Riministoria© Antonio Montanari

Pier Giovanni Fabbri, "Cesena tra Quattro e Cinquecento"

Malatesta Novello, signore di Cesena, muore senza lasciare eredi il 20 novembre 1465. L'anno prima, è deceduto Pio II che nel 1463 aveva mandato "campo a Cesena", per convincere quei cittadini a passare sotto il diretto dominio della Chiesa, una volta scomparso il loro signore che era malato. I cesenati "se obbligarono" con il papa. E nel '65, infatti, Cesena capitola a Paolo II.

Nello stesso anno, Roberto Malatesta, nipote del defunto Novello, e "figliolo de Sismondo da Rimino, magniffico nell'arme… prese la signoria de Cesena, el dominio de ogne cosa sua e presto lasollo".

Roberto confidava nell'aiuto di Francesco Sforza, con cui scambiava lettere cifrate. All'indomani della morte dello zio Novello, Roberto scrive: "Questi signori preti fanno adunate assai di gente…", ed agita lo spauracchio di un intervento di Venezia. Mentre Roberto confida invano in un aiuto del lo Sforza, il milanese rassicura il papa della propria neutralità.

Gli altri signori romagnoli si schierano contro Roberto. Il 7 dicembre 1465, Roberto si arrende. L'8, entra in Cesena il governatore pontificio. La resa è giudicata una mossa saggia da Federico di Montefeltro. Abbandonato da tutti, Roberto era stato ingannato "da ogni homo", compresi i 500 fanti alle sue dipendenze". I patti firmati lo stesso 7 dicembre, lasciano a Roberto Malatesta, Meldola, le Caminate, Polenta con "quatro o cinque altre brichole".

Roberto il 13 scrive da Meldola allo Sforza che la colpa della sua sconfitta è dei patrizi cesenati i quali avevano convinto "citadini e contadini e tutto el populo minuto" a gridare "viva la chiesa, el populo e le libertà". I contadini si erano mossi per far cessare le razzìe e le scorrerie dell'esercito ecclesiastico. Il papa fa sapere a Roberto che non vuole la sua rovina, e lo invita a Roma per discutere la situazione. Ma quattro anni dopo, quando la Chiesa muove all'assalto di Rimini, "Cesena fu una buona base per far partire gli attacchi ai fianchi di Roberto Malatesta…".

Non aiutato quando poteva vincere, Roberto viene rimpianto dai cesenati dopo la sua sconfitta: il governatore pontificio Lorenzo Zane, arcivescovo di Spoleto, fa impiccare otto filomalatestiani. Il terrore doveva eliminare ogni avversario.

Ricaviamo queste notizie dal 1° capitolo di un interessante saggio di Pier Giovanni Fabbri, "Cesena tra Quattro e Cinquecento", Longo editore, lire 25 mila.

Nelle pagine successive, seguendo una cronaca stesa da Giuliano Fantaguzzi, ritornano i contrasti tra Rimini e Cesena. Alcuni cesenati vengono esuli a Rimini, sotto la protezione dei Malatesta. Tra questi esuli, c'è una Francesca Martinelli che impazzisce: essa "gettava i panni nel fuoco "cagando ne le pignatte", poi inforcava il cavallo nella stalla, speronandolo a sangue" e gridando "ghingari" (zingari) ai signori di Cesena, i Tiberti.

I Tiberti compiono scorrerie nei territori riminesi. Pandolfo, quando nel 1498 sventa una congiura contro di lui, "cominciò a sospettare che i riminesi esuli a Cesena avessero trovato una base nella città, per complottargli contro".

Sul finire del secolo, in Romagna si affaccia la figura del duca Valentino: i cesenati sperano che Cesare Borgia elimini le signorie di Forlì e di Rimini. Il 12 gennaio 1500, Forlì cade. Ma il 2 agosto, il duca Valentino viene proclamato Vicario della città di Cesena, in base ad un breve papale giunto il 27 luglio. Nella notte tra 27 e 28 luglio, molti nobili "fugirono commo putane fora da Cesena abandonando le cose e le robbe sue".

Poi toccherà a Rimini, di cui Cesare Borgia diventa duca nel novembre. Narra Guicciardini: con 700 uomini d'arme e 6.000 fanti, il Valentino "prese senza resistenza alcuna le città di Pesero e di Rimini, fuggendosene i suoi signori". (Storia d'Italia, V, II)

Pandolfo Malatesta scappò travestito a Bologna, dove aveva già mandato la moglie con i beni che aveva potuto raccogliere.

Antonio Montanari

 

SCHEDA/

Malatesta Novello, il cui vero nome era Domenico, fu fratello di Sigismondo Pandolfo. Il padre, Pandolfo signore di Brescia, li aveva generati con Antonia Barignani. Un terzo figlio, Galeotto Roberto, era nato dalla cesenate Allegra dei Mori.

Pandolfo di Brescia muore nel 1427, quando il nostro Sigismondo ha 10 anni. Carlo Malatesta, signore di Rimini, senza figli, ottiene da Martino V che i tre nipoti Domenico, Sigismondo e Galeotto siano legittimati nella successione. Carlo muore nel '29, ed i nipoti restano per tre anni sotto la tutela della sua vedova, Elisabetta Gonzaga.

Galeotto, che si dedica ad una vita di sacrifici e penitenza, assume il governo, immaginiamo contro voglia.

Quando contro i tre fratelli nel 1431 viene organizzata una sollevazione popolare, Sigismondo a soli 14 anni blocca ogni tumulto, e ferma Carlo Malatesta signore di Pesaro che mirava al possesso di Rimini.

Sigismondo, nel 1432, alla morte di Galeotto (che, lasciati il governo e la moglie Margherita d'Este, si era ritirato in un monastero a Santarcangelo), ebbe Rimini e Fano. A Malatesta Novello, andarono Cesena e Cervia.

Nel 1789, scriveva Francesco Gaetano Battaglini che la memoria di Malatesta Novello "a' Cesenati particolarmente grata riesce ancor oggi", perché aveva fatto costruire la "rinomata Biblioteca, i Molini pubblici e lo Spedale degl'Infermi".

Antonio Montanari

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