Per gentile concessione del sito www.ilnido.org
Neonati prematuri
Tradotto dal testo di Helen Harrison e Ann Kositsky, "The Premature Baby Book - a Parent's Guide to Coping and Caring in the first years", Edizioni St. Martin's Press
in
vendita on line presso:
Amazon
Traduzione di Sara
a gentile concessione del sito www.ilnido.org
Fate click sull'icona se desiderate effettuare il download di una traduzione più completa
Qualche statistica: Nella casistica dei parti prematuri il peso dei bambini varia da 400 grammi a tre chilogrammi e mezzo e la loro nascita si verifica tra la 25^ e la 36^ settimana di gravidanza. Il loro periodo di degenza varia da alcuni giorni a quattordici mesi. Statisticamente, le bambine se la cavano meglio dei maschietti a parità di condizioni: non solo sopravvivono in numero maggiore, ma hanno successivamente meno problemi legati allo sviluppo o riportano meno lesioni rispetto ai bambini.
Solo negli Stati Uniti la percentuale dei bambini nati prematuramente varia tra il 6 e l’8%; spesso vengono chiamati "prematuri" anche i bambini che nascono a gravidanza compiuta (cioè tra la 38^ e la 42^ settimana), ma che pesano meno di 2 chili e 500 grammi. Se si aggiungono alla statistica anche questi neonati a rischio e sotto peso, l’indice di prematurità aumenta al 10% per i bianchi e al 20% per i neri. Ogni anno negli Stati Uniti nascono tra 300.000 e 350.000 bambini sotto peso, rendendo attualmente la prematurità uno dei maggiori problemi per ostetrici, pediatri e genitori, eppure i libri che trattano di gravidanza, parto e cura del bambino fanno poco per preparare la futura madre a questa possibilità.
A molti di noi l’idea di un neonato prematuro evoca l’immagine di un bambino appena più piccolo del normale che trascorre alcuni giorni, dopo la nascita, nel calore di un’incubatrice. In effetti, spesso è così per quanto riguarda i bambini nati solo poche settimane prima della data prevista.
E’ vero, alcuni neonati molto piccoli (ma ben sviluppati) sopravvivono senza cure mediche specifiche. Fino a non molto tempo fa, però, la maggior parte dei neonati prematuri molto piccoli moriva. Solo negli ultimi dieci o quindici anni lo sviluppo di tecniche mediche sofisticate ha reso possibile la sopravvivenza di un numero relativamente ampio di bambini prematuri.
I reparti di terapia intensiva neonatale riferiscono dei tassi di sopravvivenza che variano dall'80 al 90% dei casi. Anche quei bambini che pesano a mala pena un chilo e che fino a dieci anni fa sarebbero sicuramente morti hanno oggi il 50% di probabilità di ristabilirsi.
Esistono delle statistiche anche riguardo i genitori dei bambini prematuri: reazioni come il senso di rifiuto o i sensi di colpa potrebbero cristallizzarsi in modo permanente e ledere il benessere mentale della coppia, l'unione e il rapporto tra genitori e bambino. Questa ipotesi trova riscontro nella percentuale di divorzi superiori alla norma tra i genitori di neonati prematuri o ammalati, oltre che nelle statistiche riguardanti, purtroppo, gli abusi sui minori. Può sembrare impossibile che un genitore colpisca un figlio che è ancora più bisognoso del suo aiuto, eppure il mancato superamento del senso di distacco e di rifiuto possono portare a dei maltrattamenti psicologici o fisici del bambino. Le statistiche relative agli abusi sui minori dimostrano infatti che il bambino prematuro è oggetto di abusi più spesso dei coetanei nati a termine.
Tuttavia la nascita prematura di un bambino non deve essere interpretata come qualcosa dalle conseguenze necessariamente gravi per tutta la famiglia: molti genitori, soprattutto quelli che hanno già superato l'esperienza, hanno dichiarato di esserne usciti emotivamente più forti e più vicini al partner e al bambino, per il fatto di aver affrontato assieme questa prova. Inoltre un elemento che è risultato ridurre le percentuali di divorzi e di abusi è stato lo stabilire un rapporto immediato e frequente con il neonato.
Conseguenze: Nei casi di prematurità grave (nascita prima della 34º settimana) sono presenti dei grossi rischi connessi all'immaturità dei vari organi ed apparati.
