Capitolo settimo  1931 1932

MODENESI IN CAMICIA NERA

Gli anni dal 1919 al 1943

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Capitolo settimo  1931 - 1932

Anno 1931

Dopo l’accordo dei Patti Lateranensi del 1929, il conflitto tra Chiesa e Fascismo, riprese con una certa virulenza. Mussolini, che ancora a quel tempo covava sentimenti anticlericali, rendendosi conto che il Vaticano, per mezzo delle sue organizzazioni giovanili, continuava, nonostante il Concordato, a cercare di preparare una sua classe dirigente e una sua organizzazione sindacale attraverso l’operato dell’Azione Cattolica, si vide costretto a prendere provvedimenti. In realtà l’organizzazione cattolica, guidata da ex popolari, aveva aumentato notevolmente gli aderenti, attraverso la sua capillare organizzazione. Si scatenò, pertanto, una campagna di stampa, guidata dal “Lavoro fascista”, contro l’AC considerata come una vera e propria organizzazione di partito, con tesseramento, simboli, bandiere e relazioni internazionaliste proprie, che apparivano come una vera e propria “opposizione al regime”.
Nacque, di conseguenza, un conflitto tra le due organizzazioni, in particolare quando Giovanni Giuriati, Segretario del partito mosse queste accuse, dove l’AC era incolpata di voler creare un vero e proprio controaltare al sindacalismo fascista e le formazioni dei giovani cattolici apparivano contro i balilla e gli avanguardisti, poiché, sia in conferenze, sia sulla loro stampa, si considerava il fascismo come nemico, lo scontro apparve di notevoli proporzioni. Papa Pio XI, rispondendo personalmente al Segretario del PNF, negò, prima ogni accusa, lamentandosi però nel vedere la gioventù italiana esposta a “ispirazioni d’odio e di irriverenza”, dato che i “giovani erano costretti a troppa attività fisica che li costringeva a disertare la pratica dei doveri religiosi, contestando, inoltre, al regime la pratica dell’attività fisica femminile”, di conseguenza il Papa concludeva che:

“Il fascismo si dice e vuol essere cattolico: orbene per essere cattolici non di solo nome ma di fatto, non c’è che un mezzo, uno solo, ma insindacabile e in surrogabile: ubbidire alla Chiesa e al suo Capo e sentire con la chiesa e col suo Capo.”

Giuriati, il 19 Aprile in un suo discorso a Milano, fu chiaro e categorico nel difendere gli accordi presi con il Concordato, ma ancora le manifestazioni delle organizzazioni clericali continuarono tanto che Mussolini, il 29 Maggio prese la drastica decisione di sciogliere la FUCI, l’organizzazione degli universitari cattolici e tutti i circoli giovanili che non facessero parte dell’ONB. Il Papa rispose con risolutezza, attraverso l’enciclica: “Non abbiamo bisogno”. Dichiarò inoltre che il giuramento di fedeltà al regime, che così recitava:

“Giuro di seguire gli ordini del Duce e di difendere con tutte le mie forze e, se necessario, con il mio sangue la causa della Rivoluzione Fascista”

