Riministoria© Antonio Montanari

Le "Notti" di Aurelio Bertòla. Storia inedita dei Canti in onore di Papa Ganganelli

 

Capitolo IV

L’edizione curata da Amaduzzi

 

 

 

 

Nel corso del 1774, all’insaputa di Bertòla, appaiono altre due edizioni della Notte. Sono la quarta, stampata anch’essa presso Bindi a Siena, uguale alla terza, ma più elegante dal punto di vista grafico, ed in sedici pagine anziché in ventiquattro. E la quinta, uscita da Costantini a Perugia, quella che per la prima volta dichiara il nome del "chiarissimo Autore" [28], contenente cinquantuno strofe al pari delle prime due edizioni (Roma e Ferrara). Nel 1775 il testo di Bertòla si accresce, ed escono due edizioni intitolate Le Notti, Canti due.

"La mia Seconda Notte", narra Bertòla ad Amaduzzi il 13 dicembre 1774 riferendosi evidentemente a giudizi espressi sul manoscritto prima dell’invio in tipografia, "ha incontrato a Roma delle difficoltà per il tuono libero che vi regna per entro contro i calunniatori dell’immortale memoria del mio Eroe. Forse m’indurrò a farla stampare in Firenze". La prima edizione di queste due Notti, esce non a Firenze ma a Roma, per scelta dello stesso Bertòla, come vedremo in seguito.

Il 7 gennaio 1775 [FPS, 8.245 bis] Amaduzzi comunica a Bertòla: "Dopo d’avervi scritta l’ultima mia mi capitò subito l’edizione Romana delle Vostre Notti, e subito anche m’accorsi di sua imperfezione". Amaduzzi esplora i direttori della stampa, che riconosce "nelle persone del P. M[aestro] Fusconi, e dell’Abate Garattoni". Amaduzzi aggiunge che questa edizione romana (anonima) delle due Notti, segue "il primo esemplare Romano" in cinquantuno strofe: quindi, è senza la "menzione" dello stesso Amaduzzi, tagliata a suo dire dai citati direttori di stampa, "per non volere essi il rammarico di vedere in gloria il suo povero nome, e per non cooperare all’onore di uno, che indarno hanno cercato di infamare".

"Accorsi io in seguito dallo stampatore", prosegue Amaduzzi, "e trovate ancora le forme della stampa non disfatte, pattuii per una seconda edizione, e quindi incorporai nella prima Notte tutte le sestine, e le note mancanti, vi sostituii le correzioni, e mutazioni da voi fatte d’alcuni versi, ed emendai insieme gli errori di stampa, che v’erano stati commessi e per negligenza e per saccenteria de’ correttori".

Amaduzzi poi spiega di essersi accordato, per ottenere l’imprimatur necessario, con il Padre Maestro di Sagro Palazzo ["Thomas Augustinus Ricchinius"], il quale concede subito "una volonterosissima permissione di riprodurre più perfetti questi vostri nobili canti, e rise della viltà dell’impotente invidia". Scrive ancora Amaduzzi: "Tacito, e disinvolto io ho già compita la mia edizione, e la dispenso a tutti quelli, che possono conoscere il merito del bel lavoro". L’edizione anonima delle due Notti (sesta della serie), ha cinquantuno strofe nella prima Notte, e reca l’indicazione "in Roma MDCCLXXV. Nella Stamperia di Ottavio Puccinelli posta incontro al Governo Vecchio" [29].

L’edizione delle due Notti, curata da Amaduzzi (settima), con le cinquantotto strofe della prima Notte, tra cui quella che lo riguarda, è dichiarata stampata "In Siena, ed in Roma", con la precisazione: "Nuova edizione più fedele, più compita, e più corretta". E reca sul frontespizio (per la prima volta) il nome dell’autore: "Padre Lettore Don Aurelio De’ Giorgi Bertòla, Riminese Monaco Olivetano". A proposito di questa edizione, Amaduzzi annota con Bertòla, sempre nella lettera del 7 gennaio 1775: "Vorrei mandarvi alcuni de’ miei esemplari, che troverete pur fregiati del vostro nome (e perché occultarlo?), ma non so come farmi. […] Già sono andati diversi esemplari in Rimino, in Napoli, in Cortona, in Perugia, in Vienna, e ne anderanno anche in Palermo, e altrove, e sempre in mani rispettabili".

