Capitolo secondo 1921 - 1922
MODENESI IN CAMICIA NERA
Gli anni dal 1919 al 1943
Capitolo Secondo 1921 -1922 1921 - Ancora Violenze La lotta politica continua ad essere segnata da continue intemperanze e violenze a non finire. Cattolici contro Socialisti, questi contro i Fascisti in un caos indescrivibile. Bastonature, accoltellamenti, devastazione reciproca di sedi di partito, si era scatenata una serie di reazioni a catena che l’autorità costituita non riusciva a frenare, anzi in moltissime circostanze le guardie regie contribuirono, con comportamenti a dir poco sconsiderati, sparando sui manifestanti, a creare un clima d’intolleranza e di reazione. A Modena, nel mese di Gennaio fu ucciso un socialista a Campogalliano e la sera del 21, in località Gallo allora alla periferia di Modena, fu ucciso a colpi di pistola il fascista, ex legionario fiumano, Mario Ruini di 19 anni. Mario Ruini era assieme al fratello e allo studente Stradi, e mentre rincasavano furono aggrediti in un agguato. Tre sono i responsabili dell’attentato e fanno parte del gruppo libertario di Via S. Agata; sono tre giovani di venti anni: Renzo Cavani, Luigi Evangelisti e Aldo Gilioli. Nella sparatoria, Renzo Cavani colpisce il Ruini, che cade ferito al suolo e qui è finito, con due colpi alla nuca, da Luigi Evangelisti. Così racconta il muratore anarchico Aldo Caselgrandi: “Non feci in tempo a vedere quel che successe. Era appena cominciata la sparatoria dei miei compagni anarchici e socialisti e i fascisti stavano rispondendo. Io ero accanto all’edicola della Rosina, quando ad un tratto alcuni fascisti mi balzarono addosso e mi bastonarono perché avevo in tasca il giornale anarchico Umanità Nova.” Tre giorni dopo, ai suoi funerali, mentre si svolgevano sulla Via Emilia, all’altezza del Palazzo delle Poste, gruppi di comunisti si avvicinarono al corteo e iniziarono a sparare colpendo a morte l’impiegato fascista di Bologna, di ventuno anni Augusto Baccolini e l’operaio metallurgico Orlando Antonimi, di diciannove anni, facendo inoltre una decina di feriti, tra i quali uno dei capi del fascismo bolognese, Leandro Arpinati. In seguito a questi fatti fu data alle fiamme la Camera del lavoro e fu proclamato lo sciopero generale. I fascisti bolognesi che ritornavano nella loro città, particolarmente esaperati per i fatti al funerale di Ruini, furono presi a fucilate, la loro reazione li porta all’assalto della Camera del lavoro bolognese, che sarà devastata. Il 5 Marzo, fu costituita la sezione modenese del Fascio femminile di Combattimento, che ebbe, dall’inizio, centocinquanta iscritte, il Direttorio era così costituito: signora Maria Ruini, signorine, Teresa Casati, Rosa Guicciardi, Maria Teresa Vicini e Mara Capitani che era la Segretaria. Il 17 Marzo fu ferito, in un attentato fuori porta Saragozza, lo studente fascista Antonio Gozzi, per opera di un gruppo d’anarchici. Mentre in Aprile si svolge a Bologna il primo congresso dei Fasci Emiliani, al quale parteciparono i modenesi: Enzo Ponzi, Carlo Zuccoli, Marco Antonio Vicini, Fausto Bianchi, Renato Bussadori, Mario Vellani Marchi, il dott. Ugo Righi e il Capitano di Vascello Raffaele Paolucci (affondatore della Viribus Unitis) che, pur non provenendo da Modena, era il Presidente Onorario del Fascio della nostra città. L’8 Aprile, nell’Assemblea del Fascio modenese, il Segretario Enzo Ponzi fu sostituito da Carlo Zanni, giovane avvocato ed ex combattente della grande guerra, che rimase in carica sino al 17 Settembre 1922 In quello stesso mese d’Aprile esce il primo numero de “La Valanga”, organo del Fascio modenese, che fu diretto da Pilade Lugli. In questi giorni in un agguato furono aggrediti e “bastonati” due fascisti: Alfredo Aimi ed Evaristo Crostini. Al fascismo modenese si aggregano, via via, tanti personaggi di varia estrazione sociale, da gente del popolo ad uomini come il radicale avv. Nino Modena, che richiede la tessera con una lettera, “nobile”. A Maggio, a Monteombraro di Zocca, è ucciso il popolare Igino Bellentani Alle elezioni politiche, che si tennero il 15 Maggio, precedute in tutta Italia da violenze che provocarono la morte di una ventina di fascisti e gli incendi di un centinaio di Camere del lavoro, si presentarono, ottenendo un clamoroso successo anche i fascisti che riuscirono a portare in parlamento 37 deputati, tra i quali i modenesi, Marco Arturo Vicini e Virgilio Lancellotti. La lista del “Blocco Nazionale” per le Provincie di Modena, Reggio, Parma e Piacenza, comprendeva i seguenti nomi: comm. Lino Carrara, ing. Alberto Celli, dott. Ottavio Corgini, avv. Vittorio Cottafavi, prof. Icilio Bocca, avv. Tommaso Benassi, ing. Giuseppe Baccarani, prof. Giovanni Pallastrelli, prof. Giovanni Ranieri, Virgilio Lancellotti, avv. Nino Modena, Carlo Cesare Montecchi, avv. Francesco Pallastrelli, avv. Vincenzo Paltrinieri avv. Pietro Petrazzani, avv. Camillo Piatti, avv. Cesare Sarfatti, (fratello della nota scrittrice Margherita, amica