Riministoria© Antonio Montanari

Storia de "Il Ponte" 1987-1996 di Antonio Montanari

All'indice della Storia de "Il Ponte" 1987-1996

1988.3.Cultura

 

 

Tra gialli e burle

"Il giallo di Giotto in San Cataldo" di cui parla lo storico Giovanni Rimondini nel Carlino del 24 gennaio, annunciando la miracolosa riapparizione degli affreschi di Puccio Capanna, è "una piccola burla" che l’autore confessa il 2 febbraio nello stesso foglio, spiegando di averla escogitata per attirare l’attenzione della città sulla grande pittura riminese del Trecento. Dopo lo scherzo, osserva Il Ponte, anche i lettori più smaliziati ogni volta che s’imbattono in uno scritto di Rimondini, "s’interrogano dubbiosi: dirà sul serio o vuol prenderci in giro?". Sul Carlino, Rimondini tenta di demolire il mito della Repubblica di San Marino considerata la più antica del mondo, sostenendo che è stata fondata soltanto nel 1797, grazie a Napoleone. [1] Sul Ponte, Rimondini alza il tiro addirittura contro la storia di Francesca da Rimini, definendola "un falso di Dante". [2]

Con le sue intenzioni dissacratorie, Rimondini ‘rivisita’ per il Carlino anche le grotte di Santarcangelo, giudicandole vecchie cantine trasformate in catacombe dalla fervida fantasia di Luigi Renato Pedretti. Sul Ponte gli risponde Primo Giovagnoli: è "del tutto gratuita e indelicata (il defunto non può controbattere le accuse) l’affermazione che il Pedretti abbia voluto fare una ‘burla’". Pedretti, scrive Giovagnoli, sosteneva "che le grotte di Santarcangelo erano, per lo meno, di origine misteriosa e antichissima e che si potevano perciò azzardare varie ipotesi sulla loro probabile utilizzazione". [3]

Dei veri pittori riminesi del Trecento, attivi tra Romagna e Marche, ricostruisce le vicende artistiche e storiche Pier Giorgio Pasini nell’audiovisivo (curato per una mostra fotografica), il cui testo esce in esclusiva sul Ponte, dove Pasini illustra anche un polittico mariano del Rinascimento conservato a San Marino, ed appena restaurato. [4]

Nella rinnovata sala riminese dell’Arengo, sono esposti i codici miniati della Biblioteca Gambalunghiana, ai quali viene dedicato uno splendido volume: tra gli autori, c’è Piero Meldini, direttore della stessa Gambalunghiana. [5] Al Museo civico ritorna, dopo un restauro durato due anni, la pala di Domenico Ghirlandaio con i ritratti di Pandolfo IV Malatesti (nipote di Sigismondo), di sua moglie Violante Bentivoglio, della madre Elisabetta Aldrovandini e del fratello Carlo. [6]

Dall’antico al moderno. Manlio Masini incontra Elio Morri, al lavoro nello studio nascosto tra i resti di palazzo Lettimi. E racconta i gustosi retroscena delle vignette di Giulio Cumo: è un’occasione per ripercorrere anche varie tappe di storia del giornalismo riminese. [7]

 

 

La beffa delle bitte

Riappaiono nel giardino di una casa privata alcune bitte (antichi manufatti di pietra d’Istria, che nel porto canale servivano per l’attracco dei trabaccoli), scomparse dopo la loro sostituzione con analoghe colonne di ferro avvenuta circa trent’anni fa. Vittorino Zavoli si chiede come ciò sia potuto accadere. Sul Carlino interviene Pier Giorgio Pasini, raccontando quanto è stato guastato durante i lavori a monte del ponte della Resistenza: pezzi delle mura malatestiane demoliti, pannelli di legno del 1700 scomparsi. Il dottor Franco Bartolotti dichiara di aver salvato, a sue spese, pietre antiche destinate dal Comune alla discarica. [8]