L’11 gennaio 1775 [FPS, 8.246], Amaduzzi racconta a Bertòla, circa l’edizione anonima delle due Notti (la sesta): "Il Padre M.ro Fusconi undici giorni sono pretese meco giustificarsi, ma il fece non chiamato, ed il fece in mezzo a mille contraddizioni, conseguenze infelici della doppiezza, e solo capitale di sua mal condotta aulicità. Io gli feci sentire l’inutilità del suo passo con uno che di nulla gli faceva delitto, ma infine gli feci comprendere l’incoerenza d’una stampa regolata contro le ultime espresse volontà d’un Autore. Egli appellò ad una amplissima facoltà da voi datagli sopra il vostro lavoro, e poi finì con una reticenza, che indicava la sua inesperienza del vostro naturale, ma che meco non ardì di aggravare".

Quando Amaduzzi compone questa lettera, non ha ancora ricevuto l’epistola del 27 dicembre 1774, in cui Bertòla racconta la storia dell’edizione romana affidata da lui stesso a Fusconi: "Emmi venuto uno scrupolo in capo che mi tormenta assaissimo. L’Amico commissionato per l’edizione delle due Notti era, non saprei assegnarne un perché, intenzionato di far ristampare la prima Notte sulla prima edizione Romana imperfettissima soprattutto perché mancava del nome del mio soavissimo Amaduzzi. Egli me ne scrisse; io me gli opposi saldamente; ma temo la mia lettera non sia giunta in tempo prima che le Notti passassero sotto torchio. Io mi sto preparato alla più cruda mortificazione del mondo. Se ve n’è pervenuto un esemplare, riferite prontamente, e sgravatemi di questa pena. Scrivo perché abbiate una dozzina di esemplari per voi e per gli amici vostri" [30].

Il 30 gennaio 1775 Bertòla precisa ad Amaduzzi, dopo aver ricevuto la lettera di quest’ultimo dell’11 gennaio 1775: "Mandai al P[ad]re Fusconi la Seconda Notte perché la facesse stampare in Roma a mie spese unitamente alla prima dietro l’edizione senese. Ei mi rispose un sì stentato, e mi pregò a volermi scordare della edizione di Siena. Io gli feci subito vedere, benché con ogni riguardo di civiltà, la somma improprietà che vi era nella sua istanza; e assolutamente me gli opposi. Non ebbi altra risposta che questa; che la stampa era stata compita: ma come? a spese dello stampatore, e con un regalo di quattro copie all’autore. Il P[ad]re Fusconi ha forse diffidato di me fin d’allora; onde è che non mi sorprende quanto la reticenza con cui chiuse il discorso tenuto con voi: che s’egli diffidava poteva facilmente con un pretesto rimandarmi indietro la mia Poesia; ma regalarmela a uno stampatore! E giurabacco! E fra voi e me sputa alquanto di fratesca insolenza" [31].

Il 23 febbraio Bertòla ritorna sull’argomento: padre Fusconi gli ha inviato una lettera "piena zeppa di contraddizioni, nelle quali apparisce la doppiezza ributtante che lo ha guidato in questa occasione". Era la conferma di quanto "leggermente" gli aveva annunciato Amaduzzi [32]: "Scordiamoci amendue di questa oltraggiante miscea; e voi tenete per una consolazione il lamento che vi partecipo avanzatomi da molti amici per lettera, ai quali è pervenuta l’edizione Fusconiana, sopra la mancanza dei versi da me consacrati al vostro Nome, e creduta occorsa per colpa mia. In questo ordinario però toglierò tutti d’inganno" [33]. A Fusconi, Bertòla aveva inviato il 5 ottobre 1774 (cioè prima che a Bianchi e ad Amaduzzi), una copia della Notte romana, ricordando la "cortese mano" dello stesso Fusconi, che gli aveva aperto "la via a nuovi letterarj progressi" [34].

Nella ricordata lettera dell’11 gennaio 1775, Amaduzzi sottolineava il successo dei Canti di Bertòla: "È sempre vostro merito maggiore che le vostre Poesie abbiano avuto tante edizioni [sette] in così breve tempo, sentendo, che pure in Perugia una fatta se ne sia [35], e me ne scrive appunto Monsignor Bolognini Gov[ernator]e dopo d’aver per suo mezzo inoltrato un esemplare della mia edizione al Sig. Avv. Genghini nostro Riminese [36], e suo Luogotente. Spedisco a voi costì per la posta, come mi ordinate, una copia della medesima edizione, e desidero mandarvene qualch’altra, come vi scrissi ultimamente, benché da ogni parte sia pressato a darne via, essendo il regalo la via più sollecita di ogni spaccio".

