"Rom" è il titolo della mostra fotografica che Stefano Grondona (Genova 1952) espone alla biblioteca Berio (via del Seminario 12, fino al 15 marzo), curata da Sergio Noberini, costituita da fotografie scattate diversi anni fa, ma proposte oggi in ricorrenza del "Giorno della Memoria".

Si tratta di grandi formati, in bianco e nero, con immagini sgranate in modo da evidenziare giochi chiaroscurali e dare così corpo a un forte pittoricismo. I soggetti fotografati sono appunto gli zingari, messi in posa o colti nell'intimità familiare, accampati sulla spiaggia di Voltri in agglomerate tende e roulotte.

Da questi visi selvatici, sorridenti o in lacrime, coi capelli spettinati o raccolti in avvolgenti foulard, si possono cogliere sguardi interrogativi, occhiate taglienti, aspre ombrosità o addirittura sentimenti di stupore e meraviglia. Molto poetici  alcuni scatti come quello della ragazza accovacciata sulla spiaggia mentre soffia sul fuoco o quello dei due fratellini che prendono il cibo (con le mani) dalla pentola in alluminio posata a terra.

I profili dei corpi inondati di luce si stagliano nitidi sulle gradazioni chiaroscurali dei fondi mentre luminescenze marine rendono impalpabili le vaporose spazialità.

Grondona, artista di rara sensibilità, negli anni '8O  ha realizzato prospettici ambienti architettonici sconfinanti nell'illusorietà attraverso ossessivi, precisi, e reiterati ritagli cartacei. In seguito si è mosso verso figuralità stravolte in cui l'uomo vive la dolorosa scissione del sé, per poi realizzare grandi formati ove la complessità dell'essere si manifesta in sequenze di quinte scenografiche capaci di operare un riscatto alla sofferenza umana attraverso tecniche di straniamento.

 

                                                            Miriam Cristaldi