Riministoria © Antonio Montanari / Archivio

La famiglia. Usi e costumi della nostra gente.

Gli alunni della III F dell'Istituto "Roberto Valturio" di Rimini, nello scorso anno scolastico, hanno avviato un dialogo su questi temi, poche decine di minuti alla settimana, nei ritagli delle due ore di Storia ed Educazione Civica. Ne è venuta fuori una raccolta di testimonianze che siamo lieti di presentare. [a.m.]

INTRODUZIONE

1. La famiglia nella società ha sempre avuto un ruolo fondamentale, in particolar modo per quanto riguarda l'educazione dei figli.

Infatti, è proprio l'ambiente famigliare in cui il ragazzo vive, che condiziona il suo carattere e la sua personalità, e che quindi lo aiuta a crescere, determinando il rapporto con gli altri e l'inserimento nella società.

E' interessante osservare come, con il passare del tempo, il nucleo famigliare si sia più volte trasformato ed evoluto nella sua struttura ed anche nei rapporti fra i vari componenti della famiglia.

Oggi, un esempio lampante lo possiamo ricavare confrontando la famiglia moderna (quella in cui viviamo tutti i giorni), con quella dei nostri genitori ed ancora meglio con quella dei nostri nonni: la cosiddetta famiglia patriarcale.

2. Infatti, benché siano passati soltanto 50-60 anni, un periodo cioè relativamente breve, non si può negare che la famiglia sia totalmente cambiata.

Gli aspetti di questo nucleo famigliare 'antico', si possono delineare attraverso le notizie raccolte mediante interviste a genitori e nonni, che ci hanno dato la possibilità di sapere qualcosa di meno vago rispetto a quanto sapevamo della vita dei nostri genitori.

Questo lavoro ci ha permesso anche di capire che il mondo in cui viviamo noi, oggi, ha le sue radici in quelle determinate abitudini e in quei modi di vita.

3. Gli aspetti emersi dalla nostra ricerca, li abbiamo raggruppati attorno a questi temi:

a) organizzazione della famiglia e rapporto con i genitori; b) istruzione, cultura ed informazione; c) matrimonio e dote; d) economia; e) divertimenti, pranzi e feste.

4. L'importanza di questo lavoro, è stata soprattutto quella di farci capire che le persone, molto spesso, sono portate a non considerare degno d'importanza il passato, non rendendosi conto che tutto quanto viviamo oggi noi, non è altro che il frutto dei sacrifici delle generazioni passate.

Per questo fatto, non abbiamo, in nessun caso, il diritto di disprezzarle.

5. Non dobbiamo essere sicuri, poi, che la nostra famiglia sia migliore di quella di un tempo. Naturalmente, è vero che in essa il dialogo è più aperto, si parla più liberamente, si può facilmente continuare gli studi, ecc.

Ma, se da una parte abbiamo ottenuto tutto questo, dall'altra abbiamo perso certi valori importanti, come la solidarietà ed il vero legame famigliare, che sono stati sostituiti dall'indifferenza e dalla solitudine.

6. Questo ci deve far riflettere, e far nascere in noi una domanda: "Se nel giro di pochi anni il mondo è cambiato così velocemente e radicalmente, cosa accadrà di qui ad altrettanti anni?".

Il futuro ci deve preoccupare. Dobbiamo stare attenti perché, se i modi di vita cambiano alla pari delle mode, è importante che noi riusciamo a vivere la nostra vita rispecchiando determinati ideali.

7. L'esperienza di questo lavoro scolastico è stata molto utile anche a livello personale, perché dandoci l'opportunità di avvicinarci di più ai nostri genitori, ci ha fatto comprendere meglio la loro mentalità ed il significato di certi rimproveri che ci rivolgono. E ci ha fornito pure l'occasione di colmare in parte l'abisso che tende a crearsi tra generazioni diverse.

Classe III F - Anno scolastico 1989-90

Istituto "Robero Valturio" - Rimini

Capitolo I

L'organizzazione della famiglia ed il rapporto con i genitori

1. Colloquiando con mio padre, sono venuto a conoscenza di alcune cose che mi hanno fatto riflettere molto sul rapporto tra genitori e figli.

