Riministoria
© Antonio MontanariPagine dedicate a Guido Nozzoli.
Corriere della Sera Data : 06/02/1997 Autore : Biagi Enzo Pag. : 2
Strettamente personale
La storia del Giorno e l' onesta' dei fatti
"Il Giorno" e' stato venduto. Meno di centomila lettori, miliardi di deficit. Ha rappresentato una svolta nel mio mestiere e nell'editoria: vivo, moderno, impegnato nelle sue battaglie, anche di "lobby". C'erano, con Baldacci, Bocca, Fusco, Forcella, Nozza, Natalia Aspesi, Pietrino Bianchi (cinema), Roberto De Monticelli (teatro) e Giulio Confalonieri (musica). E tra gli inviati Guido Nozzoli, l'unico dei nostri che capi' come andavano a finire le storie del Vietnam.
La mia categoria ha ormai piu' di mille disoccupati e sono sempre imbarazzato quando qualche ragazzo mi chiede consiglio perche' vorrebbe entrare in una redazione. Prova, gli dico, se non puoi proprio farne a meno. Il vecchio Luigi Barzini diceva di questo mestiere: "E' sempre meglio che lavorare". E con i colleghi che si lamentavano per la fatica aggiungeva: "I minatori del Galles se la passano peggio". Ma i tempi sono cambiati. Nei giovani che si avviano alla professione la spinta e' quasi sempre romantica: l'inviato speciale che fa grandi viaggi, verso grandi imprese, soggiornando in grandi alberghi e con memorabili incontri.
Non e' proprio cosi': c'e' chi non s'e' mai alzato dal tavolo e chi non ha mai lasciato la tipografia, e qualcuno ha percorso per tutta la sua vita un modesto itinerario: questura, tribunale, ospedale, carabinieri. Ma anche quando le prospettive sono mediocri e' una fortuna raccontare ogni giorno i fatti del mondo, una bellissima occasione per vivere piu' a lungo e - lo posso dire? - appassionatamente.
Non ho ricette da suggerire, ma penso che due cose aiutino il buon cronista: la buona salute e la curiosita'. Uno scrittore russo ha detto che "il fatto e' la cosa piu' ostinata che esista sulla Terra", dovrebbe essere rispettato. Il commento e' libero, disse una settantina d'anni fa il direttore del Manchester Guardian, ma cio' che e' accaduto andrebbe spiegato sanza faziosita'. E se non esiste il distacco totale, l'obiettivita', c'e' pero' la correttezza. Mi pare che il problema morale, cosi' importante in questo momento di crisi, coi politici che fanno le bucce alla stampa ed alla Tv, lo abbia interpretato lucidamente Abe Rosenthal, un vecchio direttore del New York Times: "Il nostro ruolo e' far si' che gli altri non abusino di questo potere".
Leggo in una brillante corrispondenza dall'America di Vittorio Zucconi, che ormai e' bravo come suo padre, il mio caro amico Guglielmo, che James Reston, il celebre columnist, dava ai praticanti due semplici consigli: ricordate che anche un presidente degli Usa soffre probabilmente di emorroidi (e c'e' gente che ha l'abitudine di distribuire baci indiscriminati) e che i politici lavorano per voi, e non voi per loro. Un inviato francese completava il discorso: "Un bravo reporter deve conoscere solo una linea: quella ferroviaria". Vai e racconta.
James Reston se n'e' andato da poco: era nato nel 1909, in Scozia, e per tre decenni aveva narrato, due o tre volte la settimana, quello che accade nel mondo. I suoi giudizi contavano per l'opinione pubblica. Reston sosteneva che ci sono giornalisti che hanno il loro dittatore preferito: gli fanno da eco o da spalla, e lo prendono sul serio anche quando non ha niente da dire. Ad esempio, certe comparsate televisive annoiano lo spettatore e non servono, credo, neppure al protagonista.
I teatrini, i dibattiti con gli ospiti di comodo, non fanno ne' ascolto ne' reputazione. D'Alema fa bene a dire che lui non ci sta, ma c'e' di sicuro tanta gente che invece si offre. Roosevelt, negli anni della Grande Depressione, faceva alla radio "i discorsi del caminetto": erano appuntamenti fissi, ma per render conto di una difficile navigazione. Serviva la sua causa, e la radio quella degli ascoltatori. E' un principio che dovrebbe funzionare anche con la Tv. Perfino con la nostra.
Enzo Biagi
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