In ogni caso, il primo problema da affrontare alla nascita è quello della termoregolazione, infatti il neonato prematuro può presentare difficoltà a mantenere la temperatura corporea idonea sia per la termodispersione (maggiore superficie corporea rispetto alla massa) sia per la scarsezza dei depositi di grasso, nonché per l'immaturità dei centri nervosi per la termoregolazione.
Per questo motivo i bambini prematuri, così come quelli sottopeso, vengono collocati nelle incubatrici, piccoli ambienti dalla temperatura e grado di umidità controllati.
Inoltre, sempre per la scarsità dei depositi energetici e per l'immaturità del fegato, possono presentare ipoglicemie (livelli estremamente bassi di zucchero nel sangue) che devono essere trattate per evitare complicanze. Anche il livello del calcio può diminuire nel corso delle prime ore di vita.
Il bambino prematuro presenta inoltre una maggiore vulnerabilità alle infezioni.
Chiaramente il timore principale di ogni mamma e papà è che il neonato non sopravviva, tuttavia in molti si chiedono invece in quali condizioni vivrà. Il parere dei medici può influenzare enormemente le loro speranze. Alcuni genitori di bambini che presentavano complicazioni avevano la sensazione di ricevere dai medici dei giudizi troppo ottimistici sulla probabile guarigione del figlio. In diversi casi ai genitori non era proprio stato detto che il loro bambino, prematuro e gravemente ammalato, avrebbe potuto avere dei problemi in futuro. Tale omissione ha ritardato la loro ricerca di un aiuto per il bambino.
In ogni caso gli eventuali problemi neurologici o altri handicap sono difficilmente prevedibili nel periodo in cui il neonato è ricoverato in terapia intensiva. Si è verificato spesso che, di due bambini di uguale peso e con le stesse complicazioni alla nascita, uno crescesse normalmente, mentre l’altro restasse gravemente danneggiato. Devono trascorrere dei mesi oppure degli anni prima che i genitori possano avere un’idea esatta della riuscita del bambino. Nel frattempo ogni fase dello sviluppo presenta una crisi potenziale. Il rifiuto può diventare purtroppo uno stratagemma costante dei genitori per cercare di affrontare quelle sensazioni di ansia e incertezza che, in genere, sono destinate a durare a lungo.
Bisogna prestare attenzione affinché i propri timori di genitori non assumano connotazioni ossessive, come testimonia una mamma: "Continuavo ad aspettarmi il peggio; ogni cosa che la bambina faceva o non faceva mi sembrava la prova di un danno cerebrale. Qualunque cosa succedesse mi sembrava dovuto alla sua prematurità. Ci vollero anni perché mi tranquillizzassi, cosa che avvenne quando finalmente raggiunse i suoi coetanei."
Se il bambino può andare incontro a delle conseguenze di tipo fisico, non sono nemmeno da sottovalutare gli esiti psicologici della mamma: il bambino accidentalmente nato prematuro è talmente diverso da come lo immaginava la madre da impedirle di credere che quel neonato, simile a un feto, che vede nell’incubatrice sia effettivamente suo. Deve tornarsene a casa a mani vuote, mentre il suo bambino è accudito da estranei. Anche la nascita in sé non è stata quell’esperienza appagante che immaginava.
Se una madre aveva progettato il parto naturale, avrà trovato particolarmente deludente la nascita pericolosa e "tecnologica" del figlio. Alcune donne si sono trovate a dover trascorrere delle settimane in ospedale, dove venivano somministrati loro dei medicinali per fermare le doglie. Molti bambini prematuri vengono alla luce con il taglio cesareo. In ciascuna di queste situazioni la mamma resta in balia dei medici per poi rimanere separata dal figlio per una settimana o per più tempo ancora. In quell’arco di tempo le necessità dei bambini non vengono soddisfatte dai genitori, bensì da medici, infermieri e apparecchiature che li mantengono in vita, esperienza che per i neo-genitori è deprimente e frustrante.
