SPECIALE Rimini 1799.
"il Ponte", settimanale, Rimini 1999


1. "Viva l'imperatore".
Sonetti del 1799 sulla liberazione di Rimini dai francesi


Anche due secoli fa, la Musa della Poesia aveva il suo bel daffare. Lavoravano a tempo pieno i torchi dei tipografi, per diffondere liete novelle e cantare i fatti del giorno, oltre le solite storielle di amori, delusioni e speranze del cor. I testi che presentiamo sono apparsi a Rimini tra il maggio ed il luglio 1799. Essi ci permettono di ripercorrere brevemente, come si diceva un tempo, una pagina di storia patria della quale ricorre il bicentenario.
Cominciamo dalla "Canzonetta" intitolata "Per lo sbarco degl'Imperiali nel Porto di Rimino, e sul loro ingresso nella Città il dì 30. Maggio 1799". I personaggi in essa citati sono due: il "forte Pottz" è il comandante della flottiglia imperiale; il Martiniz è un tenente della "Regio-Cesarea Marina", mentre l'Aprusa è semplicemente il nostro Ausa, allora fiume e poi torrente (oggi tombinato nella parte urbana). Le "generose Aquile" di cui si parla, rimandano all'aquila bicipite simbolo dell'impero.
Ecco il testo: "Verso le spiagge Adrìache/ Il forte Pottz sull'onda/ Vola; ed il Ciel seconda/ L'invitto Condottier. / Gl'arditi Legni avvanzansi/ Fra l'onda alto-confusa,/ Ride la verde Aprusa/ Nel cheto suo sentier./ Taciono i venti instabili/ E il Martiniz s'appressa,/ Fugge d'orrore oppressa/ La nuova Libertà./ Alzan la fronte intrepida/ Le sponde lusinghiere,/ Sbalzan l'amiche Schiere/ Ricche d'Umanità./ Le generose Aquile/ Il benefico volo/ Su questo afflitto suolo/ Già spiegano alfin./ Or non s'ascoltan gemere/ Le Madri addolorate:/ Le Vedove piagate/ Le man tolgon dal crin. / E in oggi oh come esultano/ L'amica Valle, e il Fonte! / Come più vago il Monte/ Splende di nuovi fior! / Spesso s'ode a ripetere/ Tra le bennate Genti,/ Tolti i timori e spenti, / VIVA L'IMPERADOR."
Seconda composizione, anonima come quella appena citata. Trattasi di un "Sonetto estemporaneo" anch'esso dal titolo un poco lungo: "Nel faustissimo arrivo delle truppe austriache nella città di Rimino il giorno 4 luglio 1799". Ecco il testo: "Queste, che sfidan già venti e procelle/ Genti intente a le reti, al remo, a l'amo, / Le amiche loro lasciando navicelle, / Fecer Fabert d'ardir ripiene gramo." (Fabert era il comandante francese nella piazza di Rimini. La prima strofa è dunque un inno alla marineria riminese che rende dolente il povero Fabert.) "E col favor delle propizie stelle/ Per esse salvi da periglio siamo, / Ché in fuga volta la turba rubelle/ Inni di grazie al grand'Iddio cantiamo./ O Forti, tocca a voi or queste mura/ Guardar da novo temerario insulto, / A voi che avete omai la Gallia doma." (I "Forti" sono i soldati imperiali.) "Dal pio Cesare fatta è già sicura/ Italia; e non andrà guari che inulto/ Non resti il fallo de l'infame Roma". (Curiosa quest'ultima strofa: alle lodi verso l'imperatore d'Austria, dopo il ringraziamento "al grand'Iddio", segue una specie di maledizione all'"infame Roma", il cui errore