Durante la ristrutturazione del molo nord alla Sinistra del porto, diverse lastre di pietra d’Istria che coprivano il muro della banchina, finiscono sugli scogli che proteggono la parte terminale del molo. Le antiche pavimentazioni in mattoni a spina di pesce e a sassi, vengono distrutte dalle ruspe. [9]

In piazza Malatesta, durante i lavori di sondaggio per la costruzione (ipotetica) di un garage sotterraneo, vengono alla luce un tratto del muro di cinta esterno, e la base del torrione più avanzato del castello, distrutti nel 1826: "L’importante scoperta ha avuto una brevissima vita pubblica perché nello spazio di poche ore la fossa è stata subito riempita". Il castello intanto, conclusi i restauri al cortile e all’ala di Isotta, riapre le porte ai visitatori. [10]

Ritorna in piazza Tre Martiri, nella torre dell’orologio, il settecentesco stemma della città, dopo i restauri resisi necessari per riparare i danni provocati dalla sua caduta al suolo, due anni prima. [11]

In occasione della festa di San Gaudenzio, il prof. Angelo Turchini anticipa sulle colonne del Ponte i risultati di una sua indagine storica: uno dei tre sarcofagi recuperati nel 1970 nel vecchio palazzo Sartoni (sulla via Flaminia, ove ora sorge il Palazzetto dello sport), ha contenuto la salma del protettore di Rimini. [12]

 

 

Miti della città

Torna in libreria La mia Rimini di Federico Fellini, in un’edizione arricchita dalle foto di Ferdinando Rossi. Sul Ponte, Giorgio Tonelli sottolinea che per il regista di Amarcord, la vera Rimini è a Roma, al lido di Ostia. Nella famosa pagina del sogno della casetta sul porto, Rimini è soltanto quella che Fellini ha chiamato "una dimensione della memoria", oltre tutto "inventata, adulterata, manomessa". [13]

"L’ininterrotto pellegrinaggio di giornalisti che nella Rimini ‘riminizzata’ vogliono trovare a tutti i costi la Rimini felliniana, luogo utopico quant’altri mai", scrive Piero Meldini in Chiamami città, "mi scatena violente reazioni allergiche": la Rimini di Fellini "non esiste più, e forse non è mai esistita". [14] Il Ponte intitola "Federico non abita più qui" una delle sette puntate di Rimini come, viaggio dentro la città, nella quale ci si occupa anche dell’antieroe felliniano della mediocrità: il "pataca". [15]

"Vdai è mond? che dopo t si piò patàca ca né préima", dice uno dei personaggi quotidiani, dai volti misteriosi e dolorosi, descritti nelle pagine del santarcangiolese Raffaello Baldini, la cui raccolta di liriche intitolata Furistir vince il Premio Viareggio. Sono figure che non hanno sogni di gloria, ma al contrario vivono in una dimensione che rimpicciolisce e smitizza tutto. Il dialetto in Baldini non è la lingua comica della burla, ma un linguaggio letterario che sa raccontare pensieri comuni a tutti gli uomini, come quelli del "semplice pastore" leopardiano: "tòtt cal stèl… questi mondi infiniti". [16]

Dalla poesia alla cronaca: nell’anagrafe cittadina delle nascite, in mezzo alle varie Monica, Ilaria, Maicol, Marika, incontriamo una Nabel, una Raissa (in onore alla consorte di Gorbacev), ed addirittura (primizia?) una Rimina. Auguri a tutte, che la vita vi sorrida. [17]

A proposito di nascite. Dov’è avvenuta quella del musicista Amintore Galli, compositore dell’Inno dei lavoratori? A Talamello o a Perticara? Don Pietro Cappella propende per Perticara, il maestro Varotti per l’altra località. I documenti, ribatte don Cappella, dicono che Galli non ha mai messo piede a Talamello. [18]

 

 