era in contrasto con la fedeltà alla Chiesa.
Si profilava una rottura dei Patti Lateranensi, l’enciclica contro il fascismo sembrava portare a quelle conseguenze, ma nello stesso tempo ci fu la “marcia indietro” del Papa e date le posizioni rigide di Mussolini, attraverso intense trattative, si arrivò ad una risoluzione che vedeva la decentralizzazione di tutte le organizzazioni cattoliche e non si fece più accenno alla questione del giuramento e la bandiera dell’AC sarebbe stata solamente quella del tricolore nazionale e non quella con i simboli del Vaticano. Ugualmente, malgrado quella risoluzione potesse sembrare una vittoria del fascismo sulla Chiesa, il Vaticano riuscì a mantenere una certa guida sulle sue organizzazioni che, solo apparentemente, erano state messe in silenzio.
A Modena, il 3 Febbraio di quell’anno, l’onorevole finalese Arrigo Solmi, tenne il discorso ufficiale durante le celebrazioni dell’insurrezione di Ciro Menotti. Nel frattempo l’urbanistica cittadina, sotto l’impulso di una programmazione efficace e laboriosa dell’assessorato ai lavori pubblici, continuava la sua espansione costante e graduale. La zona di Piazza XX Settembre fu rifatta e ripulita delle catapecchie esistenti in Vicolo del Bue, fu costruito il nuovo mercato della frutta e verdura di via Albinelli, la stessa piazza fu abbellita da una fontana al centro con statua dello scultore modenese Giuseppe Graziosi, anche Piazza Grande assunse un altro aspetto con l’eliminazione di tutte le bancarelle, ombrelloni e tendaggi che non davano il giusto risalto alla Cattedrale, dato che i rivenditori si trasferirono nel nuovo, e ancor oggi funzionante, mercato. Nella zona delle Ferrovie dello Stato furono costruite numerose case per i ferrovieri e altre nuove scuole elementari sorsero alla periferia della città, alla Sacca, a San Faustino, a S. Anna e a San Cataldo.
Il 12 Aprile, intervenne in città, per inaugurare l’”Aedes Muratoriana”, appena restaurata, così come la Piazza della Pomposa, la casa e il giardino del gran modenese Lodovico Antonio Muratori, il Ministro dell’Educazione Nazionale, Balbino Giuliano. Fu completata, sempre in quei giorni, l’estensione della rete telefonica e telegrafica, tra il capoluogo e i Comuni di tutta la Provincia.
Il 1° Maggio di quell’anno, successe un fatto curioso. Sulla torre del Comune in Piazza Grande, apparve, improvvisamente qualcosa che sembrava una bandiera rossa; molti modenesi si fermarono a guardare in alto certamente stupiti, ma l’episodio “sbollì” a breve, quando si apprese che si trattava, semplicemente, del vestito della figlia del custode che, appeso ad asciugarsi al sole, fu fatto volare da una folata di vento, sul torrione del Palazzo Comunale.
In base al censimento della popolazione italiana effettuato in questo 1931, si prende atto che, già allora, la Provincia di Modena si trovava ai primi posti nella graduatoria delle migliori provincie italiane, difatti, nella suddivisione delle categorie sociali, sul nostro territorio si identificano: i borghesi, in numero di 5.555 che hanno una percentuale, sulla popolazione attiva, del 2, 4%, a fronte di una percentuale della Regione Emilia Romagna del 2,0%. I ceti medi (così erano catalogati) erano composti da 151.246 persone che raggiungevano il 65% della popolazione, contro il 60,8% della Regione; erano così suddivisi: rurali, 59,6% e urbani 40,4%. La classe operaia era composta da 74.009 unità, ed era il 32,1% della popolazione, suddivisa in: rurale 46,1% e urbana il 53,9%. A conferma della preponderanza delle attività agricole nella nostra Provincia.
Il fuoriuscitismo nazionale, relegato principalmente in Paesi quali la Francia e il Belgio, continuava in modo fiacco e sporadico nella sua opera di contestazione al fascismo, anche attraverso qualche attentato; furono fatte esplodere delle bombe in alcune città italiane e vi fu un ulteriore tentativo per attentare alla persona di Benito Mussolini, attraverso l’opera di un anarchico sardo che fu inviato a Roma, dagli antifascisti rifugiati nei paesi citati, per l’attentato, ovviamente sventato, ma che gli fu fatto pagare con la vita; ulteriormente gli antifascisti attentarono, attraverso l’invio di pacchi postali contenenti esplosivo, ai nostri consoli negli Stati Uniti, che non subirono conseguenze, ma pure sempre, per le esplosioni, persero la vita due impiegati postali e un ufficiale, tutti americani; mentre nel modenese erano condannati al confino, dal Tribunale Speciale, una ventina di antifascisti, tutti appartenenti al Partito Comunista Italiano.
La situazione interna al Partito Fascista, pur non essendo conosciuta dalle masse, era alquanto conflittuale: esistevano, sia a livello nazionale, sia in quello provinciale, e Modena non n’era immune, gelosie, invidie, antipatie, diffidenze, lotte intestine che, una certa abilità del Capo indiscusso, riusciva a domare o ad attutire. Un esempio clamoroso fu quello delle dimissioni del Segretario Nazionale del Partito, Giovanni Giuriati che si trovava in contrasto con altri gerarchi, in particolare con Leandro Arpinati; il Giuriati che era lontanissimo dal mondo degli intrighi, dei rancori e delle gelosie, volle ed ottenne, da Mussolini, mani libere per cercare di mettere un freno e di fare altresì pulizia, all’interno del Partito, di tutti gli opportunisti e intrallazzatori che vi si erano infiltrati.
