Riministoria 

Antonio Montanari

Tra erudizione e nuova scienza

I Lincei riminesi di Giovanni Bianchi (1745)

 

3. Filosofia, Anatomia e Medicina

 

Poche volte Bianchi usa il termine «Scienze», preferendogli di gran lunga quello di «Filosofia», accompagnato dagli attributi di «sperimentale» e «naturale». Egli considera l’Anatomia «come il fondamento della Filosofia naturale, siccome lo è per certo della Medicina e della Cirurgia», secondo quanto leggiamo in un prologo accademico [60] del 1751, in cui spiega di aver ‘restituito’ i Lincei con lo scopo di «promuovere l’accrescimento dello studio della Scienza e delle belle Arti, non escludendo le cose ancora di sola Erudizione», appartenenti alle Letteratura greca e latina. Nel pensiero planchiano, la Filosofia è qualcosa di diverso da ciò che dovrebbe essere (un’indagine che trovi in sé stessa gli strumenti con cui operare, e gli orizzonti entro cui muoversi). Per Bianchi, la Filosofia, anziché ancilla della Teologia, lo è delle Scienze mediche e naturali. E’ il procedimento opposto a quello delineato dagli Enciclopedisti, per i quali in principio c’è la Ragione, da cui derivano «Filosofia o Scienza». In altro prologo accademico [61] dello stesso 1751, troviamo scritto che la «Filosofia sperimentale» ed «altre cose di fatto» sono «il fondamento della vera Medicina Prattica, la quale in queste cose di fatto consiste principalmente» [62].

Quindi, la «Filosofia naturale» fondata sull’Anatomia assume i contorni della Scienza. Ma pure la stessa «Filosofia sperimentale» (intesa come «fondamento della vera Medicina Prattica»), ha tutti i caratteri per identificarsi degnamente con la Scienza. Tra queste affermazioni di Planco si crea non un circuito logico, ma una concatenazione retorica in cui si perdono di vista i collegamenti razionali tra le discipline, e li si sostituisce con un erudito gioco linguistico, che, mutando gli aggettivi, crede di poter determinare diversi campi gnoseologici e differenti criteri epistemologici. Alla fine, la «Filosofia naturale» e quella «sperimentale» si presentano come due realtà differenti, con altrettante diverse funzioni, mentre il loro significato teorico è lo stesso, in base al dato di fatto che la Scienza nuova è, allo stesso tempo, Natura ed esperimento. Ciò che Galileo ha unito, Bianchi divide.

Sul medico riminese, nella sua maturità, agiscono i ricordi delle esperienze giovanili, documentabili attraverso due pagine autobiografiche in cui Planco parla dell’attività presso l’Accademia vescovile del cardinale Davìa, e dove usa come intercambiabili i termini di erudizione e di Filosofia, all’interno dello stesso contesto e della medesima definizione [63]. Bianchi non avverte minimamente che la «Filosofia sperimentale», in virtù della propria forza innovativa ed «in aperta contrapposizione con l’esprit de géometrie», vede nascere le grandi discipline di quella che sarebbe stata la seconda rivoluzione scientifica [64]; e che essa approda «ad un volto e un assetto diverso all’intera enciclopedia delle scienze» [65]. Per riassumere la questione con una formula, di per sé approssimativa, possiamo dire che Planco appare come un «galileiano a metà» non soltanto per i motivi fin qui esposti, ma anche perché egli, se fu un assiduo lettore di testi filosofici, mai approfondì i problemi teorici con una necessaria analisi completa ed accurata [66]. Per questo motivo, Amaduzzi, nel de­scrivere l’attività intellettuale di Bianchi, fece un’osservazione pun­gente: «Mancò di un certo criterio, per il che fu sog­getto talvolta a qual­che paralogismo», cioè a sillogismi falsi con ap­parenza di verità [67].

Nel pensiero di Bianchi il primato che egli attribuisce alla Filosofia, come si è già detto, riflette indubbiamente lo spirito del suo tempo, che passa attraverso una complessa trasformazione, e che è ben rappresentato da una pagina di Garuffi, il quale naviga tra vecchio e nuovo, con derivazioni dalla linea Epicuro-Gassendi, dalla Filosofia sperimentale ma pure da quella aristotelico-scolastica (inevitabile in un sacerdote), quando scrive che la Filosofia è «una Scienza che s’appoggia a’ sensi, che prova con ragioni, che investiga le cause delle cose, e i loro principj; che insegna la natura degl’elementi, e la loro unione, e discordia, per cui ne nasce l’origine de’ misti», aggiungendo subito dopo che la Filosofia sperimentale «è quella, in cui il nostro secolo ad occhi aperti si esercita dopo d’essersi per l’addietro lungamente perduto ad occhi chiusi in quelle vane, e inutili Questioni, che noi qui arrecheremo, conforme abbiam detto, per iscopo di risa de’ moderni Filosofi» [68].

