Le strutture vettoriali di Liliana Contemorra

 

Nella prima metà del secolo scorso si teorizzava l’arte Concreta (Van Doensburg 1930), un’arte  aniconica (plastica o pittorica), esente da riferimenti con la natura, ma nemmeno basata sull’astrazione.

Allo scopo di “ creare lavori secondo una tecnica e delle leggi che appartengono esclusivamente ad essi”, si era pensato a definire una realtà concreta che tenesse conto di ciò che è otticamente percepibile. Attraverso il colore, luce, spazio e movimento (in tensione).

Tramonta il mito romantico dell’artista chinato verso il proprio sentire emozionale per tendere al di fuori, verso  progettazioni ampliate a contesti socio-economici, i più allargati possibili.

Viene eliminato il gesto pittorico (quindi l’uso del pennello) per passare a moduli formali composti di linee intersecantesi tra loro secondo  “tessiture verticali/orizzontali e progressioni  scalari di toni cromatici”,  resi preferibilmente con l’uso di smalti o vernici.

A queste sperimentazioni strutturali guarda l’artista genovese Liliana Contemorra (galleria Leonardi-V Idea, piazza Campetto 8, fino al 22 giugno - a cura di Sandro Ricaldone), attiva fin dagli ultimi anni ’60 con un lavoro avanguardistico, riconosciuto dal noto critico Corrado Maltese (per la mostra alla Polena del ’71) come “espressione di una tappa veramente  importante della dialettica delle forme artistiche contemporanee”.

Ma l’operare della Contemorra, tutt’oggi fedele e in consonanza con le sue prime ricerche, procede in  forma assolutamente personale che la contraddistingue dalle sperimentazioni storiche.

In particolare, il suo lavoro si fonda su  di una tensione plastico-formale generata dallo scatto vettoriale di linee verticali/orizzontali/oblique, più raramente arcuate (tracciate su luminosi supporti in alluminio), che s’intersecano - in grande e assoluta libertà - nello spazio dinamico della superficie/supporto per proseguire idealmente sulla parete dando luogo a un continuum spaziale.

Ciò s’intensifica nei dittici o trittici dove le linee sono in stretta connessione tra loro.

Ne deriva un’organizzazione plastico-visiva che se nei primi lavori si basava sulle cromie del rosso e del nero in risalto col “freddo” dell’alluminio (del fondo),  oggi privilegia il “calore” soffuso dell’oro mediante fondi in ottone attraversati da cromie blu, giallo o rosso e nero.

Con effetti di virtuale tridimensionalità che l’artista sa attuare anche a livello  reale con specifiche installazioni di forte impatto visivo.

 

                                                            Miriam Cristaldi