Capitolo nono  1935 - 1936

MODENESI IN CAMICIA NERA

Gli anni dal 1919 al 1943

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CAPITOLO NONO

Anni 1935 - 1936

ANNO 1935

L’anno 1935 inizia con alcuni interventi interni di notevole rilevanza, oltre che ad una serie di avvenimenti, in politica internazionale, di enorme portata.
Nel Governo Fascista si avvicendarono una serie di Ministri: Antonio Stefano Benni assunse l’incarico di Ministro delle Comunicazioni, che era stato di Costanzo Ciano, al Ministero delle Finanze entra Paolo Thaon de Revel, mentre Cesare Maria De Vecchi entra al Ministero dell’Educazione Nazionale, Edmondo Rossoni al Ministero dell’Agricoltura e Foreste e Luigi Razza ai Lavori Pubblici. Il modenese, di Finale Emilia, Arrigo Solmi, và a coprire l’incarico di Ministro di Grazia e Giustizia.
Il Partito, a Modena, per volontà del Federale Augusto Zoboli, con la nomina degli Ispettori di Zona, rinnova le cariche in tutta la Provincia. Vennero nominati:
Arrigo Canalini, per Carpi, Soliera e Campogalliano; Angelo Paltrinieri Colli, per i Comuni di Finale Emilia, San Felice, Camposanto, Massa Finalese e Solara; Osvaldo Baraldi, per i centri di, Novi, Concordia, San Possidonio e San Prospero; Bruno Marzi, per Mirandola, Medolla e Cavezzo; Pietro Paolo Pezzuoli, per Sassuolo, Formigine, Maranello e Fiorano; Francesco Riva, per i Comuni di Castelfranco Emilia, San Cesario, Bomporto, Bastiglia e Sorbara; Italo Puviani, per Nonantola, Ravarino e Stuffione; Bruno Minguzzi, per i centri di, Vignola, Spilamberto, Castelnuovo Rangone, Zocca, Montese, Savignano, Castelvetro, Guiglia e Levizzano: Ignazio Tonelli, per Montefiorino, Frassinoro, Prignano e Piandelagotti; Enrico Ugolini, per Barigazzo, Pievepelago, S.Anna Pelago, Fiumalbo e Riolunato; Vittorio Bernardini, per i centri di, Montecreto, Sestola e Fanano; Giuseppe Bevilacqua, per Serramazzoni, Pavullo, Polinago Lama Mocogno e Verica.
Nel frattempo, erano in corso, confronti a livello internazionale molto complessi; in primo luogo la posizione tedesca, con Hitler che ripudia il trattato di Versailles del dopoguerra, supportato anche dal clamoroso successo ottenuto, il 13 Gennaio, dalle elezioni nella ricca regione della Saar che, appunto in quel trattato, era stata concessa alla Francia e dove gli abitanti si espressero con voto totalitario per il ritorno alla Germania, oltre a non avere accantonato le pretese dell’”Anscluss” con l’Austria, tanto da far dire al Capo del popolo tedesco che

“…d’ora in avanti riarmerò a mio piacimento le forze di terra, di mare e di cielo della “nostra” Germania, per difendere la libertà dei cittadini ridotti da potenze straniere in stato di schiavitù sul proprio suolo germanico”.

Dichiarazioni che crearono grosse problematiche a tutte le nazioni europee.
In secondo luogo stavano sorgendo notevoli problemi per l’Italia in Africa, dove, nel mese di Dicembre del 1934, forze armate etiopiche attaccarono la postazione italiana di Ual-Ual, al confine tra l’Etiopia e la colonia italiana della Somalia. Attacchi che furono respinti dalle truppe somale, i “Dubat”, guidati da comandanti italiani. Erano i prodromi della guerra contro l’Etiopia che portò poi alla conquista dell’”Impero” in quello scontro coloniale che avrebbe dovuto far diventare l’Italia, una grande potenza mondiale, per mettersi alla pari con le altre potenze europee, quali la Francia e l’Inghilterra, ricche di colonie sparse su tutto il globo. La situazione interna era ancora, in particolare per le classi più povere, molto delicata, e quell’impresa, che a Mussolini era stata raccontata come poco rischiosa, probabilmente avrebbe potuto dare notevoli vantaggi; poteva accontentare molti, i produttori con le grandi commesse per la guerra, le banche, gli sviluppi dei cantieri nelle terre d’oltremare e, naturalmente, la possibilità di portare, a migliaia di contadini italiani, della buona terra da colonizzare, su di un territorio, grande quattro volte quello italiano, ma assolutamente non paragonabile, come possibilità di sfruttamento agricolo, al nostro.
Dopo l’incidente di Ual-Ual, Mussolini afferma che:

”….i rapporti ora non possono più essere affrontati con la diplomazia, ma è diventato un problema di forza, per cui è necessario prepararsi allo scontro armato.”

