Riministoria© Antonio Montanari

"Lamore al studio et anco il timor di Dio".

Precetti pedagogici di Francesco Bontadini commesso della "Spetiaria del Sole" per Iano Planco, suo padrone

 

Ai primi giorni del novembre 1717, quando si reca a Bologna per studiare "Medicina & Philosophia", Giovanni Bianchi (Iano Planco) ha già compiuto ventiquattro anni, essendo nato il 3 gennaio 1693. Si laurea il 7 luglio 1719. (1)

Le notizie sulla giovinezza di Bianchi sono sempre state ricavate dai suoi scritti. (2) Un epistolario da noi riportato alla luce in occasione del terzo centenario della sua nascita (3), ed in parte pubblicato poi nella Spetiaria del Sole (4), permette di ricostruire quegli anni con informazioni molto differenti da quelle autobiografiche. Giovanni si racconta come un ragazzo prodigio, tutto rivolto agli studi, e dotato di capacità eccezionali. In famiglia, invece, lo considerano un perdigiorno che frequenta cattive compagnie. Anche l'immagine che della stessa famiglia Bianchi emerge dall'epistolario, è diversa rispetto a quella che Giovanni ci offre nei suoi scritti. La prematura morte del padre Girolamo (1657-1701), farmacista nella Spetiaria del Sole di Rimini, segna una svolta drammatica, di cui però non c'è traccia nelle pagine di Giovanni o nelle biografie che gli furono dedicate dagli storici riminesi (5).

Al momento della scomparsa del padre, Giovanni ha otto anni, i suoi tre fratelli (Pietro, Filippo e Giuseppe) rispettivamente sei, due ed uno. La madre, Candida Cattarina Maggioli, che si era sposata con Girolamo Bianchi nel 1690 non ancora diciottenne, ne ha ventinove. L'unica eredità che il marito le ha lasciato consiste in un debito di 1.400 scudi. Il 20 agosto 1701, pochi giorni dopo la morte di Girolamo Bianchi (6), un "Bilancio di tutto quello che si trova nella speciaria del Sole…", viene firmato da Francesco Bontadini da Ravenna, che in atti successivi si qualifica quale "aromatarius" (profumiere) ed "agente del sig. Girolamo Bianchi" stesso. A Francesco Bontadini, Candida Cattarina Maggioli concede carta bianca per gli affari della Spetiaria del Sole.

La vedova di Girolamo risulta viva in un atto notarile del 1711. Di lei non si parla più nelle lettere del 1716. Quando Giovanni si iscrive a Medicina, Candida Cattarina Maggioli è quindi già scomparsa. In casa dei fratelli Bianchi si è trasferito Francesco Bontadini che ha portato con sé la propria madre. Nell'autunno 1718 Francesco sposa Giovannina Buferla. Due anni dopo Bontadini se ne va per conto proprio. Nel 1728 titolare unico della Spetiaria del Sole risulta Giuseppe il quale in una lettera del ’26, nell'augurare a Giovanni "buon Carnavale", si lamenta che "la solita scarsezza di denari rovina il tutto".

 

 

Il problema economico ossessiona la giovinezza ed il periodo universitario di Giovanni Bianchi. Suo fratello Pietro, divenuto diacono nell'Ordine dei Minimi il 13 dicembre 1716 con il nome di Girolamo (in onore del padre defunto), gli scrive nel novembre ’17: "Godo che siate arrivato in Bologna sano e salvo […]; non vorrei che questo fosse il tratto dell'asino, cio è che principiaste con fervore e che poi vi" perdeste per strada, "in mille altre scienze"; "vi ricordo l'honor vostro, le spese della casa, l'utile che perdereste (ciò non riuscendo), e la povertà nella quale con tempo potreste cadere". Il 18 dicembre dello stesso 1717, Girolamo è ordinato sacerdote a Pesaro (7).

All'inizio di quell'anno, Girolamo ha suggerito a Giovanni di porsi "alla chierica": non per ubbidire ad una ipotetica vocazione, ma soltanto allo scopo di rimediare il necessario per vivere. E di por fine ai "grandi interessi matteschi a quali secondo il solito", a suo parere, Giovanni si applicava.