di Benito Mussolini) avv. Michele Terzaghi e avv. Marco Arturo Vicini. Tre erano i fascisti modenesi, Cottafavi, Modena e Vicini, due di Carpi, Lancellotti e Benassi, due di Reggio, Montecchi e Corgini, due di Piacenza, Terzaghi e Sarfatti, due di Parma, Bocca e Celli; gli altri erano liberali tra i quali il modenese, Giuseppe Baccarani. Nella nostra Provincia si ebbero i seguenti risultati: Blocco Nazionale, che comprendeva, fascisti, nazionalisti, liberali e radicali 28.378 voti: Partito Socialista Italiano 27.028 voti: Partito Popolare Italiano 17.600 voti. Dopo le elezioni si costituì la Federazione Provinciale dei Fasci modenesi che fu così composta: Carlo Zanni Federale curava la zona di Modena, Clodo Feltri seguiva quella di Carpi, Enzo Ponzi la zona di Finale e San Felice,, Lanfranco Betini quella di Sassuolo, e Umberto Costanzini per il vignolese. Passato questo momento riprese ancora la lotta; l’8 Agosto, a Stuffione di Ravarino fu pugnalato a morte il fascista Eliseo Zucchi, e a Mirandola, il 17 Agosto, fu ucciso il popolare Agostino Baraldini. La violenza nel modenese e in tutta Italia assumeva sempre più le caratteristiche di una sanguinosa guerra civile. Tra i tanti efferati delitti politici, commessi in quei giorni, ci basta citare quello commesso a Pistoia, dove, un rivenditore di un giornale fascista fu trascinato in un circolo comunista e qui fu squartato, dopo che gli era stata immersa la testa in acqua bollente. (cfr. Tamaro) Le squadre che si affrontavano in quella lotta atroce erano formate da: “gli arditi del popolo” che erano i sovversivi feroci ed armati, c’erano poi le “camicie azzurre” dei nazionalisti, le “camicie kaki” delle ridotte squadre liberali, alcune squadre repubblicane molto combattive, quali le “avanguardie di azione repubblicana” in Romagna e anche le “avanguardie dei popolari in alcune zone. Ovviamente i fascisti si presentavano in camicia nera. Scontri e violenze avvenivano ovunque in Italia, ma l’episodio che suscitò enorme scalpore, fu l’eccidio di Sarzana, in Provincia di La Spezia, il 21 Luglio. Una colonna di fascisti voleva entrare in quella cittadina per manifestare e cercare la liberazione di alcuni camerati, tra i quali Renato Ricci poi fondatore e capo dell’Opera Nazionale Balilla (ONB), arrestati e incarcerati dalle guardie regie. I carabinieri avevano l’ordine di impedire l’azione. Vennero allertati anche i gruppi socialisti e comunisti che si prepararono per un agguato. Partì un colpo, non è stato ben chiarito per colpa di chi, e vi fu una sparatoria, le guardie regie spararono a bruciapelo, diciotto morirono subito, quasi tutti giovanissimi; molti furono i feriti e molti di coloro che, scappando attraverso i campi, caddero in mano ai cosiddetti "Arditi del popolo", formazioni socialcomuniste formatesi da poco, furono massacrati a colpi di forcone e roncola, impiccati, squartati, evirati, torturati, smembrati e decapitati, portando il numero delle vittime ad oltre la quarantina. I superstiti, barricati nella Stazione, furono infine caricati su un treno, insieme ai dieci prigionieri, e rispediti a casa. Un’ultima vittima, fu un ragazzo che, affacciatosi ad un finestrino per fare il saluto romano, fu ucciso da una rivoltellata. La pubblicistica antifascista modenese, negli anni del secondo dopoguerra, e in tutte le pubblicazioni a senso unico, dedicate al ventennio fascista in quel di Modena, hanno cercato di far apparire quel movimento, quasi praticamente composto di uomini della borghesia agraria o di quelli della classe dominante, e questo è vero, ma in minima parte; vi si trovavano sì uomini delle categorie più agiate, così come li trovavi nelle file dei socialisti o dei popolari, ma la maggioranza degli appartenenti al fascismo della “prima ora” proveniva, quasi esclusivamente, dal mondo operaio e impiegatizio oltre che, logicamente, dagli ex combattenti. Tuttavia, che dire dei personaggi che militavano e dirigevano i partiti che cercavano di opporsi al nascente fascismo, forse appartenevano alla classe operaia uomini come l’on. Gregorio Agnini, l’avv. Pio Donati, il Sindaco Ferruccio Teglio, l’avv. Confucio Basaglia, l’avv. Cesare Marverti, il senatore e imprenditore Guido Mazzoli, gli avvocati Luigi Colli di Cavezzo e Nicola Cilla di Mirandola per i socialisti, oppure i rappresentanti del Partito Popolare quali, l’avv. Giuseppe Casoli, il conte Claudio Boschetti, il marchese Camillo Molza, il prof. Claudio Nava, l’avv. Alessandro Coppi o il prof. Giovanni Rizzatti, tanto per citarne alcuni? A parte questo piccolo spunto polemico è bene sottolineare che i modenesi, cosi come gli altri italiani, seguirono il nuovo astro della politica nazionale in funzione della forza propulsiva e delle nuove idee che Mussolini interpretava. Idee che cercavano di superare i logori concetti di un socialismo stagnante che non sapeva uscire da una visione, già superata della lotta di classe, oltre a certo clericalismo ancora