non resterà impunito... Ma a Roma comandava il Papa-Re: chi sarà mai questo pazzo d'un poeta riminese che inneggia all'imperatore, chiamandolo "pio Cesare" come al tempo medievale, e definisce "infame" la sede del Papato? Ma non erano tutti contenti che l'Austria venisse a combattere in nome della Religione? Questo poeta era un solitario o esprimeva idee diffuse? Che collegamento può esserci tra l'inizio del sonetto, in lode della marineria, e questo definire "infame" Roma? Quanti, di quella marineria, erano dello stesso parere?)
Terza composizione: "Nella solenne devota Processione di Maria Vergine della Misericordia venerata nella cattedrale di Rimino che si fa il giorno VII Luglio MDCCXCIX. Sonetto dedicato alle armi invitte dell'Augustissimo Imperatore F[rancesco] II dall'esultante popolo riminese": "Sono anni ed anni, che viviamo in mille/ Crudeli ambasce notte e dì gementi/ Né ancor le irate tue dolci pupille/ Si mostrano, MARIA, ver noi clementi? / Rinnova TU, ch'il puoi, gli alti portenti/ di tua pietade, onde cittadi e ville, / Al fulminar de' cavi bronzi ardenti, / Più non vadano in cenere e in faville. / Fallo, per noi non già, ma per quel frutto, / Che uscì del casto tuo materno grembo, / E rammenta che siam pur figli tuoi:/Che se di CRISTO il gregge fia distrutto/ Dal meritato formidabil nembo;/ Da chi sperar più altari e incensi puoi?".
Soltanto di quest'ultimo sonetto conosciamo l'autore: il "signor Pietro Santi", commerciante, e, come racconta Carlo Tonini, cultore di varie arti tra cui il disegno e la pittura. Amico del Bertòla, Santi lo ritrasse nel dipinto che ora è conservato nel Museo civico: è l'immagine più bella che abbiamo dell'irrequieto e sfortunato poeta riminese.
(A proposito di pietà religiosa, c'è un documento cesenate del 1797, pubblicato nel 1982 da "romagna arte e storia" n. 6, in cui si racconta che "i masnadieri sono divisi in due bande: una prende possesso de' paesi conquistati, in nome del Papa; l'altra non vuol sentire parlare né di Papa né di repubblica, e sembra avere in mira di erigersi in sovranità indipendente. Tutti però gl'individui delle due bande professano la più alta devozione alla Beata Vergine, di cui portano l'immagine nel cappello, e in nome della quale assassinano piamente quelli che credono di contrario partito". Questo passo è riportato anche nel recente volume di M. Viglione, "Rivolte dimenticate", in nota ad passo in cui c'è una notizia fortemente 'dubbia': "solo i paesi di Tavoleto e Sogliano fornirono più di 1.300 insorgenti".)
Note.
La cattedrale di Rimini della quale si parla nel testo, era la chiesa di San Giovanni Evangelista (detta di Sant’Agostino). La vecchia cattedrale era stata ridotta, nel 1798, a caserma: essa sarà demolita nel 1815. Nel 1809 la cattedrale viene trasferita nel Tempio Malatestiano, ove si trova tuttora, ad opera del Vescovo Ridolfi.
Gli originali delle composizioni riportate, sono nella Biblioteca Gambalunghina di Rimini (Fondo Gambetti Stampe Riminesi).
Antonio Montanari
[Il Ponte n. 33, 19.09.1999]


