Riministoria
© Antonio MontanariLuigi Tonini
Cominciamo a 'raccontare' qualche libro e qualche scrittore della nostra terra, dedicando questa prima parte a Luigi Tonini ed alla sua storia di "Rimini avanti il principio dell'era volgare", apparsa nel 1848 e ripubblicata in edizione anastatica da Ghigi nel 1971.
La 'sigla' di questi articoli, va spiegata con alcune citazioni: "Io gli studi leggiadri/ talora lasciando e le sudate carte,/ ove il tempo mio primo/ e di me si spendea la miglior parte " (G. Leopardi, "A Silvia"); "Vuoi dunque sapere la mia malattia? Non so saziarmi di libri" (F. Petrarca, "Familiares", iii, 18); "La fatica perseverante e la continua applicazione sono il cibo del mio spirito; quando comincerò a riposare e a rallentare il mio lavoro, allora cesserò anche di vivere. ( ) Questa mia attività di leggere e scrivere è un riposo dolce che mi permette di dimenticare le fatiche più gravi. Non c'è cosa che pesi meno della penna, non c'è cosa più lieta; gli altri piaceri sono fuggevoli e dilettando fan male; la penna reca gioia quando la si prende in mano e soddisfazione quando la si depone " (F. Petrarca, "Seniles", xvii,2); "Il silenzioso dialogo con l'autore riserva sempre nuove sorprese Entrare in un libro è come aprire una finestra su un paesaggio, una città, un territorio sconosciuti " (G. Pontiggia); "Più passa il tempo e più son convinto che leggere sia il migliore dei giochi" (G. Dossena).
Luigi Tonini nasce a Rimini il 4 febbraio 1807. A 16 anni, perde entrambi i genitori, Francesco e Lucrezia Pedrizzi. Studia prima a Rimini e poi a Bologna, dove si iscrive alla facoltà di legge, dopo aver frequentato fisica e filosofia morale.
Ha una buona cultura. Si è formato un bagaglio tradizionale, in cui si mescolano retorica, logica e geometria, secondo i 'piani di studio' del tempo.
A 18 anni, ha compiuto un corso di istituzioni civili presso l'avv. Luigi Pani, che fu anche gonfaloniere (cioè sindaco) di Rimini. Prima di conseguire la laurea in legge, si è erudito nella lingua greca che va molto di moda in quel periodo pieno di echi classici.
A 23 anni, si sposa con Anna Bresciani, da cui avrà undici figli. Insegna diritto nel Ginnasio della nostra città. Presso la biblioteca Gambalunghiana è coadiutore dei direttori Luigi Nardi ed Antonio Bianchi.
Bianchi, originario di Savignano, dove è nato nel 1784, muore nel 1840: fu epigrafista e numismatico, le sue raccolte di iscrizioni si conservano manoscritte alla Gambalunghiana, ove la sua carica era durata soltanto tre anni.
Alla scomparsa di Antonio Bianchi, Tonini viene incaricato della direzione provvisoria della biblioteca civica. Soltanto nel 1853, ne diventa titolare effettivo. Muore nel 1874, in seguito ad una paralisi cerebrale.
Aveva svolto anche incarichi politici. Fu consigliere e magistrato municipale, quello che noi oggi chiamiamo assessore del Comune, e lo incontriamo tra gli 89 soci fondatori della locale Cassa di Risparmio, dove fu pure vicepresidente (1860-64) e consigliere. Cassiere della banca, è il marchese Audiface Diotallevi, alla cui morte Tonini annota nel suo Diario un crudele epitaffio: "Vita cavalleresca, preteso diplomatico, banchiere incapace".
Sulla porta della chiesa del Suffragio, per i funerali di Tonini venne apposta un'iscrizione in cui lo storico era definito "modestissimo nella meritata gloria, tutto ne' suoi studi ed alla cure della famiglia, uomo di antica tempra". Le esequie vennero celebrate dal vescovo mons. Luigi Paggi che nell'orazione ne lodò le virtù di studioso e di cittadino.