Il Capo dello Stato gli comunicò che, se fosse stato capace di eliminare diecimila personaggi indegni, gli avrebbe eretto un monumento! Il Segretario lavorò alacremente a questo piano e dopo alcuni mesi presentò a Mussolini il piano di epurazione che contava circa centoventimila nominativi, ma il Duce, a fronte di questa notizia, si mise le mani nei capelli preoccupato di dover affrontare un’operazione di tali proporzioni.
La lotta intestina, che coinvolgeva uomini come, Marinelli, Balbo, Arpinati, Grandi, sfociò in una lettera di dimissioni del Giurati; queste furono accettate, incomprensibilmente, da Mussolini che chiamò al suo posto, il 7 Dicembre, Achille Starace, raccomandato anche da Arpinati; il nuovo Segretario, pur nella sua totale dipendenza a Mussolini e al fascismo, attraverso il suo fanatismo e alcuni grandi errori, contribuì, gradualmente, alla dissoluzione del regime che, da quegli anni, pur non essendo apparso nell’immediato, cominciava la sua parabola discendente malgrado che gli anni trenta vengano, da tutti gli storici, considerati come gli anni della conferma e del consenso al regime fascista.
Anche a Modena le lotte intestine, pur non appariscenti, erano costanti all’interno della Federazione Fascista, difatti, il 26 Febbraio dell’anno che si sta prendendo in considerazione, il dott. Temistocle Testa, che era diventato Segretario del Fascio modenese dopo la reggenza del dott. Guido Corni, dovette lasciare l’incarico a favore del dott. Cosimo Manni, che resse l’incarico sino al 22 Novembre del 1932. Con Manni entrarono nel nuovo direttorio nuovi personaggi quali, Alfonso Vignocchi, Italo Maffei, Augusto Ascari e Umberto Paltrinieri, mentre della vecchia direzione furono confermati, Ugo Mariani ed Emilio Pucci. Furono nominati anche gli Ispettora zonali, Enzo Banzi (Finale Emilia), Azeglio Bulgarelli (Mirandola), Clodo Feltri (Carpi), Alberto Corsari (Castelfranco Emilia), Bruno Amilcare Minguzzi (Vignola) Vincenzo Ghibellini (Pavullo) e Zeffrido Andreoli (Sassuolo). Il Federale Cosimo Manni, che fu stimato da tutta la cittadinanza e dalla quasi totalità dei fascisti modenesi, era nato nella nostra città nel 1987 e aveva preso parte alla prima guerra mondiale come ufficiale restando anche ferito sul Piave, aveva poi comandato truppe coloniali in Libia iscrivendosi al Partito Fascita nel 1924, al suo ritorno in Italia dopo alcuni anni vissuti in terra d’Africa. Conseguì poi la laurea in legge e ricoprì, in città, la carica di Presidente del Comitato dell’Opera Nazionale Balilla
La sucessione dei Federali locali continuò con la presenza di Vincenzo Laj, sino al 17 Maggio 1934, al quale succedette, sino al 6 Ottobre 1936, il prof. Augusto Zoboli, quando occupò il suo posto il rag. Clodo Feltri che resse l’incarico sino al 21 Gennaio 1940, allorché arrivò alla carica di Federale il dott. Franz Pagliani. Ovviamente erano molti gli uomini che, anche dietro le quinte, operavano per ottenere incarichi di potere o farli avere ai loro sodali, era successo prima, accadde in quegli anni e ancor più è successo negli anni del potere demo-comunista dal 1945 ad oggi. Nonostante questi fatti, dovuti più ai problemi dell’ingordigia umana, che a crepe concrete all’interno del regime, il fascismo procedeva nella sua alacre opera di miglioramento della Nazione.
Durante il 1931 fu inaugurata a Mirandola, una scuola di specializzazione in educazione fiica per la preparazione di istruttori sportivi e premilitari della Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale che ebbe vasta risonanza, per la qualità di quel specifico addestramento, in tutta Europa. Nei primi tre anni d’attività uscirono da quella Scuola, seimila istruttori che entrarono a far parte dell’organico della MVSN.
Il 27 Settembre 1931, arrivò a Modena l’allora Vice segretario del PNF, Achille Starace, a distanza di pochi mesi ne diventerà, come abbiamo visto il Segretario Nazionale al posto di Giovanni Giuriati. Starace, prima di presiedere l’assemblea dei Fasci provinciali tenne, dal balcone di Palazzo Dallari in Piazza S. Agostino, un applaudito discorso ai fasciti modenesi colà riuniti. A Palazzo Littorio ascoltò la relazione del Federale Cosimo Manni che illustrò la situazione del Fascismo locale in continua crescita.
Un mese dopo, il 28 Ottobre, in concomitanza con l’anniversrio della Marcia su Roma, vi fu l’assemblea sezionale del fascio modenese con la relazione fiduciario, Vincenzo Lai. Quel giorno furono inaugurate alcune opere pubbliche di notevole interesse quali, le scuole elementari di San Cataldo, di San Faustino e del rione Santa Caterina, oltre al mercato coperto di Via Albinelli, oltre all’asfaltatura di Via Nonantolana. Il fiduciario Lai richiamò all’orine i fascisti modenesi :