A fronte di una situazione così incandescente, parve utile a Mussolini cercare un accordo con la Francia, difatti, con la visita a Roma del ministro degli Esteri francese Laval, sono firmati, il 7 Gennaio, gli accordi Italo-Francesi e, in quella circostanza, furono delimitati i confini tra la Libia e le vicine colonie francesi, quelli tra l’Eritrea e la Costa francese dei somali, oltre alla tutela delle popolazioni italiane residenti in Tunisia; questi accordi suscitarono sospetti nel governo inglese, che temeva ne potesse uscire un patto navale nel Mediterraneo tra i due Paesi “cugini”, tanto da poter diventare dannoso, per i governanti della “terra di Albione”.
Suscitò anche il disappunto del Governo ungherese che, con toni molto accesi, temendo l’abbandono di una politica “mitteleuropea” da parte del fascismo, dichiarerà che, “dell’Italia non ci si poteva fidare”. Hitler, da parte sua, approffittò della situazione per accelerare il riarmo della sua Germania, mettendo così un bavaglio alle altre nazioni che protestarono, verbalmente, ma non andarono oltre, lasciandogli, in pratica, “carta bianca” nelle sue scelte.
Pure in Italia ci furono contestazioni a quei patti, poiché sembrava che l’accordo fosse in pratica tutto a favore della Francia. Nelle colonie vi furono anche atti di ribellione al Governo Italiano.
Nello stesso periodo, in Italia, si cerca di dare un maggior impulso alla cinematografia, con la creazione, attraverso il R.D.L. del 21 Gennaio 1935, dell’Ente Nazionale Industrie Cinematografiche (ENIC), voluto dall’Istituto “LUCE”. Nasce così l’idea degli stabilimenti cinematografici di “Cinecittà”, che sarà inaugurata da Mussolini il 21 Aprile 1937. A quei tempi, la città del cinema, rappresentava quanto di meglio esistesse in Europa e, contemporaneamente, vide la nascita il Centro Sperimentale di Cinematografia. Saranno creati i più grandi teatri di posa europei con strutture tecniche da fare invidia agli stabilimenti holliwodiani, in grado di sviluppare una cinematografia che, oltre ai film, seguitissimi dal pubblico dell’epoca, dei cosidetti “telefoni bianchi”, produrrà anche film d’ottima fattura, trattando temi, ovviamente propagandistici per il regime, nelle guerre, in Africa, in Spagna e nel secondo conflitto mondiale. Già da qualche tempo, il “LUCE” aveva prodotto, attraverso i suoi inviati speciali in varie parti del mondo, ottimi e seguitissimi documentari su situazioni conflittuali, particolarmente delicate.
Nel frattempo si svolgono a Roma il littoriali della Cultura e dell’Arte per l’Anno XIII° dell E.F. dove, come al solito, troviamo, tra i partecipanti, alcuni dei più noti esponenti antifascisti, del dopo guerra però, quali, Luigi Preti, Felice Chilanti, Gaetano Baldacci, Vittorio Zincone, Franco Calamandrei, Giulio Vassalli, Giuseppe Codacci Pisanelli, Aldo Moro, Amintore Fanfani, tanto per citarne alcuni.
A Modena, precedentemente, si erano svolti i “Pre Littoriali”, cioè le competizioni Provinciali per selezionare quelli che avrebbero partecipato ai Littoriali di Roma; nella composizione delle commissioni di queste selezioni troviamo tanti personaggi della cultura e dell’Arte della Modena della metà degli anni trenta e ne citiamo alcuni: il prof. Benvenuto Donati, il prof. Pietro Sisto, il prof. Martinozzi, il prof. Ferdinando Lo Savio, l’ing. Zannini, il dott. Bassi, il geom. Paolo Reggiani, il prof. Giovanni Forghieri, il prof. Carlo Guerzoni, il prof. Carlo Bonacini, il Dott. Zoboli, il dott. Mario Lancellotti e il gen. Italo Gariboldi Presidente delle commissioni.
Nello stesso modo citiamo alcuni degli universitari più meritevoli nei vari concorsi, per la Cultura: Beltrami Gaetano, Gambigliani Zoccoli Lodovico, Montessori Pier Luigi, Turchi Azio, Baracchi Lorenzo, Coppi Franco, Garuti Luigi, Favini Giorgio e Pederzoli Franco.
Per l’Arte: Artioli Alfonso, Vecchiati Pompeo, Zanfrognini Ghigo, Bortolucci Emilio, Trevisi Augusto, Galli Luigi, Pignattari Aroldo, Bianconi Pietro, Tosatti Giovanni, Minelli Carlo, Molinari Gino, Bertazzoli Cova Ferdinando, Vandini Antonio, Razzaboni Lodovico, Bandieri William e Rossi Barattini Giovanni.
A Roma, nella classifica dei Guf provinciali, quello modenese raggiunse il 14° posto, e fu sottolineata la buona prova, nel concorso per la Dottrina generale del Fascismo, di Franco Allegretti.
In occasione del Natale di Roma, che è festeggiato, in quell’anno, il 28 Aprile, Mussolini fonda, nell’Agro Pontino, la città di Guidonia, inaugurando contemporaneamente l’aereoporto dell’Urbe.
A Modena, intanto, il 30 Maggio 1935 si celebrò il terzo anniversario della morte del grande poeta concittadino, Alessandro Tassoni, attraverso svariate manifestazioni compresa una notevole mostra che venne visitata, il 12 Maggio, dall’onnipresente Segretario del Partito, Achille Starace. Quel giorno, in Piazza d’Armi, si svolse un grandioso carosello storico con la partecipazione di centinaia di comparse, in una rievocazione, con i costumi dell’epoca, di giochi e d’attività tipiche del 1600.
Assistettero a quel grande avvenimento, per la Modena degli anni trenta e perfettamente organizzato, il Principe ereditario Umberto di Savoia accompagnato dalla sua compagna, la Principessa Maria Josè.
Si stavano, nel frattempo, preparando le manovre in Africa Orientale per passare, dal “progetto di una difensiva manovrata ad una manovra offensiva” com’ebbe a dire il Maresciallo De Bono, e molti militari italiani partirono in quei mesi per le colonie; anche da Modena, il 24 Giugno, s’imbarcarono per l’Africa una cinquantina di militi della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, tanto da far raggiungere le presenze delle camicie nere modenesi, in quel territorio, ad oltre quattrocento.
La situazione internazionale era abbastanza complessa e per questo fu indetta una conferenza tra Italia, Francia e Inghilterra a Stresa, dove si affrontarono i problemi che “bollivano in pentola” e che avrebbe dovuto significare un punto fermo nel “mare agitato della politica europea”. Vi presero parte i tre capi di Governo: Mussolini per l’Italia, Mac Donald per l’Inghilterra e il francese Flandin, assieme ai loro Ministri degli Esteri. Si ebbe, allora, l’impressione che, tra i tre Governi, fosse stata raggiunta una buon’intesa, particolarmente avvalorata a Ginevra, quando, alle Nazioni Unite (S.d.N), Italia e Inghilterra sostennero la posizione della Francia contro la Germania. In realtà, quella riunione di Stresa, pur essendo stata una dei maggiori tentativi, da parte fascista, di portare un po’ d’ordine nella disordinata politica europea, ebbe, nei suoi effetti una durata brevissima e le varie parti si lanciarono, in seguito, accuse reciproche.
Non fu solamente il problema etiopico, pur preso in considerazione, a gravare sulle posizioni contrastanti, ma forse l’elemento che fece completamente svanire lo “spirito di Stresa” fu, nonostante gli impegni che si erano assunti, il patto navale che l’Inghilterra concluse con la Germania, in spregio agli accordi precedenti.
In questo clima di grandi tensioni sullo scacchiere europeo, nel momento in cui i preparativi militari italiani in Africa Orientale si acceleravano, e non potevano allarmare le altre potenze, si cercò, attraverso un incontro avvenuto il 24 e 25 Giugno tra Mussolini e il Ministro degli Esteri inglese Eden, di appianare gli scontri in atto. Altri incontri ci furono tra i rappresentanti delle nazioni che allora formavano il tripartito, Italia, Francia e Inghilterra, ma che, in sostanza, non portarono ad alcun risultato utile. Per quanto riguardava la situazione in Africa, l’Italia era ben determinata a portare avanti la sua operazione “Abissinia”, mentre le altre potenze coloniali si apprestavano a varare, nei nostri confronti, l’operazione, “Sanzioni contro l’Italia”.
Procedono, intanto, i preparativi e la mobilitazione dell’Esercito per l’operazione africana; a fine Luglio Mussolini, scrive, sul quotidiano del partito, che l’Italia procederà in Etiopia, “Con Ginevra, senza Ginevra, contro Ginevra” (sede della Società delle Nazioni), e ad Eboli, durante le grandi manovre militari, dichiara:

