Riministoria
© Antonio MontanariAlberto Cousté e Sigismondo
Pasqua 1979: lo scrittore Alberto Cousté entra per la prima volta nel Tempio malatestiano, e ne riceve «un'impressione straordinaria». Resta affascinato dalla figura di Sigismondo. È come una folgorazione improvvisa. Al suo ritorno a Barcellona dove vive, decide di dedicare al signore della nostra città un romanzo che gli costa dieci anni di lavoro. Cousté, argentino di origine, 52 anni, è venuto a Rimini il 3 ottobre, in occasione della Giornata di studi malatestiani, ad illustrare questo suo libro, intitolato «Sigismondo», e tradotto in Italia per Longanesi da Luisito Pellisari, un insegnante riminese d'adozione. Non è una biografia o un'opera storica, spiega Cousté: «Uno dei pochi obblighi del romanzo è di essere verosimile, e non vero. Io non sono uno storico. Il mondo della novella deve riempire con la fantasia le lacune che ci sono nella storia. Fantasia e storia sono i due piani di ogni opera letteraria».
Cousté è stato presentato dalla prof. Rosita Copioli la quale, con finezza critica, ha introdotto questo romanzo che «ricrea un mondo che sembrava perduto», e rilegge un'età che ha molte analogie con il tempo presente. Cousté conferma: «Sigismondo vive in una terra di nessuno, come noialtri, dopo la fine di tante certezze. Probabilmente ora come allora, sta per nascere qualcosa di nuovo, di cui non siamo ancora consapevoli». I nostri tempi? «Non ho fiducia nel concetto di evoluzione, che non identifico nel progresso tecnologico. Si vive meglio. E basta.» Ma Platone batte ancora il cervello elettronico.
«Sigismondo è un perdente», spiega la signora Copioli. E, Cousté aggiunge che sono «i perdenti ad alimentare la Storia. I vincenti si adattano alle circostanze». Sigismondo come eroe ancora «attuale»: questa chiave di lettura del libro è stata proposta al pubblico, al termine della Giornata malatestiana, tutta dedicata al signore riminese, come fa notare il prof. Angelo Turchini a cui chiediamo un bilancio sulle relazioni presentate: «È la prima volta che, col patrocinio del Comune, si tiene in città una simile manifestazione. I lavori letti sono stati talora più che dignitosi, ed in alcuni casi belli. Nuove sono apparse le tematiche (economia, vita militare ed istituzionale); puntuali le analisi di alcuni ricercatori, per la ricostruzione di ambienti e personaggi, offerta al nostro ascolto. Altri hanno composto affreschi più generali. Novità sono emerse dai testi di Anna Falcioni, Antonio Piromalli, Vincenzo Fontana e Giulia Rizzolo». Secondo Turchini, «queste iniziative bisognerebbe farle più spesso, guardando fuori dalle mura cittadine. Nella nuova guida riminese dell'Apt, si parla di riminesità come di una categoria filosofica: qui invece si parla di Rimini per valorizzare la nostra storia, non per indulgere a costruzioni ideologiche o mitologiche tipo Amarcord».
Pienamente soddisfatto può dirsi l'editore Bruno Ghigi che è l'animatore di queste Giornate, conosciute in tutt'Europa ma fino ad ieri dimenticate da Rimini.
(Carlo Tonini scrisse che ci sono due grandi secoli nella storia di Rimini: il Quattro ed il Settecento. Proprio al '700, «Il Ponte» dedicherà un libro, proposto tra altri volumi come dono agli abbonati. Verrà presentato nel prossimo mese. Per ora, anticipiamo il titolo: «Lumi di Romagna - Il Settecento a Rimini e dintorni»).
Antonio Montanari
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