2. I marinai in rivolta.
Nicola Giangi, Cronaca del 1799


Presentiamo un estratto della "Cronaca" scritta da Nicola Giangi, relativa al 1799. L’originale è conservato nella sezione dei manoscritti della nostra Civica Biblioteca Gambalunghiana, con la segnatura SC-MS 340. Riproduciamo il testo fedelmente all’originale.
14 marzo, "Questa sera ho cessato di esser Municipale".
30 maggio, "Insorgenza. Oggi è stata una giornata delle più cattive. A mezzo giorno circa sono venute in Terra tutte le Barche Pescareccie, unitamente ad una Barca Canoniera dell’Impero; tutti li marinari hanno impedito che si spari un Canone contro la Barca Canoniera, hanno messo à sassate il Comandante Fabert Francese, e il Comandante Sirò Cisalpino, e bastonati varj Soldati Piemontesi, fatto [,] li detti Pescatori, con li birbanti di Città sono andati a dar il sacheggio à due Boteghe di Ebrei, abbruciati gli Arbori di Libertà, e dato il sacheggio al Palazzo Publigo, rubato tutto quello che vi era in detto Palazzo, e rotto ogni cosa. Tutte le Boteghe, case e fenestre levate; un chiasso, un susuro ben grande. Il Tenente Carlo Martiniz Capo della Barca Canoniera ha in parte sedato il tumulto. La notte però varj ladri particolari armati sono andati in Casa Lettimi, e in Casa Ferrari à voler del denaro".
31 maggio, "Oggi è stata un’altra giornata di gran funesta; verso mezzo giorno si è saputo che il Conte Fabert Francese con circa 150 soldati Piemontesi, e altri di suo seguito veniva con un canone avanti per entrar in Città. Tutti li nostri Solevati, con li Contadini ed alla testa il Tenente Carlo Martiniz sono andati in contro con canone, ed hanno fugati li Nemici, col far prigionieri sette, e morti si dice altrettanti; vanno dietro al Comandante, e tutti gli altri si sono dispersi; questa sera hanno fatti prigionieri altri, e presi due pezi di canone. La nostra popolazione è molto riscaldata. Il nostro vescovo Feretti ha fatto un fervorino sulla Piazza della Fontana al Popolo, ha fatto liberare il Padre, ed il Figlio Zavagli dall’arresto, ed ha creato unitamente al popolo un Magistrato, ed il Comandante Civico. Il Magistrato è composto di 5 sogetti: Ercole Bonadrata, Marco Bonzetti, Girolamo Soleri, Carlo Zollio, e Giuglio Cesare Bataglini, ed il Comandante Giovanni Battista Agolanti. La residenza del Magistrato è in Casa Gambalunga". [Questo "Magistrato" è la Reggenza provvisoria, n.d.r.]
1 giugno, "Si sono fatti molti Prigionieri; si sono messi in aresto varj creduti Giacobini. La sera si acendono li lumi per tutta la città".
2 giugno, "Seguita esser in armi li solevati, cioè li Paroni, e la Ciurmaglia del Paese, sono venute altre due Canoniere".
3 giugno, "Si sono portati dei Canoni alle Porte, e si fa continua guardia; li Marinari seguitano star in terra, e a far la ronda, e guardia. Hanno condotto da Campagna in aresto la Signora Barbara Belmonti, ma subito è stata in libertà".
4 giugno, "Seguitano li Pescatori a far la guardia. In questa sera sono venuti in casa mia due Canonieri all’ore 22 circa con scusa di cercar le armi, ma poi volevano condur il Padrone in aresto, in vece mia andò mio Fratello, ma fu rimandato a casa apena escito, avendole prima chiesto del denaro. La paura fu grande di tutta la famiglia. [Il testo che segue è nell’originale in un corpo più grande rispetto a tutto il resto, n.d.r.] Lascio io Nicola Giangi in perpetua memoria à miei Posteri che li Pescatori si sono dichiarati miei Nemici, e che a tutto costo mi volevano, o mi vogliono in aresto. L’inimicizia nasce per quanto si dice, che quando ero Municipale, e che vi fù la racluta [recluta, n.d.r.] fui io quello che fece metere li Pescatori nella racluta".