Ad aggravare la depressione contribuisce anche l'affaticamento fisico. Mentre la mamma di un bambino nato normalmente torna a casa con lui e può riposarsi e riprendersi dalle fatiche del parto, la mamma di un neonato prematuro inizia a fare la spola tra la casa e l’ospedale, stancandosi ulteriormente. Inoltre può succedere che, poiché non si sente effettivamente madre, trascuri le cure del puerperio, per finire ancora più provata fisicamente ed emotivamente. A ciò va aggiunta la normale depressione post - partum, con sintomi come la tensione, l’ansia e la tristezza. Si ritiene che queste sensazioni siano dovute al brusco cambiamento ormonale successivo al parto e la prematurità di una nascita non altera in alcun modo questa variazione chimica post - partum. In effetti la mamma di un bambino prematuro, la quale ha già le sue buone ragioni per essere turbata, è ancora più vulnerabile.
Shock: A volte tutto può avvenire all’improvviso, ad esempio, ci si rivolge al medico per quella che può essere scambiata per una banale indigestione e si scopre di avere invece le doglie. In altri casi, invece, c’è forse un preavviso, forse si è reso necessario un ricovero. In qualunque modo accada, una nascita prima del termine è sempre un duro colpo, nessuno vi è veramente preparato. Poche madri hanno mai visto un neonato prematuro o hanno sentito parlare di terapia intensiva neonatale. Molti ospedali sono sprovvisti di questo reparto e i bambini che necessitano di cure intensive sono trasferiti in grandi centri ospedalieri cittadini. Anche se l’ospedale della futura mamma è dotato di un reparto di terapia intensiva, difficilmente può averlo visto, perché non rientra nel programma del corso pre-parto, in quanto l’esperienza la turberebbe troppo. Chiunque resterebbe traumatizzato al primo impatto con il reparto di rianimazione neonatale, con la sua tecnologia fantascientifica, il vocabolario incomprensibile dei medici, la vista di neonati piccolissimi attaccati a macchine enormi. Quasi tutte le donne incinte si preoccupano della possibilità di avere un bambino che non sia normale oppure di perderlo per un aborto. Quando una madre in attesa pensa al suo bambino, di solito immagina dei casi limite: nell’ipotesi peggiore lo pensa con le malformazioni più gravi, altrimenti immagina il bambino perfetto della pubblicità. La triste situazione intermedia, invece, in cui ci si trova dopo un parto prematuro, è probabilmente l’unica che non sia stata presa in considerazione. La madre ha di fronte un bambino che è ben diverso dal neonato ideale che aveva immaginato, che sarebbe anche normale e sano per lo stadio dello sviluppo in cui si trova.
Il lungo periodo d'incertezza a cui va incontro è caratterizzato da un divario tra aspettative e realtà che è reso ancora più ampio da fattori sia psicologici sia fisico/chimici.
Che si tratti di questo o quel fattore oppure del trauma per avere dato alla luce un neonato minuto e dall’aspetto strano, la cui sopravvivenza non è certa, molte donne hanno inizialmente dei sentimenti negativi o niente affatto materni nei confronti del bambino prematuro.
La Dottoressa Cohen, dell’Università della California di San Francisco, ha studiato due gruppi di madri di bambini ricoverati in rianimazione. Il primo gruppo era costituito da madri di neonati prematuri, il secondo da mamme di bambini nati a termine, ma molto piccoli a causa di un ritardo nello sviluppo nel grembo materno. I bambini di entrambi i gruppi erano piccoli e "a rischio", eppure le reazioni delle madri erano piuttosto diverse. Le mamme dei neonati prematuri erano sconvolte, molte di loro si sentivano in colpa e incompetenti. Le madri dei bambini nati a termine esprimevano solo un sentimento di preoccupazione e di solitudine per il fatto di essere separate dal figlio ricoverato. In queste donne, nel corso dei nove mesi di gravidanza, si era compiuto un processo importante ed erano quindi in grado di relazionarsi con i problemi del bambino in modo calmo e senza l’angoscia e i sensi di colpa delle madri dei neonati prematuri.
Rifiuto: Il rifiuto è la seconda fase tipica che caratterizza il recupero da una situazione critica. Equivale a nascondere temporaneamente la realtà e si può manifestare in modi diversi. Ad esempio può accompagnare per breve tempo il trauma iniziale: è come se negassimo che quella cosa sia capitata proprio a noi.