Girolamo, spirito pungente ed ironico, non ama né i libri né la vita religiosa: definisce "coglionerie" gli studi teologici, si sente a disagio nei panni dell'abate perché deve "stare in gravità", e contrastare (a fatica) la sua natura. Sui confratelli dice che più si mostrano "in apparenza cordiali", "più sono in realtà maligni". Se si trova in convento, è per quella miseria in cui navigava la sua famiglia alla morte del padre. Forse l'ingresso tra i Minimi di San Francesco da Paola gli è stato concesso in base alla clausola che obbligava quei Padri ad accettare nel loro Collegio "un Giovane d'Arimino, et insegnarlo et disciplinarlo nelle buone lettere, come gli altri, gratis, e senza stipendio alcuno […] purché sia povero" (8).

 

 

Francesco Bontadini, mentre Planco è studente a Bologna, gli scrive quarantuno lettere. (9) La prima reca la data del 6 novembre 1717, e contiene già un ammonimento sul buon uso delle proprie sostanze: "Il Dottor Carlo Michelini […] dice che vi guardate di non impegnarvi in spese". Il 21 novembre la seconda epistola ha suggerimenti analoghi e più circostanziati: "Circa poi alle spese stra ordinarie sia fora di Casa vostra [,] abiate giudizio [.] vero è che se quando averete fatto micizia con Compagni Scolari, e che questi volessero fare la solita ricreazione al uso del Paese [,] la quale conversazione so per chi vole sono un offesa di dio, con tutto ciò voi per non esser da questi stimato uomo daniente [,] datile la vostra porzione che vitocherà [.] se li vorete andare li andarete et se non li andarete non ne faranno conto et se non li andate fugirete l'ofesa di dio [.] tutto questo per vostro vantagio si per lanima vostra si per vostri avanzamenti". I risparmi vanno ricercati anche sulle piccole cose: "Per sparagnar la spese delle lettere non mi darete alcuna risposta se non quella volta che averete ricevuto quello vi ò da mandare" (ib).

Nella stessa missiva, Bontadini racconta di un affare che si prospetta per la famiglia Bianchi, l'acquisto a San Savino di trenta tornature di terra con una casa in mezzo, su consiglio del "Caporal Andrea Caricci": "pregate iddio [,] che se e per bene [,] che il negozio segua in tutto vostro vantagio". Il sopralluogo fatto da Bontadini assieme al proprio compare, sconsiglia l'acquisto: la terra "è ridotta in stato cattivo", per cui bisognerebbe "far la vigna di nuovo" (27 novembre).

 

 

In casa Bianchi non sanno dove Giovanni alloggi a Bologna: "se sapesse il logo della vostra abitazione", lo rimprovera Bontadini il 2 dicembre. (10)

Da Rimini gli spediscono anche oggetti di vestiario. La partenza di Planco dev'essere stata improvvisa se già il 6 novembre Bontadini gli promette di inviare "la camisa" assieme ad alcuni libri. Il 21 gli scrive: "Il Crovato e fatto, giorni scorsi vostra zia mandò a prendere una vostra Camisia [,] credo per certo che ve ne faccia due". Il 27 precisa: "vi manderò ogni cosa in una volta", ovviamente per risparmiare nella posta, "come anco le camisie che credo abia fatto vostra zia". (11) Il corriere si chiama Giuliano Spontino "Vecchio": [se] "l'o incontrate li potete in segnare la vostra abitazione, a suo tempo avrete le calzette di bambace" [cotone]. Succede qualche contrattempo tra richiesta e spedizione: "mi dispiace della duplicata spesa delli colari", si rammarica Bontadini: "li quali potete vedere se li potete vendere a qualche prete" (2 dicembre).