legato allo strapotere di una chiesa anch’essa ferma al 1800. Non vi è stato in Italia nessun movimento politico che abbia saputo esprimere, più intimamente, le aspirazioni di un popolo, riuscendo a coinvolgere e conciliare il sogno socialista con l’amor di Patria, oltre a unire, per una visione di Nazione, quell’Italia proletaria ed aristocratica ad un tempo, che si era scoperta popolo e Nazione, suo malgrado, solamente allora e non prima, nelle trincee del Piave. Quegli uomini nati nelle trincee, stoicamente avevano sopportato ogni pericolo. Erano giunti all’estremo limite, alle spalle avevano lasciato tutto: i politicanti da strapazzo, gli scrivani, i ruffiani, i pescecani, gli affaristi piccoli piccoli, gli invidiosi e in quella dimensione avevano appreso la saggezza, la serenità e l’incorruttibilità. Nel momento in cui la vittoria mutilata e la pugnalata alle spalle delle nazioni uscite vittoriose da quell’immane conflitto assieme all’Italia, li condizionò e quando tornarono e trovarono una plebaglia vile e idiota o furono sviliti, nella loro dignità da autorità civili e militari arroganti e vigliacche nello stesso tempo, scoprirono ovunque ignobili speculazioni, ingiustizia sociale e tutte le più abbiette forme dell’animo umano. A fronte di tanto sfacelo, questi combattenti non riuscirono a starsene fermi a subire senza reazione gli sputi e gli insulti della plebaglia rossa. Trovarono pertanto un capo ed un’idea, che permise loro di uscire allo scoperto e che diede loro la possibilità di marciare incontro a nuovi destini, per ritrovare la condizione d’uomini veri, oltre alla loro rispettabilità. Nacquero cosi i fascisti. Il 3 Agosto, a Roma, si firma il Patto di pacificazione tra Fascisti e socialisti. Da entrambe le parti questo tentativo di mettere un freno alla violenza, non fu ben accettato. Anche a Modena, su questo argomento vi furono contrasti accesissimi con dimissioni, poi rientrate come quelle del Consiglio direttivo del Fascio di Carpi e quelle di Enzo Ponzi del Direttoriom Provinciale. Difatti a Novembre questo fu denunziato ufficialmente. La denuncia la fece lo stesso Mussolini al Congresso di Roma, poiché, nei due mesi in cui fu in vigore, furono uccisi poco meno di sessanta fascisti e centinaia furono i feriti, in agguati e attentati da parte degli “arditi del popolo”. I fatti del 26 Settembre a Modena Descriviamo i fatti del 26 Settembre con il resoconto di G.A. Chiurco in: “Storia della Rivoluzione Fascista”. 26 Settembre – Le autorità governative di Modena, in odio al Fascismo, davano ordini polizieschi categorici, che irritarono i fascisti, tanto da indurli a tenere una riunione nella quale fù votato un ordine del giorno di protesta contro il Governo. Circa un migliaio di fascisti dopo la seduta inquadrati militarmente sfilarono per la Via Emilia. Trovano la strada sbarrata dalle guardie regie agli ordini del Commissario Cammeo, ben noto per la sua condotta antifascista e vigliacca. L’on. Vicini afferma alle guardie che i fascisti domandano soltanto che una Commissione possa consegnare l’ordine del giorno alla Prefettura. Gli squadristi attendono intanto ordinati e calmi ed al ritorno della commissione imboccano nuovamente la Via Emilia. Altro plotone di guardie regie che sbarra il passo presso il caffè Nazionale. Il corteo si ferma e l’on. Vicini si accinge a parlare ai fascisti per calmarli e dar loro l’ordine di sciogliersi. Accanto all’On. Vicini si pone il gagliardetto del Fascio. I due commissari che si trovano accanto al gagliardetto non si vollero levare il cappello. Un fascista toglie la paglietta al commissario facendola cadere a terra ed il commissario estrae la rivoltella facendo fuoco a bruciapelo sulla folla uccidendo il fascista Carpigiani Umberto del Fascio di Modena. E ferendo gravemente al torace l’On. Vicini, che cade gridando “viva l’Italia”. Un urlo di indignazione si alzò dalla folla mentre una scarica partiva dai moschetti imbracciati dalle guardie regie. Così cadevano a terra altri morti….La commissione di inchiesta provò che la forza pubblica aprì il fuoco senza alcun preavviso e senza alcuna necessità." Il 29 Settembre si svolsero i funerali dei caduti con una grandiosa partecipazione di folla. Ventimila persone e cinquecento gagliardetti s’inchinarono al cospetto delle bare. Benito Mussolini tenne in Piazza S. Agostino l’orazione funebre che così concludeva: “….Salvete, morti dilettissimi. Noi non vi dimenticheremo. I Vostri nomi rimarranno scolpiti nel nostro cuore profondo. Finchè un solo fascista vi sarà in Italia, egli trarrà da Voi l’esempio e l’auspicio. Verrà giorno in cui il nostro esercito invitto e invincibile strapperà la definitiva vittoria. Allora, o fratelli di Modena, o fratelli caduti in altre città, un fremito improvviso farà sussultare i vostri resti immortali. Converremo allora alle vostre tombe di precursori e di avanguardie, a sciogliere il voto della riconoscenza e della fede. In nome dei