Riministoria© Antonio Montanari

 

Note al testo.

"Lamore al studio et anco il timor di Dio". Precetti pedagogici di Francesco Bontadini commesso della "Spetiaria del Sole" per Iano Planco, suo padrone

 

1. Giovanni Bianchi (1693-1775) fu scienziato che nella Medicina, nella Filosofia e negli studi antiquari realizzò i suoi principali interessi culturali. Godette di fama europea. "Di vivido ingegno e di vasta cultura ma di carattere invidioso turbolento altezzoso contenzioso vanaglorioso": così ha scritto di Planco, A. Simili in Carteggio inedito di illustri bolognesi con G. B. riminese, Azzoguidi, Bologna 1964, p. 67, nota 103. Su Planco, si veda il nostro capitolo in Lumi di Romagna, Il Settecento a Rimini e dintorni, Il Ponte, Rimini 1992 [I ristampa, 1993], intitolato "Giovanni Bianchi, il Planco furioso", pp. 9-17 (con bibliografia essenziale).

2. Nel 1742 una sua Vita, apparsa a Firenze nel tomo primo dei Memorabilia, curati da Giovanni Lami, venne presentata come opera di "autore anonimo". In realtà si trattava di un'autobiografia in cui Planco proietta fedelmente i tratti caratteristici della sua personalità: esagerata considerazione di sé, spirito polemico, intolleranza verso le critiche e le opinioni contrarie. Era troppo fedele il ritratto rispetto all'originale perché l'autore fosse altri dal personaggio presentato in quelle pagine. Una seconda autobiografia di Planco (anch'essa anonima), è nei Recapiti del dottore Giovanni Bianchi di Rimino, Pesaro 1751: sulla paternità dei Recapiti, cfr. le Novelle Letterarie di Firenze (28 luglio 1758, col. 480). Circa la data della laurea, si trova "7 luglio" nei Recapiti, p. ii e "V. Idus Quintil" (11 luglio) in Lami, p. 357. Nel Diploma originale (BGR, ms. 886), si legge: "Die Septima Mensis Julii".

3. Rimandiamo alla serie di articoli, apparsi nel corso del 1993 sul settimanale riminese Il Ponte, con i seguenti titoli: Iano Planco apprendista filosofo (13 giugno), Iano Planco nei "giardini d'Epicuro" (4 luglio), Iano Planco pensatore "antigesuita" (5 settembre), Iano Planco galileiano a metà (12 settembre), Iano Planco doctor gloriosus (24 ottobre), Iano Planco: affari di famiglia (21 novembre), Iano Planco e i suoi fratelli (12 dicembre). I primi quattro articoli esaminano in particolare gli studi filosofici di Planco. Negli altri tre, si ricostruiscono i rapporti tra Planco e i fratelli, attraverso l'epistolario cit., conservato nel Fondo Gambetti della Biblioteca Civica Gambalunghiana [BGR] di Rimini, nella sezione Lettere al dottor Giovanni Bianchi.

4. Cfr. A. Montanari, La Spetiaria del Sole, Iano Planco giovane tra debiti e buffonerie, Raffaelli, Rimini 1994. Il volumetto sviluppa i nostri tre articoli citt. alla nota precedente, e presenta in appendice un inedito "Suggerimento per una novella boccaccevole", genere letterario assai frequentato nella Bologna del Primo Settecento e dallo stesso Planco. Ricorderemo, come esempio, il caso dello scienziato felsineo Eustachio Manfredi "che ad apertura di secolo, nel 1709, aveva riscritta la famosa favola milesia della Matrona di Efeso tratta dal Satyricon di Petronio": così, per opera di un intellettuale "partecipe dell'orientamento arcadico-razionalistico […] il modello boccacciano veniva trasposto nel clima arcadico-pastorale dei letterati bolognesi che si riunivano nella villa del marchese Gian Giuseppe Orsi" (cfr. U. M. Olivieri, La novella, in "Manuale di Letteratura italiana, iii. Dalla metà del Settecento all'Unità d'Italia", a cura di F. Brioschi e C. Di Girolamo, Bollati Boringhieri, Torino 1995, p. 467). Il succo della novella del Satyricon (ripresa dalla novellistica milesia), è in questo passo del cap. 112: "Per farla breve, la dama" (che voleva lasciarsi morire di dolore sul sepolcro del marito) "non seppe mantener digiuna nemmeno quell'altra parte del suo bellissimo corpo, e il soldato riportò una doppia vittoria" (dall'ed. Rizzoli, Milano 1981, trad. di Ugo Dèttore, p. 335; introd. di Luca Canali, p. 34).