Una mamma ricorda: "Mi domandavo perché mai potesse essere successo. Quando decidemmo di avere un bambino restai subito incinta e la mia gravidanza trascorse senza complicazioni. Quando mi trovai sul lettino in sala parto, chiesi già al medico quando avrei potuto restare incinta di nuovo. Non mi capacitavo di far nascere il bambino in quel modo. Speravo che tutto svanisse come in un brutto sogno in modo da poter ricominciare ogni cosa da capo."
Il rifiuto può comportare l’impossibilità di credere ai medici, oppure la ricerca di uno specialista che faccia migliorare magicamente le condizioni del bambino o si può manifestare anche come una sensazione persistente e ingiustificata di ottimismo o di pessimismo associata all’incapacità di comprendere qualunque giudizio discordante.
Spesso si reagisce ad una crisi convincendosi che tutto si risolverà nel migliore dei modi o, al contrario, che tutto andrà a finire male. Un atteggiamento inamovibile, anche non realistico, sembra contribuire ad affrontare un’incertezza che sarebbe altrimenti insopportabile.
Alcuni genitori assumono un atteggiamento deliberatamente pessimista, con la speranza di proteggersi sul piano emotivo: in caso di morte del bambino, saranno preparati. Fin quando la sua sopravvivenza non è sicura, tentano di mantenere il distacco. Il bambino, però, sia che viva sia che muoia, è una parte innegabile della vita dei genitori.
Non sempre il pessimismo dei genitori deriva dal loro rifiuto: viene spesso favorito dai medici, che danno loro dei rapporti eccessivamente negativi o inopportunamente cauti e per molti genitori la prima previsione sentenziata resta difficile da dimenticare.
Colpevolizzazione: Analogamente al rifiuto anche la colpevolizzazione si presenta con manifestazioni diverse, può essere espressa come un senso di amarezza generalizzata verso un destino avverso.
Una mamma racconta: "Ho provato a restare incinta per tanto tempo, volevamo davvero questo bambino. Continuavo a pensare a quelle adolescenti che restano incinte per errore o a tutte quelle donne nel Terzo Mondo che hanno troppi figli: mi chiedevo perché per loro fosse così facile mentre per me era tanto difficile. Nell’incubatrice accanto a quella di mio figlio c’era il bambino di una tossicodipendente, il quale stava attraversando la crisi d’astinenza da eroina, però si stava riprendendo e presto sarebbe andato a casa. Io non avevo mai preso neanche un’aspirina durante la gravidanza, eppure il mio bambino era attaccato ad un respiratore. Mi sembrava tutto così ingiusto."
La rabbia può essere rivolta a chi viene percepito come più fortunato: "Tutte le volte che vedevo per la strada una donna incinta o una neo mamma provavo rabbia e invidia. Non riuscivo ad affrontare le mie amiche che avevano avuto il loro bambino con facilità."
Un bersaglio comune delle ire dei genitori è l’équipe medica. Ricorda un papà: "Fino a quando il nostro bambino non è stato pronto per venire a casa, minacciai di denunciare tutti, dall’ostetrica di mia moglie al neonatologo, fino alla caposala."
Alcuni genitori, non trovando altro capro espiatorio, possono aizzarsi e incolparsi vicendevolmente con accuse reciproche e anche i parenti possono unirsi alle accuse. E’ tipico che i genitori della moglie se la prendano con il genero che non guadagnava abbastanza da permetterle non andare a lavorare durante la gravidanza e di rimando i genitori del marito accusano, chiaramente, la nuora che era sempre troppo agitata e non si riguardava.
La rabbia può anche essere diretta interiormente, sotto forma di sensi di colpa e biasimo di se stessi. Alcune madri ricordano di aver ripercorso in modo ossessivo i fatti che avevano preceduto la nascita del bambino. Si domandavano se qualcosa che avessero fatto o meno potesse avere causato il parto prematuro. Quasi tutte le mamme sentivano in una certa misura che la nascita prematura del bambino era colpa loro.
Quando una situazione precipita, la natura umana ha un triste bisogno di incolpare qualcuno, anche se si tratta di se stessi.
Le persone che difficilmente esprimono la rabbia talvolta interiorizzano i loro sentimenti trasformandoli in depressione, uno stato emotivo caratterizzato da sintomi come crisi di pianto, inappetenza, insonnia, letargia, mancanza di concentrazione, difficoltà nella digestione, cefalee o dolori al torace.