Amaduzzi accenna anche ad un articolo apparso nel foglio II delle Efemeridi sulla prima e seconda Notte [37], contenente un giudizio "onorifico, e decoroso" in mezzo ad alcuni rilievi relativi allo stile bertoliano, dettati da "pedanteria grammaticale" dell’anonimo recensore. Amaduzzi commenta che però "sono più pedanti i Novellisti Fiorentini, i quali vogliono Young inimitabile al pari di Pindaro; giudizio, che molti non si sentiranno di accettare" [38].

Leggiamo direttamente l’articolo in questione, pubblicato dalle Efemeridi [14 gennaio 1775, pp. 9-10]. Esso inizia ricordando che la nuova edizione delle Notti compariva "senza la ingiusta soppressione di alcuni versi dettati all’Autore dal concetto, e dalla stima ch’egli meritatamente conserva per uno stimabilissimo Letterato suo paesano", cioè Amaduzzi stesso: l’osservazione ci porta a ritenere che egli ne sia l’autore.

Poi l’articolo esamina la seconda Notte, dove in alcune stanze trova "quasi impercettibili negligenze di stile", ed accenna alle Ode italiane per dire che le Efemeridi ne avevano già riferito "con lode, e con qualche critica osservazione", sottolineando che esse, "perché prodotte dal nostro Autore nella tenera età di 17 anni saranno sempre un bel monumento dell’estro suo, del suo talento, e del felice genio poetico, ond’è animato".

Il 5 febbraio 1775 [FPS, 8.247] Amaduzzi precisa a Bertòla: "Sole venti copie mi restano della edizione da me fatta delle due Notti, giacché colle spontanee largizioni, e colla soddisfazione delle dimande ho esaurite tutte l’altre copie. Queste restano alla vostra disposizione, e a tal effetto le salverò dal naufragio. Vedete, che un così scarso numero non vi può servire di scorta per l’aggiunta di una terza Notte sul testo, e modo di quelle. Facendo tale ristampa io sarei d’avviso, che voi non doveste discendere ad alcuna vostra difesa [39]. I Geni creatori, ed originali non debbono mai render conto delle loro particolarità, mentre anche le stravaganze, ed i nei, che nell’umana imperfezione di chicchessia si rendono indispensabili, fanno in essi un distintivo, o sono almeno compensati da un bello superiore all’eccezione. Voi seguite pure le tracce del vostro spirito entusiasta, il quale vi farà sempre conoscere per un genio creatore, ed intollerante della servile imitazione".

Una lettera di Lodovico Coltellini ad Amaduzzi del 20 febbraio 1775 [FAF, 37] informa che Bertòla stava in quei giorni stampando ad Arezzo la terza Notte, unendovi la ristampa delle prime due. Coltellini scrive sul poeta riminese: "Questo giovinetto di ventun’anno ha un merito che sorpassa di gran lunga l’età sua" [40].

Sull’edizione aretina lo stesso Bertòla aveva informato Amaduzzi il 30 gennaio 1775: "Io aveva ideata già una terza Notte per così compire e dare un congedo a questa materia: la scrivo attualmente; ma non manderolla al P[ad]re Fusconi. Mi trovo nella nojosa necessità di fare qui [ad Arezzo], ove resterò fino a Quaresima, una nuova ristampa delle Notti, e vi aggiungerò la terza: perché da Rimini da Firenze da Siena, e da più altri luoghi sono continuamente pressato per copie di questi Canti Notturni. […] Se avete delle copie che io bramo speditele a Firenze, che poi io le farò passar qua".

Tra 1775 e 1778 appaiono quattro edizioni delle Tre Notti. L’unica che, per la prima Notte, rechi il testo completo di cinquantotto strofe, è quella di Arezzo (ottava della serie): essa è la sola curata dallo stesso Bertòla. Le altre tre edizioni presentano, sempre per la prima Notte, soltanto cinquanta strofe. Da notizie contenute in due lettere di Bertòla ad Amaduzzi [41], del 21 febbraio 1776 e del 26 settembre 1778, possiamo stabilire che queste tre edizioni (nona, decima e undicesima), sono state stampate rispettivamente a Lucca nel 1776, a Venezia ed a Milano nel 1778.

 

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