Personalmente, devo confessare di essere alquanto fortunato, perché, pur avendo genitori non molto giovani, ho instaurato con loro un rapporto aperto ed ampio, a differenza del rapporto che esisteva quando erano ragazzi i miei genitori.

In particolare, mi ha colpito il fatto che i genitori non parlavano molto con i loro figli, e se lo facevano, non erano molto aperti: infatti, c'era un clima di severità e di divisione tra le generazioni.

Il rapporto veniva ancora ulteriormente congelato se l'aspetto che si trattava era ad esempio il sesso, argomento che non era mai trattato.

Questa situazione è da collegare con le idee del tempo. Infatti, c'era il padre o comunque il più anziano che era a capo di tutto, e praticamente era come un catalizzatore nella vita famigliare. Tutte le decisioni dovevano passare sotto il suo giudizio.

In contrapposizione a questa situazione che tendeva ad unire le famiglie numerose, c'era invece un rapporto tra genitori e figli che si limitava soltanto alla prima, ma neppure importante educazione, e poi soprattutto a tramandare di padre in figlio il mestiere principale che sosteneva economicamente la famiglia; quindi nel complesso il dialogo non era molto approfondito.

2. Si parlava di meno nella famiglia patriarcale, rispetto ad oggi, perché allora c'era il terrore da parte dei figli di esprimersi a sproposito, e soprattutto perché s'imponeva su tutti l'immagine del padre serio, severo.

Ai genitori di dava del 'voi', perché si voleva evidenziare il rispetto che andava portato verso di loro. Di regola, il padre era più rigido della madre, mentre quest'ultima, specialmente nelle famiglie numerose, assumeva le mansioni di una serva.

I figlio dovevano lavorare e tacere. Una nonna racconta che in casa sua bastava lo sguardo del marito per far chiudere ogni discussione. E gli undici figli obbedivano in silenzio.

3. La famiglia patriarcale era molto numerosa. Erano gli anni del fascismo: e lo stato dava soldi a chi si sposava o chiamava i figli col nome del duce, e a chi aveva molti figli non venivano fatte pagare le tasse.

Una testimonianza di una nonna di 71 anni: "Nella maggior parte delle famiglie, la donna aveva la cura dei figli e della loro educazione. Gli uomini diventavano operai, contadini e soprattutto braccianti. Alcuni emigravano verso altri paesi, in cerca di un lavoro e di un avvenire migliore, lasciando moglie e figli in Italia".

Un padre di 63 anni: "In casa nostra eravamo in 23 persone, tra zii, genitori e cugini, mentre mia madre era la sorella maggiore di nove figli. La famiglia era priva di assistenza medica, in compenso aveva un gran senso religioso: infatti, tutti erano molto credenti. Mio zio, sentendo le campane dell'Ave Maria, smetteva per un momento di lavorare e si toglieva il cappello".

4. Una nonna di 75 anni: "Mio babbo morì che io ero la più piccola di quattro fratelli, allora la mamma decise di andare da mio zio, perché non riusciva a sostenere economicamente la famiglia. A casa dello zio, io dovevo rimanere sempre in casa, per fare le faccende, mentre tutti gli altri lavoravano fuori. Così io ero sempre quella con meno soldi, ed anche quando incominciai a lavorare, la maggior parte dei soldi che prendevo, li pretendeva mia madre. Quando mi sono sposata, non volevo andare ad abitare da mio marito, perché loro erano in molti: ma mio suocero non avrebbe mai permesso di sposarci se non fossi andata a vivere con loro… In quella casa, chi comandava era mio suocero, un uomo acido e severo che aveva un gran potere, tanto che lo chiamavo 'il generale'. Tutti i figli avevano una gran paura di lui, sua moglie era come una serva che non si lamentava mai, ed i figli davano sempre ragione a lui. Io ero l'ultima di quattro nuore, la mia camera era la più piccola: la più grande era toccata al primo figlio che si era sposato. A tavola, non sedevo vicina a mio marito, ma all'ultimo posto perché ero arrivata per ultima. Noi nuore, eravamo considerate come delle operaie che lavoravano, e tutti i nostri guadagni dovevamo darli al capofamiglia, che decideva come spenderli: ma lui comperava solo per la moglie e per i figli, e noi nuore dovevamo arrangiarci".

Prosegue al cap. 2.

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