Oggigiorno le coppie hanno meno figli per pianificare meglio le gravidanze. Vogliono trarre il massimo da quella che può essere un’esperienza unica nella vita. Si tende a non vedere più il parto come evento sottoposto ad un controllo spiccatamente medico, gestito a discrezione di medici e ospedali, in favore di un concetto di nascita più naturale, incentrato sulla famiglia, dove i genitori partecipano attivamente. Tale sforzo di restituire la nascita al suo ruolo di evento naturale ha mutato l’ostetricia moderna molto positivamente, ma ha fatto sorgere alcuni principi eccessivi, che sono potenzialmente dispotici quanto il vecchio concetto di parto che vogliono sostituire. La mamma che non può allattare al seno si sente sovente come se avesse mancato nei confronti del bambino in modo permanente; la donna che ha partorito a casa gode di un certo status, mentre la madre che ha subito un parto cesareo, può provare, in un certo senso, vergogna per il suo "fallimento". Se il bambino non è stato iniziato alla vita nel modo dovuto (la donna può avere dei timori per il futuro della sua relazione con il figlio. Le pressioni sociali a cui è sottoposta la futura mamma perché abbia un certo tipo di parto possono accrescere sensibilmente il suo disagio se il bambino è prematuro.
Una mamma ha raccontato: "Non appena seppi di essere incinta, uscii a comperare ogni libro possibile sul parto naturale, tutto quello che potevo trovare da Leboyer allo yoga prenatale. Verso la fine del sesto mese avevo programmato il parto in casa e mi allenavo come se avessi dovuto andare alle Olimpiadi. Poi cominciai ad avere problemi e mi ritrovai in ospedale con un’endovena e sotto controllo. Il bambino nacque, fu trasferito in un altro ospedale e collegato a un mucchio di tubi e fili. Il mio ego dipendeva così tanto dall’eseguire perfettamente l’esperienza perfetta del parto che mi sentivo totalmente fallita come madre. Adesso capisco che la maternità significa molto di più di mettere al mondo un bambino, ma allora ero terribilmente depressa e amareggiata."
Patteggiamento: Quando non si può fare nulla di razionale per modificare gli eventi, spesso si cerca rifugio nell’irrazionale. Il "patteggiamento" può costituire un rifugio di questo tipo. Un esempio di patteggiamento è promettere di ricominciare ad andare a Messa o di tornare a parlare con nostra madre, se Dio farà andare tutto bene.
Questo è un tentativo di trovare una soluzione magica oppure il sacrificio adatto per placare gli dei adirati.
Il patteggiamento può comportare la ricerca superstiziosa di segni e presagi. Una madre ricorda: "Avevo trovato un buon posto per l’auto nel parcheggio dell’ospedale. Così, quando arrivavo ed era libero, sapevo che avrei avuto buone notizie sul bambino."
Il patteggiamento fornisce alla persona in crisi la sensazione breve e illusoria di avere la situazione sotto controllo: "Basta che faccia così e così e il mio bambino starà bene."
Il patteggiamento, così come il rifiuto, offre un temporaneo rifugio dalla realtà e rappresenta una tecnica di posticipazione che consente all’individuo di affrontare la crisi nella sua interezza solo quando ha acquisito abbastanza forza per accettare la situazione ed addattarvisi.
Accettazione e adattamento: Il trauma, il rifiuto, la rabbia e il patteggiamento pur essendo, in definitiva, dei modi improduttivi per affrontare la situazione, hanno una funzione temporanea utile. Essi danno all’individuo il tempo per assorbire l’evento traumatico in piccole dosi, più facilmente gestibili. Sono delle reazioni a cui ricorrono molte persone nel corso di una crisi, prima di accettare la situazione e di adattarvisi con un atteggiamento costruttivo.
Prima si arriverà all’accettazione della situazione e meglio sarà per tutta la famiglia, a cominciare dal bambino. Per questo abbiamo raccolto alcuni consigli utili ad accelerare questo processo e ad alleviare le preoccupazioni delle mamme e dei papà.
