Antonio Montanari
Bertola redattore anonimo del Giornale Enciclopedico.
Documenti inediti


Suggerisce di inserire "cose che in ogni tempo possono e interessare e piacere"

Il Nuovo Giornale Enciclopedico d’Italia non cessò le pubblicazioni nel 1796 con la morte della curatrice Elisabetta Caminer Turra [1], come solitamente si legge, ma continuò ad uscire nel ’97 presso il tipografo-libraio veneziano Giacomo Storti, avendo quale redattore il poeta Aurelio De’ Giorgi Bertola (Rimini 1753 - ivi 1798).

Il 1° novembre ’96 Bertola si assume con Storti l’impegno di "fare il Giornale al primo del 1797 per scudi 7. anticipati il mese", scrivendogli da Bologna dove si trovava ammalato ed in ristrettezze economiche. La settimana successiva Bertola promette a Storti di inviargli il piano editoriale, osservando: "ma chi ora compera giornalj letterarj?", e chiedendo di "aver libri" da recensire. Storti mostra una certa premura se Bertola gli fa osservare: "Poiché ha tanto indugiato indugi ancora". Il 22 novembre il poeta riminese scrive al tipografo "che stampi subito ciò che ha", avvertendo: "io non vo’ essere nominato".

Ricaviamo queste annotazioni da un Diario inedito in cui Bertola, oltre ad elencare gli spostamenti di luogo e le spese sostenute, registra le lettere spedite con il nome del destinatario ed anche, quasi sempre, un brevissimo sunto di ogni epistola [2]. In una lunga missiva del 29 novembre ’96 a Storti [3], conservataci integralmente, Bertola osserva:

"Veggo con dispiacere che per lettera non c’intendiamo. Ella mi chiede estratti pe’ tomi arretrati. Ma e non le ho io scritto essere vano anzi ridicolo pubblicare estratti e notizie di libri con date corrispondenti ai mesi di maggio e giugno del 96. in tomi che usciranno nel 97. quando fino alla nausea tutta l’Italia avrà letto e riletto notizie dettagliate di que’ già vecchi libri e ridicolo sarebbe ancor più dare nel maggio del 96. libri usciti nell’ottobre e novembre dell’anno medesimo".

Bertola suggerisce di inserire nei numeri arretrati del Giornale "cose che in ogni tempo possono e interessare e piacere", non legate alla stretta attualità come le recensioni librarie, "prevenendo il pubblico con un avviso alla testa del tometto di maggio". Egli ha pronti degli "estratti […] di libri recentissimi" che non sono adatti al bisogno. Bertola poi spiega a Storti che era sua intenzione di recarsi a Venezia, anche per curare alcuni propri "affari". Per compiere il viaggio occorreva ottenere un permesso, per il quale si poteva addurre "come vera ragion mercantile" la cura del Giornale. "Qualora non sia possibile che ci abbocchiamo parmi difficile", conclude Bertola, "che possiamo concertar la faccenda come si deve. Ella vedrà bene di qui quanto mi stia a cuore il decoro del Giornale e l’interesse suo".

Da altri documenti sappiamo che Bertola doveva riscuotere a Venezia un credito di trecento fiorini, e che non gli riuscì di ottenere il passaporto come commerciante, necessario per entrare nel territorio della Serenissima. Il vero motivo per cui Bertola voleva recarsi a Venezia era però politico: egli intendeva allontanarsi dalle burrasche italiane e trovare rifugio a Vienna (dove era conosciuto per avervi soggiornato nel ’78 all’epoca della Nunziatura del concittadino Giuseppe Garampi).

Bertola se ne era andato da Rimini il 21 ottobre ’96, all’indomani della caccia ai giacobini in Romagna. Nel Diario, sotto la data del 1° novembre leggiamo: "non potea più restare in patria, né poi maneggiarmi". Bertola rientra a Rimini il 3 dicembre 1796. Il 17 dicembre Storti, tramite il commerciante riminese Nicola Giangi, gli invia quattordici scudi di compenso per due mesi di lavoro. Giangi deve anche ritirare il materiale per il Giornale, e trasmetterlo a Storti "a prima occasione". "Và bene", scrive Storti, "che quel tanto mancasse a compimento de’ tomi, ella me lo rimetterà, o avanzandone servirà pe’ tomi di seguito" [4].