5 giugno, "[…] In questa sera ho preso due vuomini miei Muratori à far la guardia in mia Casa di notte. […]".
7 giugno, "Seguita à far la Guardia li nostri Pescatori. La sera si seguita a tener li lumi accesi".
8 giugno, "E’ venuta la nova d’essersi Pesaro liberata dai Francesi, sono andati anche dei nostri Insorgenti a Pesaro. Il fù Padre Arcangelo Chiodi Pavolotto ha predicato in Piazza, che siano ubidienti al Magistrato, colle Leggi: si fece molto ridicolo. Non si pagano dazj, e nemeno bolette del Macinato".
11 giugno, "Seguita li Pescatori à far guardia".
12 giugno, "[…] si ritorna a pagare li dazj […]".
14 giugno, Fano è in mano di Russi, Turchi ed Insorgenti: a Rimini "seguita a far guardia li Paroni".
17 giugno, "Aresti. Un’ora dopo mezzo giorno hanno messo in aresto, e condotti à Marina li seguenti: Luigi, Arcangelo e Tomaso Fratelli Signorini, Lodovico Belmonti, Padre Canuti ora Prete, Tito Caradori, Pelegrino Turchi, Giuseppe Fosati, Cupers il Figlio, Scopoli, Barchetti, e Gaetano Bataglini. Aveano giorni fà messi in aresto Coranucci, Paladino Sbirro, e Fontana Sarto, ma dopo pochi giorni furono lasciati". [Lo Scopoli di cui si parla è il dottor Giovanni Scopoli, che risulta presente a Rimini già nella primavera del ’98. Il 16 dicembre 1802 Scopoli sposa Lauretta Mosconi, figlia naturale del poeta riminese Aurelio De’ Giorgi Bertòla].
18 giugno, "[…] aresto del Pavolotto Padre Bordi, condotto a Cesena" [e liberato il 19].
20 giugno, "Sono andati in mare parte dei Pescatori. Sono stati arestati tutti quelli che son venuti da Sinigaglia [presa il giorno prima; n.d.r.], e che avevvano dato il sacco, avendo a tutti levata la robba derubata. E’ partito per Cervia il Vescovo di detta Città in compagnia del signor Luigi Ferrari". [Il Vescovo cervese, mons. Gazzola, è giunto a Rimini per calmare le acque. Il 19 giugno ha pubblicato un proclama alla locale marineria con l’ordine di esercitare "il mezzo mestiere", dividendosi i compiti, ed alternandosi in essi: la metà dei marinai in mare "a procacciarsi il vitto", e "l’altra metà alla difesa" di Rimini.]
21 giugno, "Sono andati in mare la metà circa dei Pescatori. 28 bastonate sul Culo a Figlio di Franchini di S. Arcangelo per aver fatto una satira contro l’Imperatore. 16 bastonate sul Culo ad un contadino per aver rubato".
23 giugno, a Senigallia sono ritornati i francesi: "27 barchette cariche di gente fuggita da Sinigaglia e Fano".
24 giugno, "Partono molti insorgenti per Pesaro".
25 giugno, "Vanno a Pesaro degli Insorgenti. Si accendono ogni sera i lumi alle fenestre".
28 giugno, "Sono stato condotto in aresto da Pescatori solevati à marina in Barca, unitamente a Giuseppe Bornacini, Vincenzo Tonini, Padre e Figlio Antonio Zavagli, dottor Drudi, Vittorio Marchi, e molti altri: con Luzietta Pivi. Sono stato liberato dall’aresto assieme al dottor Zavagli e Luzietta dopo un giorno". [Giangi parte per Trieste il 29 giugno e fa ritorno a Rimini il 4 agosto.]
5 agosto, "Fatta la pace".
25 agosto, "In vece del Magistrato comanda la Reggenza nostra" [imposta dal popolo il 31 maggio].
4 settembre, mandati in esilio alcuni riminesi, tra cui Michele Rosa.
13 gennaio 1800, Consiglio Generale. Ritorna cioè la vita amministrativa normale.
Antonio Montanari
[Il Ponte n. 35, 03.10.1999]