Psicologia della madre: Solitamente le donne incinte sono più ansiose nei primi tre mesi di gravidanza, quando l’aborto è una minaccia, e lo ridiventano in prossimità della data prevista per il parto. Per molte di loro il sesto, il settimo e l’ottavo mese rappresentano, invece, un periodo relativamente calmo e felice. Tendono a non prevedere l’eventualità di un parto prematuro e possono rendersi meno consapevoli dei segnali di pericolo inviati dal corpo. Mentre una futura madre al nono mese di gravidanza è pronta a telefonare all’ostetrico se sente la minima fitta, una donna con doglie premature tende a sottovalutare i sintomi finché il parto non è imminente. I cambiamenti psicologici che avvengono nel corso della gravidanza possono essere causati anche da alterazioni chimiche nel corpo della madre. Non si sa perché, ma la prematurità è tra le ultime preoccupazioni di una donna incinta.
Quando la gravidanza si interrompe troppo presto si verifica una specie di dislocazione psicologica. Nel corso dei nove mesi di una normale gravidanza, tanto la madre quanto il figlio subiscono dei cambiamenti a livello fisico che li preparano al momento del parto. Con il progressivo mutamento fisico avvengono nella madre dei cambiamenti anche sul piano psicologico, i quali producono una serie di adattamenti a livello emotivo che contribuiscono a prepararla alla maternità: nel primo trimestre la donna accetta di essere incinta, di avere un bambino che cresce nel suo corpo; con il secondo trimestre è chiaramente incinta: sente il bambino che si muove e lo percepisce come un’identità vera e autentica; inizia a creare un legame personale con il figlio non ancora nato; fantastica, con il compagno, sul bambino, sulla sua nascita e sul fatto di diventare genitori. Gli ultimi tre mesi sono caratterizzati dall’attività: è il momento di comperare il corredino, decidere il nome e preparare la cameretta. Spesso nel terzo trimestre la futura madre si sente a disagio, perché il bambino, sempre attivo e in crescita, le rende sempre più difficile mangiare, dormire e respirare. Attende con impazienza la sua nascita. A questo punto è pronta, sia fisicamente sia psicologicamente, perché la gravidanza termini.
Quando si verifica un parto prematuro, la madre si trova nella fase più piacevole della sua gravidanza: ha appena cominciato i preparativi che caratterizzano gli ultimi mesi e non ha provato completamente i disagi dell’ultimo trimestre, che rendono le donne al termine della gravidanza così impazienti che nasca il bambino. Semplicemente non è preparata.
Il trauma dal punto di vista del padre: Il papà del bambino prematuro si trova in una situazione oltremodo frustrante.
Oltre a condividere le ansie della mamma, spesso è anche preoccupato per lo stato di salute della sua compagna, oltre ad essere l'unico ad avere una certa libertà d'azione e a dover quindi provvedere agli aspetti pratici della situazione. Un padre può ritrovarsi nella condizione logorante di dover far la spola tra il proprio posto di lavoro e due diversi ospedali, con il bambino in terapia intensiva in una clinica e la compagna ricoverata in un’altra struttura.
Anche il padre del bambino prematuro si trova impreparato, in alcuni casi la prima volta in cui vede un’ostetrica è direttamente in sala parto, perché non aveva ancora partecipato al corso di preparazione; oppure può aver deciso di non sentirsela di assistere alla nascita, ma si deve forzare perché è l’unico a poter rassicurare con la propria presenza la compagna; o se la mamma è sotto l’effetto dell’anestesia del cesareo, può ritrovarsi da solo ad assistere all’intubazione e alla rianimazione del bambino.
Una reazione tipica dei papà sono i sensi di colpa. Alcuni temono di non essersi resi abbastanza utili in casa. Altri si rimproverano di non aver dato più importanza alle lamentele di disturbi fisici della moglie. Molti padri domandano, con aria colpevole, se avere avuto delle discussioni o dei rapporti sessuali possa avere causato il parto prematuro.
A questo si deve aggiungere il fatto che la nostra cultura impone ai papà la responsabilità di garantire la sicurezza della famiglia.