Le preoccupazioni economiche si accompagnano a suggerimenti in cui spirito di devozione religiosa e regole morali debbono fornire un codice di comportamento pratico: "godo che avete trovato maestro di vostra sodisfazione [.] Iddio facia che sempre più ne ri[e]sca di vostra sodisfazione et voi alincontro piacia al Signiore che li siate grato et amino la vostra persona [.] che io prego per voi il Signore [,] pregatelo che per sua Mesiricordia vi voglia esaudire [,] che non manchero pregarlo et per tanto vi prego a guardarvi dalli cativi amici, e dalle cative occasioni et anco dalla superflua conversazione, acio non vi faciano perdere lamore al studio et anco il timor di Dio [,] et alla sera presto in Casa" (ib.). Significativa appare la chiusa della lettera: "viprego pregar Dio che vogli mantenere il presente capitale et anco aume[n]tarlo se condo che piasia in sua magior gloria".

 

È forse possibile ipotizzare l'origine di questi suggerimenti non tanto in un'indole vagamente bigotta del loro autore, quanto soprattutto nella psicologia del destinario, sulla quale concordano le fonti epistolari edite nella Spetiaria del Sole e quelle del presente carteggio: Planco è un carattere bizzarro che va tenuto a freno, ricordandogli che, essendo il più anziano dei fratelli, deve essere il più responsabile, come un vero capofamiglia. Il richiamo alle regole religiose è un ottimo strumento pedagogico.

Gli affari di casa Bianchi ed il timor di Dio corrispondono, come le due voci conclusive di uno stesso bilancio. Bontadini non esprime, inviando in questi consigli, un animo da rigoroso calvinista, ma semplicemente una valutazione molto realistica della situazione in cui si trova la famiglia Bianchi: non si deve spendere più di quanto i magri bilanci famigliari possano permettere.

Il "3. decembre 1717" Bontadini annuncia la spedizione di "un fagotino ben condizionato, franco di porto, con dentro la Notomia in due tomi, che desiderate, invilupati in dentro della Camisola come anche denaro", ed una certa quantità di "Zaffarano" di "bona qualità". È curioso che Planco ricerchi a Rimini i libri che gli servono a Bologna. Forse vuol far spendere a quelli di casa i soldi per l'acquisto delle opere di studio, senza intaccare la paga che gli viene passata per vitto ed alloggio. Il particolare d'altra parte è utile per ricostruire alcuni aspetti della circolazione libraria in una città di provincia come Rimini.

 

 

"Intorno al regalo che dite voler fare alli vostri maestri", scrive Bontadini l'11 dicembre, "sento che li voresti far deferenti meglio". La soluzione che propone a Planco è solo in apparenza comica: "[h]o considerato menarli del paro a ciò che non si avesse il minore a lamentare". Ed aggiunge: "Hò già parlato con fra gioseppe e dice che il sturione e dificile averlo in questi tempi [.] avendolo sara di spesa [,] mi ha detto che pol in suo loco servire il pesse Cano perche costì e stimato [.] se li avete a caro vedro provedervi di due per darne uno per uno senza altro".

La proposta del "pesse Cano" è accettata da Planco, se il 16 dicembre Bontadini gliene spedisce due esemplari quasi eguali nel peso, unendoli a ventiquattro sfoglie, in una cassetta franca di porto. Planco può così confezionare i due omaggi ai suoi maestri, "senza che avete a comprar altra cosa costì e sara da unno come dalatro gradito il regalo piu che se li mandaste altre cose". Per l'anno prossimo, scrive Bontadini, "avisarete più per tempo"; "per quest'anno ve la farete con il presente pesse senza che spendiate altro. Che tanto so che ne averete onore".

I regali per i "maestri" sono "stati sommamente graditi", e Bontadini se ne rallegra il 1° gennaio 1718, inviando "duplicate" le buone feste, ed avvertendo che il "tirone" promesso a Planco in precedenza non lo ha potuto spedire "per causa del tempo che […] a principiato a piovere" e che ha impedito di viaggiare a Spontino, il corriere che collega Rimini con Bologna: "questo lo daro via [,] che poi ve ne farò a posta e ve lo mandarò". Conclude questa lettera: "tuto e uno desiderio che stiate alegramente in grazia di Dio, e che il vostro studio vi fasia onore, a ciò poi ne posiate cogliere il frutto pregate Dio per me et abiate in cura alla vostra salute".