“Il Fascismo è, prima di tutto, disciplina e non può ammettere diserzioni.”

disse ai convenuti, anche in merito ad alcuni problemi sorti all’interno della sezione cittadina. Ci fu anche l’intervento del noto esponente del fascismo modenese più intransigente, lo squadrista nonantolano, Ascanio Boni che si congratulò con il Federale, dandogli l’appoggio incondizionato del vecchio squadrismo rivoluzionario modenese che, “ha ritrovato l’attività instancabile della vigilia.”
La città di Modena ha sempre dato un contributo notevole, con l’opera di tanti suoi artisti, allo sviluppo delle arti nazionali. Il periodo futurista, oggi tornato prepotentemente alla ribalta, che tanta parte fu nella nascita dello stesso fascismo, vide molti esponenti della città della Ghirlandina raggiungere rilevanti traguardi, ma l’espressione più alta l’ebbe Enrico Prampolini, nato a Modena il 20 Aprile 1894 e scomparso a Roma il 17 Giugno 1956. La sua produzione artistica è stata fecondissima e, ancor oggi, è considerato come uno dei massimi esponenti di quella corrente artistica. Era grande amico e collaboratore del fondatore del “Futurismo” Filippo Tommaso Marinetti che, il 13 Dicembre 1931 si trovò a Modena per tenere una conferenza, sul tema “Aeropittura e aeropoesia”, nella sala del Consiglio Comunale. Era il giorno della festa della matricola e molti studenti universitari, incuriositi dalla presenza di uno degli uomini, più rappresentativi di un certo spirito goliardico nell’ambito della cultura italiana, si presentarono nella sala e qui, tra canti, urla, schiamazzi, fischi, approvazioni e quant’altro, misero in scena una di quelle rappresentazioni care allo spirito marinettiano, e vennero alle mani con un gruppo di giovani fascisti ortodossi. Allorché il Marinetti prese la parola, affermò che non era per niente turbato, anzi la manifestazione gli era assai piaciuta, dato che,

“Dimostrava l’elasticità della nostra razza protesa in avanti verso il suo destino immancabilmente grande.”

