Riministoria© Antonio Montanari

Le "Notti" di Aurelio Bertòla. Storia inedita dei Canti in onore di Papa Ganganelli

 

 

Capitolo I

Bertòla e Giovanni Bianchi

 

Dal monastero di Monte Oliveto Maggiore di Siena il 6 novembre 1774 Bertòla scrive a Rimini a Giovanni Bianchi [4], di avergli inviato, tramite il Padre abate Giacinto Martinelli del monastero riminese di Scolca al Covignano, "due esemplari di una novella produzion sua uscita alla luce in occasione della morte della Santa Memoria di Clemente decimoquarto" (avvenuta il 22 settembre dello stesso 1774). Si tratta della Notte, un "patetico Canto" che sa "felicemente imitare il sublimissimo Poeta Young Inglese, tanto celebrato da tutte le nazioni", come si leggerà nella prefazione dello stampatore Costantini alla quinta edizione, apparsa a Perugia sempre nel 1774.

La lettera di Bertòla perviene venerdì 11 novembre a Bianchi che gli risponde il 19 [FPS, 8.289], raccontando che il giorno 16, andato "all’Ospizio degli Olivetani" (posto nel centro di Rimini, lungo l’attuale via Castelfidardo), non ha trovato l’abate Martinelli, "benché fosse passato il mezzodì". Verso sera del medesimo giorno 16, l’abate Martinelli però ha mandato a dire a Bianchi che il piego di Bertòla "non gli era peranche da Roma stato recapitato".

Nella stessa lettera del 19 novembre, Bianchi comunica a Bertòla di aver già visto una copia della Notte "con semplice sopracoperta", presso il Padre Guardiano di San Francesco, pervenuta "verso li 13 del corrente" novembre: "nello stesso tempo", aggiunge Bianchi, "sentij da Roma, che colà era stata stampata".

Nella Notte Bertòla ha inserito un ricordo di Bianchi, medico, filosofo, cultore di studi storici ed antiquari, personaggio famoso nella cultura europea del tempo, ed anche archiatro segreto onorario di papa Clemente XIV:

 

"Bianchi primo Cultor dell’arti mute,

Perché non fosti al tuo Signor presente?

Ben richiamar l’amabile salute

Potevi tu nel Corpo suo languente;

Intrepido Custode, ma lontano

Ahi! fosti eletto al grand’uffizio in vano." [5]

 

Bianchi il 19 novembre, infine, ringrazia Bertòla per la menzione, nella quale (egli scrive) "pare che V. S. Ill.ma supponga che troppo tardi sia stato consultato dal Santo Padre. Ma io non fui consultato mai, ed è una mera menzogna che io abbia approvata quella stessa medicazione, che gli facevano que’ suoi medici, che io non adopro mai". Nella Notte Bertòla non ha però fatto tale supposizione, come risulta dalla strofa citata, il cui verso finale ("Ahi! fosti eletto al grand’uffizio in vano"), voleva significare soltanto che Bianchi non era stato presente a Roma nel momento del bisogno.

Nella sua seconda (ed ultima lettera esistente) a Bertòla, il 10 dicembre 1774 [FPS, 8.290] Bianchi scrive di aver ricevuto finalmente, tramite due "monaci giovani molto garbati", il "piego, che conteneva due copie della Notte […] ristampata in Siena". Questa edizione di Siena viene definita da Bianchi "accresciuta e abbellita", ed anche corretta nell’"ultimo verso" della strofa a lui dedicata, "onde s’esprime veramente la cosa com’è". Al contrario di quanto scrive Bianchi, quell’"ultimo verso" dell’edizione di Siena, è uguale a quello dell’edizione di Roma [6].

Che Bianchi fosse convinto di aver letto nell’edizione di Roma qualcosa di diverso da quanto in effetti c’era scritto, ci viene confermato dal passo di una lettera dello stesso Bianchi inviata, con la data "Rimino 11 dicembre 1774" [FAF, 68], a Roma, ad Amaduzzi [7]: "l’espressione di me che non fossi stato a tempo chiamato, era diversa, siccome tale l’aveano veduta anche a Bologna, come di là m’ha scritto il Sig. Lorenzo Drudi". A questo punto, Bianchi trascrive ad Amaduzzi la lettera di Drudi nella quale si cita la Notte in un’altra edizione apparsa a Ferrara: edizione che ricalca quella di Roma, e viene come seconda subito dopo di essa, precedendo quella di Siena, ampliata (terza della serie) [8].

Drudi [9] aveva comunicato a Bianchi: "pare, che l’Autore [Bertòla] abbia bevuta la menzogna, ch’Ella sia stata consultata, benché troppo tardi, sul male di Sua Santità". Anche Drudi come Bianchi aveva ‘letto’ qualcosa che nel testo non c’era. Il brano di Drudi è tolto dalla sua epistola datata 3 dicembre 1774 [FG-LB, 156], ove a proposito della Notte si legge pure: "Io penso che, l’Autore sia il P. D. Aurelio Bertolli Olivetano, Giovine di molta abilità, e talento per la poesia spezialmente".

Il 14 dicembre [FG-LB, 157] Drudi ripeterà a Bianchi: "Io vederei volontieri la seconda edizione della Notte del nostro P. D. Aurelio Bertolli, che qui si è veduto, e che da lei sento essere stata accresciuta e corretta" [10]. E il 24 dicembre 1774: "Per ora non è possibile avere qui [a Bologna] la Notte del nostro P. Bertolla [Drudi non scrive più Bertolli], ché questo Librajo l’ha vendute tutte; ma si crede che ne verranno altre qui, e venendo non mancherò di servirla", promette Drudi a Bianchi in questa missiva che è l’ultima del carteggio [FG-LB, 158].

Sull’argomento, Bianchi torna con Amaduzzi il 22 dicembre 1774 [FAF, 69], parlando dell’edizione di Siena: "ella mi assicura che la strofe XLI che appartiene a me sia la stessa che quella [n. 36] della prima edizione, che a me parve alquanto differente, come tale prima anche al Sig. Drudi. Io non ho maniera di confrontarle anche perché la prima qui non si trova più". Bianchi aggiunge: "Il Sig. Drudi vorrebbe vedere cotesta di Siena. Io gli ho detto che mandi una di quelle di Ferrara che io gli manderò quella di Siena giacché il padre Bertola [Bianchi scrive Bertola per la prima volta, al posto di Bertolli o Bertolla] me n’ha mandate due copie, e così io avrò l’una e l’altra se me la manda" [11]. 

 

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