Quando finalmente Spontino può viaggiare alla volta di Bologna, Bontadini spedisce a Planco altri libri (tra cui un Platone e Teofrasto), assieme a "due para di sotto calzette bianche et un fagotto che vi manda vostra zia", ma niente "tirone": quello che aveva tenuto da parte si è "in parte squagliato" (7 gennaio 1718). Platone era autore letto, studiato e discusso nei circoli dotti di Bologna. (12) Della propria partecipazione alla vita culturale della città, lo stesso Planco ha scritto che frequentava "con assiduità tutte le accademie pubbliche e private", intervenendo "in quelle accademie molte volte" con dissertazioni, "e argomentando in esse sempre". (13)

Circa le "sfoglie" dei regali natalizi, Bontadini precisa di averne spedite ventiquattro. A quanto pare, a Planco ne sono arrivate di meno: di qui il consiglio di aprire sempre i fagotti che riceve, per verificarne (immaginiamo alla presenza del corriere) il contenuto in base alla descrizione fattane nelle lettere allegate (7 gennaio 1718). Il male è, aggiunge Bontadini, "che li Bolognesi anno venduto il campo per comprare le sfoglie", consigliando infine: "non vi fidate ma fate da voi li fatti vostri [,] così non avrete aver suspetto sopra nesuno".

 

 

Il 1° febbraio Bontadini si sofferma su due argomenti. Il primo riguarda l'assegnazione del "bon benefizio" parrocchiale di San Vito a don Gaudenzo "Giovanardi" (recte Giovenardi), zio del più celebre Giampaolo, allievo di Iano Planco per cui compose l'Orazion funerale (14). Al concorso ha partecipato pure "don Palesi", un abate padovano di nome Felice, docente al Seminario riminese di Latino e Arte oratoria, che Planco ha avuto come compagno di studi in Lingua greca (15). Don Palesi "non ebbe tutte le bale" nella votazione: "questo vol dire", commenta Bontadini, "il mal vivere [,] al ultimo non avere ne Padroni ne Roba e puoca riputazione salvo il suo Caratere". Ecco perché, come aveva già scritto poche righe prima, Palesi era "sempre più che mai indisgrazia delli superiori", e non gli erano bastate "le mecizie di covigniano" per riuscire nel concorso (16).

Il secondo argomento tocca direttamente la vita universitaria di Planco: "Per un anno sarà bene che ve ne stiate costì et se non trovate lì nelli letori quella indiligenza che voresti [,] abiate pazienza e disimulate la sua ignoranza e non li disprezate ma procurate farvi amare dalli medesimi e da tutti che con voi pratica [.] ringraziate Il Signore che vi a dato un Tesoro prezioso che con denari non si po comprare; in oggi però non giova esser virtouoso se non si sa conversare con li ignioranti [,] convincerli et servirli, e mai sbiasimarli [.] per questa strada molti giovani anno arivato avere fortuna [.] per sadisfar al vostro talento altro da voi desidero che atendiate solo al studio della medicina et nel istesso tempo che preg[h]iate Iddio che vi conserva il presente Capitale con bona salute in grazia sua". Bontadini, che di certo non ha mai letto né Machiavelli né Guicciardini, nella sua rude franchezza da popolano illetterato ha una sapienza mondana che sarebbe piaciuta sia all'autore del Principe sia al teorico del "particulare".

 

 

"Mi volevo maravigliare che li scolari volessero dire la corona e ben ocaro che voi non vi siate trovato in quegli impegni e avrei acaro che non vi ritrovaste questo altro anno in questo ufficio acciò voi non vi aveste incontrare in impegni scabrosi e con vostra inquietudine [.] abiate giudizio". È l'inizio della lettera datata 8 marzo 1718, dove si parla ancora di fazzoletti, calzette e camicie, per le quali ultime Bontadini si ripromette di cercare tela "da fiume"che "fa bona durata e po comparire al pari della rensa", cioè della ben più pregiata tela bianca e fine di lino. E dove infine Bontadini riferisce particolareggiatamente della firma del contratto d'acquisto di un terreno agricolo, a San Martino in Riparotta (fondo Orsoleto), concludendo: "Pregate il Signiore che il tutto la cetta a sua Gloria". (17)

