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Don Giulio Canini e la guerra

La figura di don Giulio Canini è ricordata da Bruno Ghigi nel suo libro «La guerra a Rimini», per un episodio che è storicamente molto importante.
Siamo verso la fine dell'agosto 1944. Il sacerdote è parroco di Piandicastello, frazione di Mercatino Conca.
«Un giorno, don Sebastiano Cupioli parroco di Casinina, ci rivelò che una donna del paese che giornalmente era costretta, per conto dei tedeschi, ad andare a prendere acqua ad una sorgente al di là del fiume Foglia, conosceva il tratto di terreno che non era stato minato»: questo il racconto dello stesso don Canini, fatto a Ghigi.
«La donna era venuta in possesso della preziosa informazione, perché un giorno si era rifiutata di andare ad attingere l'acqua per paura delle mine. I tedeschi per convincerla a continuare, la tranquillizzarono, insegnandole lo spazio libero da mine».
Don Canini, don Cupioli ed altre persone di Casinina, tra cui un geometra che conosceva bene la zona, prepararono «una piantina dello spazio libero da mine», che fu poi cucita «nel bavero di una camicia del partigiano Luigi Pacini di Piandicastello, che attraversò le linee e la portò al comando inglese».
Quando, pochi giorni dopo, inizia l'offensiva alleata, per quel corridoio non minato passano i primi carri armati, sparando contro le gallerie fatte costruire dai nazisti per mano della popolazione precettata, nella montagna di Montecalvo in Foglia. In poco tempo, gli alleati raggiunsero Tavoleto e Castelnuovo.
Nell'intervista, don Canini ricorda pure di essere stato partigiano della 18ª Brigata Garibaldi, assieme a don Antonio Lisi, parroco di Onferno. [An.M.]

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