Riministoria
© Antonio MontanariRiminesi e inglesi, Angelo Turchini
«I Riminesi hanno il vigore tutto romagnolo che non promette niente di buono a chiunque li tratti senza il dovuto rispetto; ma sanno essere per natura estremamente cortesi e affabili, per un genuino desiderio di aiutare il prossimo». Siamo all'inizio di questo secolo: una scrittrice inglese, nata nel 1852 e moglie di un conte bresciano sposato a Genova, Evelina Carrington Martinengo Cesaresco, passa per la nostra città, ed annota storie di oggi e di ieri, che poi finiscono in un saggio edito a Londra nel 1902, col titolo di «Lombard studies». Saggio che il prof. Angelo Turchini ha recentemente scoperto, ed ora ci propone con una gustosa introduzione presso l'editore Ghigi, in occasione dei 150 anni dello Stabilimento Bagni. Il volume s'intitola «I bagni a Rimini nel 1902», la traduzione è del prof. Floriano Biagini, costo lire 12.000.
Evelina è un'appassionata studiosa della storia italiana. Nel 1865, a tredici anni, aveva conosciuto di persona Garibaldi. Ama le canzoni risorgimentali. Ha una vasta cultura sul nostro Paese, che le suggerisce osservazioni dotte (vedi le pagine dedicate a Dante e Francesca), e citazioni curiose, come quella di un francese, Elisée Reclus, che definiva i romagnoli «razza di eroi o di criminali», con «passioni violente e la forza per manifestarle».
Evelina esalta il nostro clima, «uno dei più belli del mondo», il vigore fisico dei giovani, «armonicamente ben sviluppati», le nostre ragazze («è difficile vedere una giovane brutta o bruttina»), la naturale vocazione all'industria dell'ospitalità: «
la gente considera i turisti come una sorta di ospiti a cui si ha il dovere di assicurare il divertimento». Per il turismo, quell'inizio di secolo segna giorni di crisi: calano gli ospiti, «i raccolti
scarsi, le tasse pesanti ed altre calamità costringono molti italiani a restarsene a casa» (come oggi), e parecchi riminesi «comunque vivono con quello che hanno guadagnato durante la stagione dei bagni». Il turismo l'hanno inventato, con Claudio Tintori, quei conti Baldini che tutti amavano. Quando morì Alessandro, la città intera partecipò al funerale. Quando venne il re a Rimini, «la prima cosa che chiese fu: "Dov'è Baldini?"», ascolta dalla gente Evelina.
Ai conti Baldini, l'editore Ghigi dedica un ricordo: essi, scrive, «per realizzare il loro sogno che ha dato prestigio alla città, lavoro e benessere a migliaia di famiglie, hanno sacrificato il patrimonio personale fino a ridursi in miseria». Il loro comportamento fu «ben diverso da quello di molti capitani di ventura del mondo finanziario di oggi».
Antonio Montanari
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