3. Nelle carceri di Rimini. Documenti inediti
I detenuti riminesi del 1799. Ventotto persone, tra cui tre donne


Fino al 1825 le carceri di Rimini si trovavano dietro al palazzo del Comune, a contatto con l’ufficio del Monte di Pietà: in quell’anno furono trasferite nella Rocca malatestiana fatta costruire da Sigismondo.
Duecento anni fa, nel 1799, le nostre carceri ospitavano ventotto persone, come risulta da un documento inedito che si trova presso l’Archivio Storico Comunale della città, e dal quale apprendiamo che si trattava di ventiquattro uomini, un sacerdote e tre donne.
Cominciamo da queste ultime. Sono Teresa Urbinati di Coriano e Cattarina Bertozzi di Longiano entrambe responsabili di "lajdezze" e di "contravvenzione d’esilio"; e Maddalena Cevoli di San Clemente, colpevole d’infanticidio.
Il sacerdote è Don Piero Rombolotti del Territorio del Pallio di Urbino, per furto sacrilego e "mala qualità".
Tra gli altri ventiquattro carcerati di sesso maschile incontriamo quattro detenuti "per furti", due "borsaroli", poi tre altri accusati (o giudicati, non sappiamo) rispettivamente per sparo, rissa e furto sacrilego. Infine ci sono quindici militari di cui uno francese.
Il documento non ha una data precisa. L’anno (1799) lo si ricava dalla lettura dell’elenco dei detenuti. Nella parte del documento relativa ai quindici militari, ci sono alcune precisazioni che ci potrebbero indicare come esso sia stato compilato prima dell’arrivo degli austriaci (30 maggio). Nel gruppo dei quindici ci sono "otto individui bresciani" condannati e "spettanti al Capitano Rellatore del Consiglio di Guerra"; "altri due Cispadani […] a disposizione come sopra"; "altri tre Carattari spettanti come sopra"; il "Commissario Santamer" e Giuseppe Squadrini di Rimini "arrestati il 14 febbraio a disposizione come sopra".
Soltanto i due Cispadani sono descritti "in Secreta", mentre per gli otto bresciani si parla di detenzione "alla Larga". Non si precisa nulla per le altre persone.
Circa il "Commissario Santamer", si può supporre che si tratti di uno degli agenti francesi che avevano preteso contribuzioni indebite. Si potrebbe collocare così il documento nel periodo di metà maggio ’99, dopo lo stato d’assedio proclamato dal generale Lahoz per tutto il Dipartimento del Rubicone, e durato dal 4 al 13 dello stesso maggio. E quindi prima della liberazione della città da parte della marina imperiale e del saccheggio del Palazzo pubblico per opera degli insorti riminesi.
Antonio Montanari
[Il Ponte n. 36, 10.10.1999]


4. I verbali della rivoluzione del 1799
Documenti inediti conservati nell'Archivio Comunale di Rimini


Abbiamo già letto nella "Cronaca"; di Nicola Giangi (vedi "il Ponte", 3.10.1999) che il 31 maggio 1799 il Vescovo di Rimini mons. Ferretti creò "unitamente al popolo un Magistrato, ed il Comandante Civico». Il Magistrato era composto da cinque persone: Ercole Bonadrata, Marco Bonzetti, Girolamo Soleri, Carlo Zollio, e Giulio Cesare Battaglini. Il Comandante Civico era Giovanni Battista Agolanti.
Sugli eventi della primavera del 1799 esistono inediti verbali dell'Archivio Storico Comunale di Rimini, che presentiamo in questa nota. Sono atti ufficiali molti utili per comprendere come siano andate effettivamente le cose.
In un primo momento "il popolo richiese a Monsignor Vescovo, che gli avesse nominato de' soggetti per una nuova Magistratura Provvisoria». Monsignor Ferretti rispose "che il Popolo li avesse nominati da sé».
Fu così che un'improvvisata assemblea parlamentare, come diremmo oggi, decretò il nuovo governo della città. Siccome tutto veniva fatto in violazione della legge in vigore, è un vero e proprio colpo di mano, che rassomiglia ad una specie di soviet ante litteram, il quale cerca di realizzare una specie di libero comune di stampo medievale, slegato da ogni altra autorità costituita.
Il popolo, dopo il rifiuto del Vescovo, nomina i nuovi cinque Magistrati provvisori già indicati all'inizio. A sua volta monsignor Ferretti fa presente che "alcuno forse degli acclamati non avrebbe accettato». La risposta dell'improvvisata assemblea è perentoria: "il Popolo fece sentire, che avrebbero dovuto accettare per forza», leggiamo nel verbale (datato 1° giugno '99).
I cinque prescelti "attese le sopranotate circostanze s'indussero […] a prestarsi alla trama del Popolo con assumere la Magistratura sebbene in tempi così difficili, affine di evitare mali maggiori».
La ripresa della normale attività amministrativa avviene soltanto a partire dal 13 gennaio 1800, come già ha raccontato Giangi. Quel giorno, nel registro dei Consigli Generali della Municipalità si redige il primo verbale dopo quello del 3 febbraio '97, steso all'antivigilia del "Governo Francese» instaurato in città dai militari di Napoleone.
Il 28 gennaio 1800 è nominato il nuovo Governatore nella persona di Luigi Brosi (si tratta del vecchio Governatore fuggito da Rimini il 2 febbraio '97 assieme al Vescovo Ferretti). Il 31 gennaio Marco Bonzetti (che nel frattempo aveva ricevuto una speciale delega imperiale), nomina i sei nuovi Consoli della città (due in meno rispetto a quelli del Governo pontificio), perché il Consiglio non riesce a trovare un accordo su tutti i nomi: sono cinque nobili ed un borghese. La rivoluzione dei marinai era così conclusa.
Antonio Montanari
[Il Ponte n. 39, 31.10.1999]