L’anno 1931 si concluse con una triste notizia, il 21 Dicembre, a Milano, morì improvvisamente Arnaldo Mussolini, il fratello, giornalista, scrittore, fedele consigliere e collaboratore di Benito. Fu un colpo gravissimo per il Duce che gli dedicò, nell’immediato, un libro titolato: “Vita di Arnaldo”.


ANNO 1932

Sono passati dieci anni dalla conquista del potere, da parte di Mussolini e del Fascismo e questo si prepara a festeggiare, con grandiosità, il suo primo Decennale.
Saranno le inaugurazioni delle “Città del Duce”, la Mostra della “Rivoluzione Fascista”, i “Littoriali”, la “Mostra del cinema di Venezia”, le tappe fondamentali di questo 1932.
Scriveva Giuseppe Bottai, in “Critica Fascista” del 15 Ottobre 1932, nell’anno X° del regime:

“La Rivoluzione non è un tempo del Fascismo. E’ il Fascismo, sistema che vive, oltre le condizioni che lo hanno creato e che ha creato. La dinamica rivoluzionaria non si è ancora fissata in un quadro statistico……..Noi oggi non commemoriamo una rivoluzione compiuta. Celebriamo una rivoluzione che si compie. Nell’ordine costituzionale, dove accanto al nuovo molto sopravvive del vecchio, e dove un’opera di eliminazione è ancora necessaria per dare una piena efficienza agli istituti più originali del Fascismo……. Le nuove generazioni attendono la fiammante eredità. E ad esse, in questa ricorrenza, si rivolge l’animo degli anziani, temprato da mille battaglie ad affrontare il domani. <Non grava sulle nostre anime il passato, perché il tumultuoso presente ci incalza verso l’avvenire>. Antico detto del Capo, che nella passione dell’ora si rinnova”

Oltre alle parole dei gerarchi di più alto grado, un vastissimo movimento di cultura accompagnava queste manifestazioni di fede, arrivando anche a critiche notevoli da parte di quei giovani che ritenevano di non essere mai abbastanza rivoluzionari e che volevano dare al fascismo un corpo di dottrine e una maggiore consapevolezza della sua spiritualità.
Si era creata da poco tempo, anche per volontà di Arnaldo Mussolini, che ne fu uno dei principali promotori, assieme a Niccolò Giani, una delle figure più limpide del fascismo, direttore del mensile “Dottrina Fascista”, la scuola di “Mistica Fascista”, che fu allora l’espressione di un fascismo, “ad alta tensione”.
La scuola venne osteggiata dal mondo della cultura cattolica che criticò fortemente la definizione di “mistica”, così come fu criticata da quella neopagana, tanto che, lo stesso Julius Evola riteneva che non di mistica si dovesse parlare, bensì di “Etica”, pur riconoscendo che questa scuola, complessivamente, si fece promotrice di idee non banali e che in essa militavano personaggi di alto spessore culturale, ma specificando che, pur sempre,

“il fascismo non affrontò il problema dei valori superiori del sacro limitandosi a rinvii vaghi e conformistici alla religione dominante”.

Malgrado le posizioni e le stroncature della cultura cattolica, di quella neopagana, e della scuola gentiliana di quei tempi e al di là delle perplessità insite nella definizione di “Mistica fascista”, oltre al fanatismo e al totale ossequio al regime che l’espressione stessa portava, la scuola svolse, nell’arco di un decennio di vita, un’attività intensa che fece dire a un critico del fascismo quale fu Ruggero Zangrandi che:

“La scuola fu, per i giovani, un occasione d’incontro e di dibattito assai più spregiudicato di quanto non si possa credere.”

Essa ebbe, tra i suoi membri, le più generose forze del fascismo giovanile e le più vigorose intelligenze del tempo.
Di tanti personaggi della cultura fascista di quei tempi ne vogliamo citare due, che sono rimasti come esempi ineguagliabili per la generazione degli anni trenta, ma anche per quelle del dopoguerra che si sono avvicinate alla conoscenza degli uomini del ventennio. Il primo è il già citato Niccolò Giani che, ancora facente parte dei Guf, essendo iscritto alla facoltà di Giurisprudenza di Milano, fonda, nel capoluogo lombardo, la Scuola di Mistica Fascista dedicata al figlio di Arnaldo Mussolini, “Sandro Italico”. Ottiene, dopo la laurea, la libera docenza in Diritto del lavoro e, in seguito, la cattedra di Storia e Dottrina del Fascismo all’Università di Pavia; collabora a varie testate giornalistiche tra le quali, “Dottrina Fascista” e “Cronaca Prealpina” diventandone anche Direttore. Si trova a partecipare, avendo egli forti convincimenti antisemiti, attraverso scritti sul “Manifesto della Razza”, all’elaborazione delle tanto deprecate, anche dalla maggioranza dei fascisti, Leggi razziali, pubblicando anche un saggio titolato: “Perché siamo antisemiti”.
Partecipò, come volontario alla guerra d’Etiopia e, nella seconda guerra mondiale cadde, valorosamente, tanto da conquistarsi la medaglia d’oro, sul fronte greco-albanese, durante la battaglia per la conquista della Punta Nord del Mali Scindeli, il 14 Marzo 1941.
Il secondo è: “Il fascista eretico”, il fiorentino Berto Ricci, poeta, matematico, rivoluzionario che fu definito, da Indro Montanelli, in tempi non sospetti, “Il solo maestro di carattere ch’io abbia trovato in Italia”. Fu un fascista anticonformista e, pur essendosi avvicinato al fascismo, relativamente tardi, con un passato anarchico e antiborghese, con la sua prosa violenta ed arrembante fu una spina, più che tollerata da Mussolini, nel fianco del fascismo, al quale non perdonava errori, incongruenze, cadute di stile e allontanamento dai valori fondanti della rivoluzione. Collaborò alla rivista, “Selvaggio” di Mino Maccari, già dal 1927, con feroci lotte antiborghesi, e contro “l’ottuso clericalismo che frenava le istanze sociali e rinnovatrici dell’azione mussoliniana.” Fondò, nel 1931, “L’Universale” la rivista che raccolse le intelligenze più giovani e spregiudicate della “sinistra fascista”. Mussolini stesso così si espresse:

“La cultura fascista, che recupera valori dell’intero novecento italiano, non è di destra. Il movimento della “Voce” antiliberale nel midollo e nell’espressionismo polemico, rivive nel moto de “L’Universale” di Berto Ricci”.

Ricci si battè con forza, per fare accorciare le distanze sociali, per la scuola aperta a tutti, per le Corporazioni, tanto che si attirò le ire di un gerarca come Farinacci quando negò che la proprietà privata fosse un principio inviolabile del Fascismo. Incurante delle critiche, continuò con grand’energia, a combattere, conservatori, borghesi e profittatori, oltre a portare avanti una tensione spirituale attraverso un accostamento all’eroismo nietzchiano, al vitalismo bergsoniano, con richiami pagani accanto a un cattolicesimo ”pauperistico e guerriero” sull’esempio dei Templari. Ebbe spunti polemici anche con il grande filosofo Giovanni Gentile e con la sua scuola, ma contemporaneamente veniva fortemente apprezzato da uomini come, Julius Evola, Giuseppe Bottai e Emilio Settimelli. Partecipò alla Guerra d’Etiopia come volontario e al suo rientro, collaborò attivamente a “Critica Fascista” e a “Il Popolo d’Italia”, il giornale di Benito Mussolini. Scrisse anche il libro “Processo alla Borghesia”.
Il secondo conflitto mondiale lo trova volontario come Niccolò Giani, sul fronte africano dove, sul Gebel Cirenaico, tra Barce e Cirene vicino a Bir Gandula, il 2 Febbario 1941, la sua batteria venne attaccata da soverchianti forze inglesi e qui, Berto Ricci, trovò gloriosa morte, mitragliato da uno “Spitfire” che cercava di abbattere. E’ sepolto nel sacrario di Bari.
Continuava intanto, a Modena e Provincia, l’attiva opera d’ammodernamento del tessuto urbano, e nel capoluogo e nei Comuni. In zona Crocetta, alla periferia della città furono aperte le Fonderie Riunite del commendatore Adolfo Orsi che in questi anni 2000, sono state demolite per far posto a un nuovo insediamento. Fu inaugurata, nel mese di Settembre, in un piano generale di ricostruzione delle Ferrovie, la nuova stazione delle ferrovie Provinciali, chiamata dai modenesi “Stazione Piccola”; alla cerimonia prese parte il Ministro delle Comunicazioni, Costanzo Ciano e il trenino a vapore che congiungeva Modena a località della bassa e della pedemontana, fu sostituito da moderni locomotori elettrici, chiamati: “Littorine”. Altri due insediamenti industriali di un certo rilevo furono costruiti alla periferia, le fonderie Fritz e Valdevit.
Le attività sportive, come già detto, ottennero sempre dal Fascismo ampio sostegno e, oltre all’estesa organizzazione scolastica e dopolavoristica, grand’attenzione fu data dai GUF (Gruppi Universitari Fascisti), all’attività sportiva. I giovani universitari, una volta raggiunto il prescritto limite di età, cessavano di appartenere ai propri Gruppi o fasci, per passare nell’ambito delle Federazioni sportive e, dato che il Segretario del Partito era anche il Presidente del Coni e dei Guf, l’inquadramento dei giovani nelle varie attività, dava tutte le garanzie dell’unicità d’indirizzo. La manifestazione più famosa dei Guf sono stati i,“Littoriali”, una piccola olimpiade degli universitari, organizzati per la prima volta, in questo 1932, a Bologna, dove vi presero parte 2.035 atleti, che aumentarono di anno in anno sino a raddoppiare nel 1936. Tutti gli iscritti ai gruppi universitari potevano partecipare, e l’Università modenese presentò sin dall’inizio, numerosi ed agguerriti studenti che colsero tantissimi allori nelle varie discipline che si praticavano. Vi erano delle regole, anche severe, per evitare gli aspetti “eccessivi” del campionismo, e per questo furono anche istituiti gli “Agonali”, serie di gare, tra facoltà di uno stesso ateneo, aperte sia alle matricole sia agli anziani, con l’obiettivo di permettere una partecipazione di massa alle competizioni agonistiche.
Nascono anche i “Fasci Giovanili di combattimento” che dovevano raccogliere, nelle proprie formazioni, a carattere eminentemente para militare, tutta la gioventù d’Italia dai 18 ai 21 anni. Sarà anche chiamata “premilitare” poiché aveva, come obiettivo, la preparazione politica e militare di tutti quei giovani che dopo aver militato nei balilla e negli avanguardisti, che saranno la maggioranza, non arrivavano nelle aule universitarie e di conseguenza, nei Guf. Anche per questi giovani, vi è un’intensa attività, che comprende, oltre alle esercitazioni, cicli di conferenze politiche e culturali di vario tipo, campi estivi e invernali, con un calendario di manifestazioni intensissimo: si svolgono, il “Gran Premio dei Giovani”, il “Torneo del Novizi”, la “Coppa Terra del Duce”, i “Ludi Juveniles” e, tra tutti gli sport praticati, è privilegiata l’atletica leggera che era e rimane, lo sport formativo per eccellenza.
Il Conte Giuseppe Volpi di Misurata fu nominato, nel 1929, Presidente della Biennale d’arte di Venezia, manifestazione nata nel 1895, per festeggiare le nozze d’argento del Re Umberto I e di Margherita di Savoia. Volpi, aveva intenzione di rilanciare la città lagunare nel circuito del turismo internazionale, infatti, l’anno dopo la sua nomina, s’inaugurò il Palazzo dell’Arte Italiana, e in più, organizzò i Festival Internazionali di Musica, con manifestazioni che si svolgevano alla “Fenice” e al “Goldoni” oltre a presentare spettacoli all’aperto tra calli e campielli, svegliando così, clamorosamente, oltre che mondanamente e culturalmente, la sonnacchiosa Venezia di quegli anni.
La sua grande invenzione, quella che portò in quel 1932, dal 6 al 21 Agosto, la città della laguna all’attenzione del mondo, di là dalla sua conosciutissima architettura, fu la “Mostra del Cinema”. Una scoperta che fu poi imitata in tutto il mondo con la proliferazione di Festival del Cinema un po’ ovunque, ma allora non esisteva nulla di simile. La stampa di tutto il mondo salutò con grande entusiasmo e totale rispetto, la novità della manifestazione, anche perché, nonostante il “totalitarismo fascista”, era lasciato allo schermo del Lido, tutta la libertà possibile, con proiezioni senza nessuna discriminazione ideologica. Le rappresentazioni cinematografiche presentavano pellicole che passavano dalla più sfrenata fastosità holliwodiana, all’esaltazione del marxismo russo e la stampa internazionale si meravigliava per la proiezione di film senza alcuna censura, senza limitazioni di metraggio e con la presentazione di questi, nella loro versione originale. Il primo film americano a essere presentato a Venezia, fu il famoso “Dr. Yekill e Mr. Hyde” interpretato da Frederic March e Miriam Hopkins. Altri film presenti alla Mostra di Venezia, che diventeranno poi dei classici della storia del cinema, furono: “It happened one nigt” di Frank Capra, “Grand Hotel” di Edmund Goulding, “The Champ” di King Vidor, “Frankenstein” di James Whale, “Zemlija” di Aleksandr Dovzenko, “Gli uomini che mascalzoni” di Mario Camerini, “A nous la libertè” di Renè Clair”. In mancanza dei premi ufficiali, non ancora istituiti, venne indetto un referendum tra il pubblico che scelse, come miglior regista il sovietico, Nikolaj Ekk per il film, “Putjovka v zizn” (Il cammino della vita), e per il film più divertente venne premiato il citato film di Renè Clair.
Mussolini partecipò con grande entusiasmo all’inaugurazione della Mostra, anche perché fu sempre vicino alla “settima arte” sino a volere, fortemente, la costruzione degli studi cinematografici di “Cinecittà” a Roma.
Il 12 Aprile 1932 fu una data molto importante per la storia dell’industria automobilistica italiana, al Salone internazionale dell’automobile di Milano fu presentata ufficialmente la macchina per tutti, che ebbe immediatamente un clamoroso successo, si trattava della Fiat “Balilla”.
Le grandi opere per lo sviluppo della nuova Italia continuavano ad avere grande attenzione da parte del fascismo; la rete stradale italiana si amplia sempre più, con strade che diventano più larghe, più veloci, commerciali e turistiche: Fu inaugurata in quell’anno l’autostrada Milano-Torino e la Milano-Laghi; venne terminata la Firenze-Mare, oltre a numerose strade panoramiche costruite ex novo o asfaltate, come la “Gardesana”, quella delle Dolomiti, e a Roma vennero completate, la Via dei Fori Imperiali e Via della Conciliazione. Sui mari poi dominano i grandi transatlantici italiani, il “Rex” la nave più veloce e l’”Augustus”, la nave più grande.
A Los Angeles, negli Usa si svolgono, nel 1932 le X° Olimpiadi estive che consacreranno e riveleranno al mondo i progressi dello sport italiano, rigenerato dal fascismo nel X° anno del suo avvento, la “Gazzetta dello Sport”, esultando per il gran successo italiano, che fece conquistare il secondo posto nella graduatoria delle nazioni dietro ai soli padroni di casa, così scriveva:

“Con l’avvento del fascismo al potere, lo sport italiano, cui i passati governi avevano negato ogni incoraggiamento e ogni aiuto, ha ricevuto quell’impulso a vita nuova che la dinamica fascista, abbattendo le vecchie ideologie ha creato e impresso a tutte le attività nazionali con nuovi valori”.