“Andremo contro chiunque, di qualsiasi colore, tentasse di traversarci la strada”.

A fine Agosto si tengono altre manovre militari in Trentino, con la presenza del Re e del Duce, il quale annuncia che in Settembre, ci saranno un milione d’uomini sotto le armi e, subito dopo, l’otto di Settembre, dal balcone di Palazzo Venezia lancia uno dei suoi più famosi slogan:

“Noi tireremo diritto!”.

Nel modenese, in un avvicendamento dei Podestà nei Comuni, a Finale Emilia, il 23 Agosto, Armando Scagliarini subentra a Giuseppe Ghiselli e resterà al comando di quella località sino al 7 Giugno 1943.
Il giorno due Ottobre, sono chiamati a raccolta, nelle piazze e nelle strade italiane, milioni e milioni di cittadini per ascoltare, dagli altoparlanti, le parole di Mussolini e, in Piazza Grande a Modena, oltre cinquantamila modenesi, così dicono le cronache dell’epoca, ascoltano il famoso discorso dell’entrata in guerra contro l’Etiopia. Così si espresse il Capo del Fascismo:

“ Camicie Nere della Rivoluzione! Uomini e donne di tutta Italia! Italiani sparsi nel mondo, oltre i monti oltre i mari: ascoltate! Un’ora solenne stà per scoccare nella storia della Patria. Venti milioni di uomini occupano in questo momento le piazze di tutta Italia. Mai si vide nella storia del genere umano spettacolo più gigantesco. Venti milioni di uomini, un cuore solo, una volontà sola, una decisione sola. Con l’Etiopia abbiamo pazientato quaranta anni. Ora basta!… Ad atti di guerra risponderemo con atti di guerra.”

Il giorno 3 Ottobre iniziano le operazioni militari in Etiopia con l’occupazione, quasi immediata, delle città di Adigrat e di Adua. Contemporaneamente le Nazioni Unite, considerando il comportamento italiano un atto di aggressione verso l’Etiopia, si pronunciarono, esclusi pochi paesi, a favore dell’applicazione delle sanzioni di carattere economico e finanziario contro l’Italia. Questa delibera, presa il 9 Ottobre dalle nazioni più ricche e potenti d’Europa, può essere considerata come uno dei più importanti fattori di crisi, tale da creare la disgregazione degli Stati Europei, e diventare così una delle cause principali per arrivare al secondo conflitto mondiale.
In Italia le sanzioni, attraverso anche l’orchestrazione della propaganda del regime, provocarono un sentimento di ribellione da parte dei cittadini verso nazioni, come l’Inghilterra, la “Perfida Albione” che, attraverso una visione egoista del problema, oltre che da una vera e propria cecità politica per quei tempi, poiché fu la principale artefice della presa di posizione alla Società delle Nazioni; ma anche contro la Francia che, precedentemente, attraverso il suo Ministro degli Esteri Laval, a Gennaio, aveva lasciato, con gli accordi di quei giorni, ampia libertà d’azione all’Italia per la risoluzione della questione etiopica. Era chiaro che l’atteggiamento dell’Italia, Nazione fino allora considerata povera e sottosviluppata, dalle grandi potenze, ma che stava facendo passi da gigante nel miglioramento della situazione socio-economica del Paese, con la grande spinta data dal Fascismo e, oltretutto, ora, voleva ampliare i propri possedimenti coloniali con la creazione di un Impero, tutto questo dava a loro, che si consideravano i padroni dell’Europa, enorme fastidio.
Le sanzioni, in realtà furono una gran farsa, portata avanti anche con l’assenso tacito e compiaciuto della stessa Italia alla quale conveniva atteggiarsi a vittima per accrescere la rabbia degli italiani contro le cosiddette, “nazioni plutocratiche”, dato che, i paesi firmatari delle sanzioni, non avrebbero dovuto rifornire l’Italia, quando solo alcuni si schierarono chiaramente contro di noi, in particolare la Francia. Vi erano poi paesi, che non facendo parte della S.d.N., quali gli Stati Uniti, il Giappone, il Brasile, avevano piena libertà d’azione e potevano svolgere i loro commerci con la nazione sanzionata. Così, come l’Inghilterra che era rifornita dagli USA e poteva rifornire liberamente la Germania che, a sua volta riforniva l’amica Italia e, nascostamente (si apprese anni dopo) anche l’Etiopia, che era in guerra con la nostra nazione.
In questo guazzabuglio, che in pratica gettò l’Italia tra le braccia del tedesco Hitler, per l’atteggiamento irrazionale della SdN e dell’Inghilterra e della Francia, che precedentemente avevano fatto proprio un patto antitedesco, firmato con Mussolini, si vennero a creare, pertanto, le premesse per l’Asse Roma-Berlino poiché i due regimi dittatoriali si spartiscono le rispettive zone d’influenza in Europa. Il Mediterraneo rimaneva totalmente area d’interesse italiana che, nello stesso tempo, rinunciava ad avere un ruolo importante nell’area danubiana, lasciandola in pratica nelle mani del pangermanesimo di Hitler.
In un articolo, apparso il 1° Febbraio del 1936, sul Popolo d’Italia e sicuramente scritto da Mussolini, si preconizzava la visione di una situazione sempre più difficile per il futuro dell’Europa, gettando la responsabilità, di quella pesante prospettiva, sulla S.d.N.:

“L’Europa sta scivolando sul piano sempre più inclinato delle sanzioni, il fondo al quale è fatalmente la guerra. E’ tempo di inchiodare al muro delle loro responsabilità i politicanti assetati di sangue. Essi preparano la più spaventosa delle conflagrazioni. Se le sanzioni saranno estese, se si darà partita vinta alla satanica pressione degli imperialisti e delle sette sanguinarie, l’Europa marcerà fatalmente verso la più terribile e la più ingiustificata delle guerre che l’umanità abbia mai visto….”

Questo scritto ebbe una vasta eco anche nei paesi che avevano approvato le sanzioni, in modo particolare tra la popolazione giovanile, maggiormente illuminata, che non accettava l’operato degli uomini politici dei rispettivi paesi, considerandoli direttamente responsabili dell’ottusa politica anglo-ginevrina. Contemporaneamente, le sanzioni nell’Italia di quegli anni, che era ben lontana dall’esser l’opulenta società dei consumi d’oggi, portarono a svilupparsi maggiormente, la tipica “arte d’arrangiarsi” nostrana.
In realtà l’Italia non era una nazione ricca di materie prime e gli italiani, correntemente, non usavano largamente i cosiddetti “beni voluttuari”: ci si vestiva con l’indispensabile e ci si alimentava con il puro necessario. Non esportando più alcuni prodotti, si pensò di ricavare dal latte in esubero, perciò dalla caseina, una specie di lana chiamata “Lanital”, dai fiocchi di canapa si ottenne una specie di cotone, il “Cafioc”. Alcuni motori d’auto furono fatti funzionare con alcool ricavato dal vino, altri con la melassa estratta dalle barbabietole e dal riso prodotto anche dallo zuccherificio di Mirandola.. I mezzi più pesanti, come le corriere e gli autocarri furono fatti funzionare con la carbonella di lignite. Per l’alimentazione degli italiani, si consigliava a tutti di allevare polli e conigli e di consumare il pesce che non era mai stato considerato, sino a quei tempi, un alimento pregiato, anzi era sottostimato; è interessante raffrontare quanto, in quell’anno, costassero questi prodotti: a Napoli, ad esempio, un chilo di vongole costava cinque centesimi equivalenti ad un trentesimo di un chilo di pane e nel Veneto, un chilogrammo di sogliole o di triglie costava meno di un etto di pane, e il pesce azzurro era, in pratica, rigettato in mare. Cominciarono a crearsi, anche nell’entroterra dove non si erano mai visti, i mercati del pesce.
Intanto in Etiopia si procedeva nelle operazioni belliche con l’occupazione di Makallè, ma il giorno 18, poiché a Roma non si era completamente soddisfatti delle operazioni, ritenute troppo lente, si arrivò alla sostituzione del Comando di De Bono, con quello del Maresciallo Badoglio.
In Italia, di fronte alle Sanzioni, con la guerra in atto che comportava, ovviamente, un forte impegno finanziario, si cominciò a parlare di autosufficienza del paese, di autarchia, di economia nazionale, calcando la mano, sull’opinione pubblica, attraverso i “mass-media”, oltre a sostenere che l’Italia avrebbe potuto bastare a sé stessa.
Fu, di conseguenza, impostata una delle più grandi manifestazioni del patriottismo italiano quando, il 18 Dicembre di quell’anno, si tenne la “Giornata della Fede”.
A Modena, al Tempio Monumentale dei Caduti, a Roma al Vittoriano e in tutte le città italiane, milioni d’uomini e donne sposati, sfilarono davanti ai tavoli, per offrire le loro fedi nuziali: la “Vera”, versando, in questo modo, l‘”oro alla Patria”. Gli anelli offerti furono sostituiti in un secondo tempo con semplici fedi di metallo. A Modena ne furono raccolti oltre trentaduemila, equivalenti ad un quintale d’oro e a tre d’argento a dimostrazione della corale partecipazione di tutto il popolo ad una guerra che, a quel tempo, la sentiva come necessaria e indispensabile per le sorti del Paese.