5. Carlo Tonini, nell'ampia biografia di Planco, contenuta nella sua monumentale opera intitolata La Coltura letteraria e scientifica in Rimini, Danesi, Rimini 1884, vol. ii, pp. 231-285, si attiene soltanto alle notizie autobiografiche, per così dire ‘ufficiali’, tralasciando di citare non soltanto l'epistolario in questione, che doveva senza dubbio conoscere, ma anche il nome di Girolamo Bianchi, padre di Planco.

6. Come si legge nella cit. Spetiaria del Sole, p. 49, la data di morte di Girolamo Bianchi "si può fissare tra il 6 ed il 16 luglio 1701, in base all'esame del manoscritto Libro dell'ussita de’ denari da’ spendersi nelle Mercantie del Negotio di Spetiaria e Drogheria da’ me’ Girolamo Bianchi 1701 (SC-MS. 812, BGR)".

7. Dalla lettera di frate Girolamo Bianchi a Giovanni: "Questa mattina [18 dicembre 1717] son stato ordinato qui in Pesaro Sacerdote, e martedì giorno di S. Tomaso dirò la prima Messa nella nostra Chiesa di Fano".

8. Cfr. C. Tonini, Rimini dal 1500 al 1800, ii, Danesi, Rimini 1888, p. 498.

9. Il carteggio di F. Bontadini a Planco comprende cinquanta epistole, ma nove sono successive alla laurea; tra queste ultime, due sono del 1719 e sette del 1720. Il carteggio è conservato nel cit. Fondo Gambetti, nella cit. sezione Lettere al dottor Giovanni Bianchi. Nel carteggio si trovano anche cinque minute di Planco, sulle quali si veda la nostra comunicazione alle Giornate di studio 1995 della Società di Studi Romagnoli, intitolata G. Bianchi studente di Medicina a Bologna in un epistolario inedito (1717-19). I testi delle lettere sono riportati fedelmente agli originali, con i modi ortografici e gli errori in essi contenuti: l'unico intervento operato per facilitarne la lettura, è stato l'inserimento di alcuni elementi di punteggiatura, segnalati sempre tra parentesi quadre.

10. Le lettere sono indirizzate a "Gio: Bianchi - Bolognia".

11. Dovrebbe trattarsi della zia di nome Alessandra, citata in varie lettere di frate Girolamo.

12. Cfr G. Lami, Memorabilia, cit., p. 357.

13. Cfr. Recapiti, cit., p. i.

14. Cfr. G. Giovenardi, Orazion funerale, pronunciata a Rimini il 5 dicembre 1776 e stampata a Venezia presso Occhi nel 1777.

15. Cfr G. Lami, Memorabilia, cit., p. 355. Sulla figura di Palesi, si legge nella cit. Orazion funerale: "con grande utilità di questa Diocesi, e gloria sua insegnò per molti anni in questo Seminario, e finalmente in Cicilia nel Collegio Borbonico terminò con onore i suoi giorni" (p. xvii).

16. Con "le mecizie di covigniano" si allude forse a qualche raccomandazione proveniente dagli Olivetani di Santa Maria Annunciata di Scolca.

17. Il resoconto delle spese (414 scudi e 64 bajocchi) è nella successiva missiva del 19 marzo 1718. Il 9 aprile, Bontadini scrive: "Credo di far qualche altro Contrato per grandire la Posesione […]".

18. Circa l'"ufficio" al quale si accenna, mancano riscontri per chiarirne le caratteristiche. Da una scheda Gambetti (BGR) sappiamo che il 22 novembre 1717 (la Pagella universitaria -registrata nella stessa scheda- gli era stata rilasciata il giorno 20), Planco ricevette la Patente di Consigliere della Università di Bologna per la Nazione della Marca inferiore, cioè di rappresentante degli studenti romagnoli.

