Riministoria
© Antonio MontanariGiovanni Antonio Battarra (1714-1789)
L'abate Giovanni Antonio Battarra (1714-1789) racconta che, nel 1741, mentre camminava con gli amici per recarsi a tenere lezione di filosofia in quel di Savignano, "città non ignobile" della diocesi riminese, inciampò in alcuni esemplari di funghi. Da quell' "incontro" casuale, nacque un interesse scientifico per la micologia, che portò il nostro abate a scrivere addirittura un trattato, in lingua latina, intitolato appunto "Storia dei funghi dell'agro riminese", opera che ebbe due edizioni, nel 1755 e nel 1759. Adesso per i tipi di Ghigi di Rimini esce una ristampa anastatica della seconda edizione, con una significativa aggiunta: la traduzione dal latino delle classificazioni operate dal Battarra, e riferite alle illustrazioni, che furono curate dallo stesso abate.
L'opera per cui finora Battarra era noto, è quella "Pratica agraria" dove l'autore racconta la vita nel suo podere di Pedrolara, a Coriano. Questa edizione della "Storia", curata da Pier Carlo Righetti, presenta anche alcune belle foto a colori della casa del Battarra a Pedrolara, tuttora ben conservata dagli eredi.
Di una certa suggestione è la porta dipinta dallo stesso Battarra, con graziosi effetti "trompe-l'oeil", come i due gatti a livello del pavimento, e la vecchia che guarda da dentro una finta finestra, incorniciata nel lato superiore.
La stessa maestria, si nota anche nelle tavole di rame incise da Battarra con un gusto che risente dell'interesse scientifico descrittivo, e della chiarezza didascalica che appartengono ai suoi tempi.
Nella copertina, Battarra volle che fossero inserite due simbologie animali: lince e civetta, che raffigurano la prudenza necessaria quando ci si accosta ai funghi. A proposito delle malattie che quelli velenosi provocano, il Battarra spiega che, in quanto sacerdote, non può prescrivere, pur essendo uno scienziato, alcuna medicina. Per questo motivo (al cap. V), pubblica una lettera del riminese Jano Planco, con i consigli sanitari ed i rimedi empirici necessari per guarire dagli avvelenamenti.
Pubblico professore di Filosofia, si qualifica Battarra nella copertina della "Storia", e tale viene pure definito nel ritratto dipinto da G.B. Costa, ove il Nostro appare elegante e solenne, mentre 'spiega' alcuni funghi.
Questa "Storia" non interessa soltanto i micologi. Essa ci offre infatti uno spaccato della cultura locale nel 1700, negli anni fondamentali per la diffusione di nuovi strumenti del sapere, e di nuove opere scientifiche. Battarra è il dotto che usa la lingua dei dotti, il latino, in quell'Italia dove, come scriveva Voltaire proprio nel 1759, "si confiscano alle porte delle città i libri che un povero viaggiatore ha nella sua valigia". Quindi, quel "carattere provinciale e chiuso del Battarra" (di cui parla Oscar Tani in una nota introduttiva al testo), rispecchia il clima dell'epoca, anche se poi il Battarra invitava a non farsi prendere dalla pigrizia che, diceva, assieme alla superbia, ostacola la conoscenza umana.
Antonio Montanari
1998
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