ADA INCUDINE

NON C’E’

Nuda come un cadavere
lo strapparono come un dente, come cava un dente un apprendista tentennante.
“Non urlare, canta”.
E di grazia, cosa avrei dovuto cantare? Un mantra a Kali la nera?
La vita va a picco patisce violenza.
Quante donne prima di me
aggrappate a muri di sale con un coltello conficcato nelle reni
con occhi di lucertola labbra annerite
scorticate
in un pozzo di china e sangue, ancora uno strappo
e via.
Quante donne pietrificate sul tavolo di cucina con uno straccio ed un zampillo
il midollo di pietra, la paura e la rabbia,
la faccia al soffitto a scrutare le crepe di un enigma sacrificale.
Me la sarei tenuta quella vita di borotalco, me la sarei tenuta con la biancheria pulita.
Nulla si muove.
Non c’è.
La voce schiacciata nella neve,
a bassa voce me lo sarei tenuto quel figlio del lupo con l’antica nudità della nascita,
senza tagliole.
Rotola per la gola il corpo divenuto secco.
Immacolata come la Madonna, eppur vergine madre, per ignoranza, per caso.
Le mani sugli occhi il capo reclinato, memorie e vertigini
mani di tante donne, femmine e madri
di tutti i tempi
mani inginocchiate sulla notte del ventre
mani che avrebbero voluto e non poterono
mani genitrici come
le mie.