Riccione, 40 Fiere filateliche

La Fiera del francobollo di Riccione, "unica occasione italiana ad alto livello in cui convergono esperti di tutto il mondo", in agosto compie quarant’anni di successi, nati nel giugno ’49. L’anno prima si era tenuto un raduno adriatico dei Circoli filatelici, rifiutato da Rimini: e ciò dimostra, dice il sindaco Pierani, come "i riccionesi siano più lungimiranti dei riminesi". Per l’occasione esce un volume che ripercorre la storia della Fiera della Perla Verde, tra le cui firme c’è anche quella di Severino Massari, segretario del Circolo filatelico di Rimini. [19]

Massari scompare a novembre: "Con l’amore di un padre, aveva seguito intere generazioni di collezionisti. Con la passione di uno storico aveva raccolto documenti, tradotti poi in pubblicazioni del Circolo", ed aveva fondato e redatto Il Bajocco, periodico che raggiungeva i filatelici di tutto il mondo. Era stato a lungo prezioso collaboratore del Ponte. [20]

 

 

Lombardini, tra cronache e storia

Lo scrittore Flavio Lombardini muore ad ottobre, dopo una vita trascorsa interamente tra la carta stampata. Attento alle vicende contemporanee, polemista mai arrogante e sempre puntuale nelle sue argomentazioni, ha amato il mestiere di giornalista, ma non ha trascurato il trasformarsi della cronaca in storia, sia attraverso pagine autobiografiche inedite, sia con ricostruzioni finite in volume. Ha curato pure una monumentale ricerca sui fogli d’epoca, custodita alla Gambalunghiana, che il Ponte ha ripetutamente utilizzato. Nel 1968, pubblicò Rimini XX secolo, con questa dedica: "Ai giovani concittadini perché imparino ad amare la Città comune". Fu un infaticabile sostenitore del progetto di Rimini provincia. [21]

 

 

Dal "Ponte" ad Arbore

Al teatro Duse di Bologna, vince il premio "la Zanzara d’oro" riservato ai comici emergenti, Daniele Fabbri, l’arguto vignettista che sul Ponte ha curato le rubriche di umorismo Freezer e Boiler, ed ha disegnato a lungo ed eroicamente i suoi commenti d’attualità per La Settimana. Per prima cosa, Daniele cambia cognome, presentandosi come Luttazzi. Per seconda, va a Roma in carrozza letto (…anche lui!), sfondando come finalista a "Riso in Italy" e facendosi catturare per la tv nazionale da Renzo Arbore. Per terza cosa (ed è l’impresa più rischiosa), si fa intervistare da Palillo Pagliarani del Ponte, che conclude l’articolo scrivendo: "Santarcangelo continua a produrre personaggi ricchi di talento artistico". Anche Pagliarani, per chi non lo sapesse, è di Santarcangelo. [22]

Altro successo del Ponte, è il volume Il pianeta Valmarecchia scritto da Amedeo Montemaggi, ed offerto in omaggio agli abbonati per il 1989. [23]

 

 

[1] Cfr. La Settimana, n. 7, 14/2/88; e Tama, Fagioli, n. 16, 17/2/88.

[2] Cfr. G. Rimondini, Francesca da Rimini: tutta colpa di Dante, n. 18, 1/5/88.

[3] Cfr. P. Giovagnoli, No, il maestro Pedretti non era un contaballe, n. 12, 20/3/88. (Cfr. pure A. Turchini, Dalle grotte "Katholika" alla Cattolica, n. 25, 19/6/88.) Sull’argomento segnaliamo Le grotte di Santarcangelo, Atti della Giornata di studi (1988) della Società di Studi Romagnoli, Stilgraf, Cesena 1994. In particolare si veda il saggio di P. Bebi ed O. Delucca sui documenti archivistici, tra cui quelli raccolti da Pedretti (p. 59).

[4] Cfr. P. G. Pasini, La pittura fra Romagna e Marche nella prima metà del Trecento, n. 6, 31/1/88; Id., Pittori del Trecento fra Romagna e Marche, n. 10, 6/3/88; Id, Mattone su mattone dal dipinto nacque un Convento, n. 18, 1/5/88. Cfr. pure A. Turchini, La bottega dei Coda e il polittico di Valdragone, n. 30, 31/7/88.