"Guardatevi dagli impegni e procurate star sano ed in grazia di Dio", è l'ammonimento con cui si chiude la lettera successiva (19 marzo). Gli "impegni" ai quali si fa riferimento nelle due ultime missive sembrano essere legati alla vita accademica, in cui Planco cerca di emergere. (18)

Il sartore riminese di casa Bianchi deve provvedere ai vestiti ‘bolognesi’ per Giovanni (29 marzo). "Quando vi mandaro il Vestito vi mandaro li libri che desiderate, come anco certi fazoletti che vi a donato vostra Zia [.] vi mandaro ogni cosa in una volta per fare minor spesa" (9 aprile). Sempre in tema di spese, in quest'ultima lettera leggiamo: "Mi pare intendere che la vostra dozena sia cara per scudi 4:80 [,] per anco il P. Dott. Simbeni ancor lui pagava scudi 4 ma si fece intendere che non voleva pagare più che scudi 4 e che si contentava davere la sua minestra et la loro, et antipasto con qualche altra cosa, e niente altro [,] e piu di scudi 4 non voleva pagare il mese [.] che vi serva per vostro vantagio". E poi incontriamo una notizia locale: "In Rimino non ce altra novita che li Paroni non pigniano pesse per timore delli Turchi".

Dello stesso periodo, è la raccomandazione di padre Girolamo a Planco: "guardate di non far spese eccedenti alla nostra condizione e possibilità; per altro sappete meglio di me quanto potete e non potete spendere, solo vi ricordo di avere giudizio accioche non habiate poi da vivere voi e li altri fratelli una vita stentatissima" (15 marzo 1718).

 

Planco nel frattempo conosce a Bologna "una Cavaliere figlio del Marchese Rossi" che gli offre di ospitarlo in "una stanza a casa sua col vitto", per tutta l'estate fino a novembre: "Io sto in forse d'accettare ed esito per non incontrare della soggezione", si legge in una minuta di Planco stesa sulla lettera inviata da Bontadini il 29 marzo (19). E Bontadini il 9 maggio gli scrive: "Se non avete acetato il partito di quel Sig. per magior vostro vantagio per il vostro studio, avete fatto bene e sempre meglio farete se vi avanzarete in maniera di non aver bisogno della Casa vostra". Segue la descrizione dell'abito da estate che gli invia tramite il solito Spontino: "ciove abito, e sotto abito con calzoni e feraiolo con 2.e berette et anco l'altro vostro feraiolo", con l'avviso che il sartore attende il modello del "Colaro" che Planco desidera.

"Questa matina anno esposto la madonna dell'Aqua per far la solita processione mercordi prossimo", ricorda Bontadini citando la siccità che colpisce il Riminese, ed aggiungendo subito dopo una notizia privata: "abiamo in Casa un Caciatore", forse si tratta di un ospite a pensione ("a dozzina", come si diceva un tempo).

Il 14 giugno Bontadini informa Planco di aver "dato la capara per un contrato di 2. tornature di terra anessa alla nostra la quale costara in tutto scudi 80". (20) Il proprietario è Biagio Pantani, si legge nella lettera del 3 luglio, dove incontriamo un altro accenno alla siccità: "li racolti vanno male e pegio sara per le Bestie". Il 13 luglio, Bontadini scrive che "resta inpiede ancora laltro contrato con li Sig.ri Brancaleoni, li quali aspettano la licenzia di Roma di soregazione, pregate Dio e la Madonna che si dia il comodo che facendolo sara una posesione di tornature 24 in circa". Gli affari di famiglia cominciano ad andar meglio?