Appendice 1.
Elenco de’ Partigiani della Francia. Sonetto


Scismatici, Appellanti, Giansenisti,
Perfidi Ebrei, Cattolici mentiti,
Apostati rubelli, e Fuorusciti,
Luterani, Ugonotti, Calvinisti,
Politici malnati, e rei Statisti,
Ciurmatori, Buffoni, Parassiti,
Ruffiani, Sanguinarj non puniti,
Miscredenti, Mastini, ed Ateisti,
Preti ignoranti, e Frati malcontenti,
Giovani scapestrati, e Vecchi insani,
Teste sventate, e spiriti insolenti,
Torbidi ingegni, e cervellacci strani
Or dati alle rapine, e ai tradimenti,
Questi son della Francia i Partigiani.


Appendice 2.
I detenuti riminesi del 1799
Ventotto persone, tra cui tre donne


Fino al 1825 le carceri di Rimini si trovavano dietro al palazzo del Comune, a contatto con l’ufficio del Monte di Pietà: in quell’anno furono trasferite nella Rocca malatestiana fatta costruire da Sigismondo.
Duecento anni fa, nel 1799, le nostre carceri ospitavano ventotto persone, come risulta da un documento inedito che si trova presso l’Archivio Storico Comunale della città, e dal quale apprendiamo che si trattava di ventiquattro uomini, un sacerdote e tre donne.
Cominciamo da queste ultime. Sono Teresa Urbinati di Coriano e Cattarina Bertozzi di Longiano entrambe responsabili di "lajdezze" e di "contravvenzione d’esilio"; e Maddalena Cevoli di San Clemente, colpevole d’infanticidio.
Il sacerdote è Don Piero Rombolotti del Territorio del Pallio di Urbino, per furto sacrilego e "mala qualità".
Tra gli altri ventiquattro carcerati di sesso maschile incontriamo quattro detenuti "per furti", due "borsaroli", poi tre altri accusati (o giudicati, non sappiamo) rispettivamente per sparo, rissa e furto sacrilego. Infine ci sono quindici militari di cui uno francese.
Il documento non ha una data precisa. L’anno (1799) lo si ricava dalla lettura dell’elenco dei detenuti. Nella parte del documento relativa ai quindici militari, ci sono alcune precisazioni che ci potrebbero indicare come esso sia stato compilato prima dell’arrivo degli austriaci (30 maggio). Nel gruppo dei quindici ci sono "otto individui bresciani" condannati e "spettanti al Capitano Rellatore del Consiglio di Guerra"; "altri due Cispadani […] a disposizione come sopra"; "altri tre Carattari spettanti come sopra"; il "Commissario Santamer" e Giuseppe Squadrini di Rimini "arrestati il 14 febbraio a disposizione come sopra".
Soltanto i due Cispadani sono descritti "in Secreta", mentre per gli otto bresciani si parla di detenzione "alla Larga". Non si precisa nulla per le altre persone.
Circa il "Commissario Santamer", si può supporre che si tratti di uno degli agenti francesi che avevano preteso contribuzioni indebite. Si potrebbe collocare così il documento nel periodo di metà maggio ’99, dopo lo stato d’assedio proclamato dal generale Lahoz per tutto il Dipartimento del Rubicone, e durato dal 4 al 13 dello stesso maggio. E quindi prima della liberazione della città da parte della marina imperiale e del saccheggio del Palazzo pubblico per opera degli insorti riminesi.

Antonio Montanari

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Aggiornata
26.09.2013, 17:45