Consigli di alcuni genitori: Alcuni psichiatri di Harvard e Stanford hanno studiato le reazioni delle coppie alla nascita di un bambino prematuro, in modo da determinare i fattori che permettono ad alcuni genitori di adattarsi alla situazione con successo, mentre altri non vi riescono. I medici hanno notato che le coppie con un migliore adattamento erano quelle che esprimevano liberamente il loro senso di ansia, rabbia, depressione e frustrazione. Queste persone accettavano l’aiuto del partner, degli amici, della famiglia nell’accudire il bambino e nel far fronte ai problemi. Queste coppie cercavano attivamente informazioni sulle condizioni del bambino, sulle cure che riceveva e sulle sue necessità future.
Gestire le proprie emozioni
Capite che la situazione in cui vi trovate è estremamente stressante e va contro tutti i gli stimoli biologici di madre.
Se in un primo momento provate dei sentimenti contrastanti verso il bambino, non dovete sentirvi in colpa. Molti altri genitori provano gli stessi sentimenti.
Non rimproveratevi per la prematurità del bambino. I sensi di colpa sono solo una gran perdita di tempo.
Parlate con il partner, con la famiglia, con i medici e le infermiere.
Siate comprensivi con gli amici che cercano di consolarvi, ma non sanno come fare. Dite loro cosa si prova. Fate capire loro che si può parlare del bambino.
Parlate con altri genitori di bambini prematuri. Con un altro genitore nelle stesse condizioni potete essere voi stessi.
Accettare l’aiuto
Permettete alla gente che vuole aiutarvi di farlo. Ditele cosa può fare di specifico per rendersi utile, perché normalmente non lo sanno: stare con gli altri vostri figli, accompagnarvi a visitare il neonato se non siete in grado di guidare, preparare da mangiare, ecc.
Quando vi sentite sconvolti, chiedete a qualcuno di accompagnarvi a visitare il bambino. Può essere pericoloso guidare in certe condizioni.
Sebbene sia molto difficile il ritorno a casa senza il bambino, approfittatene per riposare, recuperare le forze e farvi delle belle dormite. I bambini prematuri, quando sono a casa, sono più irritabili degli altri neonati a causa del loro sistema nervoso immaturo. Dei genitori nervosi e stanchi non gestiscono bene una situazione simile.
Se volete allattare il bambino al seno, contattate delle altre mamme che hanno già allattato un neonato prematuro. Si otterranno molti consigli utili e un appoggio morale costante. "La Leche Legue" potrà essere un’ottima fonte di aiuto.
Tenersi informati: come genitori del neonato
avete il diritto e il dovere di sapere cosa succede. Bisogna essere insistenti
quando non si ottengono le informazioni delle quali si ha diritto.
Non siate timidi, fate domande, anche quelle che vi sembrano stupide: di solito
non lo sono mai.
Più informazioni otterrete sullo stato del bambino, più vi sarà facile accettarlo e affrontare i problemi che potrà presentare. Meno saprete, maggiori saranno i timori.
Non abbiate paura di sollevare osservazioni, né di dare suggerimenti a medici e infermiere. Non disporrete della stessa loro competenza medica, ma un genitore che resta molte ore accanto al bambino rappresenta l’unica fonte costante di informazioni nel corso dell’avvicendamento dei turni del personale.
Annotate su un quaderno i progressi del bambino: vi aiuterà a restare obiettivi qualora la guarigione fosse lenta o procedesse per piccole tappe. Il ritmo "due passi avanti e uno indietro" diventa rassicurante, una volta che lo si è inquadrato.
Il consiglio più importante: diventare
genitori!
E’ comprensibile essere spaventati dal fatto di farsi coinvolgere emotivamente
da un esserino tanto fragile, però, non appena vi sentite in grado, andate a
visitare il vostro bambino, per il bene suo e vostro.
Dategli subito il nome e usatelo.
Ricordate che è il vostro bambino, non delle infermiere o dei dottori. Non aspettate che le infermiere o i dottori vi dicano quando potete prendere in braccio il bambino o allattarlo: dovete essere voi genitori a chiederlo.
Fate fotografie. Non vi potrete rendere conto dei progressi del bambino finché non li vedrete nelle immagini.
Create un legame prima possibile. Fate sentire al bambino la vostra voce. Fategli sapere che, tra tutti, quel tocco costante e amorevole è il vostro.
Date al bambino il vostro latte. E’ un contributo che nessun altro può dare.
Si usa dire che si impara dai figli. Questi bambini sono più forti di quanto si immagini: hanno una voglia innata di vivere e possono insegnarci cos’è il coraggio.