cinquecentomila fascisti d’Italia vi porgo l’estremo addio”. I Caduti furono Bosi Ezio, era il Segretario politico del Fascio di San Cesario s.P. Aveva combattuto nella grande guerra ed aveva ventidue anni. Faceva parte del Consiglio Provinciale dei sindacati economici. Carpigiani Umberto, era iscritto al Partito Fascista di Modena: non aveva ancora compiuto i diciotto anni. Gallini Gioacchino, ex Tenente degli alpini era Segretario politico del Fascio di Mirandola: fù tra i primi assertori del Fascismo nelle zone della bassa. Aveva ventiquattro anni. Garuti Tullio, era uno studente di venti anni iscritto al Fascio modenese. Morì alcuni giorni dopo i fatti del 26 Settembre. Micheli Giovanni, Ufficiale di Artiglieria era iscritto al Fascio di San Cesario sul Panaro. Era un fascista attivo ed appassionato e dedicò tutta la sua vita alla famiglia ed alla Patria. Sanley Aurelio, era il Segretario politico del Fascio di Vignola, aveva venti anni e apparteneva ad una nota famiglia vignolese.Notevole era il suo ascendente tra i fascisti della zona. Sinigaglia Duilio, aveva ventisei anni e apparteneva al Fascio modenese ed era comandante delle squadre d'azione. Ex Tenente degli Arditi ed ex legionario fiumano. Zulato Attilio, apparteneva al Fascio di Modena, studente, era un ragazzo buono e dedicava al partito, tutte le ore libere dallo studio. Morì con sulle labbra le parole" Italia e mamma". Le violenze contro i fascisti continuarono anche dopo lo spietato eccidio. Il 2 Ottobre, a Fossoli di Carpi, fu ucciso in un agguato tesogli da “sovversivi”, Enea Albizzi di Campogalliano, e morì, quattro giorni dopo quello scontro, Ernesto Lodi di Novi che si trovava assieme all’Albizzi. La sera del 11 Novembre, tradizionale festa di San Martino un gruppo di giovanissimi ragazzi, Renzo Rubbiani, Gino Tabaroni, Mario Lasagni e Silvio Lasagni tutti appartenenti al gruppo d’avanguardia del Fascio modenese, se ne stanno seduti al ristorante Terrazza, appena fuori Porta Saragozza, là dove oggi inizia Via Buon Pastore; si scontrano con due anarchici già noti per risse ed aggressioni, Renzo Cavani e Guido Bucciarelli; i ragazzi s’insultano e si mettono a correre lungo la strada, per eventualmente darsele di santa ragione, ma il Cavani si arresta, estrae la pistola e a sangue freddo uccide il giovanissimo Gino Tabaroni, di appena diciassette anni. Il Cavani sparò anche agli altri, ferendo Mario Lasagni. I due rossi, fuggirono e subito espatriarono, arrivando a Monaco di Baviera per poi ripare in Russia. Così racconta l’anarchico Renzo Cavani: “….Gino Tabaroni è un nome che non scorderò più. Anche perché via Buon Pastore si chiamò durante il fascismo via Gino Tabaroni, e i miei abitavano proprio lì e quando scrivevo a mia madre dall’estero scrivevo, Modena via Gino Tabaroni…..Non sono pentito di questi fatti. Noi avevamo quell’idea e loro erano i nostri peggiori nemici. E poi i fascisti avevano già cominciato ad uccidere per conto loro. Noi non potevamo stare con le mani in mano a vedere, come facevano invece i socialisti” Per tutto il periodo del ventennio, la strada che vide quest’efferato assassinio, fu dedicata al martire fascista, ma fu poi epurata dalla toponomastica modenese, nel secondo dopoguerra. Nel mese di Novembre di quel 1921, con la costituzione del Partito Nazionale Fascista (PNF), fu avviata anche l’attività parlamentare dei 37 deputati eletti a Maggio e, con un grande discorso, chiamato “della mano tesa”, Mussolini proclama una vera proposta di pace rivolgendosi sia ai popolari sia ai socialisti, invitandoli a “disarmare”, per mettere la parola fine alla guerra civile. Si augurava, dunque, un disarmo reciproco, e come disse ”anche un disarmo degli spiriti, dato che la Nazione correva un serio pericolo di precipitare in un abisso”. 1922 - Ancora tensioni - 28 Ottobre Marcia su Roma Pure il 1922 inizia con tensione e incidenti un po’ ovunque. Il Fascismo modenese, che in breve tempo si era fortemente consolidato, comincia a rintuzzare colpo su colpo a tutte le intemperanze; all’Assemblea del Fascio locale del 17 Gennaio venne nominato il gruppo di persone, guidato da Fausto Bianchi, che doveva portare al Primo Congresso Provinciale che si tenne presso il Teatro Comunale di Modena il 24 Gennaio dove si vide riconfermato Federale, Carlo Zanni. In tutta la Provincia si andavano costituendo le sezioni di Partito, in modo particolare si era affermato nel carpigiano tanto che l”Avanti” del 31 Marzo 1922 scriveva che: “Carpi è, come si sa la roccaforte del fascismo modenese, anzi la sua fama ha oltrepassato da gran tempo i confini della Provincia ed è diventata nazionale.” I Fascisti carpigiani furono definiti dal giornale socialista “superfascisti”. La lotta politica tra i partiti e nei partiti, era particolarmente accesa, Popolari contro Socialisti, lotte interne nei due schieramenti principali, tanto che a Livorno, al Congresso del Partito Socialista, avvenne la scissione che portò la