[5] Cfr. C. A. Balducci, I Codici miniati alla Gambalunghiana, n. 22, 29/5/88.

[6] Cfr. Il Ghirlandaio ed i ritratti di famiglia dei Malatesti, n. 29, 24/7/88.

[7] Cfr. M. Masini, Elio Morri, lo scultore innamorato del mare, n. 24, 12/6/88; Id., L’intramontabile Ardo, n. 20, 15/5/88.

[8] Cfr. V. Zavoli, Le bitte del porto in una casa privata, n. 10, 6/3/88; La Settimana, n. 15, 3/4/88.

[9] Cfr. la lettera di E. Bracconi, P. Bulli e G. Simonetti nel n. 12, 20/3/88; e V. Zavoli, Facce di marmo d’Istria, n. 15, 3/4/88.

[10] Cfr. A. Montemaggi, Tornato alla luce (e subito ricoperto) un torrione di Castel Sismondo, n. 18, 1/5/88; e P. Pagliarani, Castel Sismondo riapre le porte, n. 27, 3/7/88.

[11] Cfr. nel n. 6, 7/2/88.

[12] Cfr. A. Turchini, San Gaudenzio, una storia da rivedere?, n. 38, 16/10/88; Id., Cronache su San Gaudenzio e Palazzo Sartoni, n. 48, Natale 1988; Id., La vera storia di Gaudenzio, primo Vescovo di Rimini, n. 37, 15/10/89; e Id., Gli "Acta Fabulosa" di S. Gaudenzio, n. 35, 14/1/90. Sul tema cfr. il capitolo di A. Turchini su San Gaudenzio in Rimini Medievale, Contributi per la storia della città, Ghigi, Rimini 1992, pp. 131-144.

[13] Cfr. Giorgio Tonelli, "La mia Rimini" di Fellini è un sogno tutto romano, n. 1, 1/1/88.

[14] Cfr. La Settimana, n. 34, 11/9/88.

[15] Cfr. il n. 33, 4/9/88. Nelle sette puntate monografiche di Rimini come (apparse sui nn. 28/34 del 1988), A. Montanari ha esaminato a somme linee la vita politica, economica, sociale e culturale della città dal Dopoguerra ad oggi. Cfr. pure A. Montanari, Rimini ieri 1945, nn. 38-39 (16 e 23/10/88).

[16] Cfr. La Settimana, n. 29, 24/7/88.

[17] Cfr. La Settimana, n. 10, 6/3/88.

[18] Cfr. don P. Cappella, Amintore Galli non è nato a Talamello, n. 33, 4/9/88; A. Varotti, "L’ingegner Galli lavorava alla ‘Strada dei Francesi’ e Amintore Galli è nato a Talamello", n. 36, 2/10/88; e don P. Cappella, "La storia si fa coi documenti", n. 38, 16/10/88. Su Galli, cfr. pure G. Vannoni, L’Amintore per tutti, "Riminilibri", luglio 1996.

[19] Cfr. A. M., Riccione, festa grande del francobollo (in crisi), n. 27, 3/7/88. Id., L’ONU dei francobolli, n. 33, 4/9/88.

[20] Cfr. A. Montanari, Severino Massari: inventò la Fiera filatelica di Riccione, n. 44, 27/11/44.

[21] Cfr. A. Montanari, È morto Flavio Lombardini, n. 41, 6/11/88. Le pagine autobiografiche sono citate ampiamente in A. Montanari, Rimini ieri 1943-1946, Il Ponte, Rimini 1989, passim.

[22] Cfr. D. Fabbri, La Zanzara nel Freezer (autointervista, n.d.r.), n. 21, 22/5/88; Da Freezer a Doc con Renzo Arbore, n. 26, 26/6/88; P. Pagliarani, Un riso tolto dal Freezer, n. 27, 3/7/88. Vedi anche Giov. Tonelli, Chi ha paura di Daniele Luttazzi, n. 29, 4/8/91.

[23] Cfr. la pagina Speciale/libri nel numero di Natale 1988.

 

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