In occasione delle
celebrazioni per il 550° anno dalla sua fondazione e del 50° della
sua riconsacrazione dopo i restauri postbellici, il Tempio Malatestiano
è protagonista della mostra "Il tempio di Sigismondo, grafica malatestiana
fra Rinascimento e Novecento".
L'esposizione si
tiene nella sezione malatestiana del Museo della Città dal 23 settembre
2000 al 7 gennaio 2001.
Per
informazioni:
Segreteria
della mostra Museo della CittaÕ di Rimini:
Dott.sa
Angela Fontemaggi, Dott.ssa Orietta Piolanti
Via
Cavalieri 26
47900
RIMINI, ITALY
Tel:
+0541.55414, tfax: +0541.28692
e.mail:
musei@comune.rimini.it
SEZIONI DELLA MOSTRA
I. Alla «riscoperta» di Sigismondo
fine XVI - XVII secolo
II. L'erudizione intelligente
il Settecento
III. Ottocento positivista e sentimentale
l'Ottocento
IV. Glorie locali
il Novecento
V. Finire il non finito
ricostruzioni ideali del Tempio
I. Alla «riscoperta» di Sigismondo
fine XVI - XVII secolo
Dopo molti decenni di oblio, in parte tormentati da lotte intestine fra papisti e pandolfeschi, alla fine del Cinquecento si ricomincia a considerare con una certa curiosità ed un certo interesse la storia «malatestiana» della città e a ripensare con nostalgia alla sua passata indipendenza ed alla sua gloria di città capitale, ormai definitivamente perdute. Le prime storie della città vengono preparate alla fine del Cinquecento e vedono la luce all'inizio del Seicento: la più importante, quella del Clementini, si propone esplicitamente, fin dal titolo, di ripercorrere la storia malatestiana
.
II. L'erudizione intelligente
il Settecento
Gli eruditi del Settecento danno un forte impulso agli studi locali
e molti ottimi contributi positivi alla ricostruzione della storia malatestiana,
e specialmente di Sigismondo. Ricercano medaglie e monete, pubblicano scritti
degli umanisti di corte, esaminano documenti d'archivio, rilevano monumenti
con intelligente, operosa curiosità. L'indagine degli eruditi investe
biblioteche e archivi pubblici e privati, e non si fa scrupolo nemmeno
di frugare nelle stesse tombe dei «grandi» di cui si occupa;
da essa emergono figure di grande interesse, come Sigismondo, Isotta, Basinio,
e ambienti di singolare complessità e fascino, come quello della
corte letteraria malatestiana. Il Tempio Malatestiano viene ormai considerato
importante quanto i monumenti romani della città; e si comincia
a disputare polemicamente sul suo «significato» cristiano e
pagano.
III. Ottocento positivista e sentimentale
l'Ottocento
Allo spirito positivista dell'Ottocento si debbono indagini di tutti
i tipi sul «Rinascimento malatestiano», nella scia di quelle
settecentesche: l'arte, l'architettura, la storia, la genealogia interessano
molto gli studiosi. Il Tempio Malatestiano, universalmente ammirato per
la sua sobrietà classica, continua ad essere ripetutamente esaminato
e misurato, proposto all'ammirazione degli studiosi e dei viaggiatori,
ed alla riflessione degli studenti di architettura. All'ammirazione dei
francesi di Napoleone si deve, proprio all'inizio del secolo, la sua «promozione»
a cattedrale della Città. Ma tutto questo interesse riguarda un
ambiente «internazionale» e pur ristretto di uomini di cultura
«alta», e non sembra trovare eco sensibile nella comune opinione.
Dagli ultimi decenni del secolo la letteratura erudita sembra decisamente
sopraffatta da una pubblicistica più interessata al «sentimento»
che alla ricerca storica, una pubblicistica che fantastica di grandi passioni
e di grandi delitti, mentre il Tempio Malatestiano diviene quasi un simbolo
di erotismo e di eresia.
IV. Glorie locali
il Novecento
All'inizio del Novecento Gabriele D'Annunzio e Adolfo Venturi hanno
una parte considerevole nel diffondere un'immagine romantica delle vicende
e dell'arte malatestiana, intrisa di sentimentalismo, sganciata dalla storia
e pronta a trasformarsi in mito. E il mito presto entra facilmente nel
circuito popolare, subendo una facile riduzione a chiacchiericcio e a pettegolezzo
e nascondendo le voci di molti seri e attivissimi studiosi (come Aldo Francesco
Massera, Giovanni Soranzo, Carlo Grigioni, Giuseppe Gerola, Corrado Ricci),
generalmente ritenuti accademici, eruditi, insensibili al sentimento della
vita. La pubblicistica locale usa il mito malatestiano come «gloria
locale», ma con parsimonia e in funzione sempre più marginale,
per una propaganda che batte altre strade: quella della romanità,
se politica, quella degli svaghi marini, se turistica. L'antica vicenda
malatestiana viene ridotta a storia di paese, scollegata anche dalle grandi
scoperte artistiche di valenza nazionale che si venivano compiendo (come
per esempio la "scuola riminese del Trecento"). Non meraviglia, dunque,
nell'immediato dopoguerra, la sorpresa dei riminesi alla notizia di una
generosa offerta degli «americani» per ricostruire il Tempio
Malatestiano, distrutto dalle loro stesse bombe («ma era proprio
così importante?»).
V. Finire il non finito
ricostruzioni ideali del Tempio
Del Tempio Malatestiano è sempre stata lamentata l'incompiutezza.
Fin dal Seicento storici, eruditi, artisti si sforzarono di ipotizzare
il suo compimento; più di una volta furono richiesti progetti «concreti»
di completamento che fanno supporre una volontà positiva, fortunatamente
frustrata da una congenita mancanza di fondi. Poche sono state, invece,
le indagini archeologiche che hanno tentato di acquisire dati per supportare
le ipotesi progettuali. Il «gioco» della ricostruzione ideale
continua ancora oggi, in maniera più o meno seria e con mezzi più
o meno moderni: ma sostanzialmente si basa ancora sull'unico documento
in nostro possesso, costituito da una celebre (e piccola) medaglia raffigurante
una prima ipotesi progettuale di Leon Battista Alberti, interpretata da
Matteo de' Pasti intorno alla metà del Quattrocento.
Altre immagini della mostra alla pagina seguente.
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