corrente massimalista a fondare il Partito Comunista Italiano. La tensione politica raggiunge livelli altissimi, a Modena come in tutta Italia. Nei primi giorni del mese di Gennaio del 1922, avvengono moltissimi scontri e imboscate da parte degli anarchici e dei comunisti. A Villanova di Là, sono feriti, in agguati comunisti, i fascisti: Guido Tavoni, Giovanni Benfatti e Guido Ferrari, mentre a Nonantola, il diciottenne Ascanio Boni sfugge miracolosamente ad un attentato. Il giorno 15, due anarchici feriscono gravemente, in un agguato in un’osteria di Porta Saragozza, luogo diventato abituale per tanti scontri tra rossi e neri, il fascista Guido Albinelli. A Febbraio, bastonatura di socialisti, tra i quali i Deputati Donati e Agnini, da parte dei fascisti. Si verifica poi un gesto vandalico sulla tomba del martire Duilio Sinigaglia che è lordata e sfregiata. Vengono, in seguito, sparati colpi di pistola ai fascisti, Bruno Fava e Silvio Gandolfi e a quattro carabinieri. Il 18 Febbraio durante una festa a Migliarina di Carpi, è ucciso, a colpi di rivoltella, dal comunista Pio Rossi, il fascista carpigiano, Eugenio Paltrinieri. Il giorno 23 si svolgono i solenni funerali di questo caduto, con i discorsi dei maggiorenti del Partito, gli onorevoli Vicini e Lancellotti e di Salesio Schiavi. Il 4 Marzo è ucciso a fucilate, a San Martino Secchia, Pio Zanfrognini, negoziante di bestiame a Mirandola, uno dei primi aderenti al fascio mirandolese. L’operaio fascista, Giuseppe Salvatori, subisce in questi giorni un primo attentato da parte dei “rossi”, che gli porteranno nel corso dell’anno altri quattro agguati, sempre sventati. Spesso avvengono sparatorie e risse in tante osterie di Modena e Provincia; a San Felice s. Panaro, durante uno di questi scontri resta ucciso il giovane socialista di 24 anni, Benvenuto Pignatti. Dopo una serie di tafferugli con feriti vari e ammaccati dal bastone, che a quei tempi si usava con molta facilità, nei giorni attorno al 1° Maggio, scoppia improvvisamente la “rivoluzione di Bologna”. Un Ufficiale della Marina Militare, tale Cavedoni, è ucciso in un attentato, dove rimangono feriti altri due fascisti, dalle “guardie rosse”. La Federazione fascista bolognese convoca i segretari dei fasci delle quattro Provincie di, Modena, Ravenna, Ferrara e Bologna, per coordinare un’azione comune nel capoluogo emiliano. Vi è pertanto una mobilitazione generale dei fascisti di queste Provincie che giungono a Bologna in diecimila. E’ una mobilitazione generale e tra questi vi sono duemila modenesi; di cui cinquecento di Modena città, trecento di Carpi e i restanti di tutta la Provincia. Fortunatamente si arrivò ad un accordo tra il comandante fascista della Legione Emiliana, il ferrarese Italo Balbo e il Generale di Corpo d’Armata, Sani, per la tregua. Il 2 Giugno, dopo quattro giorni di altissima tensione e di presenza dei fascisti nel capoluogo emiliano, Mussolini ordina lo sgombero e il rientro a casa di tutti i fascisti. In Agosto avviene la caduta del Governo Facta e la proclamazione dello sciopero generale di quattro giorni, che fallirà nel modenese come in tutta Italia. Unica eccezione la città di Parma, che “resisterà” per alcuni giorni, e dove accadde una vera e propria battaglia tra fascisti e social-comunisti. Lo sciopero aveva attecchito solamente in città, mentre in provincia fu un fiasco completo. Fu posto un “ultimatum” per la ripresa del lavoro dopo 48 ore, ma i rossi si asserragliarono nei sobborghi, costruendo trincee e barricate sotto lo sguardo dei carabinieri e delle guardie regie, che assistevano impassibili agli avvenimenti poiché avevano avuto tali ordini dalle autorità prefettizie. Vi furono attentati terroristici e una lunga serie d’attacchi ai fascisti. Scaduto l’ultimatum inizia il concentramento delle forze fasciste provenienti dalle città vicine. Modenesi e carpigiani accorrono a Parma in buon numero, assieme agli altri provenienti dalle città vicine, occupano militarmente la stazione ferroviaria e quella tranviaria, ovunque avvengono conflitti, si lanciano bombe, i “rossi” fecero incursioni anche verso il centro e assalti al Fascio. Inizia la battaglia dell’”Oltretorrente” con molti morti e feriti. Oltre ai modenesi, sono migliaia le camicie nere che arrivano a Parma da, Cremona, Ferrara, Mantova, Bologna e Piacenza. In uno di questi scontri, resta ucciso il giovane fascista carpigiano, Edoardo Amadei il quale, prima di morire, gridò: “Se avessi due vite le darei entrambe per la Patria”. A fronte del succedersi dei gravi conflitti, l’autorità militare si decise ad assumere il servizio di ordine pubblico, mettendo fine agli scontri. I fascisti si smobilitarono. Nonostante la tenace resistenza di Parma, lo sciopero generale fu un clamoroso “flop”. L’organo socialista “La Giustizia” cosi si espresse tre giorni dopo: “Bisogna avere il coraggio di confessarlo: lo sciopero generale proclamato ed ordinato dall’Alleanza del lavoro è stata la