"Un inno alla vita vuole essere il mio lavoro", spiega Giovanni Garozzo, pittore siciliano (Catania '38) ma residente a Genova, in mostra alla galleria "Il Doge" (via Luccoli 14, fino al 20 gennaio), a cura di Giannina Scorza.

Infatti, questo apprezzato artista si abbandona oggi più che mai alla felicità del colore sentito quasi come un solfeggio musicale capace di "suonare" fughe e ritmi serrati; una pittura, la sua, che evoca le terre infuocate del sud, le brumose Langhe del Monferrato, gli ulivi argentati della Liguria, i cieli tersi d'una giornata estiva, le acque cobalto del nostro mediterraneo... Cromie luminose, quindi, intese nella loro forza timbrica, in grado di rappresentare l'energia della materia allo stato puro, quasi a voler descrivere una Natura rigenerata e brillante, imbevuta di sole dopo una giornata di pioggia.

Ma alla frenesia dei colori che concretizzano rigogliosi campi d'erba, frutti carnosi, verdeggianti fogliami, si accompagna sempre una ricerca analitica, una sintassi scientifica che mette in risalto lamiere industriali, strutture geometriche, scansioni spaziali, affondi prospettici: una salda struttura lineare atta a inglobare il fiorire di forme naturalistiche accostate a metalliche presenze tecnologiche.

I sinistri presagi d'un progresso incombente, tipici della pittura di Garozzo degli anni '80, cedono qui il passo a una rasserenata ed estetizzante visione, e queste "Petites Affiches" (simbolici micro-manifesti) riescono a suggerire "spaccati d'ambiente in cui sono narrate storie <ecologiche> che disaminano l'origine e l'essenza della vita...".

In questo senso, Giovanni Garozzo pare avvicinarsi al mitico mondo dei simboli: se la tartaruga che fuoriesce dall'uovo cosmico vuole rappresentare l'antica origine del nostro universo, l'immagine d'una muraglia in cotto può forse indicare la presenza di un blocco, di un limite oltre cui non è possibile andare, né conoscere. La figura di un bimbo appena nato potrebbe invece alludere al millennio ora iniziato e proiettarsi quindi come auspicio nello spazio curvo d'un cielo che si fonde con la terra, proprio come nella potente allegoria espressa dal gioioso  dipinto <Albero della vita>.