ANNO 1936

La conquista dell’Impero, con la fine della guerra in Etiopia e l’inizio della Guerra Civile spagnola, sono i punti salienti del XIV° Anno dell’Era Fascista, il 1936.
A Modena, l’anno s’inizia con la consegna delle fedi d’acciaio a tutti coloro che avevano donato, nel mese di Dicembre, la “Fede” alla Patria; la cerimonia si svolse nel luogo deputato alle manifestazioni di quel genere, il Tempio Monumentale dei Caduti. La stampa locale diede ampio risalto, tra l’altro, alla notizia che Modena, in quei giorni, aveva superato il traguardo dei centomila abitanti, esattamente 100.065, con un aumento di 7.308 persone nell’ultimo decennio, andandosi a collocare tra le prime 25 città italiane che superavano quella cifra.
La guerra in Etiopia continuava con accuse reciproche di atrocità, quali l’impiego di gas nervini da parte degli italiani e di uccisioni spietate e di torture, dei prigionieri e dell’uso delle pallottole dum-dum, da parte degli abissini. Vi furono anche notevoli contrasti tra i comandanti delle truppe italiane, Pietro Badoglio fu accusato, in un primo tempo, di lentezza e Mussolini voleva sostituirlo con il generale Federico Baistrocchi, mentre il Generale Rodolfo Graziani, che partiva con le sue truppe dalla Somalia e che arriva, ai primi giorni di Gennaio, a conquistare l’importante centro di Neghelli, si contendono la direttrice per arrivare per primi alla conquista della capitale dell’Abissinia. Vistosi anticipato, Badoglio si muove dalle sue posizioni attendiste per conquistare l’importante punto strategico dell’Amba Aradam. Le tre armate italiane iniziano una triplice manovra a tenaglia, dopo che il 4 Aprile, in seguito alla sconfitta del Negus Haile Salassiè, che aveva tentato una disperata difesa del suo territorio nelle vicinanze del Lago Ashianghi rimanendo sconfitto, ma devono fare i conti, nell’avvicinarsi a Harar, con una marcia in luoghi impervi e difficilissimi, con molti altri Ras etiopi che non si arrendono. Gli italiani, su questo terreno impervio, a circa 3.000 metri d’altitudine, lasciano sul terreno, attaccati dalle truppe dei ras abissini, centinaia e centinaia di caduti. Emerge ancora il contrasto tra i comandanti italiani, in particolare tra Graziani e Badoglio nell’avvicinamento a Addis Abeba, la capitale etiopica. Il primo, nell’avvicinarsi a Harar temporeggia per non perdere troppe vite umane, il secondo, contrariamente ai suoi atteggiamenti precedenti, accelera i tempi, imposta marcie forzate per arrivare, come arriverà, per primo nella capitale abissina. Il 25 Aprile, Mussolini telegrafa a Graziani assicurandogli che, se conquisterà Harar, lì vi troverà il bastone di “Maresciallo d’Italia”. Questi và, però, ancora a rilento, mentre il suo collega non ha scrupoli ed entra per primo a Addis Abeba. Il Negus, il 5 Maggio abbandona la capitale lasciandola nelle mani degli italiani e s’imbarca, a Gibuti, su di un incrociatore inglese per andarsene in esilio, che sarà interrotto nel 1941 quando riprenderà il suo posto sul trono etiope. Alle 16 di quel giorno il Maresciallo Badoglio entra nella capitale con un opportunismo che Graziani non gli perdonerà mai, difatti, l’uno tradirà Mussolini al 25 Luglio e scapperà con il Re, a rifugiarsi dagli angloamericani l'otto Settembre 1943, mentre Graziani resterà fedele al Fascismo durante il periodo della Repubblica Sociale Italiana. Il Capo dello Stato, a quel tempo, nominerà Badoglio, Viceré e Duca d’Addis Abeba, il quale, intuendo che la “patata sarebbe diventata bollente”, la lascerà nelle mani del suo rivale, dopo solo quindici giorni.
L’8 Maggio, Graziani, con l’occupazione di Harar e di Dire Daua concluderà le operazioni in Africa Orientale e, il giorno 23 sarà nominato Viceré e Maresciallo d’Italia, la sua posizione sarà rilevata dal Duca, Amedeo d’Aosta, il 23 Novembre del 1937. L’Etiopia è definitivamente conquistata.
La vita dell’”Impero” durerà pochi anni, in quanto, all’entrata in guerra dell’Italia nel secondo conflitto mondiale, dopo vari scontri con gli inglesi in quella parte d’Africa e dopo la sconfitta all’Amba Alagi del Duca d’Aosta, la resistenza italiana cesserà il 27 Novembre 1941, così che il Negus potrà rimettersi sul trono etiopico.
Il giorno dopo, 9 Maggio, Mussolini a Roma, dal balcone di Palazzo Venezia, dopo che il giorno 5 aveva comunicato, a milioni d’italiani radunati nelle piazze di tutt’Italia, la conquista di Addis Abeba e la fine della guerra, annuncia la “Rinascita dell’Impero sui colli fatali di Roma”, e il Re Vittorio Emanuele III° fu proclamato Imperatore. E’ il primo della dinastia Savoia a diventarlo e ne sarà grato al Duce sino a quando, nel 1943, opportunisticamente, lo scaricherà, facendolo arrestare dopo il drammatico 25 Luglio.
In quei giorni, però, tutta l’Italia è in festa e il fascismo si troverà al suo apogeo, con riconoscimenti che arrivavano da tutte le parti del mondo e, sorprendentemente da tantissimi fuoriusciti antifascisti, compresi gli acerrimi nemici comunisti. Nel Giugno di quell’anno, sulla rivista “Stato Operaio”, la rivista teorica del PCI, i dirigenti di quel Partito, iniziano un primo approccio al Fascismo scrivendo:

“Noi tendiamo la mano ai fascisti nostri fratelli di lavoro e di sofferenze perché vogliamo combattere insieme ad essi la buona e santa battaglia del pane, del lavoro e della pace. Tutto quanto noi vogliamo, fascisti e non fascisti, possiamo ottenerlo unendoci e levando la nostra voce, che è la voce del popolo.”

In Agosto vi sarà un altro “solenne documento” rivolto ai fratelli in “camicia nera” che ha come base la riconciliazione tra i fascisti e i loro oppositori:

“Noi proclamiamo che siamo disposti a combattere insieme a voi e a tutto il popolo italiano per la realizzazione del programma fascista del 1919 e per ogni rivendicazione che esprima un interesse immediato, particolare o generale, dei lavoratori del popolo italiano.”

Tra i firmatari dell’appello figurano: Togliatti, Grieco, Gennari, Di Vittorio, Marabini, Montagnana, Longo, Ciufoli, Lampredi e moltissimi altri. Durante l’ufficio politico del mese di Agosto e nel corso del Comitato Centrale del Pci di Settembre i dirigenti comunisti sono costretti a riconoscere i risultati conseguiti dal fascismo; Grieco afferma che,

“Dobbiamo specificare che lotteremo per una democrazia nuova che tenga conto dell’esperienza fascista”,

mentre Montagnana dice che,

“L’attività degli antifascisti, degli stessi comunisti è pressochè nulla. Gli elementi attivi sono fascisti.”

Oltre a rilevare che,

“ Noi dobbiamo avere il coraggio di dire che non ci proponiamo di abbattere il fascismo”.

Il comunista Longo afferma inoltre che:

“Noi siamo dei pigmei e nulla possiamo ancora, contro le organizzazioni avversarie.”