Il primo accenno all’impresa editoriale del Giornale, si trova in una lettera scritta a Bertola il 25 agosto 1796 da San Pietro d’Arzignano, da un corrispondente che chiameremo l’"anonimo vicentino" perché la sua firma in calce al documento non è decifrabile. Da tale missiva apprendiamo che "la povera Bettina" cioè Elisabetta Caminer, "badava al Giornale […] poco o nulla", in proporzione ai magri compensi dell’editore. L’"anonimo vicentino" precisava poi: "A Venezia non vi sarà difficile l’aver di Giornali Francesi, e de’ libri nuovi qualunqu’essi sieno".

Bertola il 15 gennaio 1797 fugge da Rimini al fine di sottrarsi "all’imminente pericolo di esser arrestato e condotto in assai miser luogo, come uomo di opinioni infette e perverse" [5], recandosi prima a Roma e poi in Toscana. Il 10 marzo da Siena, leggiamo nel Diario, egli comunica a Storti: "che mi scriva a Bologna, dove consegnerò a chi mi dirà materia abbondante per il giornale: mi favorisca colà pagare altri 14. scudi". Bertola domanda se sono usciti i due tometti già preparati [6]. Nella stessa parte del Diario sotto il 1° aprile troviamo che Bertola comunica a Storti: "la fatica è più grande ch’io non credeva".

Il 26 aprile 1797 Bertola è di nuovo a Rimini. Nel Diario il 9 maggio è segnata una lettera spedita al tipografo veneziano: "Ho pronti i manoscritti per due tometti". Storti il 20 maggio gli preannuncia la spedizione dei due tometti già stampati, la preparazione di quello del luglio ’97, e l’invio di libri "che meritano estratto", cioè una recensione sul Giornale [7].

Tra primavera ed autunno ’97 Bertola è in corrispondenza con il padre somasco Ottavio Maria Paltrinieri, vicerettore nel Collegio Clementino di Roma, che gli invia vari materiali per Giornale, in mezzo alle difficoltà legate alla "Posta del Papa" che riceve "le lettere per la Romagna, ma non già i Plichi, che non assicura", ed all’"infelicità delle circostanze correnti" che per la mancanza di Religiosi gli "fanno aver più impieghi" [8].

Bertola l’8 ottobre risponde al padre somasco: "Gradisca il piccol tributo che le offro di un estrattino" della storia del Collegio Clementino (scritta dallo stesso Paltrinieri), "che leggerà nel volumetto del mese di maggio, che stampasi attualmente dallo Storti in Venezia, del Giornale Enciclopedico" [9]. Paltrinieri ringrazia il 27 ottobre per la bontà dimostrata da Bertola nei suoi riguardi: "Sarà un effetto pure di questa l’estrattino del mio Opuscolo, che vuole inserire nel giornale Enciclopedico, e valuterò moltissimo un tale onore come proveniente dalla sua persona" [10].

Paltrinieri aggiunge: "Il Collegio Clementino ha avuto sedici o diciotto Convittori, di patria Riminesi, dei quali non mi è riuscito di aver notizia per sapere se si sono distinti in qualche cosa, che faccia onore al luogo della loro educazione. Sono questi delle famiglie Ippoliti, Diotallevi, Buonadrati, Garampi. Siccome io seguito a raccoglier notizie intorno ai Convittori di questo Collegio per pubblicarle poi ad occasione opportuna, e dar compimento alla fatica intrapresa, ma non condotta a termine per aver avuto soli sei mesi di tempo; così in caso ch’ella mi volesse far grazia di procurarmi le dette notizie, le sarei veramente obbligato".

Il 24 ottobre Bertola annuncia a Pindemonte che la propria Vita rustica viene presentata in uno dei tometti del Giornale Enciclopedico: "Lo stesso Storti potrà farvi vedere alcuni fogli di letture istruttive pel nostro popolo, che io vo scrivendo e stampando" [11].

L’attività di Bertola per il Giornale di Storti continua anche nei mesi successivi. Il poeta riminese il 3 febbraio infatti scrive al concittadino Francesco Martinelli da Milano: "Sta bene che abbiate ricevuto gli scudi 14. dallo Storti" [12]. È l’ultima notizia che abbiamo sul lavoro bertoliano per il periodico edito da Storti.

