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Lettera Mentre cresce ovunque l'allarme-terrorismo, le autorità municipali di Rimini si rallegrano per l'indicazione espressa dal Capo del governo circa la scelta della loro città come sede del vertice della Fao. Mi auguro soltanto che la stessa Fao sia più consapevole dei rischi dell'ora presente, e sospenda l'incontro di novembre. Antonio Montanari, Rimini [Corriere della Sera, 25.9.2001] |
Appello dell'Università di Chicago Care amiche, cari amici, l'Università di Chicago vuole rivolgere ai "Grandi" della Terra una petizione che ieri sera aveva già raccolto quasi 200 mila firme. Mi pare che si tratti di un documento che esprime bene la nostra angoscia e le nostre speranze e quindi vi invito a firmarlo SUBITO perché è evidente che la risposta armata all'attentato sta per ferire nuovamente la Terra. Cari saluti. Ettore Masina, 19 settembre 2001
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La luce della Verità splende nel Tempio
Antonio Montanari Questo articolo e' anche sul Ponte on line oltre che sul Ponte del 30 settembre 2001. |
Il dottore visita il passato Il congresso riminese di Storia della Medicina del 1999. ![]() La prima cosa che m’è saltata agli occhi, ad apertura di volume, è stato l’accenno ad una costumanza popolare dell’Ottocento: "per guarire i vermi va posto sulla pancia del malato un catino pieno d’acqua in cui si fa poi colare del piombo fuso". Ho già raccontato anni fa, su queste colonne (in una pagina poi raccolta in "Anni Cinquanta", ed. Guaraldi), che una siffatta procedura fu attuata ai miei danni, a Viserba, nell’ultimo sfollamento bellico, da una signora che di nome faceva Tranquilla, esercitava il mestiere di cartolaia ed a tempo perso praticava "punture" e rituali parasanitari. Uno dei quali fu appunto l’"impiombatura" sul mio capino (allora) innocente, con un magistrale fallimento di mira, per cui il materiale fuso finì lungo una gamba, anziché nel catino. Adesso, negli "Atti" del 40° Congresso della Società Italiana di Storia della Medicina, tenutosi tra Rimini, San Leo e Verucchio nell’ottobre 1999, leggo che il sistema di (supposta) liberazione dai vermi è addirittura ricordato in un testo forlivese del 1818, sugli "Usi e pregiudizi de’ contadini della Romagna": la notizia mi riempie d’allegro conforto. Non sono stato, allora, vittima d’una fantasia personale della signora Tranquilla (poi emigrata negli Usa, di certo non per colpa mia), ma di una credenza collettiva. E forse io sono l’unico testimone vivente delle conseguenze che l’applicazione di quel "pregiudizio" da villici poteva provocare per errata manovra dell’operatore (per nulla igienico, tantomeno sanitario). Fortuna ha voluto che, nel successivo corso degli anni, non si sia più sperimentata in casa nessun’altra costumanza popolare di quelle che il gustoso saggio di Massimo Aliverti (professore di Storia della Psichiatria a Milano), elenca a proposito del saggio di Michele Placucci (1782-1840), funzionario della Municipalità di Forlì, città dove venne dato alle stampe il suo testo. Non di usanze, ma di "morbi popolari" si occupò Michele Rosa, nativo di San Leo, che fu allievo a Rimini di Iano Planco. Rosa divenne a 36 anni titolare all’Università di Pavia di una Cattedra che oggi si chiamerebbe di Patologia speciale medica, e sei anni dopo passò all’Ateneo di Modena, come primario di Medicina. Rosa, costretto dall’invasione francese a rientrare a Rimini, si dedicò a studiare l’uso delle ghiande quale integratore della fava e del grano per produrre pane a poco prezzo. I suoi suggerimenti ebbero pratica attuazione nel 1801, con il plauso dei pubblici amministratori (che quando si tratta di risparmiare per i poveri diavoli, sono sempre tutti felici). Ai tempi di Michele Rosa, la laurea era conseguita con il duplice titolo di "Medicina, e Filosofia". Il verucchiese Adalberto Pazzini, ricordato a cento anni della nascita nella prima sezione degli "Atti", metteva in guardia i colleghi a non avventurarsi nel "campo minato della Filosofia". Commenta Francesco Aulizio: "A ben pensarci un filosofo potrà parlare per diverse ore filate del mal di pancia e dare anche delle spiegazioni metafisiche belle e forse convincenti, il malato però nel frattempo potrà andare incontro ad una peritonite con tutto quel che segue". L’unica Filosofia che il medico dovrebbe seguire, secondo Pazzini, è quella dei primi pensatori greci che ponevano in diretto rapporto l’uomo con la natura. (Il