19. È una delle cinque minute citate sopra.

20. Questa lettera del 14 giugno reca la data errata "1714" anziché 1718. La data corretta è determinabile in base al contenuto suo, di quella precedente (8 giugno) e di quella successiva (3 luglio). Nell'Indice alfabetico dell'Epistolario di Giano Planco Riminese compilato da D. Zeffirino Gambetti canonico della Cattedrale di Rimini nel 1845, ms. 975 BGR, si legge che la prima lettera è appunto del 14 giugno 1714. In effetti, la prima è del 6 novembre 1717, come si è già scritto sopra.

21. La bottega affittata a Bontadini, era stata lasciata in eredità ai Padri Teatini da Anastasia ved. Paccasi: cfr. Libro de' Capitoli di questa nostra Casa di Santo Antonio di Rimini, AB 262, Archivio Stato Rimini, p. 61. La Piazza dell'Erbe corrisponde all'attuale piazza Tre Martiri.

22. La Spetiaria era posta "sotto il volto della Piazza grande", in locali di proprietà del signor Domenico Tingoli: cfr. l'Instrumento di compra della Speciaria seguita adì 23. marzo 1696, esistente nel Fondo Gambetti, BGR, ad vocem "Bianchi" [senza ulteriori indicazioni]. L'Instrumento è la copia dell'atto originale esistente (alle cc. 35v-37v) nel Registro 1696 del notaio Felice Carpentarii, Archivio Stato Rimini. Il "volto della Piazza grande" è forse da identificarsi nell'Arco dei Magnani [vòlto = arco]. (Nella lettera di Bontadini a Planco del 22 agosto 1718, abbiamo letto: "Sabato notte venendo la domenica matina li ladri si provarono rompere la porta, sotto larco, della bottega".)

Anche nella copia di un Instrumento del 1688 si parla di un "negotio di Spetiaria e Drogheria posta nella piazza di Rimino all'Insegna del sole" (v. Fondo Gambetti, ad vocem "Bianchi"). Nell'Instrumento di compra cit. si legge di "Drogheria annessa a detto Negozio".

Lo ‘stemma’ degli Eredi di Girolamo Bianchi è stato dai noi riprodotto nella cit. Spetiaria del Sole, p. 45. È tolto da una ricevuta del 1744 (con le tre lettere "E. G. B." sormontate da una Croce), conservata nel Fondo Gambetti, BGR, ad vocem "Bianchi Girolamo senior".

Il 5 luglio 1696 Girolamo Bianchi compra "una Casa dalle RR. Monache di S. Eufemia per il prezzo di scudi 375, li quali paghai in tante Genoine, et altre monete varie con obligatione delle Med[desi]me Monache [.] la qual casa, è posta nella Parochia di S. Michele di Rimino, attaccho alli beni o’ Casa de’ SS.ri Sarti, ed il Palazzo de’ SS.ri Bianchelli, come appare per Instrumento Rogato dal D. Bastiano Filippi Notaro Rogato sotto il sud[detto] Giorno" (cfr. Nota degli Instrumenti, e’ Scritture diverse fatte in Rimino da’ me’ Girolamo Bianchi, p. 4, in Fondo Gambetti, BGR, ad vocem "Bianchi"). La casa era posta all'inizio della contrada del Vescovado (ora via Al Tempio Malatestiano), nel lato monte, partendo dall'attuale via IV Novembre: sino a qualche decennio fa (come ci conferma anche il prof. G. L. Masetti Zannini), sulla facciata si trovava una lapide che ricordava esser stata quella l'abitazione di Iano Planco. L'edificio è raffigurato nel Cabreo di G. B. Lazzari (1792, BGR) riprodotto da G. Conti-P. G. Pasini in Rimini città come storia, Giusti, Rimini 1982, p. 57, ill. n. 117.

Nella cit. Nota degli Instrumenti, p. 7, sotto la data del 7 settembre 1696, si legge la notizia dell'affitto per nove anni "principianti dal 28 agosto prossimo passato" della "Bottegha delle raggioni del Sig.re Dom[eni]co Tingoli". I Tingoli erano proprietari anche del palazzo d'angolo tra l' attuale via Mentana e il corso d'Augusto.

 

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