[60] Cfr. il cit. fasc. 218, FGMB: è il prologo ad una dissertazione anatomica di Bianchi riguardante, come vedremo, il celebre caso di Giambattista Pilastri (su cui cfr. pure i fascc. 203, 204, 206, FGMB; Codex, cit., cc. 17v-18r; ed infine la Storia medica d’una postema nel lato destro del cerebello, pubblicata nella Raccolta d’opuscoli scientifici e filologici di A. Calogerà, tomo XLVI, Venezia 1751, pp. 169-200). Nel «prologo Pilastri» del fasc. 218, FGMB, Bianchi tesse pure un elogio dello studio dell’Anatomia, sul quale ritorneremo. Come lui la pensava anche padre Giuseppe Merati; cfr. la lettera del 7 settembre 1759 (FGLB, ad vocem), riportata in Vicende accademi­che, cit., p. 106: «La scienza anatomica io dico, che sia il fondamento della medicina, e un medico senza tale scienza il comparo a un corpo senz’anima». Nella stessa lettera leggiamo: «Non so se ne’ tempi trasandati o ne’ presenti vi sia stato, o viva anatomico, che abbia separati ed anatomizzati tanti cadaveri quanti ne ha incisi, e minutamente osservata ogni minutissima cosa Vostra Signoria Illustrissima. Credo che tutte le volte si sia posto all’opera abbia alzata la mente a Dio e ammirata la sua onnipotenza, come avvenne a me una volta nel leggere solamente un libro che trattava delle vene del nostro corpo».

[61] Cfr. il fasc. 219, FGMB. Il prologo è relativo alla dissertazione lincea (n. 17) del medico ed accademico dei Lincei planchiani G. D. Zamponi, sulla riproduzione dei vermi negli intestini del corpo umano.

[62] Questo pensiero di Bianchi deriva dal «galileismo malpighiano», secondo cui la «filosofia è il fondamento della medicina, senza la quale questa vacilla»: cfr. E. Raimondi, Ragione ed erudizione nell’opera del Muratori, ne I sentieri del lettore, II, Bologna 1994, p. 141. (Il testo in origine è apparso ne I lumi dell’erudizione. Saggi sul Settecento italiano, Milano 1989, pp. 79-97.) In questa sua pagina, Bianchi accusa i medici della Marca, dove Zamponi esercitava la professione, di agire in base a «ciancie» e «fanfaluche», usando unicamente «purganti eccedenti» e «vescicatorj», «per li quali, si può dire, che essi piuttosto scortichino, che medichino i loro clienti». Ma le cose non dovevano andare diversamente anche altrove, se Amaduzzi scrive a Corilla Olimpica il 26 aprile 1777 da Roma: «I Medici e i Chirurgi, i quali hanno sin ad ora storpiato ed ucciso il genere umano impunemente»: cfr. p. 49 del cit. Carteggio tra Amaduzzi e Corilla Olimpica, 1775-1792.

[63] Sono fogli del fasc. 310, FGMB. Nel primo (già cit., del 1734), l’Accademia vescovile è detta «di Filosofia, e di Scienze»; nel secondo, «di scienze, e d’erudizione».

[64] Cfr. V. Ferrone, Scienza, in Illuminismo, Dizionario storico, Roma-Bari 1997, p. 339.

[65] Cfr. W. Tega, Dalla ‘raison par alphabet’ alla scienza generale. Geografie del sapere in Francia tra XVIII e XIX secolo, in L’età dei Lumi, Saggi sulla cultura settecentesca, a cura di A. Santucci, Bologna 1998, p. 121: nasce così una «vera classificazione che pretendeva di ricomprendere, entro un quadro alla fine unitario e pacificato nell’obbedienza a una sola legge universale, i diversi ordini di fatti e le varie discipline, le quali erano destinate ad aggiornare il loro statuto e il loro ambito in rapporto allo sviluppo proprio di ciascuna e a quello di tutte le altre, fino a quando non fossero tutte transitate dallo stato congetturale e approdate finalmente a quello positivo» (ibid., pp. 113-114).

[66] Sull’argomento, cfr. A. Montanari, Iano Planco apprendista filosofo, «Il Ponte», Rimini, 13 giugno 1993; Id, Iano Planco nei «giardini d’Epicuro», ibid., 4 luglio 1993; Id, Iano Planco pensatore «antigesuita» (ibid., 5 settembre 1993) Id, Iano Planco galileiano a metà (ibid., 12 settembre 1993). Una trascrizione in copia pro manuscripto di questi articoli è stata riunita nel fasc. intitolato Notizie inedite su Iano Planco, BGR, segn. C 1908, op. 4. Parte di questo materiale è stato utilizzato nella cit. Spetiaria del Sole. Per documentare gli studi filosofici di Bianchi, cfr. i fascc. 332, 337 e 339, FGMB, contenenti rispettivamente un Elogio di Locke, 1705; un testo di Newton, 1717, ed i Principi matematici della Filosofia Naturale (anonimo, ma dello stesso Newton). Per alcuni testi filosofici della biblioteca planchiana, cfr. il cit. Modelli letterari, pp. 290-292. I Cataloghi e indici della Biblioteca di Giovanni Bianchi sono in SC-MS. 1352, BGR.

[67] Segue la cons­tatazione che se la Filosofia è «la me­dicina delle malatìe dell’anima», «chi non ne profitta è sempre un Filo­sofo imper­fetto». Cfr. il cit. Elogio. Su Amaduzzi filosofo, vedi la ristampa ana­statica de La Filoso­fia alleata della Religione, Rimini 1993, con appendice a cura di A. Montanari, del quale cfr. pure il capitolo G. A., ‘talpa’ giansenista a Roma, in Lumi di Romagna, Rimini 1992, pp. 35-41.

[68] Cfr. la cit. Bibbioteca, pp. 57-58.

 

 

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