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Castello di Rivoli MUSINE'
Monte Musiné
Il monte Musiné sorge a pochi chilometri da Torino, sulla strada che porta verso la Val di Susa. Molte sono le leggende su questa strana montagna . Le leggende che nacquero dalle popolazioni vissute per secoli a ridosso del Musiné non sono dissimili da quelle di qualunque altro villaggio di montagna: tutte parlano di entità malefiche, streghe, demoni, lupi mannari, la più originale di un carro volante guidato da Erode che scorrazza di qua e di là ogni notte…
Se nelle antiche leggende il monte Musiné è stato a lungo centro di visite da parte di carri di fuoco volanti, oggi le strane “luci nel cielo” sono attribuite dagli ufologi ad improbabili visitatori alieni, che sarebbero addirittura discesi nelle viscere della montagna per effettuare strani esperimenti.
Ma la scrittrice e studiologa Dembech segnalò la probabile provenienza “naturale”: si tratterebbe di fulmini globulari o fulmini tradizionali, attratti dagli spessi strati sottostanti, tutti permeati di magnetite. Gli stessi reperti che gli ufologi hanno raccolto come testimonianze del passaggio di astronavi misteriose (campioni di terra bruciata dall’atterraggio, pietre “particolari”) vengono riconosciute dai contadini locali come terriccio sul quale si è abbattuto un fulmine e pere dal trono, che in dialetto locale significa “pietre del tuono”.
Gli incendi, attribuiti alle attività degli extraterrestri in questione, sono da attribuirsi più all’ambiente secco del monte, sul quale non ci sono sorgenti d’acqua e la vegetazione si riduce a piccoli arbusti (anche a causa della paurosa siccità estiva).
Né le voci intorno a misteriosi cunicoli che traforerebbero il monte potrebbero efficacemente essere addotti a prova di “presenze” dalla provenienza sconosciuta: in passato il Musiné era un vulcano, ed è fatto comune che l’enorme calore delle sue viscere imprima una fortissima pressione al magma incandescente scavando passaggi irregolari sotterranei. Se, poi, non si è completamente esaurita la riserva di gas naturale nel monte, diventa perfettamente spiegabile la comparsa di occasionali fuochi fatui (dovuti forse anche al gas emesso da materiale in decomposizione).
Gli stessi fuochi che produssero in cielo la scritta In Hoc Signo Vinces e la croce fiammeggiante che convinsero Costantino a convertirsi al Cristianesimo? Gli storici non sono unanimi nell'identificare con il Musiné la regione presso cui Costantino ebbe la celeberrima visione, ma per molti i "Campi Taurinati" delle cronache dell'epoca sembrerebbero coincidere con la zona pianeggiante di Grugliasco e Rivoli che separa Torino dal monte in questione.

Se, dunque, tutto ciò che circonda il Musiné ha un’origine naturale e perfettamente spiegabile dalla geologia, dalla storia e dalla fisica, come si spiega l’assunzione da parte del monte della fama di “montagna misteriosa”?
Secondo la Dembech, la Forestale avrebbe inutilmente speso ingenti capitali per rimboschire la zona, nella quale “per un motivo che nessuno riesce a spiegare, le giovani piante muoiono una dopo l’altra”. Nessun riferimento, però, a quanto da lei stessa affermato due anni prima intorno all’assenza di sorgenti d’acqua e alla naturale siccità della montagna. Al contrario, viene portata come spiegazione possibile la presenza di una base segreta (“da cui dischi volanti prenderebbero il largo per orizzonti sconosciuti”) causa di emanazioni radioattive che produrrebbero sterilità.
La giornalista non prende affatto le distanze dalle leggende riguardanti “entità malefiche e anime dannate”; le accosta, anzi, alle “più moderne e sofisticate” riguardanti le già citate invasioni aliene. E invece di riproporre le spiegazioni del fenomeno in termini di fulmini e gas naturali, riporta l’opinione di un occultista molto noto (di cui non fa il nome) secondo il quale il monte sarebbe un punto magico d’eccezione, sul quale “le capacità medianiche, possedute da ciascuno di noi” verrebbero “potenziate, amplificate al massimo”.
Se su “Musiné magico” la Dembech affermava che “le leggende moderne ci presentano una versione poco probabile e decisamente romanzesca”, che “molti anni spesi in ricerche archeologiche hanno permesso di sorridere di tutto questo, con vivo rammarico di coloro ai quali non sarebbe dispiaciuta una esperienza fuori del comune”, e addirittura che “non si è mai recepita una sia pur minima traccia di un incredibile atterraggio o di un passaggio eccezionale”, il tono utilizzato in “Torino città magica” è molto diverso; qui la giornalista scrive, con un’accentuata sensibilità cromatica, che “bisogna ammettere che i misteriosi bagliori azzurri, verdastri, fluorescenti li hanno visti in molti. Anche persone assolutamente razionali e degne di credito”.