La Giunta comunale non accettò la proposta dello scultore Liguorio Frioli per un semibusto da 500 lire. Per mancanza di fondi di bilancio, ci si limitò ad una lapide sotto il palazzo del Municipio. Nel 1887, nella casa di Tonini, in piazzetta Ducale, fu inaugurata un'epigrafe come "segno d'onore" alla sua fama. Fama di cui ben presto i riminesi si dimenticarono, se è vero che dei resti mortali di Tonini non c'è più nessuna traccia al civico Cimitero.
Nel '94, gli fu intitolata una strada, già via S. Maria in Corte, più conosciuta come via del (vecchio) ospedale, posto nell'ex collegio dei Gesuiti, ora sede del Museo cittadino.
Luigi Tonini, tra 1848 e 1862, pubblica i primi tre volumi della sua storia riminese, "una delle più erudite e critiche" del secolo, secondo un giudizio di Carducci. Questi tre volumi coprono le vicende locali fino al 13° secolo. Postumi apparvero il 4° ed il 5° volume (dedicati a Rimini nella Signoria dei Malatesti). Il 6° fu compilato nel 1887-88 dal figlio Carlo (1835-1907), in base alle schede lasciate dal padre.
Carlo che alla morte del genitore 'eredita' il posto alla Gambalunghiana, scrisse un "Compendio della storia di Rimini" dalle origini al 1861, ed ebbe tredici figli.
A Carlo Tonini dobbiamo qualche notizia curiosa sul padre Luigi: così sappiamo che non amava allontanarsi da Rimini e che fece soltanto un viaggio di svago in Toscana. Fu a Parma, Modena e Ravenna per adunanze scientifiche, e non visitò mai Roma.
Carlo invece trascorreva le sue vacanze sopra la Grottarossa, nelle campagne del Covignano, giocando la sera a briscola e tressette con i contadini del posto. A Carlo Tonini è dedicata la scuola elementare di via Brighenti.
Un'immagine litografica di Luigi Tonini, opera di Vincenzo Zanni, è conservata nel Gabinetto delle stampe alla Gambalunghiana: il Nostro vi è ritratto con una barba e lunghi baffi che si stagliano su di un volto vagamente mazziniano.
Veniamo in breve a "Rimini avanti il principio dell'era volgare": al "Lettore Umanissimo" si rivolgeva Luigi Tonini, in una prefazione che spiegava com'era nata questa sua prima opera. E' una paginetta che, se letta in controluce, rivela una precoce attenzione alla cultura: Tonini, infatti, racconta qui che, fin dai suoi "più verdi anni", aveva osato mettersi "a così ardua impresa", con quel desiderio di conoscere l'antica storia riminese che non poteva essere soddisfatto dai testi allora esistenti.
Ed aggiunge, che "tanto insieme è poi il diletto, che sì fatta maniera di studj in fine accompagna, e viene a conforto nelle maggiori difficoltà, che io senza neppure avvedermene mi ci trovai appigliato con tutto l'animo".
E' un passaggio, classicamente impostato, sulla consolazione che nasce dalla cultura, tema che Tonini da attento, appassionato lettore doveva aver tante volte incontrato nel suo itinerario intellettuale.
Di questo suo atteggiamento, si ha un altro, spiritoso accenno, là dove racconta del suo addio "alla indigesta mole dei Digesti", cioè i testi classici del Diritto, prima di buttarsi a capofitto nella ricerca storica testimoniata dal "presente lavoro" condotto "se non a termine, molto innanzi però".
Quando Tonini, verso il 1833, venne a sapere che il "chiarissimo Bibliotecario Antonio Bianchi" era "già da più anni volto a lavori di patria Storia", abbandonò il suo lavoro che riprese soltanto nel '40, dopo la morte delle stesso Bianchi, "non è a domandare con quanto maggior calore", precisa Tonini, dichiarando di aver voluto scrivere non "pei soli dotti".
L'opera esce "pei tipi Orfanelli e Grandi", pubblicata in quattro 'dispense' ("distribuzioni", le chiama Tonini), tra il maggio '47 e l'aprile del '48, "correndo l'anno II del Pontificato di S.S. PIO IX, cui DIO faccia ognora più glorioso e felice".
Antonio Montanari
1991
Bibliografia essenziale:
N. Matteini, Rimini negli ultimi due secoli; G. Rimondini, A pubblico e proprio decoro; P. Rufa, Rimini stradario guida.
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