nostra Caporetto. Usciamo da questa prova clamorosamente battuti….” Il socialismo, con la chiamata dei lavoratori a difesa della legalità d’istituzioni decadenti ed un’oligarchia “borghese” screditata, anzitutto violò i suoi programmi fondamentali, e poi non si rese conto del peso, della penetrazione, dell’audacia del fascismo, né della disgregazione, né dell’inconsistenza delle correnti democratiche e liberali. (cfr. Zibordi, in “ Antologia della critica sociale”). In Provincia di Modena, a San Venanzio di Maranello, la sera del 20 Agosto, è commesso un duplice omicidio, da parte dei fascisti sassolesi nei confronti di due simpatizzanti socialisti: il bracciante Adelmo Benvenuti e il calzolaio Giovanni Romani. Precedentemente, nel mese di Giugno di quell’anno terribile, fascisti carpigiani, uccidono un giovane dell’Azione Cattolica a Quartirolo di Carpi: si trattava del giovanissimo Agostino Zanfi. Per quest’atroce delitto la Direzione Provinciale fascista nomina una commissione d’inchiesta, con la presenza di Attilio Teruzzi e Italo Balbo, è inoltre sospeso il Direttorio fascista carpigiano e dodici fascisti sono messi agli arresti, solamente uno, certo Alvaro Po, che si assume la responsabilità del fatto, sarà condannato. Nel mese di Settembre si tenne a Modena il secondo Congresso Provinciale Fascista. Il nuovo Direttorio era così composto: avv. Augusto Ascari, Avv. Carlo Zanni, Assirto Tosatti, dott. Matteo Di Noia, Giovacchino Cavicchioli, dott. Salesio Schiavi, dott. Temistocle Testa, dott. Italo Puviani, Pietro Simonelli, ing. Marino Mancini, Angelo Ferrari e, Segretario politico, al posto di Carlo Zanni, considerato un intransigente, fu nominato l’avv. Vittorio Arangio Ruiz, considerato dalla maggioranza, un moderato; era dotato di notevoli capacità oratorie, Ruiz rimase in carica sino al 9 Dicembre 1923 e riuscì, in breve tempo, a sanare certi contrasti che si erano venuti a creare all’interno del movimento fascista modenese. Il 26 Settembre, sono commemorati, in una grandiosa manifestazione di popolo, gli otto caduti fascisti del 1921, con la presenza di moltissimi esponenti del Fascismo Nazionale, quali, Italo Balbo, Starace, Farinacci, Grandi, Arpinati e i deputati emiliani, Marco Arturo Vicini, Virgilio Lancellotti, Ottavio Corgini e Michele Terzaghi. Pestaggi, scontri, uccisioni, scioperi, occupazioni anche di città, come accade nelle vicine, Ferrara e Ravenna, furono il preludio della Rivoluzione Fascista che si concretò, da rilevare senza spargimento di sangue, il 28 Ottobre con la Marcia su Roma. Così come in tutta Italia, si sta preparando anche a Modena l’insurrezione dei fascisti che precede la Marcia su Roma. La prima grande adunata, mentre il Governo non aveva ancora il minimo sentore che tutto era pronto per l’insurrezione, si tiene a Napoli il 24 Ottobre. I fascisti furono accolti con grande entusiasmo dal popolo napoletano che gridava “A Roma, a Roma”, mentre al Teatro San Carlo, Mussolini teneva la sua orazione seguita dal breve discorso in Piazza Plebiscito dopo la grande sfilata delle camicie nere, e qui dichiarava, senza mezzi termini e in tutta chiarezza: “O il Governo ci darà il potere o lo prenderemo noi calando a Roma !” Chi erano dunque questi fascisti che, da Modena e da tutte le città italiane calarono a Roma, pronti ad ogni evenienza, anche allo scontro, che poi non avvenne, malgrado che il consiglio dei Ministri avesse deliberato la proclamazione dello stato d’assedio, che fortunatamente il re non volle avvalorare? Come definirli? Era gente pragmatica, non nel senso ignobile che il termine ha assunto oggi, si possono definire reazionari, interventisti e rivoluzionari. Reazionari, perché reagirono alle ingiustizie dell’immediato dopoguerra; interventisti, perché seguirono lo spirito che li aveva portati nel crogiulo della Grande Guerra; rivoluzionari perché presero l’iniziativa di sconvolgere una situazione oramai deteriorata, che una classe borghese dominante, ma pavida e inetta, non era riuscita a capire, con l’emergere prepotente delle masse e con il recupero dei forti valori del recente passato. I fascisti furono e di destra e di sinistra, senza essere né di destra né di sinistra. Erano entusiasti e vincenti nel travolgere le inique barriere sociali, nel ritrovare i valori della Patria, nella ricerca di una pacificazione degli animi dopo anni di violenze, sopraffazioni e di scontri crudeli. Mussolini, che aveva seguito gli avvenimenti da Milano, fu chiamato a Roma dal Re, Vittorio Emanuele terzo che gli conferì l’incarico di formare il nuovo Governo. Mussolini lo costituì, malgrado molti fascisti lo osteggiassero e non fossero entusiasti, per la presenza di molti uomini provenienti da partiti che avevano contrastato il fascismo e in pratica, due popolari, due demosociali e tre liberali oltre, ovviamente a tre fascisti. Il 31 Ottobre prestò giuramento. Obiettivamente la Marcia su Roma non fu una vera e propria rivoluzione, malgrado