Il 23 luglio Bontadini riferisce del proprio viaggio a Pesaro ("quest anno ancora una fiera debole"), del raccolto e del costo del grano ("ogniuno spera che posia abasar"). Il 9 agosto, racconta del passaggio di un migliaio di tedeschi: "tutti anno avuto il riposo et agli ultimi e convenuto alla Comonita pagarli un Cavallo dicendo che li e stato rubato". La storia si ripete pochi giorni dopo: "giovedi arrivarono li Tedeschi, e questa matina sono partiti per la Catolica. […] Si dice che li tedeschi che sono pasati siano a ricanati, e che pretendano il porto d'ancona, e di Civita Vecchia, per non esse presi in mezzo da Spagnuioli" (20 agosto). Continua la siccità "nel teritorio di Rimino", mentre "sul Senigaiese e Pesarese" ha piovuto in abbondanza: i fossi sono pieni di acqua torbida e le strade ricoperte di "fanga" (ib.).

 

 

"Sabato notte venendo la domenica matina li ladri si provarono rompere la porta, sotto larco, della bottega, ma perche costoro nel far il fatto sentirono venire gente verso di loro risolsero la fuga e lasiarono una stancha che si ne servivano per aprire la porta la quale la lasiarono e di poi fu portata via da chi si sa [.] si supone che sia stato il medesimo ladro [.] se aveva tempo [,] per certo sariano entrati […]" (22 agosto).

A settembre ripassano i tedeschi: "per imbrogli successeli avevano il riposo come al solito in Rimino"; mentre "si seguita dire ogni sera letanie avanti la Madonna del Aqua, e tutto il giorno li sta li lumi acesi al suo altare e quando cantano letanie la scoprono. Il primo giorno del mese piobe et si è un puocho rinfrescato" (3 settembre).

Il 24 settembre incontriamo altre notizie sui tedeschi che hanno fatto "Campo alla Madonna della Scala et ebero la matina una belisima piogia, e la note ebero una grandisima piogia, con vento et anco con un puoco di tempesta di maniera tale che alle ore 9.e montarono a cavallo et li stiedero sino che marchiarono che segui alle ore 12. del mercordi matina; vi ne forono di quelli che si volsero andare a ricovrare poco lontano dal Campo [,] per una penitenza andarono cosi moli a piedi scalzi persino in Catolica". Nel frattempo un "Coriero" ha portato la "nova" secondo cui "limperatore e Spagna abia fatto la pace". La lettera conclude con una notizia in prima persona: "Dicovi poi che mi e capitato occasione dacasarmi [,] ora vi ricerco; socedendomi che mi venga fatto il negozio mi avrete a caro nel vostro negozio come al presente [,] ma non dico di star in Casa ne me ne mia madre ma si tener a conto il medesimo negozio come al presente, mi direte il vostro parere ed in tutto che posso servirvi sempre come per il passato [.] non mi mancate di darmi subito risposta".

Ormai Francesco Bontadini ha lasciato il suo ruolo pedagogico nei confronti di Planco, del quale si sente soltanto un servitore e non più aio. Gli affari della Spetiaria e della famiglia Bianchi si complicano per i disaccordi tra i fratelli Bianchi, i quali litigano tra di loro anche sul ruolo che Bontadini può (o vuole) ancora esercitare nei loro affari.

Francesco il 14 ottobre riferisce delle difficoltà che incontra con Filippo e Giuseppe, ed espone le sue richieste, una provvigione di sessanta scudi annui: "questi non vi metera dificolta ma si al'imprestanza". Planco sta con Bontadini, il quale gli confida: "perche volevano quando vi diede il motivo del mio interesse che lo dicessi ancor a loro [,] ho risposto che li miei interessi non li paleso sin a tanto che non so sicuro [,] e se a voi, e non a loro ve lo avevo confidato perche voi siete il maggiore".

 

 

Per appianar la differenza con i suoi fratelli, Planco dovrebbe venire da Bologna a Rimini, almeno secondo il dottor Rigazzi intervenuto per sistemar le cose; ma Bontadini è del parere che tutto si può aggiustare "senza di voi, e che non vitorna conto per causa del apertura delle scole, e della spesa che avrete nel viagio". Circa i cento scudi richiesti da Planco, Bontadini promette: se sarà in suo "potere regere il negozio li averete senza discomodo del negozio". Ed aggiunge: "Pregate Dio per me che per tutto quello posso a vostro favore et in comune non mancaro per sempre procurarvi tutti li vostri vantaggi". Francesco non abita più con i Bianchi: "Sabato sera dormij fori di Casa e principiai a farmi la spesa da me [.] asieme con mia madre vado in Casa solo per quanto bisogni et la notte dopo aver cenato fori di Casa con mia madre. Vado la a dormire e loro la matina vengono a prire la botega et alora entro in botega".