L’Italia a Los Angeles conquistò 36 medaglie, risultato mai più raggiunto, anche se poi avvicinato, ancora a Los Angeles nel 1984 e a Sidney nel 2000.
I medagliati furono:
Medaglie d’oro:
Atletica Leggera, 1.500 m. Luigi Beccali in 3’51”2;
Ciclismo: inseguimento a squadre con, Cimatti Marco, Pedretti Paolo, Ghilardi Alberto, Borsari Nino; Su strada a squadre: con Olmo Giuseppe, Segato Gugliemo, Pavesi Attilio; Individuale su strada: Pavesi Attilio.
Ginnastica: per il completo a squadre con; Neri Romeo, Lertora Mario, Capuzzo Oreste, Guglielmetti Savino, Corrias; per il concorso individuale. Neri Romeo; nel volteggio, Guglielmetti Savino.
Lotta Greco Romana conquistò l’oro, nella categoria dei pesi piuma, Gozzi Giovanni.
Scherma, per il fioretto individuale vinse, Marzi Gustavo; nella spada individuale vinse, Cornaggia Medici Giancarlo.
Tiro a Segno, per la pistola automatica vinse, Morigi Renzo.
Medaglie d’Argento.
Canottaggio: quattro con: Vattovaz Bruno, Plazzer Giovanni, Parovel Bruno, Divona Riccardo, Scherl Giovanni; Otto: Cioni Vittorio, Balleri Mario, Bracci Renato, Barsotti Dino, Vestrini Roberto, Del Bimbo Guglielmo, Garzelli Enrico, Barbieri Renato, Milani Cesare.;
Ciclismo: individuale su strada: Segato Guglielmo;
Ginnastica: cavallo con maniglie: Bonoli Omero;
Lotta Greco Romana: Nizzola Marcello.
Pugilato: Rossi Gino, Rovati Luigi
Scherma: Fioretto a squadre: Marzi Gustavo, Pignotti Ugo, Guadagna Gioacchino, Gaudini Giulio, Pessina Giorgio, Terlizzi Rodolfo; Spada a squadre: Agostoni Carlo, Riccardi Franco, Ragno Saverio, Minoli Renzo, Cornaggia-Medici Giancarlo; Sciabola a squadre: Anselmi Renato, Marzi Gustavo, De Vecchi Arturo, Gaudini Giulio, Pignotti Ugo, Salaria Emilio; per la sciabola individuale: Gaudini Giulio.
Sollevamento pesi, categoria pesi medi: Galimberti Carlo.
Medaglie di Bronzo:
Atletica Leggera: Staffetta 4x100 maschile: Castelli Giuseppe, Maregatti Ruggero, Toetti Edgardo e Facelli Luigi; Marcia 50 Km., Frigerio Ugo.
Canottaggio: quattro senza: Ghiardello Antonio, Cossu Francesco, D’Este Giliante, Provenzan Antonio.
Ciclismo: velocità: Pellizzari Bruno.
Ginnastica: anelli: Lattuada Giovanni; Corpo libero: Lertora Mario; Concorso a squadre: Lertora Mario, Neri Romeo , Capuzzo Oreste, Tognini.
Lotta Greco-romana: pesi medio leggeri: Gallegati Ercole; pesi medio massimi: Gruppioni Mario.
Scherma: fioretto individuale: Gaudini Giulio; Spada individuale: Agostoni Carlo.
Sollevamento pesi: pesi leggeri: Perini Gastone.
Tiro a segno: pistola automatica: Matteucci Domenico.
Due furono i modenesi che presero parte a quel’Olimpiade: entrambi per il Lancio del Martello, provenienti dalla grande scuola d’Atletica della S.S. La Fratellanza. Armando Poggioli, che con m. 46,90 si classificò 8° e Fernando Vandelli, che raggiunse m. 45,16.
Il Decennale della Rivoluzione Fascista fu celebrato in pompa magna. Mussolini, il 26 Ottobre, compie la sua visita a Milano dove trova un accoglienza trionfale, mezzo milione di persone applaudono l’uomo che proprio in quella città aveva fondato nel 1919 i Fasci di combattimento e in questa circostanza annuncia, prima di tutto, che l’Italia ha vinto la sua battaglia del grano, da lui tanto voluta, dato che ora la nostra nazione produce l’intero fabbisogno nazionale quando, solamente pochi anni prima, la metà doveva essere importato, di conseguenza il pane che costava prima 3 lire e 20 al chilogrammo, ora ne costa solamente 1,60.
A Modena quella ricorrenza si svolse in Piazza Grande, in contemporanea con la terza leva femminile che vedeva il passaggio delle giovani fasciste alle categorie superiori; nello stesso giorno furono inaugurate nuove opere pubbliche per la città, quali le scuole elementari di S. Agnese e di Albereto, le case dei ferrovieri nelle vicinanze della stazione delle Ferrovie dello Stato, e il Viale Umberto I°, ora Viale Medaglie d’Oro, che unisce il piazzale delle Ferrovie Provinciali con il parco delle Rimembranze. Subito dopo il federale Cosimo Manni fu chiamato per un incarico importante alla Direzione amministrativa dell’Ente per la colonizzazione della Pirenaica, data la sua perfetta conoscenza della lingua araba e, al suo posto, alla Direzione del Fascio Provinciale modenese fu nominato, Vincenzo Lai.
