso dieci anni fa, sul «Corriere di Romagna» del 19 gennaio scorso, Giuliano Ghirardelli ha scritto un lungo articolo che non è soltanto il ritratto di un personaggio a cui la nostra cultura ed il turismo riccionese debbono parecchio, ma soprattutto un breve saggio storico che merita di non passare sotto silenzio.

L'articolo prosegue ne il Rimino.

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«La guerra non cambia niente»
Dolori nella Storia e desiderio della Verità nel '900 letterario italiano 
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La Scienza illustrata
Libri della Gambalunghiana esposti a Cesena
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Cerca in Arianna  con noi 

"É e nessuno tenti di muovere obbiezioni a questo discorso perché io lo rivolgo a chi vuole e rispetta la verità,
non ai falsari." Indro Montanelli, Corriere della sera, 15 febbraio 2001

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