Il Musiné è tra l’altro sede di un particolare obelisco che acquistò fama mondiale grazie ad un libro di Peter Kolosimo intitolato “Astronavi sulla preistoria”. Sulla sua superficie compaiono alcune croci, un cerchio in alto a sinistra con un punto al centro e due semicerchi tagliati nella parte inferiore. Kolosimo sostenne che si trattava della descrizione di un terrificante attacco spaziale, riconoscendo nell'immagine un disco volante all'assalto di un gruppo di persone. In "Musiné Magico" la Dembech dà una sommaria descrizione delle teorie di Kolosimo, concludendo ironicamente: “Sembra l’epilogo di un romanzo di Urania che avevo letto da bambina” e aggiungendo: “purtroppo, e dico purtroppo perché preferirei credere che ci fossero davvero i ‘popoli delle stelle’ pronti a tirarci fuori dai guai, siamo costretti a smentire queste fantascientifiche utopie." In "Torino Città Magica", invece, ella scrive: "sembrerebbe veramente la cronaca di un passaggio insolito nel cielo e, soprattutto, non esisteva nessun altro sistema per tramandare un avvenimento del genere se non come è stato graffito”.
L'obelisco, in realtà, è un falso degli anni '70, come affermato da ***.
Su molte delle rocce disseminate qua e là sul Musiné compaiono delle buche che, secondo Mario Salomone, si troverebbero in relazione con le costellazioni dell'emisfero boreale. E' già stato tentato l'esperimento di riempire di liquido combustibile tali cavità e di dar loro fuoco all'imbrunire; la montagna si ricopre di tante piccole luci, creando un effetto certamente suggestivo, ma ancora non è stato possibile verificare con certezza l'effettiva corrispondenza di tali punti con una carta celeste.
Alfredo Castelli così scrive sul suo L'enciclopedia dei Misteri: "L'incredibile mappa sarebbe stata disegnata dalle sconosciute tribù della zona, e, all'origine, riproduceva tutto l'emisfero boreale. Di notte la straordinaria carta celeste si illuminava: nelle buche, infatti, gli abitatori della montagna accendevano resine o grassi, forse per richiamare antichi Dèi venuti dallo spazio. I quali, di tanto in tanto, sembrano voler rispondere all'invito: il Monte Musiné è infatti uno dei luoghi della penisola in cui si riscontra il maggior numero di avvistamenti UFO."
Ci si potrebbe chiedere a quale fonte Alfredo Castelli abbia attinto per riportare la notizia del gran numero di avvistamenti nei pressi del Musiné: è ancora Giuditta Dembech, la quale scrive che “le cronache ufologiche sono zeppe di avvenimenti del genere”.
A differenza di quanto affermato dalla giornalista torinese, il Centro Italiano Studi Ufologici, con sede a Torino, ha smentito la notizia, affermando che il numero di avvistamenti nei pressi del Musiné e in generale in tutta la val di Susa non supera affatto la media degli avvistamenti in altri luoghi del Piemonte.
La Dembech dedica, poi, un paragrafo del suo Torino Città Magica ad una strana targa metallica inneggiante ad una “fraternità universale tra tutti i popoli” che qualcuno avrebbe collocato sulla vetta del Musiné in un periodo imprecisato tra il 1973 e il 1978, anno in fu portata via. Il testo parla di “punti elettrodinamici”, di “astrali entità” ed elenca dieci grandi personaggi del passato, da Cristo a Martin Luther King, indicandoli come esempi da seguire. Giuditta Dembech sostiene di aver ricevuto una lunga e dettagliata lettera misteriosamente firmata “Echnaton” che spiegherebbe il significato della targa; il testo della spiegazione è sibillino quanto quello della targa, né è di maggior aiuto la citazione dell’alchimista Bardato Bardati, per cui essa conterrebbe “un significato alchemico importantissimo, ma il discorso è strettamente riservato agli iniziati”.
Le altre testimonianze al riguardo sono della stessa levatura: contattisti che vedono nella montagna tracce di una Nazca in miniatura, detective che vi riconoscono una “finestra aperta su un’altra dimensione” (e la Dembech porta a sostegno di questa teoria un maremoto che colpì Pescara nel giugno del 1978).