Per non dimenticarci di quello che scrissero a Mussolini tanti fuoriusciti di estrazione non comunista quali, il socialista Arturo Labriola che così scriveva al Duce:

“Ieri ero un tuo avversario, oggi pentito offro a tè i miei servigi”

e con lui si accodavano, tanto per citarne alcuni, uomini che erano stati intransigenti con il fascismo, quali Sem Benelli che chiedeva di partire volontario per l’AOI, il giornalista del “Corriere della Sera” Luigi Albertini, per non parlare del filosofo Benedetto Croce, prima avversario irriducibile, ma che poi aveva contribuito alla guerra in Etiopia con la donazione alla Patria del suo oro, oppure il vecchio Vittorio Emanuele Orlando che telefonò a Mussolini dicendogli: “Sono a Tua disposizione”. Il pittore Mario Mafai dipingeva una “Via dell’Impero”, Arturo Martini scolpiva una statua del “Legionario ferito”. E’ inutile ricordare che tutti i migliori scrittori e giornalisti dell’epoca scrivevano e tessevano lodi al Duce, in modo addirittura sperticato che, a leggerli oggi, farebbero pensare a delle farneticazioni o a delle allucinazioni incomprensibili per degli individui raziocinanti. Basti solo pensare a quanto scriveva il noto giornalista Indro Montanelli, del quale vogliamo citare un suo brano, tratto dalla rivista “ Civiltà Fascista”, alla quale collaborava, nel n. 1 del mese di Gennaio 1936, e che, riguardo al “razzismo” e alla supremazia della “nostra razza”, così scriveva:

“Razzismo, questo è un catechismo che, se non lo sappiamo, bisogna affrettarsi a impararlo e ad adottarlo. Non si sarà mai dei dominatori, se non avremo la coscienza esatta di una nostra fatale superiorità. Coi negri non si fraternizza. Non si può. Non si deve. Almeno finchè non sia data loro una civiltà….non cediamo a sentimentalismi…. Niente indulgenze niente amorazzi. Si pensi che qui debbon venire famiglie e famiglie nostre. Il bianco comandi. Ogni languore che possa intiepidirci di dentro non deve trapelare di fuori.”

