Sempre nell'ambito della rassegna "Dieci più dieci", espongono oggi alla galleria Ellequadro (vico Falamonica 5 r, fino al 30 luglio) Maria Mori e Guido Pini, entrambi pittori che sanno descrivere emozioni liriche  mosse da una sensibilità  che aspira ad una personale adesione alla natura.

La scelta iconografica di Maria Mori  si rifà ad un lontano informale, specie nei dipinti precedenti, ricchi di sensazioni umorali e di brillantezze cromatiche secondo uno stretto rapporto fisico-percettivo con una natura naturans. Oggi l'artista ha azzerato la scala pittorica per materializzare spazi neri mediante colorazioni bituminose: si tratta di spazi siderali dove l'atmosfera è dissipata e le profondità della notte diventano carta carbone capace di registrare i turbinii delle stelle, le rotazioni delle galassie, le esplosioni di corpi celesti, le scie di brulicanti vie lattee, gli ellittici percorsi di meteoriti infuocate e le girandole di pianeti nei vortici dell' universo cosmico.

In questi universi, in bilico tra partecipazione emotiva e tecnica interpretativa, Maria Mori espone una problematica cognitiva attraverso cui  la volta celeste si fa metafora del proprio universo interiore: le impronte calcinate bianche di mani e piedi confermano questa ricerca del senso e della propria identità, volta alla conoscenza dell'essere.

La pittura come ordine di verità sembra ispirare il lavoro di Guido Pani, un ricercatore di immagini virtuali, illusorie, ambigue, immaginifiche dove il falso sembra più reale del reale. In realtà l'artista attraverso una tecnica di simulazione pittorica riesce a realizzare immagini come se fossero particolari fotografici che mettono in evidenza la struttura della materia, sia essa di natura calcare come di consistenti liquidità.

Con pazienza infinita, Guido Pani dipinge frammenti di materia coi bordi dove il rilievo è dipinto ma alla percezione risulta in aggetto, tanto che le mani si protendono per coglierne la fisicità proprio perché la resa virtuale stimola i sensi della visione e della tattilità.

Tali effetti digitali di una pittura assolutamente piatta giungono all'invenzione di una sintassi linguistica dove l'identità della natura rappresentata , slegata dalla riproduzione realistica del dato reale, diventa ideale modello del vero immaginato e perciò espressione virtuale di un reale fantastico.

Qui, la maniacale e certosina tecnica di simulazione , a differenza del soft tecnologico, riesce a creare inganni visivi con l'esclusiva tecnica a mano rivelando il presente della natura come "luogo della pittura".