Nel paragrafo “Sempre più mistero” viene riportata, tra le altre, l’affermazione di una studentessa di scienze naturali che ha riscontrato come la flora del monte sia simile a quella dell’isola di Pantelleria, “che si trova agli antipodi del Musiné”. Cosa ci sia di strano in questo fatto lo sa solo la Dembech. Non si capisce, invece, come il monte possa trovarsi agli antipodi dell’isola di Pantelleria.

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Tagliafuoco del M. Musine'  
Il percorso  

Lunghezza: 20,15 Km (variante 20,18)
Tempo percorrenza: 3 ore
Dislivello: 530 metri effettivi
Difficolta': B.C. (variante B.C.A.)
Tipo: asfalto 5,05 Km (25%) - sterrato 15,10 (75%); variante asfalto 3,33 (17%) - sterrato/sentiero 16,85 (83%)
Località di partenza e arrivo: l'ampio piazzale Cays di Caselette delimitato da Strada Contessa, via Val della Torre e Strada Gerbidi, situato a breve distanza dal cimitero.
Periodo consigliato:
tutto l'anno
Effettuato il: 6 e 13 Febbraio 2000
Accesso:
Da Torino si percorre la SS 24 sino al bivio per Caselette. Raggiungere il piazzale di partenza seguendo i cartelli indicatori per Lanzo - Valdellatorre - Castello Cays.
Cartografia: I.G.C. 1:50.000 n. 17 Torino Pinerolo e Bassa Val di Susa
Descrizione percorso:
La tagliafuoco qui descritta, rappresenta un autentico paradiso per i bikers: costituisce infatti un divertentissimo, ampio e aereo sterrato in saliscendi (utilizzato spesso come palestra invernale), oltretutto vietato al traffico motorizzato, con ovvia esclusione dei mezzi di soccorso (antincendio, forestale, ecc.). Proprio di recente sono state asfaltate alcune zone (di modesta lunghezza), presumibilmente nei punti piu' rovinati. Ci auguriamo che tali episodi isolati siano terminati: sarebbe un vero peccato se l'operazione dovesse essere ulteriormente estesa. Dal piazzale, nei pressi della cappella di S. Rocco, si inizia a percorrere il viale S. Abaco (0 Km), a lato delle mura del Parco Cays. Raggiunto il campo sportivo comunale (0,22), si tralascia la deviazione per il Santuario - Area attrezzata Gianfare' - ecc. Superata una sbarra (0,55), ci si inoltra nel bosco, su fondo naturale, incontrando dopo circa 1,2 Km l'ampio pianoro di Pian Dumini, preceduto dalla Torre della Vigna (nascosta tra gli alberi), cosi' chiamata perche' un tempo era circondata da un vigneto. Durante la seconda guerra mondiale, la costruzione venne utilizzata come rifugio da piloti inglesi fuggiti dai campi di concentramento. Su un lato del pianoro, si nota un paletto metallico (posizionato dagli ufologi) recante una targa con frasi di difficile interpretazione, testimonianza dell'alone di magia che ha avvolto in passato questi luoghi. Si continua a costeggiare le pendici del Monte Musine', sulla cui cima e' facilmente individuabile la grossa croce in cemento armato, alta ben 15 metri, eretta nel 1901 per iniziativa di don Pautasso. Con un paio di tornanti, la pista prende quota mentre il bosco si fa piu' rado, lasciando spazio a un paesaggio secco che consente ampie vedute sulla pianura sottostante. In lontananza, e' facilmente individuabile il Monte Pirchiriano con la Sacra di S. Michele. Si guadano numerosi piccoli corsi d'acqua, dei quali il piu' importante e' il Rio Corto (3,63 - bacheca). Superato il punto piu' elevato della prima parte (3,75), si incontra un sentiero che sale al Truc Randolera (4,49) ed una sbarra (5,27 - continuare diritto). Entrati nella pineta Prasabo', si arriva ad un trivio (5,61) ove si svolta a destra (cartello P.za Almese - altra sbarra). La pendenza si mantiene impegnativa per circa 1 Km, con fondo spesso dissestato. Dopo un altro sentiero per il Truc Randolera (5,72), si supera su ponte il torrente Garavello (5,90), e, dopo 2 rii ravvicinati (7,08 e 7,12), si ignora una sterrata sulla destra (7,23). Si percorre un ampio semicerchio dal quale si staccano altri sentieri: Monte Musine' (7,60), Monte Curt (8,62), Cresta Spartiacque (9,05). Oltre una ennesima sbarra (10,07) si arriva al bivio di Pera Pluc (10,46): da qui si prosegue su asfalto diritto oppure, in alternativa, si utilizza la variante, piu' impegnativa, seguendo il sentiero alla sinistra della bacheca (vedi piu' sotto). Alla nostra destra, invece, parte lo sterrato per il Pilone della Costa e la Madonna della Bassa. Giunti ad un quadrivio (10,92), svoltare in via Gadrino Falca e, dopo una settantina di metri, in via Bunino. Si imbocca quindi la sterrata via Listelli (11,51) che, dopo una curva, diventa via Acquedotti (11,76 - asfalto). Confluiti nuovamente su via Bunino (12,02), si raggiunge la piazza Comba di Rivera, nei pressi della cappella di S. Anna (12,96 allo STOP).