La Chiesa cattolica avvalorò l’azione di Mussolini, con un discorso di Papa Pio XI, alla vigilia del conflitto, mentre i gesuiti conferivano all’impresa il crisma di una santa crociata. Di citazioni ed elenchi di personaggi noti o meno noti all’epoca e anche dopo la caduta del fascismo, se ne potrebbero citare a migliaia, a testimonianza della partecipazione all’impresa africana, dell’intero popolo italiano al disopra e al di fuori dei vari schieramenti ideologici
Il 4 Luglio, la Società delle Nazioni, in pratica esautorata dai suoi compiti, revoca le Sanzioni che, con molta disinvoltura aveva comminato all’Italia.
La situazione in Europa è ancora incandescente, difatti il 17 Luglio di quel 1936, ha inizio, in Spagna, la sanguinosa guerra civile che coinvolgerà anche l’Italia e che vedrà la sua conclusione nel 1939. La guerra civile spagnola, alla quale prenderanno parte anche molti nostri concittadini, schierati sui due fronti contrapposti, affondava le sue radici nei secoli passati e la deflagrazione nel 1936 avviene dopo la caduta della Monarchia e l’avvento della Repubblica, soluzione che non valse a pacificare quella nazione da anni in preda a disordini e a sanguinose sommosse.
La violenza toccò il culmine in quei giorni quando il “Fronte Popolare” conquistò il potere; i militari, con l’appoggio dei conservatori, insorsero. La Spagna, nonostante i fasti del passato, era ormai un paese di terz’ordine, economicamente arretrato, mancante di peso sul piano internazionale. Vi erano state reazioni opposte, attraverso un nazionalismo che aspirava a impossibili ritorni di grandezza e, dall’altra parte un estremismo rivoluzionario che pretendeva di distruggere tutto, e tutti coloro che avevano avuto a che fare con il passato, o che avessero voluto ostacolare il loro percorso sovvertitore del vecchio sistema. Dopo la caduta della Monarchia, la Spagna si trasformò, improvvisamente dopo secoli, in una “democrazia pura”, con a sinistra un forte Partito Socialista, un consistente movimento anarchico e un Partito Comunista, con scarso seguito ma particolarmente attivo. Al centro si trovavano i partiti con tendenze liberali, radicali e socialdemocratiche. A destra, vi erano i movimenti cattolici e liberal-conservatori sostenitori dell’”ancien regime”, inoltre stava notevolmente crescendo il movimento, di tendenze fascistoidi, dato che aveva letteralmente copiato gli slogan e i rituali italiani, chiamato la, ”Falange”, fondato da Josè Antonio Primo de Rivera.
Alle prime elezioni del 1931 si affermò un governo liberal-socialdemocratico e s’iniziò un periodo di sanguinosi disordini. Le successive elezioni, nel 1933 diedero una vittoria ai moderati e di converso una pesante sconfitta delle sinistre, tanto che, i comunisti, non riuscirono a portare alle “Cortes”, la Camera dei deputati spagnola, alcun deputato. Ovviamente i comunisti, che prendevano precise direttive da Mosca, cercarono di riunire tutte le forze di sinistra, rinfocolando la violenza attraverso una nuova esplosione del terrorismo, con i primi preti sgozzati e le prime monache violentate: i disordini e le uccisioni erano all’ordine del giorno e culminarono con la rivolta delle Asturie. Alle elezioni del 16 Febbraio 1936, i due blocchi contrapposti si trovarono quasi alla pari, i risultati diedero 4.464.000 voti al blocco di destra e 4.306.000 voti, a quello di centro sinistra, ma il “Fronte Popolare”, che si era presentato con un'unica lista, contrariamente alle destre presentatesi in ordine sparso, in virtù del premio di maggioranza, riuscì ad avere il maggior numero di seggi in parlamento.
L’esultanza delle sinistre fu incontenibile e le masse si scatenarono: saccheggi, devastazioni, scioperi, uccisioni di religiosi, di proprietari, di borghesi, con la proliferazione degli attentati degli anarchici, misero la Spagna letteralmente in “ginocchio”. Alle “Cortes” fu denunciato il clima di terrore che si era instaurato in Spagna in soli quattro mesi, dalle elezioni al 16 Giugno di quell’anno, furono bruciate 160 Chiese, distrutte 92 sedi di giornali, uccise 1.290 persone. Il deputato di destra, Carlo Sotelo, che aveva fatto quella denuncia, poco dopo il suo discorso, fu prelevato con un’automobile, dalla sua abitazione, da una squadra di comunisti, e ucciso a rivoltellate. Era naturale che, a fronte di una situazione così compromessa, i militari non sarebbero stati a guardare passivamente, difatti, attraverso quello che gli spagnoli chiamarono l”Alzamiento”, si arrivò ad un accordo tra le forze armate e la Falange di Primo de Rivera che portò alla controrivoluzione delle forze di destra e, pre cisamente “a los cinco de la tarde” del 17 Luglio, scoppiò la rivolta. I militari nazionalisti, guidati dal generale, Francisco Franco, s’impadronirono del Marocco spagnolo e la maggior parte delle guarnigioni, sul territorio nazionale, si sollevò; in breve questi insorti occuparono vaste zone del Paese che andò così, incontro ad una terrificante guerra civile.
Avremo modo, nel seguito del racconto, di vedere l’”escalation” di quella tragica guerra, nella quale intervennero “Volontari” di tante nazioni, provenienti da ogni angolo del mondo.
Erano, per tutti, i preparativi del terrificante secondo conflitto mondiale. Voluto da chi?
Il 2 agosto 1936 furono inaugurate, a Berlino, le XIII° Olimpiadi che si chiusero il giorno 16. Per celebrare la pretesa superiorità della "razza ariana", Hitler non badò a spese: 25 innovativi maxi-schermi furono installati in diversi punti di Berlino, affinché la popolazione tedesca potesse ammirare le imprese dei suoi atleti; lo stadio e la piscina furono ampliati e moltissimi impianti furono costruiti ex novo, gli atleti poterono usufrire di uno sfarzoso villaggio olimpico. Tutto questo portò ad un'Olimpiade organizzata perfettamente e, mai come prima, i giochi coinvolsero il pubblico: furono venduti oltre quattro milioni di biglietti. L'occasione fu celebrata dal film “Olympia” della famosa regista Leni Riefenstahl che rimane probabilmente il più importante film sul tema, mai girato. Nonostante un dominio della Germania (che non salì sul podio solo nel calcio, nel polo e nel basket), si registrarono alcune delusioni, come nella maratona, dove due coreani, allora "sudditi" dell'imperialista Giappone, vinsero oro e bronzo, e nel calcio la vittoria della Nazionale italiana (che già aveva vinto la Coppa del Mondo nel 1934) fu abbastanza sorprendente. Alle Olimpiadi per la prima volta fu introdotto il basket, mentre la pallamano fa una sua fugace apparizione, poiché fu cancellata dal lotto degli sport olimpici. Questa è un'edizione dove l’Italia si comporta egregiamente, infatti, si aggiudica gran parte delle medaglie in palio, nelle gare di scherma, si conferma, finalmente campione olimpico, nel calcio, con la squadra guidata da Vittorio Pozzo. Ottiene complessivamente 22 medaglie, classificandosi al terzo posto della classifica generale delle Nazioni, preceduta dagli Stati Uniti e dalla Germana che giocava in casa. Elenchiamo gli atleti medagliati a Berlino:
8 Medaglie d’Oro:
Atletica Leggera: Trebisonda (Ondina) Valla, (80 metri ostacoli).
