il Rimino - Riministoria

Guido Nozzoli, il Giorno ed il Vajont

Un caso particolare: una pagina de “Il Giorno”.
“Il Giorno” di venerdì 11 ottobre 1963 presenta una pagina emblematica. Non si vuole – e sarebbe deviante – tentare di ricostruire la linea ideologica adottata dal quotidiano attraverso l’analisi e la visione di una pagina soltanto, tuttavia quest’ultima presenta degli aspetti interessanti di linguaggio giornalistico. Innanzitutto sono presenti tutti i temi che poi saranno ampliati nel resto del giornale: dall’angosciante remissività di Giorgio Bocca alla ricostruzione storica di Guido Nozzoli, dalle dichiarazioni ufficiali dell’ENEL all’annuncio che “l’Unità” aveva denunciato la precarietà della situazione tempo prima che la tragedia si verificasse.
“Nel 1963 «Il Giorno» è appena al suo ottavo anno di vita[…]. Vuol essere l’anti-«Corriere», l’espressione dei nuovi gruppi dirigenti e dei ceti in ascesa, e in quegli anni vi riesce. Non gli si rende un servizio e non si intende la sua funzione, se lo si pensa, allora, come è divenuto poi: un giornale come altri, che sopravvive alla sua stagione migliore”37. “Il Giorno” ha un linguaggio giornalistico fortemente innovativo, il venerdì 11 è uscito con quattro sovraccoperte ricoperte quasi esclusivamente di fotografie. Anche dai titoli si ricava l’impressione di un lessico acceso, forte, toccante.
La pagina 3 si apre con un titolo piuttosto sobrio, “Il primo giorno dopo il diluvio”, preceduto dal sommario stranamente ridondante “Come si presenta il bacino di Vaiont dopo l’immensa frana del monte Toc”. Sulla sinistra dal titolo “Diga perfetta / ma roccia / pericolosa” vi è un articolo dell’inviato Guido Nozzoli che, in due colonne, prima descrive il panorama “da primo giorno dopo il diluvio”, poi ripercorre la recente storia del Vajont ponendo in risalto le voci che avevano contestato la presunta sicurezza della diga. Si domanda se sia “una congiura di fatalità” ad aver portato la morte nel Vajont, e risponde: “Non si sa nulla. Nessuno sa nulla”.
Sulla destra troviamo un articolo, che farà molto discutere, dell’allora giovane inviato Giorgio Bocca, che titola “Non c’è più nulla / da fare o da dire / tra fango e silenzio”. Il pezzo si apre così: “ECCO LA VALLE della sciagura nel crepuscolo del mattino: fango, silenzio, solitudine. E capire subito che tutto ciò è definitivo: più niente da fare e da dire. Cinque paesi, migliaia di persone: ieri c’erano, oggi sono terra, e nessuno ne ha colpa, nessuno poteva prevedere, nessuno può riparare.
In tempi atomici, si potrebbe dire che questa è una sciagura «pulita», gli uomini non ci hanno messo le mani, tutto è stato fatto dalla natura, che non è buona e non è cattiva, ma indifferente.
Ci vogliono queste sciagure per capirlo: terribile forza della natura che si catena a caso. Non uno di noi moscerini vivo, se davvero la natura volesse muoverci guerra.”
Bocca è pervaso da una sorda rassegnazione che trasforma in uno scritto altamente suggestivo e dal linguaggio accattivante, che si snoda tra il “guardare le carogne gonfie” e “contare i cadaveri allineati nei prati” cingendo citazioni colte quali lo shakespeariano “vermi che strisciano fra la terra e il cielo” e i “granelli di sabbia della Bibbia”, per concludere: “noi di fronte al vuoto e all’assurdo”.
Quello che è particolarmente interessante è il piccolo articolo a centro pagina che titola: “Catastrofe / del tutto / imprevedibile / - dichiara / l’ENEL” e che ha probabilmente il ruolo di decodificatore all’interno della pagina, invitando quindi il lettore a leggere le altre notizie da un ottica ben precisa.
L’articolo molto breve si apre in modo anomalo con le dichiarazioni dell’ENEL che però non sono virgolettate e, a prima vista, sembrano l’opinione del quotidiano:
“La sciagura del Vaiont non era prevedibile. La diga era solidissima e le acque contenute in margini di assoluta sicurezza. Così afferma in polemica con alcuni giornali un comunicato diffuso dall’ufficio stampa dell’Enel. Esso dice testualmente: «Le notizie pubblicate da qualche organo di stampa in ordine alla prevedibilità dell’evento catastrofico verificatosi nel lago del Vaiont non hanno fondamento […]»” E’ evidente come l’impatto nel lettore sia molto forte e non si comprende come le prime righe non siano virgolettate anch’esse. La delicatezza dell’argomento invita alla prudenza.
Ancora più significativo è, in basso a sinistra, il minuscolo articolo “I montanari / della valle / «sentivano» / il pericolo”. Dal titolo pare che si raccontino le avvisaglie che la montagna aveva dato agli abitanti attraverso le frane, il piegamento degli alberi, le fessurazioni. Queste sono le prime righe: “Il pericolo incombente sulla valle del Vaiont fu denunciato da «l’Unità» quando la diga era in stato di avanzata costruzione. Il 5 maggio del 1959, «l’Unità», in una corrispondenza da Belluno, riferì che i montanari della valle si erano costituiti in consorzio per tentare di impedire la costruzione del bacino. Si diceva, infatti, che la massa d’acqua…”

Da « Teorie e Tecniche del Linguaggio Giornalistico del Prof. Fiengo»
http://www.lettere.unipd.it/ebla/archivio/casagrande.pdf


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834/14.09.2003