si parlasse durante tutto il ventennio e anche dopo di marcia rivoluzionaria, epica e leggendaria. In realtà non vi fu nulla di epico se non: “Una manovra politica calcolata con straordinaria intuizione dal suo promotore”. Senza la Marcia indubbiamente il fascismo non sarebbe arrivato al potere, ma fu ugualmente un movimento d’importanza storica eccezionale che ebbe il merito di dimostrare, a tutto il paese, a quale sacrificio fosse disposta la gioventù italiana per far arridere la vittoria ai propri ideali. Se Mussolini ha avuto in quei giorni la sensazione o la certezza, che non ci sarebbe stato spargimento di sangue, questo non era a conoscenza delle centinaia di migliaia di camicie nere mobilitate, che non potevano sapere quale accoglienza sarebbe stata fatta loro dalla forza pubblica se andava in porto lo stato d’assedio, ed eventualmente dai comunisti e dai socialisti. Questa gioventù, come i duemila modenesi che andarono a Roma e gli oltre cinquemila che rimasero a presidiare la città della Ghirlandina, era pronta a tutto, ma fortunatamente, quando a Roma sembrava dovesse entrare la guerra, in realtà vi entrò la pace e la mobilitazione di quelle centinaia di migliaia di uomini rientrò in poche ore. Si aprì così, un’era diversa; non vi è alcun dubbio che il periodo fascista si distinse profondamente da quello che lo aveva preceduto. E’ altresì lampante che esso soppresse il liberalismo e la democrazia sino allora imperante, Mussolini stesso mentre celebrava la “Rivoluzione” durante il ventennio, negò a chiare lettere che l’insurrezione del 28 Ottobre sboccasse in una rivoluzione: nel 1944, in “Storia di un anno” scrisse testualmente: “Premesso che una rivoluzione si ha quando si cambia con la forza non solo il sistema di governo ma la forma istituzionale dello Stato, bisogna riconoscere che da questo punto di vista il Fascismo non fece, nell’ottobre del 1922, una rivoluzione, c’era una Monarchia prima e una monarchia rimase dopo.” In realtà non furono violate leggi costituzionali, dato che il Governo Facta era dimissionario e che il Re nominava e revocava i suoi Ministri in base alle normative dello Statuto del Regno. Certo è che: “Alla testa del Governo veniva messo un uomo del carattere, dell’ambizione e della volontà di Mussolini, tutto diverso dagli altri uomini politici e dalla cui irrequieta e vulcanica mente potevano uscire imprevedibili novità. Saliva al potere per la prima volta un giovane popolano, che veniva dagli strati molto vicini alla plebe.” Certamente ai fascisti più intransigenti, che collaboravano e avevano seguito, anche nelle battaglie più dure Mussolini, non fu gradita quella posizione “borghese”, e non si capacitavano che si fosse fatta una “rivoluzione” semplicemente per la sola conquista di qualche Ministero o per qualche miglioramento all’amministrazione pubblica. Mussolini però, nella sua replica, affermava che l’Italia avrebbe avuto bisogno di un lungo periodo di pace, anche se avrebbe potuto fare come in Russia, dove la “rivoluzione sovietica” aveva distrutto la macchina dello Stato ma, disse: “Se sappiamo raggiungere la concordia, fra dieci anni l’Italia sarà irriconoscibile, avrà cambiato faccia, perché ricca, tranquilla, prospera, possente e sarà una delle poche nazioni che potranno domani guidare la civiltà mondiale”. I Fascisti raggiunsero la capitale con ogni mezzo possibile e tra le migliaia e migliaia di questi uomini in camicia nera oltre 2.000 erano modenesi. Modena fu la città d’Italia che portò, percentualmente, il maggior numero di fascisti a Roma. Mentre a Roma si stava realizzando la conquista del potere da parte di Benito Mussolini, a Modena, nell’attesa dello svilupparsi degli eventi, cinquemila camice nere presidiarono i maggiori edifici pubblici e si smobilitarono tre giorni dopo, mentre il giorno 29, in Piazza Roma in un tripudio incredibile, migliaia di persone applaudirono i discorsi del Generale Freri e del Segretario della Federazione Provinciale Fascista, Avv. Vittorio Arangio Ruiz. La Ghirladina fu illuminata a festa cosi come molte case furono imbandierate con il tricolore e con luminarie. Intanto come detto, Mussolini aveva costituito il suo primo Governo e il 16 Novembre pronunciò in Parlamento il suo primo discorso da Capo del Governo: è un discorso rimasto famoso per le sue forti dichiarazioni; così si pronunciò: “… Mi sono rifiutato di stravincere e potevo stravincere. Mi sono posto dei limiti….con 300mila giovani armati e decisi a tutto e quasi misticamente pronti a un mio ordine, io potevo castigare tutti coloro che hanno diffamato e tentato d’infangare il fascismo. Potevo fare di quest’aula sorda e grigia un bivacco di manipoli: potevo sprangare il Parlamento e costituire un Governo esclusivamente di fascisti, Potevo: ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto.” Malgrado questo violento discorso non vi furono particolari reazioni, se non un semplice ed isolato grido di un deputato