Calcio: Giuseppe Baldo, Sergio Bertoni, Carlo Biagi, Giulio Cappelli, Alfredo Foni, Annibale Frossi, Francesco Gabriotti, Ugo Locatelli, Libero Marchini, Alfonso Negro, Achille Piccini, Pietro Rava, Luigi Scarabello, Bruno Venturini .
Pugilato: Ulderico Sergo (gallo).
Scherma: Giulio Gaudini (fioretto individuale), Giorgio Bocchino, Manlio Di Rosa, Giulio Gaudini, Gioacchino Guaragna, Gustavo Marzi, Ciro Verratti (fioretto a squadre), Franco Riccardi (spada individuale), Giancarlo Brusati, Giancarlo Cornaggia-Medici, Edoardo Mangiarotti, Alfredo Pezzana, Saverio Ragno, Franco Riccardi (a squadre).
Vela: Bruno Bianchi, Luigi De Manincor, Domenico Mordini, Enrico Massimo Poggi, Luigi Mino Poggi, Giovanni Leone Reggio (classe interna 8 metri).
9 Medaglie d’Argento:
Atletica legera: Mario Lanzi (800 metri), Gianni Caldana, Tullio Gonnelli, Orazio Mariani, Elio Ragni (staffetta 4 x 100 metri)
Ciclismo: Bianco Bianchi, Mario Gentili, Armando Latini, Severino Rigoni (inseguimento a squadre 4.000 metri)
Canottaggio: Almiro Bergamo, Luciano Negrini (tim.) Guido Santin (due con), Dino Barsotti, Enzo Bartolini, Mario Checcacci, Guglielmo Del Bimbo, Enrico Garzelli, Oreste Grossi, Cesare Milani (tim.) Ottorino Quaglierini, Dante Secchi. (otto)
Pugilato: Gavino Matta (pesi mosca)
Scherma: Saverio Ragno (spada individuale), Gustavo Marzi (sciabola individuale), Giulio Gaudini, Gustavo Marzi, Aldo Masciotta, Aldo Montano, Vincenzo Pinton, Athos Tanzini (sciabola a squadre).
5 Medaglie di Bronzo:
Atletica leggera: Luigi Beccali (1.500 metri) Giorgio Oberweger (disco)
Pentathlon moderno :Silvano Abba (equitazione, scherma, nuoto, tiro, corsa)
Scherma: Giorgio Bocchino ( fioretto individuale, Giancarlo Cornaggia-Medici (spada individuale).
A Berlino erano presenti i seguenti atleti modenesi: il martellista Giovanni Cantagalli nell’atletica leggera, il ginnasta Otello Ternelli che fu, nel dopoguerra, assessore allo sport del Comune di Modena, il velista Nannini e il ciclista, Elio Bavutti, nativo di San Prospero, che si comportarono più che onorevolmente.
I “Littoriali dell’Arte e della Cultura” di quell’anno si svolsero a Venezia dove vi troviamo, come il solito, tanti nomi noti di fascisti-antifascisti, ci basti citare quelli di: Luigi Preti, Aldo Airoldi, Giancarlo Vigorelli, Carlo Bò e Rodolfo De Stefano.
Il modenese Franco Allegretti fu proclamato “Littore” nella sezione di dottrina del fascismo e conquistò il settimo posto nel concorso di poesia. Nella fase dei prelittoriali, le varie commissioni che esaminavano e selezionavano i candidati, erano composte da uomini di prestigio della cultura modenese e tra essi troviamo, Ugo Guandalini, Augusto Zoboli, Vittorio Arangio Ruiz, Guido Corni, Fausto Bianchi, Roberto Montessori, Salesio Schiavi e Benvenuto Donati.
Per la politica locale a Modena, il 6 Ottobre 1936, fu nominato Segretario Provinciale del PNF il carpigiaano Clodo Feltri, ex Podestà del suo Comune, in sostituzione di Augusto Zoboli. Feltri lasciò la carica di Presidente dell’Amministrazione Provinciale che fu assegnata, in via provvisoria, al viceprefetto, Domenico Morelli, in seguito fu nominato Preside del Consiglio Provinciale, Paolo Casati Rollieri. Nel nuovo Direttorio guidato da Clodo Feltri entrarono: Franco Allegretti, Giovanni Carusi, Dario Franciosi, Mirko Manzotti, Alberto Paltrinieri, Guerrino Salati e Alfonso Vignocchi.
In occasione del 14° Anniversario della Marcia su Roma , il 28 Ottobre, si tennero a Modena varie manifestazioni e contemporaneamente furono inaugurate svariate opere pubbliche, quali, lo Stadio Comunale, l’attigua piscina comunale, impianti che dovevano essere l’inizio di un polo sportivo di più vaste dimensioni con molti altri impianti, poi non realizzati a cusa della guerra, oltre a numerose case popolari in Via Montegrappa e l’Albergo Reale in Largo Garibaldi. Molti altri edifici, tra scuole e case popolari furono inaugurati in altri Comuni della nostra Provincia. Il Federale nominò anche una serie di nuovi Ispettori negli undici settori in cui era stata suddivisa la Provincia modenese, per il controllo delle oltre sessanta sezioni sparse sul territorio. I nominati furono: Angelo Paltrinieri Colli, Wainer Bonomi, Luigi Rio, Corrado Vicini, Bruno Amilcare Minguzzi, Leonio Tirelli, Enrico Ugolini, Arturo Franco Martini, Gino Martinelli e Giovanni Battista Focherini. Fiduciario sezionale del Fascio di Modena fu nominato, Vico Brunetta.
Nel solito avvicendamento di Podestà nei comuni modenesi vi fu quello di Carpi, dove venne nominato il commissario prefettizio Iacopo Salvatore, al posto di Giorgio Lugli, e che rimase in carica sino al 23 Luglio 1937. Cambio della guardia anche a Vignola : al posto di Secondo Favali, entrò il nuovo Podestà il 25 Maggio, nella persona di Paolo Ripandelli Martuzzi che rimase in carica sino al 21 Maggio 1940.
Il 1936 si concluse con la comunicazione, da parte di Mussolini, all’immensa folla radunatasi in Piazza a Milano, della collaborazione stretta che si era raggiunta, tra Italia e Germania. Nasceva così l’”Asse Roma-Berlino” che era fondato su di un’identità di vedute tra i due Paesi di fronte ai grandi problemi internazionali di quei momenti, intesa che lasciava ugualmente libertà d’azione dei due Governi.
Le grandi conquiste sociali attuate dal fascismo attraverso, la Carta del lavoro, la settimana lavorativa di quaranta ore, la tutela del lavoro femminile, l’assicurazione obbligatoria contro le malattie, la disciplina e la costituzione delle casse mutue per malattia, il regolamento generale dell’igiene del lavoro, l’aumento delle pensioni operaie, le case popolari, il dopolavoro, oltre a tante altre iniziative, furono tutte queste condizioni, che mettevano l’Italia al primo posto tra tutte le nazioni civili, attraverso un’opera di difesa e d’assistenza del proletariato che nessuna democrazia di quei tempi, aveva saputo raggiungere. Furono, in quell’anno, aumentate anche le tariffe salariali di tutte le categorie del mondo del lavoro, con aumenti dal 5 all’11 per cento, che migliorarono sensibilmente, anche attraverso una stabilità dei prezzi al consumo, la situazione economica degli italiani tanto da far scrivere al “Times”:


“Mai come oggi l’Italia è stata così unita attorno al suo Duce. Mai come oggi la situazione politica interna del Paese è stata così salda. Solo coloro che hanno vissuto in Italia, nel corso degli ultimi dodici mesi, possono rendersi conto della profonda trasformazione che la nazione italiana ha subito….”

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Giugno 1936 Campo Dux di giovani modenesi Giovani modenesi in visita a Berlino
Aerei futuristi - Disegno di Giovane modenese Nave nella notte - Disegno di Giovane modenese
Dispensario antitubercolare in Viale Fontanelli Gruppo rionale "26 Settembre"
Giovani fascisti modenesi in viaggio in Germania Giovani modenesi a passeggio in centro
Giovani fascisti in parata a Berlino Avanguardisti modenesi in San Pietro
Giovani fasciste in viaggio in Germania ballo della giovinezza visita in Germania giugno 1937
Starace in Piazza Roma- Casa del Fascio a Ravarino
   
1935 – La Giornata della Fede vista dalla Domenica del Corriere Architettura razionalista o fascista - Il Liceo Scientifico A. Tassoni in Viale Reiter

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