Sempre in quell’occasione il Duce concesse una grande amnistia, anche ai detenuti politici: 22.173 reclusi, per vari reati escono dal carcere; 1.056, sono reati di antifascismo, e 600 i confinati, che rientrano alle loro case: ne usufruiscono anche un gruppetto di antifascisti modenesi, compreso quell’Alfeo Corassori, inviato al confino qualche tempo prima, che al termine della guerra diventò Sindaco di Modena.
All’Università di Modena, dopo il lungo rettorato di Pio Colombini, che era entrato in carica nel 1916, fu nominato Rettore il 1° Novembre 1932, Ruggero Balli che rimase alla guida del nostro Ateneo sino all’Ottobre 1943. Quando nel 1931 vi fu l’obbligo del giuramento dei docenti universitari al Fascismo, nella nostra città non vi furono rifiuti di sorta: In tutt’Italia, su di un totale di oltre 1.200 professori universitari, poco più di una dozzina rifiutarono. Ovviamente alcuni di loro, che non erano vicini all’ideologia fascista, lo fecero controvoglia, si adattarono o per “quieto vivere” e per non subire sanzioni; resta il fatto che, quei pochi che accettarono a malincuore il giuramento, quando il vento cambiò, durante la guerra cominciarono a prendere le distanze dal regime e durante il periodo della guerra civile, collaborarono con il movimento clandestino aiutando il CLN e i partigiani, creando così i presupposti per l’inserimento nelle posizioni di potere del dopoguerra.
La Mostra della Rivoluzione Fascista, alla quale diede il suo contributo per la parte artistica, assieme a Mario Sironi, anche il modenese Enrico Prampolini, voleva far conoscere uomini, fatti, idee, opere e sentimenti che avevano caratterizzato l’ascesa del fascismo, fu aperta il 27 Ottobre del 1932 e fu visitata da oltre quattro milioni d’italiani durante il periodo della sua apertura, al Palazzo delle Esposizioni di Roma, che si tenne sino al 21 Aprile 1933, fu considerata una delle rappresentazioni più alte della cultura mondiale di quel periodo.
Quest’anno, eccezionale per l’Italia e per il fascismo, si concluse in modo splendido. Furono rinnovati i fasti della Roma Imperiale con l’inaugurazione del grandioso centro sportivo del Foro Mussolini, comprendente lo stadio dei marmi, lo stadio del tennis, i palazzi per la scuola di musica e per l’Accademia d’Educazione Fisica, la piscina coperta, oltre all’inaugurazione della via dell’Impero, attraverso i monumenti dei Fori Imperiali, che congiungeva, Piazza Venezia, con il Colosseo.
Il 18 Dicembre, Mussolini, dopo aver posto la prima pietra nel mese di Febbraio di quel 1932, inaugurò l’opera massima con la quale si celebrava il Decennale e che procurò grande onore al fascismo in tutto il mondo, la città di Littoria, la prima intera e nuova città voluta dal Duce, sulle pianure dell’Agro Pontino bonificate. Sono stati 65.000 ettari di territorio paludoso e malsano a diventare terra interamente coltivabile, su territori dove, invano, avevano tentato e fallito governi su governi da secoli, fin dal lontano Impero romano. Impresa enorme, portata a termine con successo, dall’ingegno e dall’operosità dei tecnici e degli operai italiani, con le sue aziende e con i suoi lavoratori che, in seguito, diventeranno i migliori del mondo, per la costruzione di dighe e canalizzazioni, in ogni parte del pianeta.
A seguire verranno poi tante altre città, sparse su tutta la penisola, ad essere create ex novo. Pontinia, Ausonia, Sabaudia, Guidonia nell’agro pontino, oltre a decine di borghi, per non parlare di Tresigallo, Milano Marittima, Volania in Emilia Romagna, di Carbonia e Fertilia in Sardegna, dei tantissimi borghi in Sicilia, Puglia, Calabria, Toscana oltre alle famose, Cervinia e Sestriere in Piemonte. In poche parole, furono oltre 150 le città, i borghi, i villaggi che videro le “Città di fondazione del Duce” e dell’architettura razionalista o fascista, sorgere ovunque in Italia durante gli anni trenta.

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IMMAGINI

   
Piane di Mocogno Caserma Mussolini Scuola Elementare “E. De Amicis” Anno 1929 Classe 3°
Inaugurazione del cavalcaferrovia della Sacca, 6 febbraio 1932. (Archivio
fotografico Istituto storico di Modena)
Coloni modenesi in Libia. (Archivio fotografico Istituto storico di Modena)
Celebrazione dell’eccidio del 26 settembre 1921. (Archivio fotografico Istituto
storico di Modena)
Classe quinta elementare
Ghirlandina La Bonissima
Casa di L.  A. Muratori alla Pomposa Augusto a dieci anni con il padre
   
   
   
   
   
   

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