Riministoria
© Antonio MontanariIl martirio di santa Colomba
Nel 1675, il pittore cesenate Cristoforo Savolini detto Cristofanino, eseguì "Il martirio di santa Colomba", una pala posta sopra il coro, nell'altar maggior della chiesa cattedrale di Rimini, che era dedicata alla medesima santa e che sorgeva in piazza Malatesta.
La storia di questo dipinto ci permette di ripercorrere sommariamente le vicende di quasi tre secoli di storia cittadina. Ricaviamo i dati su Savolini da un articolo a lui dedicato da Giampiero Savini, nel n. 30/1990 di "romagna arte e storia", la nota rivista diretta da Pier Giorgio Pasini, giunta al suo XI anno di vita.
Cristoforo Savolini era nato nel 1639 ed aveva sposato nel '62 Caterina Dugaria, che era di un anno più giovane di lui. Morì a soli 38 anni. Antiche fonti parlano di Savolini come di un "insignis Pictor", di uno dei principali artisti del suo tempo, di un emulo del famoso Carlo Cignani bolognese.
I lavori riminesi di Savolini nella cattedrale furono due, la citata pala del "Martirio di santa Colomba" ed una "Sant'Anna con san Bonaventura", opera rimasta incompiuta (per la morte dell'artista, come spiega C. Ricci), e destinata alla terza cappella a sinistra del Tempio Malatestiano.
Questa cappella era stata inizialmente chiamata del Crocifisso, ma poi (scrive ancora C. Ricci), le venne mutato nome, e fu dedicata a sant'Anna, che Savolini doveva celebrare con il suo dipinto.
Questa cappella è passata alla storia per alcuni delitti che vi furono compiuti. Nel 1540, vi era stato ucciso Pier Matteo da Gaiano, "con tanto spavento del popolo che nel fuggire dalla chiesa molti si ruppero la testa e le gambe", come attesta un cronista del 1700, padre Francesco Antonio Righini da Rimino, dell'Ordine dei Frati minori conventuali, citato da Ricci, nel suo celebre volume sul "Tempio Malatestiano".
Nel 1622, nella stessa cappella, Salvo Contino fu ammazzato dal capitano Alessandro Ippoliti. Commenta Ricci: "In quei secoli bigotti e supestiziosi i delitti in chiesa non erano infrequenti!".
Ma torniamo al "Martirio di santa Colomba" che, in epoca napoleonica, venne trasferito nel Tempio di Sigismondo, e qui fu distrutto durante i terribili bombardamenti del 29 gennaio 1944.
Il 28 dicembre '43, come abbiamo scritto nel nostro "Rimini ieri 1943-1946", "il Tempio era stato soltanto sfiorato dalle bombe. Colpiti invece il seminario e il vescovado. Il rettore del seminario ed il portinaio furono travolti dalle macerie, e tratti in salvo dopo circa quattro ore. Don Angelo Campana quel giorno incontrò monsignor Vincenzo Scozzoli e monsignor Luigi Santa (i due vescovi della città, il vecchio e il nuovo), che "coperti di calcinacci uscivano da sotto le macerie del vescovado", in via Tempio malatestiano. I due presuli vollero andare a vedere il Duomo".
E il Duomo, in una città ormai irriconoscibile, viene mutilato il 29 gennaio 1944: "Emergente nel candore dei suoi marmi, è stato facile bersaglio", scriverà il can. Domenico Garattoni in un libro del 1951.
Del "Martirio di santa Colomba" è rimasta soltanto una vecchia fotografia che, come scrive Savini, "dà quello che può, ma che non di meno con le sue durezze lascia percepire la qualità, lo spessore delle nuove acquisizioni savoliniane": l'evidenza straordinaria dei particolari, l'impostazione dell'immagine 'ripresa' dal basso verso l'alto, il senso drammatico della sofferenza che va al di là di tante visioni edulcorate, tipiche della pittura tra Controriforma e Barocco. Nel volto della santa, ritroviamo quella "particolarissima tensione spirituale e psicologica" che Savini individua anche in altre opere del pittore cesenate.
Savolini, nel viso della santa, forse ha riproposto un ritratto della moglie Caterina.
Come si è già detto, questo dipinto risaliva al 1675, cioè all'anno che segnò per la cattedrale di santa Colomba la conclusione dei lavori di consolidamento e di ammodernamento. Su quest'antica cattedrale, ricaviamo da Ricci alcune notizie: "Grande e vecchia chiesa romanica che già nel 1295 aveva avuto il tetto rovinato" ("propter vetustatem", per la vecchiaia, come recita un documento riportato da L. Tonini), essa "poi era risorta a nuova vita pei restauri e gli abbellimenti provveduti dal vescovo Federico nel 1329. E s'era andata man mano ornando di dipinti, d'arredi e di cappelle".
La cattedrale riuscì a salvarsi dalla furia demolitrice di "Sigismondo che aveva costrutto la rocca dov'erano le sue case" e che aveva abbattuto l'antico Episcopio insieme a due cappelle, al vecchio battistero ed al convento di santa Caterina: "Egli non abbatté la vecchia cattedrale, né l'abbatté Cesare Borgia" che aveva proposto di riedificarla altrove, temendo che in caso di assalto alla rocca potesse venir danneggiata: e come lui la pensavano i Canonici che avevano espresso simili timori al papa Paolo III. "Né, infine, l'abbatté Clemente VII" che era stato consigliato in tal senso, nel 1526, da Antonio da Sangallo il giovane e dal Sanmicheli, per spostare la cattedrale nella chiesa di san Francesco, il che avvenne nel 1809.
L'antica cattedrale di santa Colomba "fu demolita nel 1815, quando il castello non minacciava più. Rimase solo il piedi il largo campanile, convertito in casa privata. E ai demolitori il giuoco del piccone piacque tanto", sottolineava Ricci ( nel 1924!), "che due lustri dopo si volsero ad esercitarlo ai danni del castello ".
Antonio Montanari
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