problema è più complesso, per la verità.) Non di pensiero, ma di abbigliamento si occupa Elisa Tosi Brandi nel saggio dedicato all’abito del medico nell’iconografia medievale, a proposito del polittico di Scuola riminese del Trecento, conservato nel Museo di Rimini, per dimostrare che sotto il vestito… tutto: cioè i panni indossati certificavano un’appartenenza sociale, "vietando per esempio ai ceti di nuova formazione di partecipare con i nobili all’esclusivo gioco delle apparenze": "Per questa ragione legislatori e moralisti decisero di fare in modo che nessuno potesse appropriarsi della segnaletica distintiva di una condizione diversa dalla propria". Con Michela Cesarini incontriamo "Medici, santi e guaritori nei dipinti seicenteschi del Museo della Città di Rimini": sono cinque personaggi legati alla storia della Medicina, compresi i citati Cosma e Damiano, che tornano però con vesti cambiate rispetto al polittico trecentesco. Altri due saggi vorrei segnalare in questi "Atti" (che sono stati curati da Stefano De Carolis, Giancarlo Cerasoli e Francesco Aulizio). Giorgio Zavagli parla dei propri antenati, "due medici riminesi dell’Ottocento", in pagine vivaci che possono interessare gli appassionati di storia locale. Del trisavolo, Gaetano, si ricordano i rapporti intercorsi con Giacomo Leopardi a Recanati, dove era stato chiamato come "comprimario" proprio dal padre del poeta, Monaldo. Infine, Walter Pasini riferisce di "Paolo Mantegazza a Rimini" (che è anche l’argomento di un suo recente volume). Per restare infine in ambito medico riminese, segnalo che il locale Ordine professionale pubblica un interessante "Bollettino", finora uscito nella nuova veste in tre numeri, due dei quali monografici dedicati alla bicicletta ed al vino. La cura redazione è affidata a Stefano De Carolis che si avvale di una folta schiera di appassionati collaboratori. Ed a proposito delle pratiche tradizionali a cui ho accennato all’inizio, ricordo (dall’ultimo numero del "Bollettino") l’articolo di Giancarlo Cerasoli che passa in rassegna l’uso del vino come rimedio della medicina popolare romagnola. I nostri antenati, forse approfittavano della malattie per permettersi qualche lusso etilico in più, se per ogni problema piccolo o rilevante della salute c’era il suggerimento di ricorrere al sangue dell’uva. Non tutti gli stomaci però erano adatti alle ricette suggerite, come per esempio quella che per i casi di digestione difficile, suggeriva di bere del vino bianco dopo avervi tenuto un rospo. Antonio Montanari , il Rimino |
La 'spagnola' a Rimini nel 1916 Al Congresso Nazionale della Societa' Italiana di Storia della Medicina che si terra' a Mesagne (Br) dall'11 al 14 ottobre prossimi, il dottor Giancarlo Cerasoli presentera', insieme alla storica Eugenia Tognotti, una relazione sulla storia dell'epidemia influenzale del 1918-19 (detta 'spagnola') in Romagna. Parte della relazione si riferisce alla situazione nel Riminese, desunta dai giornali dell'epoca. |
Farmaci e Paesi poveri
Secondo il Nobel Rita Levi Montalcini, "le industrie farmaceutiche potrebbero dedicare piu' attenzione alle malattie di alcune nazioni povere, che sono invece trascurate, perche' con loro non si fanno affari, visto che non possono pagare". Cosi', aggiunge Rita Levi Montalcini, "assistiamo alla diffusione di patologie piu' o meno rare anche nei bambini senza muovere un dito. E condanniamo intere popolazioni a una vita terribile". In Camerun, ad esempio, "c'e' una diffusione enorme del diabete che non certo una malattia rara. Eppure nessuno si muove per fare avere cure adeguate a quella gente che sta morendo". [Dal "Corriere della Sera", 21 agosto 2001] Morti invisibili per esperimenti di farmaci Una lettera pubblicata da "La Stampa" il 4 settembre 2001 rivela che "in terre di tutti e di nessuno, dove tutto e' possibile specie l'impossibile, come la Nigeria ad esempio, non e' un segreto che le morti recenti dovute a un antibiotico in fase sperimentale sono alcune decine". La lettera e' firmata Franco Lucato, Torino. |
Due nuovi motori di ricerca degli Usa (segnalati dal "Corriere della Sera"), riportano recensioni di "Riministoria". Sono WISEnut (
www.wisenut.com
) e Teoma (
www.teoma.com
). |
Cerca in Arianna
con noi
"… e nessuno tenti di muovere obbiezioni a questo discorso perché io lo rivolgo a chi vuole e rispetta la verità,
non ai falsari."
Indro Montanelli, Corriere della sera, 15 febbraio 2001
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