Tra fine marzo ed inizio aprile ’98, Bertola ritorna a Rimini. È gravemente infermo, e Francesco Martinelli lo ospita nel proprio palazzo dove Bertola si spegne il 30 giugno. Il commerciante Nicola Giangi, lo stesso che aveva tenuto i rapporti tra il poeta ed il tipografo veneziano, annota nella sua cronaca: "È passato a miglior vita il Professor Aurelio Bertola di anni 44 con sentimenti di vero cristiano e con aver ricevuto (da lui richiesti) tutti li sacramenti".

La duplice esperienza redazionale del Giornale Enciclopedico e delle Letture istruttive con cui Bertola chiude la propria esistenza, rimanda a quella giovanile svolta nel 1776 con la compilazione del Giornale Letterario di Siena [13].

NOTE

1 Elisabetta Caminer, nata nel 1751, era figlia di Domenico fondatore del Giornale nel 1774, e moglie del medico Antonio Turra (editore a Vicenza per alcuni anni dello stesso periodico).

2 L’11 ottobre 1796 Bertola comincia questo Diario, della cui esistenza abbiamo dato notizia nel 1994, anticipandone alcune parti in un breve scritto (cfr. A. Montanari, Un "Diario" inedito di Aurelio Bertola, "Quaderni di Storia", n. 1, Ed. Il Ponte, Rimini). Tale Diario si compone di tre parti. Le prime due constano di piccoli fascicoli, la terza di un foglio volante. Il primo fascicolo comprende il periodo dal 14 giugno 1793 al 28 gennaio 1795. Il secondo si riferisce al periodo dall’11 ottobre 1796 al 15 gennaio 1797. Infine il foglio volante comprende il periodo 1° aprile 1797-11 maggio 1797. Citeremo anche un’aggiunta (6-10 marzo 1797), dal retro della lettera 63.50 del Fondo Piancastelli della Biblioteca Saffi di Forlì [in seguito FPS]. Gli originali del "Diario" sono conservati nella cartella "Bertola" del Fondo Gambetti, Miscellanea Manoscritta Riminese [in seguito FGM] presso la Biblioteca Gambalunghiana di Rimini [in seguito BGR].

3 Cfr. in "Bertola", FGM .

4 Cfr. FPS, 63.164. Nicola Giangi è noto anche come autore di una cronaca riminese, dalla quale citeremo in seguito: cfr. BGR, SC-MS. 340 (1782/1809).

5 La lettera è datata Roma 11 febbraio 1797 ed indirizzata a Lorenzo Mascheroni: cfr. G. Gervasoni, Dodici lettere inedite di A. B., in "Studi su A. B. nel II centenario della nascita (1953)", Bologna, s. d., p. 140.

6 Questa parte di Diario è contenuta nella cit. lettera FPS, 63.50.

7 È la seconda ed ultima lettera di Storti: cfr. FPS, 63.165.

8 Cfr. FPS, 309-312.

9 Cfr. FPS, 229.109/40.

10 Cfr. FPS, 61.312. La lettera è scritta da Frascati, luogo di villeggiatura del Collegio Clementino.

11 Cfr. E. M. Luzzitelli, Ippolito Pindemonte e la fratellanza con Aurelio De’ Giorgi Bertola, Bastogi, Foggia 1987, p. 155. Il 22 agosto [FPS, 63.8] l’Amministrazione Centrale aveva affidato alla "celebre penna" di Bertola il compito di redigere un "giornale patriottico" intitolato Letture istruttive per il Popolo dell’Emilia. La lettera era firmata dal presidente dell’Amministrazione Centrale Nicola Martinelli, amico e parente di Bertola e fratello di Francesco di cui diremo.

12 Cfr. FPS, 63.133.

13 In una nota di G. C. Amaduzzi in calce alla pag. IV dell’annuncio editoriale del Giornale Letterario di Siena, tomo II, 1776 [Biblioteca Amaduzziana, Accademia dei Filopatridi di Savignano sul Rubicone, D.B.III.25], leggiamo: "Il primo semestre fu quasi tutto lavoro del P. Don Aurelio De’ Giorgi Bertola Olivetano". Degli scritti bertoliani sul Giornale senese si è occupato di recente M. Cerruti nel saggio Bertola tra "Aufklärung cattolica" e sperimentazioni neoclassiche (Università di Torino, L’arte di interpretare, Studi critici offerti a Giovanni Getto, L’Arciere, s. d., pp. 411-421).

© Antonio Montanari. 47921 Rimini, via Emilia 23 (Celle), tel. 0541.740173
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Rev. 2010
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