In una postilla scritta da frate Girolamo, che appoggia la proposta di Bontadini di non effettuare il viaggio a Rimini, si apprende che è in corso un inventario della Spetiaria. Il 29 ottobre Bontadini spedisce a Planco soltanto cinquanta scudi, per timore che i suoi fratelli "potessero lamentarsi". Gli affari di bottega sono intralciati anche da episodi esterni alla famiglia. Gli sbirri sequestrano una partita di grano farro perché portato a macinare senza bolletta. Frate Girolamo ha chiesto al medico dottor Antonio Leprotti, un docente di Filosofia amico di Planco, d'intervenire con una raccomandazione presso il Cardinal Legato di Romagna per ottenere di risolvere la faccenda sulla quale aleggia l'accusa di contrabbando (4 dicembre 1718). Bontadini sollecita Planco a fare altrettanto con Leprotti. La raccomandazione dovette andare in porto, stando a quello che si legge sotto il 20 dello stesso mese: "abiamo poi agiustato il contrabando".

Avvicinandosi le feste natalizie, Bontadini promette "il pesse, et il tirone" (17 dicembre). Ma il 20 avvisa Planco: "Spontino sin fatte le feste non puo venire costi in Bolognia perciò avisatemi se tanto e tanto volete che vi mandi il pesse ed il tirone".

 

 

Primavera 1719. Il 24 aprile, Bontadini scrive: "Per il denaro mi direte la quantità che volete che vi serviro ma avrei caro che scriveste per questo interesse alli vostri fratelli [,] perche non vorei che poi mi avessero a scrivere come l'altra volta delle instorie [.] per altro fate quello vi pare". Il 2 maggio Bontadini chiede: "Desidero sapere se frapuoco mesi vi volete dottorare come mi diceste tempo fa et se queste vacanze volete dar di volta a Casa".

Il 17 giugno, inviandogli una polizza da cento scudi, scrive: "delli quali vi ne servirete secondo la vostra bona intenzione [,] che Dio e la Vergine sua madre vi asistano in tutto che sia in sua gloria et in nostra salute". Bontadini spedisce a Planco anche un anello "sielto tra quelli di vostra madre per il più bello come la considerato il P. Girolimo": "caso non fosse di vostro genio avisatemi che vedro far un barato a vostro genio nel modo che mi avisarete per non aver a spendere altri denari".

L'ultima lettera prima della laurea di Planco reca la data del 27 giugno: "Qui incluso vi trasmetto un altro anello il quale credero sara di vostra sodisfazione, e quando non fosse di vostra sodisfazione son rimasto di patto [,] restituitemelo indietro". E poi: "Finito che avrete le vostre solenita come avete scritto verete a Casa che lavro a caro per vostri vantagi, e ve la intenderete con Gioseppe vostro fratello mentre credo che ancor lui labia a caro la vostra venuta".

 

 

Planco è ormai entrato nel mondo della cultura. E per non sfigurare, oltre alla scienza di cui è fornito, e ad un bell'eloquio da esibire con affettazione, gli servono anche gli ‘addobbi’ personali per i salotti e le aule accademiche, come il parrucchino che Bontadini gli spedisce il 21 marzo 1720. A Bologna, dopo aver tenuto il 19 ottobre 1719 un'orazione, per l'inaugurazione dell'anno accademico, Planco resta per due o tre mesi. Poi va a Padova a metà dello stesso inverno, cioè all'inizio del 1720.

