Oscillazioni tra differenze di Maura Canepa

 

 

La pittura di Maura Canepa è frutto d’una complessa e delicata elaborazione.

Da essa prende infatti corpo un linguaggio espressivo che si alterna ossimoricamente dall’Astrazione geometrica, peraltro in forme semplici e libere, ad un Informale dai richiami naturalistici, seppure la materia tenda sempre più a dissolversi nello spazio a causa della potente luce che la trapassa.

Secondo un felice abbraccio tra opposte polarità che l’autrice realizza in doppia espressione oscillando tra differenze linguistiche (Picasso docet).

Infatti la sua pittura  emozionale riesce a richiamare in vita il senso della rugosità della terra, lo spessore di muscosità erbose, l’accesa visionarietà della fiamma attraverso impasti grumosi e materici o eterei e luminescenti ectoplasmi.

Ma al contempo si delinea una seconda visione, separata dalla prima, che struttura una rete di segni capace di inglobare lo spazio in libere geometrie, frutto di una necessità logica che evoca condizioni mentali.

Qui anche il colore subisce un raffreddamento: le calde cromaticità naturalistiche lasciano spazio a tonalità più livide, a cromie interiorizzate, decisamente di carattere più cerebrale.

Dall’emozione alla ragione. Dall’inconscio al conscio. Dal sonno alla veglia. Dal femminile al maschile: i poteri istintuali in antitesi con l’ordine razionale maschile, in continua oscillazione

E ancora, laddove vibrano tonalità calde e ombrose, enfatizzate in assonanze musicali, sembrano riemergere certe sapienze pittoriche della tradizione.

Per questo motivo, superfici dipinte - quasi micro-frammenti di grandi tele seicentesche - si macroscopizzano in visioni contemporanee attraverso concezioni armoniche del colore e irriconoscibilità delle forme. 

La pittura di Maura Canepa potrebbe allora proporsi come “finzione” di una “finzione del passato” (la storia della pittura) che sa guardare al futuro in qualità di un’ esperienza personale capace di condurre a una consapevolezza di sé nel confronto di ciò che è stato.

Perché, come scrive l’antropologo francese Marc Augé, “…la surmodernità (= modernità in cui tutto è eccesso) fa dell’antico (della storia) uno spettacolo specifico… e i luoghi della memoria sono i luoghi in cui noi apprendiamo essenzialmente la nostra differenza, l’immagine di ciò che non siamo più…” ( “Non Luoghi”, ed. Elèuthera, 7° ristampa, Parigi 2000).

E nella complessità del contemporaneo il passato contribuisce all’identificazione del presente proprio attraverso quello che riconosciamo essere scomparso.

In questo senso e per questo motivo la pittura dell’artista germina forme astratte dai richiami storici:  lampi di tradizione che illuminano spazi futuribili, spazi che riecheggiano anche nelle libere geometrie dove il colore si schioda dal dato reale.

Il percorso dell’artista levantina prende avvio da premesse figurali riferibili al paesaggio e al ritratto. Ma ben presto la giovane se ne discosta con un totale abbandono del dato realistico cercando esclusivamente di evocarlo mediante  linguaggi dell’astrazione.

Negli ultimi lavori si assiste a una trasformazione della materia cromatica, ora  addensata con garze e spessori, ora più tirata e asciutta, poiché tende a rarefarsi, a liquefarsi nello spazio dell’opera a causa dell’attraversamento di una sfolgorante luce che la polverizza.

E’ questa una luce endogena, proveniente dal fondo, che genera allusività prospettiche e che squassa la fisicità materica per agglutinare attorno a sé lievitanti magma pittorici di pura astrazione con effetti di “ambiguità ottiche  e illusorie per rendere il concetto di mutamento…” .

Qualcosa di simile a ciò che ha scritto, appena sopra, Sam Hunter riferendosi alla pittura americana di Marc Rothko.

In effetti Maura Canepa sta sperimentando la forza della luce  come delirio che appanna il reale per sconfinare in una grande libertà immaginativa…

D'altronde scrive di lei Ferruccio Battolini: “Le sue ansie non devono essere accantonate… ci fanno prevedere altri flussi inventivi scaturenti da nuove introspezioni entro una realtà “seconda” che null’altro è se non l’àmbito delle percezioni più inconsuete…”.

La sua inesauribile ricerca sta appunto movendo verso ampi scenari di possibilità altre.