Variante: da Pera Pluc, seguendo il sentiero che parte dalla bacheca, si passa nelle vicinanze di alcune recinzioni, continuando diritto ad un quadrivio (10,83) e, poco dopo (10,89), risalendo a sinistra sino ad una grossa costruzione (11,10). Da questa si scende a destra, affrontando a piedi un breve tratto in forte pendenza, pervenendo alla sterrata via Listelli (11,37), che va seguita a sinistra. Dopo una curva, si transita (su asfalto) tra 2 case con civico 19 e 20, svoltando, subito dopo queste, su sterrato a sinistra (11,49). Pervenuti ad una radura con 2 piccole costruzioni in cemento (11,73), si seguita a destra su una carrareccia che piu' avanti, si riduce per circa 200 metri a sentiero. Si ignorano quindi due stradine sulla sinistra (12,07 e 12,16): dalla prima, si puo' raggiungere, superando un corso d'acqua, una vicina cappella dedicata alla Madonna. Si affianca il rio Morsino, ritrovando l'asfalto (12,53 - via del Mulino). Giunti in piazza Comba, il percorso si ricongiunge con quello piu' facile proveniente da via Bunino (12,99 allo STOP). Se utilizzate la variante, essendo piu' lunga di una trentina di metri, ricordatevi di aggiungerli al conteggio dei Km indicato d'ora innanzi.

Dalla piazza, seguire via Morsino ignorando alcune strade laterali: via Goletto (13,16), via Tetti Montabone (13,59 - pressi cappella di S. Michele Arcangelo), via Gublera (13,98 - pilone), via Miosa (14,05). Dopo via Gaiera (14,18) si imbocca la pista sterrata sulla destra (14,20 - pilone), che corre tra 2 muretti in pietra, sino al trivio nella pineta incontrato all'andata (14,54 - bacheca Prasabo'). A destra (cartello Caselette) si ripercorre fedelmente la strada ormai nota sino all'inizio di viale S. Abaco (20,15 Km).

Santuario di Sant'Abaco  
La salita al santuario risulta non ciclabile data l'elevata pendenza (media del 16%!) ed il fondo difficoltoso (acciottolato). Spingendo la bici, sono necessari 15-20 minuti e la fatica e' ampiamente ripagata dai bei scorci panoramici, in particolare del Castello Cays, e dalla successiva discesa al Pian Dumini su un fantastico e stretto sentiero (in alternativa si puo' percorre a ritroso la piu' facile strada dell'andata). Si parte dal bivio lungo Viale S. Abaco situato all'inizio del campo sportivo comunale (0 Km). Superato uno steccato, si imbocca nei pressi di una fontanella e di un pilone, il ripido viottolo che si sviluppa per quasi 1 Km con un dislivello di 145 metri. Si toccano in successione le 14 cappellette della Via Crucis, all'interno delle quali, non molto visibili, si trovano delle icone in bassorilievo tinta bianco raffiguranti i momenti della passione di Gesu'. Verso la fine, in prossimita' di un tornante, si nota anche il Pilone dj' Alpin. La chiesa, che possiede un porticato formato da 3 arcate e chiuso da una cancellata, venne costruita nel 1860. Proprio all'inizio del sentiero per il Monte Musine', si continua seguendo le indicazioni per Pian Dumini. Il sentierino, che si mantiene per lungo tratto in piano, risulta perfettamente ciclabile, fatta eccezione per i 2-3 metri iniziali ed alcuni brevi passaggi che e' consigliabile fare a piedi. Ad un bivio (0,73 Km da S. Abaco) si prosegue in discesa (sinistra) raggiungendo la pista tagliafuoco all'altezza di un ampio pianoro (0,92 Km - 15 minuti dal santuario). Seguendo la pista a sinistra si fa ritorno a Caselette oppure si puo' intraprendere, dalla parte opposta, l'itinerario descritto sopra.