Prelievi di Natura

 

 

L'antica medicina popolare attribuisce alle piante, anche se velenose, vari effetti benefici per l'uomo, come per esempio i semi della velenosa peonia che legati a catenella attorno al collo dei lattanti servono come amuleto per lenire il dolore della dentizione; oppure i decotti, utili per una pronta guarigione.

Più indietro, nel mondo filosofico greco, Aristotele elabora una prima classificazione delle piante in chiave dicotomica in cui sono presenti o meno certe caratteristiche capaci di rivelare qualità connotative intrinseche, mentre nel linguaggio dell' arte gli aspetti fisionaturalistici vengono spesso trascritti in pittura.

Un magnifico campionario ci viene proposto ad esempio da Leonardo da Vinci col dipinto dell"Annunciazione" o dall'Arcimboldo con le sue "nature viventi".

Nell'arte contemporanea incontriamo la silenziosa figura di Richard Long (Land Art) col suo "passeggiare" concettuale rapportato all'ambiente naturale ma, prima ancora, Joseph Beuys in costante riferimento con la natura o Claudio Costa che nella natura stessa ha eletto il suo parametro di confronto.

Anche il lavoro artistico di Virginia Cafiero prende avvio da una riflessione sui benefici effetti della natura e sull'uso specifico di piante, fiori, erbe per la realizzazione dell'opera.

Il suo rapporto discreto, empatico, meditativo, accompagnato da conoscenze scientifiche del regno vegetale, allargato a quello minerale, ha generato nell'artista una prassi operativa inscindibile dagli aspetti ecologici.

Infatti, ad un primo e personale contatto con l'ambiente per la raccolta di erbe, piante e fiori, segue una seconda fase ove l'artista crea l'impasto con meticolosa pazienza (mescolando carta macerata con elementi vegetali), dal quale prenderanno avvio sottili forme lamellari.

Per questo lavoro, fondamentale è la materia cartacea che l'operatrice fabbrica attraverso un attento recupero di carte, a base di cotone,  messe a macerare nell'acqua.

I processi preparatori seguono tempi lunghi e cadenze ben precise secondo delicati equilibri alchimici, quasi come avviene per certe regole culinarie; viene qui in mente l'artista genovese Renata Boero quando cuoce i semi di curcuma da stendere sulla tela.

Inizialmente Virginia taglia e fa bollire foglie e fiori di azzurre ortensie, di solari giunchiglie, tuberi di bionde cipolle o altre piante ancora, a seconda della colorazione che intende ottenere.

Poi il tutto, colato e triturato in filamenti, viene mescolato all'impasto cartaceo, preparato a parte, quindi steso opportunamente su appositi telai e qui lasciato essiccare dopo aver subito forti pressioni capaci di ridurlo a piani sottili come focaccia.

Prima che asciughi totalmente, Virginia da forma al corpo cartaceo con l'abilità delle mani aggiungendo o togliendo materia per tracciare limiti e consolidare spessori.

Modella così forme circolari plasmate in ruvide superfici dai colori naturali oscillanti tra seppia, turchese, ocre e senape: nascono corpi percepibili alla visione come possibili, illesi, "reperti antropologici" su cui si evidenziano misteriose tracce di tritati d'erba o di petali intrecciati a filamenti paglierini o cordacei, mentre  polveri di terra tingono gibbosità calcaree alternate a cavità ombratili.

Sovente, piccole conchiglie o pietre fossili vanno a incastonarsi sulla superficie dell'opera come evocazione o intenso richiamo ad una dimensione naturale più consona all'uomo.

Del resto questi ideali "prelievi di Natura", inglobati tra doppie lamine trasparenti in perspek, oltre che a scopo scientifico-conservativo (tipico delle analisi di laboratorio su "vetrino"), sembrano qui proporsi come stratificazioni di memoria da consegnare a future generazioni...

In questo senso il nostro mondo oberato da oggetti inutili, quali frutti dell' inarrestabile consumo odierno, sembra idealmente ri-velare l'auratica e antica vocazione della reliquia , del prelievo , del calco  con cui si possono registrare micro-oscillazioni d'un universo intimo, spirituale, governato da soggettive temporalità.

Da tutto ciò prende avvio  una stimolante serie di icone , leggibili anche come "pagine in codice" in attesa di approfondite letture, in cui si pongono nuovi interrogativi tra ragione e sentimento, tra i "luoghi" dell'agire e il "corpo" del fare artistico.

Anche i fogli di radica rappresentano un elemento con cui Virginia si misura costantemente attraverso la tecnica del collage.

In senso giocoso e rispettoso d'un fare artigianale, l'artista applica brani  di natura lignea su carta acquarellata o trattata con polveri aniliniche: "fogli" che documentano perdite di funzioni originarie per acquisire nuovi sensi e strutturare nuovi paesaggi della mente.

In altri lavori ancora, Virginia dipinge fluttuanti forme naturalistiche su trasparenti fogli di acetato che, messi a distanza dal piano di fondo, creano un intrigante quanto magico gioco di ombre in grado di sfalsare e avvincere la percezione visiva, proprio come avviene nei complicati intrecci scenografici delle quinte teatrali.

Già autonomamente carichi di valenze segniche, questi frammenti di radica si fanno allora segni significanti, fondendosi simbioticamente con gli ondulati aloni che aleggiano vaporosi sulla superficie pittorica del supporto.

Tutto ciò diventa voce, sottile e suadente richiamo dell'autrice a quella sensibilità, tutta femminile, che molte scrittrici e artiste vanno affermando con l'attualità del loro lavoro. E cioè la proposizione di un'immagine accorata, sacrale, del mondo naturalistico legato alla poiesis, a un fare rapportato ai tempi e alle scansioni solenni di una natura che ancora oggi governa il mondo e con la quale dobbiamo fare i conti per evitare catastrofi ambientali.

Un universo che al contempo viaggia in parallelo e in contraddizione con la techné  di una sofisticata condizione tecnologica di cui non si conoscono ancora i punti terminali.

Come appunto scrive il geografo inglese Denis Cosgrove:" ...siamo entrati in una nuova epoca, in un nuovo mondo di immagini fatte da macchine... Ma allo stesso tempo il nostro rimane un tempo antico, coi suoi ritmi immutabili che evocano risposte forti..."

Virginia ce ne suggerisce una, la sua.

 

                                                            Miriam Cristaldi

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