"Per novita non vi e altro che o considerato et oservato per mantener il vostro negozio mi pararebbe bene il dar a me il negozio e quanto di me con metermi in parte solo per il terzo che alora credo si vedrebbe lutile che ne renderebbe il medesimo negozio […] alli vostri fratelli di questo negozio non li o parlato [,] solo a voi dico il mio pensiero". Planco per Bontadini è ormai soltanto la fidata controparte con cui trattare i propri affari. In questa lettera del 3 marzo c'è la premessa per la separazione tra il commesso ed i fratelli Bianchi.

Il 21 marzo Bontadini con tono dimesso confida a Planco: "circa l'altro negozio faremo conto non aver parlato". Si tratta evidentemente della proposta di mettersi "in parte solo per il terzo" della Spetiaria. Ma Planco non l'accetta, dato che Bontadini gli risponde il 1° aprile: "della vostra risoluzione non me ne faccio alquanto maraviglia perche dite volermi solo tratenere per solo la meta di questo corente". Il 30 aprile, inviandogli dell'altro denaro, Bontadini ammonisce Planco, con i toni di quando costui era appena andato a Bologna: "dico che vi sapiate ben regolare con misurare l'usita con lintrata perche in questi anni non si avanza più niente".

La penultima lettera dell'intero carteggio, è datata 1° maggio: il "negozio va male et il magior male e che per quanto mi dice Giuseppe et per quello che si vede inpratica [,] che filippo non si cura de vantagi di Casa". Filippo "si e vestito di novo", spendendo quasi trenta scudi secondo le previsioni di Bontadini. "Sara bene che questo estate venite a dare una revista a Casa per oservare il vantagio di vostra casa".

L'ultima lettera è del 18 giugno 1720. Vi si parla della spedizione di un libro e dell'acquisto da parte di Planco di merce per la Spetiaria. Prima della firma, Bontadini scrive: "resto a vostri comandi".

 

 

Giovanni Bianchi nell'estate 1720 torna a Rimini. Da Pesaro, frate Girolamo il 17 dicembre dello stesso anno gli scrive: "Ho saputo dal Sagrestano di Rimino che Francesco non stava più in nostra botega, ma non ho saputo da esso la cagione; ma con tutto ciò mi son immaginato d'una cosa simile a quella che voi m'avete scritta: e grazie a Dio che ve ne siete accorto in tempo". Che cosa sia successo, non sappiamo. Filippo, tanto criticato da Bontadini per la sua condotta troppo mondana, forse aveva intravisto la verità nello scrivere a Planco il 31 gennaio 1719: "osservando gli andamenti di Francesco antivedo benissimo, che egli non sia per permanere nel nostro negozio, se non quanto comporta la sua ma non la nostra necessità avendo tirato ad una dote tutta in Denaro, a questo fine, e lo vedrete quando si troverà in stato da farlo".

L'uscita dalla Spetiaria di Francesco Bontadini non sana i contrasti tra i fratelli Bianchi sulla gestione del negozio. "Filippo, per quanto intendo non si avanza in altro che in buffoneria, e poco anzi niente attende agl'interessi di casa", si lamenta con Giovanni frate Girolamo, il quale sembra rimpiangere l'antico commesso. Nel ’24 Filippo è ormai fuori dell'impresa famigliare, e si mette a fare l'ottico. Planco è troppo preso dalla Medicina per poter dirigere gli affari del negozio. Soltanto Giuseppe resta nella Spetiaria.

Nel 1739 Francesco Bontadini risulta affittuario di "una Bottega sittuata sotto l'Orologio della Piazza dell'Erbe" (21), cioè nella stessa "Piazza grande" dove si trova l'antica Spetiaria del Sole degli Eredi di Girolamo Bianchi. (22)

Vai alle note di questa pagina

 

All'indice del sito * Posta * il Rimino * Tam Tama * Riminilibri * Novità * Motori

Questo è l'unico sito con pagine aggiornate sull'Accademia dei Filopatridi e sul Centro studi intestato a Giovanni Cristofano Amaduzzi di Savignano sul Rubicone: Storia dell'Accademia dei Filopatridi, notizie sull'Accademia. Centro amaduzziano.

© riministoria - il rimino - riminilibri - antonio montanari nozzoli - rimini