Riministoria© Antonio Montanari

I Lincei riminesi di Iano Planco, 1745

Cap. 11. Le ultime dissertazioni

 

Dissertazione n. 26, del 18 febbraio 1752, di Nicola Paci, nobile, De præstantia musicæ [190].

Dissertazione n. 27, del 4 marzo 1752, di Francesco Fabbri, De præstantia Academiæ nostræ. Essa contiene, come apprendiamo dal Codex [c. 19v], molte lodi di Bianchi quale restitutore dei Lincei e per la sua attività gratuita di pubblico insegnante di varie Scienze [191].

Dissertazione n. 28 e dissertazione n. 29, entrambe del 17 marzo 1752: si tratta della lettura di lettere del governo di Firenze inviate ai Malatesti di Rimini (1378-1400), e ricopiate da Lodovico Coltellini da un codice ms. di Coluccio Salutati esistente presso la Biblioteca Riccardiana di Firenze; e della trattazione di Bianchi De rebus antiquis [192].

Dissertazione n. 30 e dissertazione n. 31: il 18 aprile 1755, Planco presenta due sue epistole mediche, la prima sull’"urina con sedimento ceruleo" [193], e la seconda sulle polemiche relative al caso Pilastri, già trattato il 28 maggio 1751. Alle due epistole, Bianchi premette una prefazione in italiano in cui spiega che le adunanze dei Lincei non sono frequenti perché molti accademici abitano fuori Rimini, dove esistono poi varie scuole, al posto di quella unica di Planco che forniva ai Lincei medesimi parecchi relatori [194]. Qui finiscono le notizie del Codex.

Tra le carte planchiane conservate in Gambalunghiana, ci sono tre fascicoli che rimandano a probabili dissertazioni accademiche. Nel n. 61 [FGMB] si ripropone un testo di carattere religioso già letto in pubblico ben ventidue anni prima, con una premessa di Bianchi sui pregi della vecchiaia e della "cattiva memoria" che reca "grandissimi vantaggi", come il gustare la riproposta di cose antiche che non si ricordano più. Nel n. 65, c’è il Discorso sopra il problema dell’Accademia, che abbiamo già mentovato. Del n. 75, intitolato Congressi letterari della nostra Accademia, diremo invece più avanti.

 

NOTE AL TESTO

 

190 La dissertazione è preannunciata da Bianchi nel suo testo In lode dell’arte comica, cit., pp. 4-5.

191 Masetti Zannini, in Vicende accademiche, p. 62, considera il discorso di Fabbri come "una difesa" dell’iniziativa planchiana "tanto discussa, e ridicolizzante, da far pensare che il successivo silenzio dell’Accademia fosse da ciò, più dalle cause indicate dal Bianchi, motivato".

192 Per entrambi gli argomenti, cfr. il fasc. 222, FGMB. Nelle Nov., di vari anni, si trovano numerosi interventi di Bianchi su argomenti antiquari ed iscrizioni antiche.

193 Dell’argomento si è occupato il medico e storico della medicina dottor Stefano De Carolis (in precedenza cit. per il volume Giovanni Bianchi, Medico Primario di Rimini ed archiatra pontificio), il 5 maggio 2000 a Fermo, in occasione della "XXXIV Tornata degli studi storici dell’arte medica e della scienza", organizzata dallo "Studio Firmano dall’Antica Università". "Nel 1756", mi ha poi cortesemente spiegato lo stesso dottor De Carolis, "Giovanni Bianchi pubblicò nella Nuova raccolta d’opuscoli scientifici e filologici la lettera latina De urina cum sedimento caeruleo. In essa descrive il caso d’un uomo di sessant’anni, morto dopo avere espulso per una decina di giorni un’urina caratterizzata da "un sedimento d’un bel colore azzurro". Questo fatto singolare è stato sempre interpretato come un caso d’indicanuria: in realtà un’attenta rilettura dell’epistola in questione ed il ritrovamento, fra le carte manoscritte del Bianchi, dei campioni di sedimento urinario da lui stesso raccolti e conservati, permette di formulare su quest’inusuale reperto patologico ipotesi del tutto nuove".

194 Ovviamente, il testo italiano è tradotto in latino nel Codex, c. 20v. Questo testo latino si legge anche nelle citt. Vicende accademiche, pp. 109-110.

 

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