socialista, Modigliani, che urlò: “Evviva il Parlamento”. Ha inizio così l’avventura al potere del fascismo e del suo Capo indiscusso, Benito Mussolini. Le elezioni amministrative si svolgono a Modena, il 26 Novembre al primo turno e al 3 Dicembre al secondo turno: si astengono i gruppi dei socialisti e dei popolari e si presentano solo le liste dei fascisti, nazionalisti e liberali uniti. A Modena si presentano: Fermo Benatti, Luigi Ferrari, Renato Bussadori, Umberto Caselgrandi, Orazio Bolognesi, dott. Amedeo Bianconi, avv. Fausto Bianchi, prof. Guido Bianchi, Italo Bicchieri, dott. Guido Corni, Roberto Ferrari, ing. Giulio Abbati Marescotti, avv. Vittorio Arangio Ruiz, Aldo Benassati, avv. Giuseppe Fontana, Emilio Miani, dott. Giuseppe Manicardi, ing. Umberto Magiera, prof. Italo Maffei, Federico Formiggini, avv. Gino Friedman, dott. Igino Gazzotti, avv. Ernesto Giordano, ing. Emilio Giorgi, Erminio Goldoni, Camillo Gregori, Oliviero Lazzarini, dott. Tommaso Lolli, Emilio Miani, avv. Nino Modena, Luigi Montagnani, Daniele Pisi, Oreste Prandini, Alberto Poggi, ing. Antonio Rizzi, Luigi Reggianini, Alfredo Rovatti, dott. Arturo Silingardi, prof. Giuseppe Sperino, Camillo Tettoni, Giuseppe Venturelli, Fausto Vandelli, avv. Marco Arturo Vicini, Alfonso Vignocchi, Domenico Zaia, Enrico Zanasi, ing. Silvio Zanasi, avv. Carlo Zanni, dott. Ferruccio Zibordi, dott. Carlo Zuccoli. Fu eletto Sindaco Fausto Bianchi. Assessori: Modena, Montagnani, Rizzi, Maffei, Bicchieri, Manicardi, Fontana, Luigi Ferrari, Poggi, Vandelli, Vignocchi. A Carpi fu eletto Sindaco Salesio Schiavi e assessori, Clodo Feltri, dott. Giuseppe Bertolazzi, Luigi Giglioli, Giuseppe Govi e Mario Formigoni. A Sassuolo diventa Sindaco l’avv. Aristide Ferioli e assessori: Enrico Roteglia, Silvio Galeozzi, ing. Adriano Fiori, Vincenzo Zanni, Adelmo Cervi e Luigi Cantarelli. A Vignola il Sindaco che rimase in carica sino al 21 Marzo 1926 fu, Ripandelli Martuzzi Paolo; a Finale Emilia il Sindaco eletto, Ferrari Angelo, rimase in carica sino al 22 Novembre 1923, mentre a Mirandola fu eletto, il 5 Dicembre 1922, Ferraresi Dario e a Pavullo nel Frignano il Sindaco, elletto 19 Novembre 1920, rimasto in carica sino all’8 Aprile 1923, fu, Covili Fagioli Pio. Continuarono ancora, dopo le elezioni, i contrasti interni con la presenza di un certo numero di dissidenti guidati dall’avv. Guido Gaudenzi, da Vincenzo Gandolfi e da Adelmo Cervi, che si riunirono in Assemblea il 9 Dicembre, dopo che avevano stilato un documento con accuse a carico del Direttorio sezionale modenese. In quella riunione vi furono scontri accesi con un gruppo di fascisti di Finale Emilia, intervenuti per sedare eventuali incidenti. Fu presa, in seguito, da parte della commissione istituita per verificare la responsabilità dei dissidenti e formata da: Bernardo Barbiellini Amidi di Piacenza e da Giuseppi Frignani di Ravenna , la decisione di far dimettere il Direttorio che fu sostituito da da sette fascisti della”prima ora” e che rimasero in carica sino a quando non fu nominata la nuova Assemblea. Fu anche ”lievemente” ammonito il Federale Vittorio Arangio Ruiz per non essere intervenuto con sufficiente energia per risolvere con decisione la diatriba sorta all’interno della sezione modenese, Riportiamo l’elenco dei cittadini di Modena e Provincia che presero parte alla Marcia su Roma. L’elenco è desunto da “Storia della Rivoluzione Fascista” di G.A. Chiurco. |
da Abborretti a Malaguti | da Malavasi a Zulato |
Abborretti Alfonso Carpi |
Malavasi Alceste Concordia Malavasi Alfredo San Possidonio Malavasi Cesare San Possidonio Malavasi Erminio Cavezzo Malavasi Fortunato Mirandola Malavasi Francesco Mirandola Malavasi Francesco Solara Malavasi Gildo San Felice sul Panaro Malavasi Giochiglio Novi di Modena Malavasi Giuseppe Mirandola Malavasi Mario Mirandola Malavasi Nello Medolla Malavasi Ottorino Mirandola Malavasi Romolo San Possidonio Malavasi Spartaco Mirandola Malavolta Giuseppe San Felice sul Panaro |
Fascisti modenese della "prima ora" | Fascisti modenese della "prima ora" |
Mussolini a Modena per i funerali | I caduti fascisti del 26 Settembre 1921 |
Garuti Tullio
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Bosi Ezio Era il Segretario
politico del Fascio di |
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Carpigiani Umberto
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Gallini Gioacchino
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Sanley Aurelio Era il
Segretario politico del Fascio |
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Sinigaglia Duilio Aveva
ventisei anni e apparteneva |
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Zulato Attilio Apparteneva al
Fascio di Modena, |
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Funerali del giovane
fascista Mario Ruini, 24 gennaio 1921. (Fondo Enzo Ponzi, Istituto storico di Modena) |
Squadra fascista a Novi di Modena. (Archivio Sala Novi di Modena) |